Grecia, ci risiamo: che si fa dell’Euro?
Si avvicina la scadenza dei titoli trimestrali greci e, come da copione, inizia il solito teatrino: i conti non tornano, i tedeschi giurano che di altri aiuti alla Grecia non se ne parla e che Atene è ora che esca dall’Euro, i greci replicano che loro non vogliono uscire dall’euro, Draghi media, i tedeschi mostrano qualche svogliata disponibilità e via di questo passo. Può darsi che questa sia la volta definitiva o che, invece, troveranno l’ennesima toppa per arrivare al prossimo trimestre, non importa, tanto il finale di commedia è già scritto e non ci sono santi: prima o poi, la Grecia farà default. D’altra parte, i termini della questione non sono cambiati. Non potevano cambiare e non cambieranno in tempi così brevi. L’unico salvataggio della Grecia (come degli altri paesi mediterranei) avrebbe potuto essere la messa in comune dei debiti europei, accompagnata da un forte programma di investimenti e ripresa economica; ma questa strada è stata preclusa dai tedeschi che ormai non sono più interessati al progetto europeo (motivo non ultimo del fallimento definitivo di ogni progetto di Unione).
Si è andati avanti con ipotesi di haircut (ripudio concordato e parziale del debito) verso le banche creditrici e prestiti a breve termine da parte di banche e vari fondi di soccorso europeo. Il risultato è un disastro: l’haircut ha l’effetto di rendere poco rifinanziabile il debito rimanente, perché sono molto pochi quelli disposti ad investire nei titoli di un debitore che ha appena finito di dire che non restituirà tutto il capitale ricevuto. Il “taglio” può funzionare solo con debitori interni e con pratiche di prestito forzoso, ma funziona molto meno nei mercati internazionali, a meno di salatissimi interessi che, però, hanno il difetto di aggravare la posizione del debitore, rendendo ancora meno credibili i suoi titoli. E gli “aiuti” di breve termine completano il tutto riproducendo ad ogni scadenza la stessa situazione con un debitore sempre più dissanguato dagli interessi.
Ma, si dice, i greci potrebbero fare quelle “riforme” che la Ue ed il Fmi gli chiedono. Argomento risibile: ammesso che queste mitiche “riforme” abbiano l’effetto risanatore auspicato (cosa della quale non siamo affatto convinti), è evidente che i loro effetti si avvertirebbero nel lungo periodo. Calcolando che il debito greco ha superato il 300% del Pil (gli effetti dei timidi haircut è stato quasi del tutto riassorbito dal salasso degli interessi), pur dicendo che ci accontentiamo che il debito scenda di 120 punti Pil su quello attuale (e restando comunque altissimo), quanto tempo ci vorrebbe per ottenere questo risultato?
Con un avanzo primario pari al 2,5% costante ogni anno, ci vorrebbero 48 anni. La crisi ha molta meno pazienza. Peraltro, nessuno spiega come un paese che, intanto dovrebbe dissanguarsi per gli interessi e senza capitali di investimento, possa fare un avanzo primario di quelle dimensioni e costante per mezzo secolo.
Il punto è che i tedeschi sostengono la Grecia come la corda sorregge l’impiccato: quel tanto che basta a non fare default nell’immediato, mentre le loro banche succhiano tutti gli interessi possibili e, soprattutto, si attrezzano ad avventarsi sulla grande svendita dei beni pubblici greci (isole, monumenti, porti ecc.) ed è questa l’unica vera riforma che interessa ai tedeschi.
Dal canto loro, i greci cercano di restare nell’Euro pagando il meno possibile e sperando in qualche svolta che gli consenta di uscirne in qualche modo. A questo scopo, usano il classico “ricatto del debitore” rafforzato dal fatto che un loro fallimento avrebbe ripercussioni imprevedibili sull’Euro.
I tedeschi, di tanto in tanto, affermano in tutta tranquillità che la Grecia può fare default ed uscire dalla moneta unica che sopravvivrebbe benissimo senza di essa, anzi, ne sarebbe alleggerita. Nello stesso tempo altri analisti affermano che un’ uscita della Grecia dall’Euro ne determinerebbe la fine per l’effetto domino. Infatti, una simile soluzione, non solo avrebbe l’effetto di bruciare i crediti delle banche francesi e tedesche (e questo sarebbe il meno), ma toglierebbe ai paesi debitori quella garanzia che dava l’appartenenza all’Euro, per cui non è difficile prevedere che lo spread schizzerebbe verso l’alto.
Contemporaneamente l’Euro subirebbe un crollo di immagine, perché non sarebbe più quella “scelta irrevocabile” di cui parlano i trattati: il caso greco stabilirebbe un precedente che in breve potrebbe trasformare la moneta unica nel Grand Hotel: gente che viene, gente che va.
In realtà, nessuno è in grado di stabilire –non dico con certezza, ma con sufficiente approssimazione- quel che accadrà, la cosa più probabile è che i tedeschi cerchino di scaricare sui paesi deboli il costo di un eventuale crollo dell’Euro, considerando anche l’ipotesi di una sua rifondazione come moneta del “club del Nord”.
Insomma, stiamo ballando sul ponte del Titanic in attesa degli eventi.
Il punto è che quello dell’Euro è un progetto fallito, perché non solo non c’è stata la convergenza prevista fra le diverse economie, ma la moneta unica si è rivelata una gabbia che ha irrigidito tutto, rendendo impossibile una uscita dalla crisi della finanza pubblica dei paesi deboli.
Piaccia o no, i nostri interessi (di Grecia, ma anche Spagna, Portogallo ed Italia) sono opposti a quelli tedeschi e non sono mediabili all’interno di una stessa moneta. Noi abbiamo bisogno di una vigorosa svalutazione per ridimensionare il debito (passo che, peraltro, pagheremmo in termini di aumento dei costi delle importazioni, a cominciare dal petrolio: ne siamo coscienti), mentre i tedeschi possono essere interessati a qualche ritocco che aiuti le esportazioni, ma hanno bisogno di una moneta forte per comprare a buon mercato le materie prime per la propria industria di trasformazione. E ci sono anche altri motivi di ordine più politico e meno economico che li spingono in questa direzione.
Nel frattempo, la crisi incalza con colpi di maglio sempre peggiori sul debito pubblico dei paesi europei. Nessuno si illuda di averla fatta franca perché la “battaglia di agosto” si è risolta in un pressing tutto sommato abbastanza contenuto: ne riparliamo a novembre dopo le elezioni Usa.
Ed allora che si fa dell’Euro? Non credo che l’esperimento avviato del 2002 possa andare avanti a lungo, per cui è ragionevole che in tempi non lontanissimi si arrivi al capolinea. Ma c’è modo e modo di arrivarci (e rispondo anche a chi mi chiedeva a chi converrebbe un’uscita dell’ Italia dall’Euro): un conto è se il tetto ci cade in testa ed un conto è se prepariamo una ordinata uscita di casa prima che tutto crolli. Forse siamo ancora in tempo a varare una exit strategy dalla moneta unica, graduata in 2-3 anni ed avendo cura di garantire a tutti l’atterraggio meno duro possibile. Porre la questione dell’uscita dall’Euro è in sé una cosa assolutamente ragionevole, ma discutiamo di come farlo senza farci male.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, banca centrale europea, bce, crisi economica, dracma, elezioni americane, euro, europa, fmi, grecia, hollande, mario draghi, mario monti, merkel, obama, rischio defaylr, unione europea

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ermanno
Una uscita graduata in 2 o 3 anni? A mio parere sarebbe esattamente quello che i tedeschi vorrebbero… E se la Grecia chiudesse nettamente i suoi rapporti col resto d’Europa e si rivolgesse a quei paesi che hanno interesse ad entrare, magari solo per sgretolare ulteriormente i fragilissimi equilibri dell’unione? Anche solo per difendersi dalle minacce di guerra occidentali? (Iran, Siria, Cina, Russia…). E’ fantapolitica?
aldogiannuli
il problema non è i due o tre anni, ma le condizioni dell’uscita.
linus
secondo me nn ci sono alternative vere al di la’ di tutte le filosofie politiche ed economiche. l’uomo della strada e’ quello che vive la reale situazione e se in piu’ si informa come si deve, capisce che l’unica alternativa e’ andare contro i poteri forti con coraggio e determinazione: uscire dall’euro, disconoscimento del debito, riacquisto di sovranita’ ecomomica e legislativa e ripresa della democrazia.
aldogiannuli
con il disconoscimento del debito pregresso andiamoci con i piedi di piombo: dentro ci sono anche i risparmi di povere vecchiette e le liquidazioni di molti lavoratori. Poi ci sono banche anche nazionali che hanno investito e che rischierebbero il crollo perchè il buco trasformerebbe una loro eventuale illiquidità in insolvenza (e messa così non ci conviene). Tutto sommato, quella della svalutazione, accompagnata da misure di prestito forzoso, copertura regressiva sul vaore del tiutolo ecc potrebbe essereb una soluzione più accettabile.
