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Ucraina: quali prospettiva dopo la tregua?

A quanto pare siamo ad un cessate il fuoco nella questione ucraina. Molto bene, ma questo non basta. La questione va definita, perché non possiamo tenerci questo barile di dinamite con miccia innescata nel pieno centro d’Europa. E dunque occorre passare dalla tregua alla trattativa per definire la situazione stabilmente. Vorrei riprendere il discorso per il quale, appurato che non ci sono ragioni di principio per un intervento militare Nato nella crisi ucraina, questo dipende piuttosto da calcoli di ordine politico che, per di più, sono molto probabilmente sbagliati. Quali sono questi calcoli?

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Ucraina: le ragioni dei russi.

(Con preghiera vivissima, prima di commentare, di leggere il pezzo per intero e non limitarsi alle prime righe)

Diversi intervenuti sul pezzo precedente (probabilmente a causa di quell’enfatico “Entra” al quarto rigo) hanno centrato l’attenzione solo sul punto iniziale e mi accusano di accettare acriticamente la versione occidentale che dà per scontato l’avvio dell’entrata russa in Ucraina. Più che altro, la mia impressione è che Putin sia sul punto di farlo e ci siano le prime avvisaglie: il milione di persone che lascia le zone più a rischio, alcuni filmati che, per quanto non decisivi, costituiscono indizi che non è possibile ignorare del tutto, la stessa dichiarazione di Putin “Se voglio prendo Kiev in due giorni” ecc.. D’altra parte sembra ormai chiaro (nessuno lo contesta seriamente) che automezzi e soldati russi partecipino alla battaglia di Mariupol. I carri armati non ci sono ancora, ma, insomma…

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Ucraina: attenti che qui rischiamo grosso.

Siamo allo showdown della partita ucraina, il momento in cui tutti buttano giù le carte e si vede chi ha il punto più alto. Putin ha deciso di andare giù duro e tagliare ogni esitazione, entra con i carri armati a sostegno della Repubblica del Donetsk. Va da sé che tornare indietro sarebbe molto difficile e potrebbe costargli un crollo di consensi senza pari, sino al punto di doversi dimettere. La Ue, dal canto suo, avendo appena firmato un atto di associazione dell’Ucraina, perderebbe la faccia lasciando mano libera ai russi. Adesso, poi, capiamo il senso della nomina della Mogherini: tanto poi ad esprimere veramente la posizione Ue è Tutsk che già parla di guerra e non confinata alla sola Ucraina. E nessuno si è sentito in dovere di dissentire o almeno rettificare, mentre la Mogherini piange. Si limita a piangere. Ma più di tutti, è la Nato che ha da temere una solenne sconfitta politica se i russi riescono a smembrare l’Ucraina senza colpo ferire: tutti i paesi di recente adesione (Polonia, baltici, Bulgaria, Ungheria e Romania) dedurrebbero che non c’è da fare affidamento sulla Nato nei confronti dei russi.

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La Repubblica Popolare di Donetsk e l’ombra nera di Aleksandr Dugin

Da oggi inizia la collaborazione con il sito anche Jacopo Custodi, amico e studente brillante, nonchè collaboratore dell’interessante sito East Journal. In particolare oggi ci occupiamo di Ucraina, passata in secondo piano in questi giorni in cui ci si è occupati solo di Iraq. Grazie a Jacopo per la collaborazione e buona lettura!

La Repubblica Popolare di Donetsk e l’ombra nera di Aleksandr Dugin.

Di Jacopo Custodi.

Nella foto, Aleksandr Dugin e il leader di Jobbik, il partito neofascista ungherese.

La Repubblica Popolare di Donetsk è stata fondata il 7 aprile 2014 dai separatisti ucraini filo-russi in lotta contro il governo centrale di Kiev ed è oggi la loro principale roccaforte; insieme alla vicina Repubblica Popolare di Lugansk forma la Repubblica Federale di Nuova Russia (Novorossiya), stato che non è riconosciuto internazionalmente. I separatisti sono stati identificati più volte da vari esponenti italiani di sinistra come dei “partigiani”, degli “antifascisti”, in lotta contro il governo di destra di Kiev.