Comuque sia chiaro che o andiamo da una ristrutturazione mondiale e concordata del debito pubblico o si ingenerano dinamiche che, dopo aver causato la più spaventosa crisi mondiale della storia (al cui confronto quella del 1929 è niente) ci porta ad un passo dallo scontro militare.
Certo bisogna usciure dalla attuale situazione, ma facciamolo con cervello.
Luca
Caro professore,
come avevo provato a fare presente a maggio, il punto è che la Grecia HA GIA’ FATTO DEFAULT ma nessuno lo dice.
Cioè: A) a maggio non ha pagato creditori non d’accordo a non essere pagati (cioè coloro che non hanno aderito alla “consent solicitation” mandata a tutti possessore di obbligazioni greche); B) questo in assenza di una normativa che precedentemente al fatto prevedesse tale ipotesi, cioè di rimborso solo parziale dei creditori (come per esempio il concordato fallimentare delle nostro diritto commerciale). Cioè la norma con cui giustificare il mancato rimborso (l'”invitation memorandum” del 24 febbraio 2012) è stata creata a frittata fatta, ossia dopo.
Morale:
a) le autorità europee non hanno volute evitare il vulnus di immagine di un paese euro in default “mettendoci i soldi”;
b) questo default non è neppure però stato ammesso assumendone la piena responsabilità politica.
c) Con la conseguenza che è gravato tutto sulle spalle di quel 20 % circa di creditori che non hanno approvato il cd. Hair cut (e verosimilmente sono i piccoli risparmiatori che poi non hanno preso soldi al 1 % dalla BCE).
Nota positiva, che il “DEFAULT” sia diventato “HAIR CUT” è qualcosa che rinforza, da italiano, l’amore per Totò….
la seguo sempre con interesse
aldogiannuli
Giustissima osservaziomne, però, tecnicamente, non si può parlare di default sino a quando i creditori noin lo rilevino. Insomma: è solo quando il creditore protesta la cambiale che si può parlare di insolvenza in senso tecnico. Lo so che è una pedanteria e che la lastra di ghiaccio su cui stiamo ballando è sempre più sottile, ma tant’è…
A proposito: ricorda Totò: “domani ti pago…”
giandavide
francamente questo appiattimento grillino non me lo aspettavo. anche perchè devo dire che non mi sembra risolvere il punto principale: sia che la germania decida le condizioni in cui esiste l’euro, come succede oggi con grave danno per tutta l’europa, sia che la germania decida come si debba uscire dall’euro, come sembra inevitabile con la soluzione di aldo, mi sembra che che la si pigli lo stesso in quel posto.
anche perchè la famosa europa del nord è composta da germania finlandia e olanda, gli altri paesi non sono nemmeno entrati nella moneta unica, e non mi sembra una grossa entità sovranazionale, piuttosto sono tre stati abbastanza diversi tra loro di cui uno è egemone e gli altri due sono relativamente marginali.
il resto dell’europa invece a cui conviene la svalutazione
aldogiannuli
Appiattimento grillino? Ma quando mai?! Sono cose che dico da sempre e da molto prima che le dicesse Grillo
giandavide
è invece una realtà ben più consistente, e a questa realtà una moneta unica converrebbe pure, dato che anche le obiezioni di aldo, nel caso di un ue senza tedeschi carebbero una ad una.
certo buttare fuori i tedeschi non è una cosa semplice, ma credo che anche in questo caso siano i tedeschi stessi a stabilire il precedente proprio con la grecia. vedremo in quel caso quali saranno le modalità per sciogliere questo patto dell’euro, e probabilmente se sono applicabili ad un paese, lo sono applicabili anche verso altri paesi. d’altra parte, perlomeno mediaticamente, risulterà essere la germania il colpevole della defenestrazione greca e in questo caso va fatta una domanda: chi si fida di un’alleato che ti vede per 30 denari? in quel caso il problema politico tedesco diventerebbe scottante. l’antipatia che questo poco carismatico popolo sta riscuotendo a destra e a manca si sta già percependo in modo sempre più tangibile. se questi per arricchire le loro banche fanno un’atto del genere, diventeranno i nuovi malvagi del mondo, anche perchè hanno un solido curriculum in materia. e una soluzione antitedesca mi sembra più semplice e meno costosa di improbabili lire e doppi cambi, la cui conversione è casomai gestita dalla bundesbank, come paventa aldo
Manuel
Ora ho le idee un po’ piu’ chiare.
Luca
Esattamente. Il punto che però a mio avviso è stato comunicato in modo che a nessun risparmiatore-creditore venisse in mente che aveva diritto di farlo (d’altra parte è una iniziativa che stanti gli elevati costi giuridici è ben difficile che possa essere intrapresa da un singolo soggetto).
Per dirla breve, stupisce l’assenza di class action o altri meccanismi di difesa civica che protestando una singola obbligazione avrebbero, queste sì, fatto scattare lo stato di default senza tante patacche semantiche…
E, conseguentemente, reso più onesto il dibattito sull’euro (ossia senza la “negazione” di uno Stato già – potenzialmente, come giustamente precisa lei – in default)
aldogiannuli
Cosa crede? Questa è gente di mestriere che sa come spennare i suoi polli…
giandavide
mah una cosa è dire che l’euro è stato fatto male, e qui potrei essere anche d’accordo, una cosa è dire che si potrebbe uscirne ma poi rimanere nel vago.
aldogiannuli
l’Euro non è stato fatto male, è una idea sbagliata sin dall’inizio perchè non si fa una moneta senza Stato. Quanto alla vaghezza, se torna indietro di un po’ di settimane si corrgerà che indico misure abbastanza precise che si possono non condividere, ma non sono affatto vaghe.
alberto
nel clima di pace post seconda guerra mondiale, la germania è il paese che più ha lavorato per la propria ricostruzione economica e sociale avendo come obiettivo il rilancio del suo prestigio a livello mondiale; non poteva farlo più a livello militare( due guerre mondiali perse potevano bastare), ma poteva farlo a livello economico e sociale.
il modello renano ha funzionato in tal senso, la ost politik pure.
oggi si vede premiata per la sua efficienza, la sua lungimiranza e il suo dominio a livello non solo europeo, ma mondiale; la germania perdendo militarmente la seconda guerra mondiale ha vinto sul piano economico e sociale e ora ne sta mettendo a frutto il seme ben lavorato.
solo adesso possiamo costatiamo la grana per la classe operaia italiana e non solo, del crollo del muro di berlino e le conseguenze tragiche per la nostra economia; solo adesso ci rivolgiamo alla germania per dirle di darci una mano: siamo un pò ipocriti se crediamo che la germania, dopo i grossi investimenti che ha fatto per il dominio nell’economia si mettesse ad aiutare chi invece ha gozzovigliato per tutto il tempo, italiani compresi.
il ricatto tedesco è un ricatto a ragion veduta, se crolla l’euro crolla l’europa e crolla forse anche la germania, ma il crollo tedesco non sarà mai così catastrofico come il crollo delle economie a bassa efficienza e a bassa finanziarizzazione.
non c’è scampo al ricatto, a meno i popoli delle economie a basso livello di efficienza finanziaria si decidano a cambiare modello economico, cioè la facciano finita col capitalismo finanziario, interagissero tra loro e si identificassero in un unico grande mercato solidaristico mediterraneo svincolandosi per sempre dal predominio del modello renano, il quale, trovandosi a corto di prodotti da esportare in europa gli verrebbero tagliati i rifornimenti riducendo così la sua capacità intrusiva e di destabilizzazione delle società meno efficienti della loro.
avevamo nella libia di gheddafi un grande fornitore di energia e nell’italia un discreto fornitore di tecnologia.
non abbiamo capito nulla: non ci rimane che il rimpianto per una stagione perduta.
saluti
alberto
GA
Il problema è che intorno a questa crisi si stanno costruendo interessi molto forti. Il correre degli avvenimenti sarà più decisiva dell’inerzia, ma anche io ho come la sensazione che nessuno voglia rimanere col cerino in mano ma che dell’euro non freghi più a molti.
Noi italiani, noi del sud europa però amiamo deresponsabilizzarci, della questione Greca non è responsabile solo la Germania, così come di quella italiana.
Insomma Italia, Spagna, Portogallo e Grecia appunto hanno tassi di disuguaglianza decisamente superiori, corruzione a gogo, non esiste merito, non esiste garanzia per chi investe, conviene fare fallimenti.
Io non fatico a capire l’opinione pubblica tedesca che fatichi a volere buttare altri soldi nel calderone sud europeo e, nel caso, Greco.
Da novembre Monti non ha fatto una riforma che potesse ridare competitività al sistema italiano:
1) Processi rapidi
2) Sanzioni alte per reprimere reati economici/finanziari
3) Investimenti in infrastrutture
È ovvio che Monti non possa fare nulla, lui fa parte di sto sistema. Ma la colpa non è dei tedeschi, loro approfittano del fatto che siamo un paese di furbi e che da loro i capitali investiti rendono molto, ma molto di più.
La patrimoniale in Francia è stata fatta da Sarkozy, l’ultimo governo di sinistra in Francia è finito nel 2002, eppure, nonostante 10 anni di destra, l’indice di disuguaglianza francese è 4.5, in Italia 7 anni di csx e 9 di cdx abbiamo un indice di 5.2
Non prendiamocela con il babau prendiamocela con chi ci mal-governa visto che per noi la crisi non è un buon affare, ma certo lo è per i tedeschi.
Vincenzo Cucinotta
@Linus
Condivido totalmente le tre iniziative che elenchi, le vado scrivendo ormai da tanti mesi sul mio blog ed anche altrove sul web, ed è un vero piacere trovare qualcuno che le condivida in maniera così coincidente.
Sulla questione spinosa del default, scrivo qui di seguito rivolgendomi al padrone di casa che ti ha prima replicato.
Vorrei specificare, per quanto riguarda la fase post default, che servirebbe assumere tutte quelle inizaitive che ci collochino quanto più possibile al riparo dalla globalizzazione, e quindi anche misure protezionistiche che rimettano le cose al loro giusto posto, come si potrebbe condenssare nel seguente slogan: non è il lavoro al servizio del PIL, ma il PIL al servizio del lavoro (mi pare che questo dica la nostra costituzione).
@Giannuli
Egregio Professore,
a me pare, ma vorrei essere convinto del contrario, che uscire dall’euro senza dare default non raggiunga nessuno dei risultati sperati. Non sono un economista, e quindi sono pronto sin da adesso a rivedere le mie posizioni, sempre se troverò qualcuno che mi argomenti in senso opposto, ma mi pare che se lo stato italiano ha contratto un debito in euro, ed uscisse unilateralmente dall’euro, magari tornando alla lira e fissandone il valore nominale pari all’euro, ed io fossi un creditore straniero, pretenderei di vedere restituito quanto mi è dovuto ancora in euro. Sarebbe invero ben strano che uno stato unilateralmente si mettesse a battere moneta decretando senza possibilità di replica che la lira è equivalente all’euro.
Se quindi l’Italia uscisse dall’euro, ma continuasse ad avere quel gran debito espresso in euro, sarebbe un gioco da ragazzi per gli speculatori far svalutare a ripetizione la lira, ottenendo in effeti lo stesso risultato di quello che oggi ottiene facendo lievitare gli interessi.
Naturalmente, può ben verificarsi che l’euro sparisca del tutto, anche se io non lo credo, abbandonato da ogni paese dell’eurozona, ma dubito che i creditori eviterebbero di escogitare un meccanismo apposito per continuare a tenere i propri crediti agganciati a un euro, seppure a quel punto virtuale.
Per il resto, condivido totalmente il significato dirompente che un default di una nazione non marginale come l’Italia avrebbe sul mercato globale, ma qualcuno prima o poi deve uscire da questo equilibrio del terrore che finora ha invece dato luogo a regali a quelle stesse banche che hanno causato una tale situazione. Se il mondo è diventato una gabbia di matti, il savio può apparire matto lui.
Che anche del risparmio privato andrà distrutto, mi pare una cosa inevitabile (già oggi tutti noi vediamo distrutto una parte molto considerevole del nostro reddito dall’aumento abnorme della tassazione), qui bisogna solo decidere come ripartire i danni, come si fa in tutte le normali procedure fallimentari. Per quanto poi riguarda problemi specifici di particolare rilevanza sociale, è chiaro che uno stato sovrano può assumere tutti i provvedimenti necessari.
sergio
Egr. professore, Le confesso che con la classe dirigente che continuiamo ad avere(il maquillage di Monti potrà rassicurare i mercati, ma noi sappiamo chi lo appoggia in parlamento), la prospettiva di uscire dall’euro e di tornare a una moneta ‘tutta nostra’ mi spaventa non poco.
Senza citare ancora una volta le enormi difficoltà tecniche e i costi già descritti più volte da lei e da altri commentatori su questo blog, trovo che potrebbe solo accelerare la nostra fine senza – ecco il punto – darci la sicurezza di farci riguadagnare tutta quella ‘sovranità’ di cui a volte si favoleggia. Ritroveremmo una sovranità monetaria, forse apparente, ma la sovranità politica dei ns governi (anche prima dell’euro) come lei ci insegna ha sempre sofferto di pesanti ‘condizionamenti’, es. atlantici, come minimo.
Proprio sul piano economico e industriale, poi, conviene ricordare che gli europei occidentali rappresentano solo il 7 per cento della popolazione mondiale: ciò vuol dire che contro i brics è già difficile farcela per un’Europa più o meno unita, come veidamo benissimo: figuriamoci come sarebbe per paesi come grecia o portogallo, o italia, qualora decidessero di acavarsela da soli con l’idea che potendo svalutare, tutto cambia.