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L’indipendenza da Washington ha un prezzo, e si paga in Yuan

Vi propongo un nuovo pezzo di Dario Clemente dall’Argentina, oggi incentrato sul recente viaggio di XiJinping e Putin nel continente sud americano. Buona lettura e grazie a Dario per le sue corrispondenze! Ecco il suo blog.

Cosa ci fanno XiJinping (e Putin) in America Latina

I presidenti di Cina e Russia hanno partecipato al sesto meeting BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a Fortaleza, in Brasile, il 15 e 16 luglio passati. Entrambi hanno pero’ realizzato anche numerosi incontri bilaterali in sud e centro-america per firmare accordi commerciali e stringere allenze strategiche.

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Ma che succede in Germania?

Cappuccino, brioche e intelligence n° 49

Nel giro di pochi mesi sono arrivate diverse notizie dalla Germania che meritano di esse considerate insieme. Nei primi mesi dell’anno, la crisi ucraina –soprattutto dopo l’annessione della Crimea-  c’è stato il pressing americano per le sanzioni alla Russia. Inopinatamente, la Germania si è schierata a favore delle sanzioni e con un certo fervore piuttosto sospetto. L’attenzione è subito caduta sulle esportazioni di gas e sul connesso problema di Southsteam, mentre meno attenzione è stata riservata al blocco dei conti russi nelle banche occidentali (ovviamente conti di grandi magnati, società di esportazione ecc.). Fra i paesi in cui esisteva (e supponiamo esista ancora) una delle massime concentrazioni di capitali russi c’è naturalmente la Germania, per via del fittissimo import-export fra i due paesi: la Germania è il maggiore partner commerciale della Russia sia in entrata che in uscita.

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L’abbattimento dell’areo Mh17 in Ucraina: troppe cose non convincono.

Cappuccino, brioche e intelligence n° 48

Nella vicenda dell’aereo Mh17 ci sono un bel po’ di cose che non convincono e che meritano una riflessione. In primo luogo: perché? A chi giova l’abbattimento di un aereo civile pieno di bambini diretto in tutt’altra parte del mondo? Le ipotesi possono essere ridotte a tre: o si è trattato di un errore ed il bersaglio doveva essere un altro, o era la ricerca deliberata di un incidente per spingere la crisi verso un conflitto aperto (un nuovo caso Lusitania), oppure il bersaglio era quello ma per ragioni diverse dal conflitto ucraino (magari qualcuno che voleva colpire la compagnia aerea, oppure voleva distrarre l’attenzione mondiale da altro scenario ed ha approfittato della situazione), cioè l’ipotesi della “guerra catalitica” o del “terzo incomodo”.

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Energia: l’India sposta il baricentro mondiale verso est?

Come sempre con estremo piacere ed interesse vi propongo questo nuovo articolo di Daniele Pagani dall’India, che, a partire dal blackout del 2012 in India, pone serie questioni di carattere energetico, ma non solo… buona lettura!

Da New Delhi, Daniele Pagani. Nel luglio 2012 un blackout generale e simultaneo di diciannove stati dell’India settentrionale lasciava al buio 600 milioni di persone per più di due giorni. Le interruzioni di corrente elettrica, laddove è presente, rappresentano una costante della vita nella penisola indiana e sono la testimonianza tangibile di un problema energetico destinato a rallentare lo sviluppo economico. In India il fabbisogno di energia è in continua crescita e non trova risposta all’interno dei confini nazionali, costringendo Delhi a rivolgersi al mercato estero: garantirsi il necessario apporto energetico risulta vitale per un’economia dai progetti ambiziosi.

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Ma perché Renzi non piace agli americani?

Matteo Renzi non piace agli americani, che non perdono occasione per farlo notare: Obama, nell’incontro, fu freddissimo, limitandosi ad apprezzamenti sull’ “energia” del nostro Presidente del Consiglio (ben più calorosi erano stati i giudizi su Enrico Letta), poi, nel momento peggiore della crisi di Crimea le note del Dipartimento di Stato evitavano ostentatamente di citare l’Italia a differenza di Francia e Germania, poi è venuto lo schiaffo del D-Day e del G7. Insomma, l’ometto non suscita entusiasmi sul Potomac. Capita, ma perché?

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