Penso che abbia ragione alberto quando qui sopra ricorda che i paesi a basso livello di efficienza avrebbero duvuto coalizzarsi fin dall’inizio svincolandosi dal modello tedesco, creando un mercato comune del sud europa, creando un modello alternativo di crescita sostenibile. Mi chiedo se ciò non sia possibile solo restando nell’euro (restandoci con una visione ben precisa, certo: es. con un modello di crescita soft, come ha scritto francesco daveri sul corsera). Purtroppo capisco che la butade a cui ricorreva Grillo qualche anno fa quando agognava la fine del berlusconismo era “tedeschi invadeteci” e che adesso la cosa sembra realizzarsi; ma adesso che questo sembra il nostro destino e quello degli altri pigs, non comprendo che senso abbia dire disfiamo tutto e torniamo alla lira anziché trovare dei modi (delle idee e delle figure e delle forze politiche capaci di tenere gli occhi aperti e di guardare più lontano del loro naso) per cercare di correggere il rapporto fra i paesi del sud e il blocco tedesco all’interno dell’unione.
giandavide
posso essere d’accordo anche sul fatto che non si debbano fare monete senza stati, anche se su questo punto il non aver innescato processi federativi era corrivamente da me definito come “euro fatto male”. per il resto ho letto gli articoli precedenti e non mi sembra che fossero proposte soluzioni che immunizzino il nostro paese dal default (il doppio conio ad esempio non dà garanzie riguardo al valore della moneta) e mi accodo a vincenzo cucinotta, che ha messo in luce il problema in modo sintetico senza abbandonarsi all’ermeneutica. poi se per exit strategy si intende un’altra cosa, che venga detto.
poi se si vuole parlare della moneta senza stato, sarebbe anche corretto notare come il concetto di stato sia stato svuotato in questi tempi e come l’istituzione statale abbia perso terreno nei confronti dell’economia. e accusare l’unione europea dell’avanzamento del neoliberismo nel mondo mi sembra anche un pò troppo, senza contare che il centocinquantenario e la trattativa stato mafia ci dimostra ogni giorno quanto poco siamo italiani, quanto poco conosciamo e condividiamo una storia comune, mentre i sentimenti per cui si vede il diverso nell’abitante di un’altra regione sono sempre presenti (il fatto che bossi sia finito in quel modo non significa che il razzismo si è estinto)
quindi, considerando tutto questo, dove si vuole arrivare? exit strategy si, ma verso dove, verso i granducati e i baronati regionali?
in poche parole, una volta usciti dall’euro e abbracciata la prospettiva nazionale come vuole aldo, chi garantisce che i “lombardi vogliano pagare per i siciliani e i pugliesi” e non si mettano tutti a pensarla in modo analogo a quello delle “formiche” dei paesi del nord?
ugoagnoletto
quando un governante non raggiunge gli obiettivi che ha promesso, deve pagare con il suo patrimonio. Cominciamo con Berlusconi e Monti (ma metterei anche Bersani), altrimenti, euro o non euro, default o no, pagheremo sempre noi. Invece ora siamo noi a pagare! Se non esiste il principio della responsabilità, è meglio non mettersi neanche a discutere.
Michele Rubino
Riporto quanto scriveva FeliceRoberto Pizzuti a fine di un suo articolo sul Manifesto del 4.11.2011 dal titolo <>: “Sul finire di Ecce bombo, il film di N. Moretti, i protagonisti, per riprendersi dalla loro improbabile crisi esistenziale, decidono di andare a vedere l’alba a Ostia; eppure, sia la geografia (per chi la sa) sia l’esperienza (per chi riesce a coglierne gli insegnamenti) indicano che sulle coste del Tirreno il sole tramonta. Non volevamo morire democristiani; cerchiamo di non morire «eccebombisti».”
Se non si fa l’Europa si muore per mano di finanzieri che di umano non hanno nulla. E l’Europa la può fare solo l’unione degli stati deboli e ricattati che rivendicano la loro possibilità di vita civile ed umana in barba ad ogni ricatto tedesco. Rilanciare l’Europa dei lavoratori uniti è la strada maestra, ma quando vedremo muoversi i sindacati europei?
Lorenzo
Come evidenziano Passarella e Brancaccio nel loro libro “L’austerità è di destra” non basterebbe uscire dall’euro. Sarebbe necessario rialzare le dogane e controllare i movimenti dei capitali, altrimenti continuerebbe la deindustrializzazione mediterranea a favore dell’europa del nord. O altrimenti detto in termini marxiani, continuerebbero a scaricare la crisi di sovracapacità produttiva sui paesi mediterranei, facendoci chiudere la nostra capacità produttiva.
Per quanto riguarda l’euro e le idee balzane su cui è fondato, consiglio i numerosi articoli pubblicati negli anni (anche prima dell’euro) dal gruppo di economisti del levy institute.
aldogiannuli
infatti, non ho detto che basti.
TS
Buongiorno professore,
come valuta una strategia d’uscita (dalla crisi, dalle’Euro e non solo) improntata sui seguenti punti?
– riacquisizione della sovranità monetaria
– ristrutturazione del debito sovrano (garantendo prevalentemente i creditori nazionali, intesi come piccoli risparmiatori non grandi gruppi o lobby che poi si rifanno sui poveracci)
– nazionalizzazione delle realtà industriali strategiche
– cambio di rotta in politica estera volto a mitigare gli effetti della svalutazione sull’acquisto delle materie prime
– politiche culturali e produttive improntate al raggiungimento dell’indipendenza energetica e alimentare
La ritiene una soluzione scriteriata, valida solo su carta oppure applicabile in concreto (e nel caso con quali eventuali limiti/ripercusioni?)
Grazie
aldogiannuli
non mi sembra affatto una linea scriteriata ed anzi in linea di massima concordo. Ovviamente si tratta di cose più facili a dirsi che a farsi e che presentano moltissimi problemi tecnici da studiare. in particolare c’è un punto che mi inquieta molto: il ripudio unilaterale del debito deve essere una soluzione estrema e più da minacciare che da attuare: occorre arrivare ad una rinegoziazione mondiale del debito, con soluzioni concordate. Una serie di default unilaterali potrbbero mettere in moto un disastroso effetto domino con conseguenze irreparabili. Guardate che nessuno ci ha mai dato la garanzia che le guerre non si fanno più e noi stiamo periicolosamente ballando sull’orlo del cratere.
Vincenzo Cucinotta
@Rubino
Beh, ma si può utilizzare un modo di argomentare valido per questioni astronomiche in ambito politico? Possiamo affermare che ci sia la stessa dose di evidenza indiscutibile nei due ambiti? Non è che alla fine, invece di dare credito alle proprie argomentazioni, si perde credito come argomentatori quando si fanno queste estrapolazioni improbabili?
Una seconda osservazione, tipica degli europeisti a prescindere. Certo che io firmerei oggi stesso un progetto di europa davvero federalista, ma tale progetto non c’è, ed anzi è mia convinzione che l’attuale europa è il maggiore ostacolo a una federazione europea: per favorire tale progetto, la prima cosa da fare è distruggere questa porcheria che abbiamo creato finora, anche per far risaltare quanto ci si perde ad isolarsi come singole nazioni. Piccole correzioni sarebbero del tutto insufficienti.
Così, sarebbe bello se esistesse una dimensione sindacale europea effettiva, ed in grado di contrastare il progetto portato avanti dall’eurocrazia, ma le cose non stanno così: non sarebbe il caso di mettersi l’anima in pace e di considerare le cose come effettivamente sono, e non come vorremmo che fossero?
Oggi, l’unico internazionalismo esistente e possibile, è quello della globalizzazione finanziaria, è una situazione terribile, ma non serve a nessuno nascondersela.
Ripartire con un progetto nazionale costituisce la sola possibile prospettiva internazionalista, in quanto pone un esempio teoricamente valido per tutte le altre nazioni, da’ evidenza che un altro ordine è possibile.
Grecia, ci risiamo: che si fa dell’Euro? | Informare per Resistere
[…] Fonte: http://aldogiannuli.it/nuovotest/2012/08/grecia-ci-risiamo/ […]
TS
E’ proprio l’analisi dei problemi tecnici che suscitano il mio interesse, perché penso che un’agenda politica (ammesso e non concesso d’avere una classe dirigente e una popolazione capaci di farsi carico di simili cambiamenti) centrata sul piano che le ho esposto, comporterebbe un sostanziale sovvertimento dell’ordine costituito, quanto meno a livello occidentale e non mi meraviglierebbe se divenisse causa scatenante di novelli “casi Mattei” o peggio ancora conflitti armati in campo aperto.
A livello di “discorso da bar”, per lei in quale percentuale il nostro paese potrebbe divenire vittima di pesanti ritorsioni internazionali se imboccasse un percorso di emancipazione così radicale?
aldogiannuli
quanti dollari vinco se dò la risposta esatta?
paola sala
la cosa che mi incuriosisce e che in tutta questa discussione riguardo l’Euro e’ il Regno Unito che sembra non parteggiare ne’ per l’una ne’ per l’altra parte. Che stia attendendo il cadavere sulla sponda del fiume?Poi anche a me viene da riflettere riguardo le possibili conseguenze geopolitiche di un crollo della moneta, in fondo c’e’ gente che potrebbe pensare che piu’ di 60 anni di pace in Europa siano troppi… grazie Prof Giannuli per questo interessante articolo
giandavide
@ vincenzo
ecco quando si rimane nell’ambito analitico sono d’accordo, poi quando si arriva all’ermeneutica no. distruggere tutto per ricreare? partire da una prospettiva nazionale? ma scusa, c’è la danimarca, lo stato più felice del mondo, potremo imitarlo ma non lo facciamo. non si fa prima a trasferirsi là piuttosto che trasformare l’italia in un paese del terzo mondo per poi rifugiarsi nella pia speranza che esso si trasformi come per magia nella danimarca? anche perchè non basta distruggere gli stati, dovresti pensare a fare la stessa cosa con gli abitanti (o almeno buona parte di essi), solo che questo forse non lo puoi scrivere perchè metterebbe il tuo discorso in una prospettiva non solo messianico-apocalittica, ma anche un pò malthusiana….
per il resto posso capire che serve una scossa nelle politiche europee, ma credo che solo un fan di scilipoti possa pensare che la classe politica attuale possa fare di meglio di quella degli anni novanta, e che sia degna di prendere parte a un progetto fondativo di tale importanza. io non mi fido di questa gente, e non vedo possibilità di trovarne di migliore.
forse la vostra prospettiva è diversa, dato che siete ormai appiattiti sulle posizioni di grillo e le relative speranze di uscita dall’euro, minaccia di ripudio del debito e pie illusioni di una classe dirigente migliore (selezionata da casaleggio e dall’alleato post-elettorale di pietro, che avrà già tirato fuori degli altri scilipoti per le prossime elezioni).
insomma penso che coltivare una prospettiva nazionale nel 2012 significa essere troppo indietro o troppo avanti. lo stato ha perso contro la finanza e le basi per una balcanizzazione sono state già state avviate anche in europa, e non capisco perchè, se non è escluso che possano esserci guerre, si escluda a priori che lo stato italiano possa frammentarsi in entità più piccole. io tendo a riferire tutto a una sopravalutazione dei processi di costruzione dell’identità, che se per voi possono essere sufficienti, per me sono pessimi almeno da 20 anni, per non volere tornare indietro al 1978, e comunque insufficienti a fare superare al nostro paese un trauma del genere e rimanere tutto intero.
senza contare che una prospettiva di uscita dall’euro con annesso braccio di ferro per il ripudio del debito è una prospettiva che ancora non è data nella realtà, dato che la grecia non è ancora uscita e non si sa quali saranno le modalità di uscita se ci saranno, ed è avventato fare i conti senza l’oste, un errore simile a quello di vendola che si è alleato col pd prima di sapere come va a finire la legge elettorale.
io preferisco non allontanarmi troppo e non tentare di prevedere cose che hanno troppe variabili per speculazioni di questo tipo, e preferisco concentrarmi su degli effetti implicati analiticamente in casi del genere
1 la grecia se uscirà dall’euro lo farà per una decisione unilaterale della germania, e sarà proprio quest’ultima che dovrà assumersi la responsabilità dell’accaduto
2 se la grecia farà default finanziario, la germania farà default di fiducia, in quanto se nessuno vorrebbe prestare i soldi a uno che non li restituisce, nessuno si vorrebbe alleare con uno che vende gli alleati alle banche, impoverendo la popolazione di mezza europa.
molti economisti sono concordi sul fatto che sul breve medio periodo il default della grecia porterebbe a un’impoverimento generalizzato dell’unione europea (e te credo), e che le conseguenze politiche potrebbero essere catastrofiche, e ci sarebbe pure uno stato-nazione a cui dare la colpa. e infatti la merkel in questi giorni ha ricordato il rapporto sinergico tra bundesbank e stato tedesco, una rassicurazione talmente scontata che si fa solo quando ci sono divergenze e non si vuole parlarne. e gli interessi di stato tedesco e di bundesbank in questo momento non sono gli stessi: se la prima vuole l’uscita dall’euro dei paesi meridionali con annesso default e riconversione monetaria gestita dalla bundesbank stessa, stato tedesco e relativo comparto industriale sono di un altro avviso, dato che le perdite dei vari default finirebbero alla germania che diventerebbe la classica bad company (non certo alla privata bundesbank, dato che le perdite le paga il settore pubblico), e il comparto industriale se ne andrebbe completamente a prostitute.
solo alcuni settori dell’economia particolarmente “liberal” sostengono messianicamente che nel lungo periodo l’europa sarebbe economicamente più forte con un’uscita della grecia. però nel lungo periodo siamo tutti morti, e se questi ricchi finanzieri-profeti dell’uscita dall’euro potrebbero affrontare bene il breve e medio periodo, non credo che sia lo stesso per il resto della popolazione. e, dato che non sono malthusiano, sono contrario a qualunque prospettiva che comporti la decimazione fisica della nostra popolazione, sia attraverso scarsità di beni, che attraverso lotte armate e affini. lo ricordo perchè non si sa mai.
Vincenzo Cucinotta
Egregio professore, mi permetta di sostituire il precedente intervento con questo, in cui ho proceduto a tante correzioni. Grazie.
@Giandavide
Ma lasciamo da parte l’ermeneutica, almeno proviamoci.
Io in realtà facevo delle osservazioni molto più terra terra.
Dicevo di disfare l’Europa che è stata concepita come una struttura di coordinamento di strutture nazionali, ma con la palese contraddizione di coesistere con organismi titolari di poteri non trascurabili ma designati in maniera del tutto non democratica. Questa è l’Europa, e d’altra parte sarebbe ingeneroso farne una colpa a chi l’ha voluta ad ogni costo, anche con questi elementi di debolezza e di burocratizzazione.
Il problema principe dell’Europa è che non esistono gli europei, il tentativo di suscitare una supernazionalità europea tramite la costruzione dirigistica di strutture comuni è definitivamente fallito.
Gingillarsi con l’attuale unione europea, è un esercizio estremamente pericoloso, sia per la parte che riguarda la sua incapacità di opporsi agli attacchi della speculazione finanziaria globale, sia perchè una convivenza litigiosa è molto peggiore della separazione consensuale, come dovrebbero dimostrare tanti esiti matrimoniali.
A me gli irresponsabili titoli di Libero e del Giornale contro la germania mi preoccupoano e non poco, penso che lì stia il pericolo più forte di possibili conflitti intraeuropei, che non si può escludere che diventino armati.
Rancori ed odio sono già attualità, e trovano un eccellente brodo di coltura in questo contrasto sulla direzione dell’euro e dell’Europa.
Qualunque persona ragionevole dovrebbe convincersi che le opinioni sono differenti, e lo sono purtroppo perchè gli interessi sono divergenti, essendo puri interessi nazionali senza alcuno spirito solidaristico europeo. Questo accanimento a suscitare ciò che con tutta evidenza non è suscitabile non costituisce una semplice perdita di tempo, il tutto avviene in una dimensione pubblica europea caratterizzata come tu dici da un personale politico molto modesto e del tutto inaffidabile.
Per questo dico che bisogna chiudere una pagina. L’esperienza sin qui maturata in Europa lascerà comunque una sua sedimentazione nella coscienza collettiva. In chi ha potuto liberamente viaggiare in europa, in chi ha potuto liberamente trasferirsi in un altro paese anche per lavoro, ma per mille altri aspetti che sarebbe troppo lungo elencare, potrebbe suscitarsi una sorta di nostalgia dell’europa che, magari a distanza di alcuni anni e con una classe dirigente europea migliore di quella attuale, potrebbe fare ripartire un progetto europeo autenticamente federalista e democratico.
Come dire, se son rose fioriranno, sennò il volontarismo di qualcuno non è qualcosa a cui sarebbe saggio affidarsi, esso rischia di fare più danni dei vantaggi che vorrebbe garantire.
Così, forse rispondendo anche al prof. Giannuli, spero di avere chiarito che la prospettiva di eventi bellici mi preoccupa tanto, soltanto che ritengo che il cincischiare, l’incapacità di fare scelte chiare, di dire chiaramente agli altri paesi cosa possiamo accettare e cosa non possiamo, è il terreno più propizio a farli scoppiare. Questi governasnti mondiali che hanno ritenuto di doversi sottoporre all’autorità della grande finanza con la logica del “too big to fail”, è come se maneggiassero un ordigno già innescato senza rendersi conto di quanto grande sia il pericolo. Molto meglio poggiarlo delicatamente da qualche parte ed allontanarsi da esso, meglio ritrarsi da questa dimensione globale che costituisce la vera causa dei contrasti interstatali.
Infine, la questione della balcanizzazione ed ella possibile frammentazione della stessa nazione italiana. Un problema che credo sia giusto sollevare, ma che mi pare ci porta lontani. Non dico che sia un pericolo inesistente, ma dovremmo comunque considerare che dietro l’ìItalia, a differenza dell’Europa, c’è una costituzione con tutto ciò che essa comporta (ed in ogni caso, la discussione andrebbe troppo per le lunghe).
giandavide
beh il punto è che anche la grecia fuori dall’euro rappresenta un caso d’eccezione che dovrà comportare una elaborazione a livello normativo. non conosciamo la natura di questa rielaborazione, ma mi sembra improbabile che rimanga confinata allo stato greco, dato che sta nella natura di una norma il fatto di potere essere applicata anche in altri casi. per il resto credo che siamo d’accordo tutti che la rappresentanza in europa è in uno stato troglodita ma forse la differenza è che tu ed aldo forse un pò vi fidate della bundesbank e delle istituzioni politiche attuali, dato che per voi potrebbero gestire l’uscita dall’euro. io non mi fido (nè di passera, ma nemmeno di “morgan stanley” grillo) e preferisco tenermi il conio attuale piuttosto che fare mettere mano agli ultras del neoliberismo sul nuovo conio. d’altra parte credo che sia inutile prospettare guerre italo tedesche (senza eserciti di leva? i soldati si pagano in dollari, in lire o sono coscritti?) quando in realtà attraverso la rottura dei trattati si possono produrre danni economici peggiori e mentre noi europei stiamo discettando sul fatto che potremo fallire perchè una parte marginale dell’economia europea (se non sbaglio il 3%) non riesce a pagare gli interessi impagabili decisi dalle nostre amabili banche, in usa stanno preparando il qe3, attraverso cui stamperanno puntualmente milionate di banconote che finiranno dappertutto tranne che nell’economia americana sempre più ingolfata, sempre che non votino il mormone e finiscano con le lance e i bastoni.
insomma credo che sia evidente che il problema sono le banche e la finanza, una cosa che c’è in tutto il mondo e da cui non è possibile ritrarsi, a meno di non rifugiarsi nei sogni fascistoidi di un latuche o di un pallante (sogni peraltro destinati a rimanere tali). in queste condizioni, pretendere di combattere la finanza su un piano nazionale è ridicolo (e perchè non comunale o parrochiale? in fondo se “piccolo è bello”…) e pretendere di combatterla in una posizione di debolezza economica, casomai con passera e budesbank che decidono la conversione, è ancora più ridicolo. l’unica strada è una protesta comune europea, e dei partiti di sinistra in grado di incanalare questa protesta per farne una battaglia comune di tutti gli europei, dato che i banchieri “troppo grossi per cadere” e “gli utili ai privati e le perdite allo stato” sono un problema di tutti che non si risolve tentando di scappare e credendo di trovare un rifugio medievale che ti tenga al sicuro lontano dalle grinfie della finanza.
giandavide
all’inizio, parlando delle eccezioni, volevo solo dire: una volta che ammettiamo la presenza di un caso di eccezione e la sua normativizzazione, ci siamo già spinti abbastanza lontano da non potere più escludere a priori la presenza di altri casi di eccezione del genere….
rosario
Io penso che sia possibile ritornare al vecchio “serpentone monetario” dove ogni valuta sia espressione della forza economica di ogni stato membro UE. Questo per salvare almeno l’idea precedente di Comunità Economica e per aspettare nuove persone e nuovi progetti europei che tengano conto delle mutate esigenze economiche (maggiore attenzione ai servizi, alle energie rinnovabili, ritorno ad una politica agricola comunitaria, alle infrastrutture di connessione a banda larga e magari ad una distribuzione di quote di produzione ripartita per Paese che permetta almeno un primo approccio di politica industriale integrata). E sarebbe già tanto….!!!!
Cinico Senese
Ma vale la pena dissanguarsi tra tasse taglio dei servizi pubblici e svendita di assets pubblici per stare dentro sto euro?
Okkio che Israele si sta preparando ad attaccare l’Iran, aspetta l’esito delle elezioni USA. Un attacco farebbe impazzire le borse e il prezzo del petrolio schizzerebbe in alto con una ulteriore mazzata all’economia e alle nostre vite.
Inoltre questa siccità bestiale sta facendo schizzare in alto i prezzi delle commodities alimentari con rischi di carestia.
Questi rischi si innestano sulla questione euro si o no e sulla decisione tedesca se fare o no lo scudo antispread.
Ma secondo me, per come è stata conciata l’Italia da questa marmaglia che ci ha governato, euro o non euro, il suo destino è segnato da un inesorabile declino: siamo perdenti in tutti i campi della competitività globale (ricerca, brevetti, scuola, meritocrazia, burocrazia, giustizia, sicurezza del territorio, turismo in caduta, invecchiamento della popolazione).
Le crisi sistemiche sono graduali, ma hanno poi un punto di rottura in cui precipita tutto in un attimo.
La grecia è solo un tassello in un casino totale.
Tommaso
@Aldo: inizio con una domanda tagliata un po’ con l’accetta: le banche che falliscono devono essere lasciate fallire (concordo: fallimento, spezzatino e via al miglior offerente) per evitare fenomeni di deresponsabilizzazione e moral hazard, gli stati, come la grecia, no: bisogna mettere in comune i debiti. perchè?
La grecia ha vissuto ben al di sopra dei propri mezzi per almeno un decennio, tornerà a vivere di quel che produce, cioè di poco. Non credo ci siano ricette in grado di risanarla, semplicemente perchè non è mai stata “sana”.
Una delle condizioni affinchè l’unione funzioni è che si riducano gli incentivi a truccare i conti e farsi trainare dagli altri.
Non sono nemmeno d’accordo che i nostri interessi e quelli dei tedeschi siano opposti, nel senso che non credo che abbiamo bisogno di una vigorosa inflazione come dici. Non è stata una gran mossa nel ’92 e non lo sarebbe ora, al contrario costituirebbe un metodo per mettere le mani in tasca a parecchi cittadini senza far troppo clamore, per poi continuare indisturbati a declinare come prima per un altro decennio, in attesa di trovarci in una situazione peggiore di quella attuale.
Il debito pubblico italiano può essere ridotto e il paese può ricominciare a crescere nell’arco di 5-6 anni se guarda in faccia ai suoi problemi e smette di cercare silver bullets che non esistono. Siamo andati a fondo principalmente da soli ed è il caso che cominciamo a riconoscerlo.
La classe politica attuale deve andarsene in toto ed una nuova deve cominciare ad occuparsi seriamente dei fondamentali del paese: costi della politica, burocrazia, giustizia, educazione, sistema fiscale, mercato del lavoro, sanità, rapporto stato-enti locali etc…
in che misura siamo d’accordo?
aldogiannuli
1. gli stati è bene che non falliscano per le ragioni esattamente opposte a quelle per cui i liberisti vogliono farli fallire per salvare le banche: lo stato non è solo un agente economico-finanziario a differenza delle banche ed ha compiti di interesse generale. Questo non vuol dire che possa indebitarsi quanto gli pare tanto c’è chi paga. Solo che nel passato la sanzione del default era riequilibrata dalle manovre sulla moneta che qui sono impossibili per via di questo pasticcio dell’Euro
2. non ho detto che abbiamo bisogno di una vigorosa inflazione, ma di una vigorosa svalutazione. Il che, ovviamente comporta un aumeto dei costi sulle importazioni e, quindi, rilancia l’inflazione, Ma il fenomeno può essere contenuto dalla riduzione delle importazioni e dalla spinta a coinsumare prodotti interni (il che non è affatto male, visto che dobbiamo entrare nell’ordine di idee che una parte rilevante di quel che si consuma -poi discutiamo sull’entità di questa parte- DEVE esser prodotto localmente: noin ha nessun senso che nei mercati italiani si acquisti aglio cinese, uva cilena e arance argentine). Beninteso: i primi 4-5 anni sarebbero molto amari, ne sono perfettamente cosciente, ma dopo acquisteremmo una vompetitività sul mercato europeo che ridarebbe fiato e slancio alla nostra economia
3. Certo che la svalutazione è mettere in tasca le mani ai cittadini: vuoi che non lo capisca. Ma come altro si può fare? Naturalmente possiamo cercare di proteggere i meno abbienti, i piccoli conti, ma ti assicuro che di mettere le mani in tasca a gentaglia come Berlusconi, Tronchetti Provera, Marchionne, Passera, ecc. non mi procura alcuna agoscia esistenziale… anzi…
4. La Grecia ha vissuto al di sopra delle sue possibilità: si e no. Dobbiamo dire CHI ha vissuto al di sopra delle sue possiìbilità: i generali ed i ministri che beccavano le tangenti sulle demenziali spese militari di questi 20 anni, gliu iufficiali che ricevevano pensioni (poi riversate alle vedove) assolutamente fuori del normale. Certo anche una pubblica amministrazione dilatata oltre ogni decenza, però anche questo va riconsiderato alla, luce di qualoe sconfinata immondizia parassitaria è la borghesia greca. Insomma, va bene che la Grecia non puà continuare a spendere soldi che non ha e che sarebbe bene che i greci pensassero (una volta usciti dall’Euro) a darsi una decente industria manifetturiera ed a smetterla di pensare di risolvere i propri problemi esistenziali con un bel posto pubblico dove non si fa niente dalla mattina alla sera, però qui i problemi sono posti in modo diverso
5. I bilanci truccati: bel tema di discussione, chiediamoci perchè e come questo è stato possibile e rileggiamoci i trattati, magari scopriremo che se i greci li hanno truccati, i tedeschi lo sapevanio ed erano d’accordo.
Vincenzo Cucinotta
Giandavide, io ti consiglierei di non scappare. Pur di non confrontarti con i fatti, con la dura attualità in cui ci ritroviamo, sei andato addirittura a rifugiarti nel medioevo…!
Per la stessa finalità, liquidi sprezzatamente il pensiero di Latouche che sto rileggendo in questi giorni, anzi sarei onorato se venissi a leggere cosa ne scriverò appena finisco la rilettura sul mio blog. Ritengo che egli dica cose condivisibili ed altre non condivisibili, ne do insomma un giudizio articolato che mi pare più appropriato di una liquidazione in due parole.
Insomma, il tuo ultimo intervento mi conferma nella mia opinione. Quando scrivevo che sei prigioniero dei luoghi comuni, intendevo appunto riferirmi al fatto che non riesci minimamente a uscire dall’ideologia dominante. Ciò comporta non l’avere una specifica opinione, questa è una cosa che ci accomuna tutti, ciò che specificasmente caratterizza un pensiero ideologico è quello di negare l’evidenza dei fatti per rifugiarsi in poreconcetti che non si intende neanche argomentare, sono dati come assiomi, cioè autoevidenti.
Così, di fronte all’evidenza di un mondo che ogni giorno diventa più povero, più diseguale e più inquinato (in senso lato), di fronte all’assenza di un’opposizione che chiameremmo, seguendo una lunga tradizione, di sinistra, per evitare di confrontarsi con vie di pensiero innovative, finisci con l’evocare i fantasmi di un futuro che dovrebbe somigliare al medioevo.
Mi chiedo cosa sai e cosa sappiamo sul medioevo, e se, al contrario di quanto tu dici, il medioevo è proprio quello in cui ci stanno portando questi potenti del mondo.
E’ chiaro che, se a fronte di fatti incontrovertibili, di evidenze indiscutibili, ci si rifugia nel fatto che comunque uscire dalla logica del mondo di oggi ci porterebbe in scenari d’incubo, ogni dialogo è semplicemente impossibile, e difatti io non discuto certo, per fare un esempio, con un cattolico di cose come la santa trinità, non ci può essere dialogo con chi coltiva una fede così ferma da non richiedere argomentazione.
Tommaso
1) Sul discorso dei “liberisti” che vogliono far fallire gli stati per salvare le banche mi sfugge qualche nesso sinceramente: non è che mi aspetto proprio urla di gioia da GS o Unicredit o Bankia se Grecia, Spagna o Italia dovessero fallire.
2) Altrettanti dubbi mi vengono sul discorso secondo il quale una potente svalutazione (mea culpa, vero, avevi scritto svalutazione e non inflazione, ma senza la seconda non so quanto la prima da sola possa ridurre il nostro debito pubblico, come scrivi nell’articolo) ed una sorta di parziale autarchia rilancerebbero alla grande la nostra competitività nel lungo periodo,non mi sembra esattamente che i nostri fondamentali abbiano fatto il botto a seguito della svalutazione del ’92.
Al contrario, mi sembra che la svalutazione sia sempre stata usata in italia per rattoppare una politica fiscale perdente, mentre l’euro ci costringe a guardare in faccia i nostri problemi e ad agire per risolverli.
3) lascio perdere la parte su B. , Marchionne e compagnia, che probabilmente sarebbero i meno danneggiati da questi provvedimenti e mi concentro sulla domanda: come altro si può fare? Faccio un esempio, ma i punti su cui agire sono chiaramente molti, ne ho citati sommariamente alcuni nel post precedente: Il paese ha un patrimonio immobiliare stimato in circa 400 miliardi di euro (no, non sto parlando del colosseo e la torre di pisa) di cui si stima si possano ottenere 100-120 miliardi nell’arco di tre anni tra vendita della parte “libera” e riduzione di sprechi nella gestione della parte rimanente. Un valore almeno pari è costituito da quelle partecipate pubbliche che non hanno necessità di rimanere tali (ENEL, ENI, CDP, Poste, Ferrovie dello Stato,…).
Si tratta di stime di minima, che sarebbero comunque sufficienti a portare il rapporto debito/pil sotto il 100% entro il 2018, comportando un risparmio annuo per interessi di circa un punto di pil (senza considerare gli effetti positivi che questo potrebbe avere sul livello stesso dei tassi sul debito sovrano). Meglio mettere le mani in tasca ai cittadini, concedere una boccata d’aria alla classe politica e trovarsi daccapo tra 15, 10 o 5 anni?
4) Siamo abbastanza d’accordo sul fatto che la grecia, in aggregato, vivesse al di sopra delle sue possibilità (sovradimensionamento della PA e sistema pensionistico sono due esempi eclatanti). Che incentivo può mai avere un paese così a “darsi una decente industria manifetturiera ed a smetterla di pensare di risolvere i propri problemi esistenziali con un bel posto pubblico dove non si fa niente dalla mattina alla sera” se, a fronte di una sostanziale autonomia per quel che riguarda il lato delle spese e della tassazione, esistessero dei debiti emessi in solido della UE?
Gli aiuti a paesi illiquidi devono essere concessi solo a fronte di una parziale cessione di sovranità degli stessi (quel che stanno facendo di fatto BCE e germania con noi) , i paesi insolventi devono poter fallire. La grecia è palesemente insolvente.
Esiste una fetta del paese in grecia come in italia, che vive di grandi o piccole rendite sulle spalle di un’altra parte del paese, identificarla non è immediato: comprende non solo la classe politica o i dipendenti dei ministeri, ma anche una parte di imprese, una parte di PA, una parte di lavoratori sia pubblici che privati e determinate professioni protette… è questo che ci tira a fondo ed è qui che bisogna agire per tornare a galla. Ad oggi praticamente nessuno ha dichiarato chiaramente di volerlo fare e assolutamente nessuna forza politica ha preso concretamente dei provvedimenti in tal senso (men che meno monti).
Tommaso
ho riletto il mio commento e chiarisco un punto che da come è scritto potrebbe far sorgere dei dubbi: quando scrivo “comportando un risparmio annuo per interessi di circa un punto di pil ” intendo dire che , a dismissioni completate, l’effetto sul livello della spesa pubblica sarebbe di ridurla dell’ 1% del pil per minori interessi in maniera strutturale, non che ogni anno la spesa si ridurrebbe di un ulteriore punto di pil…è abbastanza ovvio ma non era scritto bene.
giandavide
quindi non solo vi fidate delle istituzioni neoliberiste che a parole criticate tanto, vi fidate a tal punto da fargli gestire la converasione euro-altre valute, ma siete pure malthusiani io trovo inaccettabile dire come fa aldo:
” i primi 4-5 anni sarebbero molto amari, ne sono perfettamente cosciente, ma dopo acquisteremmo una vompetitività sul mercato europeo che ridarebbe fiato e slancio alla nostra economia”
trovo una cosa del genere aberrante: 4-5 anni di azzeramento dei redditi come le pensioni implicano che la nostra popolazione anziana dovrà sopravvivere questo lasso di tempo (calcolato a caso, peraltro) senza introiti economici, ovvero implicano che dovrà morire di stenti.
” Oggi copriamo il nostro fabbisogno alimentare per il 73% per quanto riguarda i cereali, per il 64% per il latte, per il 33% per le leguminose, per il 72% per la carne, per il 34% per lo zucchero, per il 73% per l’olio d’oliva. ”
se si considera che una percentuale di questi prodotti sta nella fascia alta e sarà destinata all’esportazione, questi non mi sembrano dati brillanti. se si aggiuge poi che a livello energetico dipendiamo per il 76% dall’estero la cosa si fa ancora più grave, e probabilmente implicherebbe altre cose, come la rinuncia ad ambulanze e servizi sanitari… non mi sembra di essere catastrofista, solo che non credo che si possano creare dal nulla le tonnellate di materie prime che servono per 60 milioni di persone.
e la speranza che la crisi la pagi tronchetti provera è molto suggestiva, ma purtroppo non si capisce quale istituzione politica dovrebbe fare una cosa del genere, non solo in quanto passera è al governo, ma sopreattutto in quanto la società civile in questo momento storico non ha una visione del mondo condivisa e non è in grado di chiedere e ottenere cose del genere, nè ci sono dei partiti politici con questa volontà (a meno di non credere ciecamente a quello del board delle multinazionali tecnologiche e al suo amico con la barba). insomma credo che per credere a uno scenario del genere serva molta fantasia, e se da grillo e berlusconi mi aspettavo proposte suggestive e fantasiose, sono molto deluso di sentire le stesse cose da parte di una persona stimabile come aldo.
@ vincenzo
le posizioni di latouche implicano un arretramento della nostra società a livelli preindustriali, o sbaglio? tanto per sapere, la tua moglie o la tua findazata sarebbero contente di diventare la tua schiava, come vuole la prospettiva fascistoide del simpatico latuoche? oppure stai puntando alla figlia del vicino che ti verrà concessa dal padre in cambio di una dote? e immagino tu sia pronto anche a rinunciare all’informatica, giusto per essere coerenti quando si scrive da un computer.
parliamo di cose pratiche, anche se non so se sei in grado di intavolare discussioni civili: io me la prendo con uno degli autori più letti a destra dandogli del fascista, e tu mi insulti dandomi del cattolico. mettiamo a parte l’argomento “maleducazione” su cui ci sarebbe qualcosa da dire, ma il problema è che non hai argomenti, dato che ti rifugi nei sogni da nobile decaduto del pazzoide francese, che vorrebbero la civiltà borghese convertita in cività contadina, regolata da un’economia di stampo semimedievale, ma sostieni che in realtà si tratta di un avanzamento. probabilmente per il valvassino e il baronetto è così, ma non certo per il resto della popolazione, destinata a una riduzione dell’età media dovuta alle privazioni alimentari e sanitarie.
comunque si vede che sei un sincero democratico non solo dal fatto che preferisci insultare le gente piuttosto che rispondere nel merito (e poi non mi sembra che marx faccia parte dell’ideologia dominante, ma per i complottisti da quattro soldi forse non è lo stesso), ma anche se si considera l’applicazione delle teorie del pazzo che veneri: come si decresce? con la popolazione italiana che si converte volontariamente e istantaneamente alle idee di pallante, casomai tramite opportuna discesa di spirito santo? oppure con un bel governuccio autoritario? dillo apertamente perlomeno, senza vaghi giri di parole, dato che nascondere le cose che si implicano nelle discussioni è un segno chiaro di disonestà intellettuale.
e poi prendi casomai in considerazione l’idea di frequentare un poco siti come vivamafarka, dato che là potresti trovare persone con idee simili alle tue sulle donne e la politica.
Vincenzo Cucinotta
@Giandavide
Come tutti potranno facilmente constatare, sei tu che mi tiri strumentalmente in discussioni senza alcuna volontà di dialogo, mentre io ti ho ignorato finchè ho potuto.
Ora, finisci con l’affermare il falso, attribuendomi cose che non mi sono neanche lontamente sognato di dire.
E’ chiaro che in queste condizioni è impossibile scambiare anche soltanto qualche semplice considerazione, manca ì’ingradiente essenziale dell’onestà intellettuale. Ti prego pertanto di ignorarmi, non tollererò ulteriori intemperanze da parte tua.
ps. Io non insulto nessuno, meno che mai te. Se credi il contrario, hai tutti i miei estremi (che io non lesino come fai invrece tu), e puoi tranquillamente denunziarmi.
aldogiannuli
Caro Vincenzo, caro Giandavide
perchè non provate a confrontarvi adottando un po’ di sottotono. Non trovo le vostre posizioni così polarmente opposte come l’asprezza dei toni farebbe pensare. Ad esempiuo su Latouche io avrei molto da dire: non mi piace la sua ricetta della decrescita ma, insomma, definirlo pazzoide nobile decaduto mi sembra un po’ forte, per piacere mettiamo da parte la minaccia di denuce e le sfuriate.
Magari interverrò con un pezzo specifico sulle questioni che sollevate, ma, intanto mi farebbe piacere che adottaste toni più distesi. Vederete che non è mai inutile discutere anche se si resta di parere differente. Mentre litigare è sempre inutile.
cordialmente…
giandavide
qui l’unico con cui me la sono presa è stato latouche, anzi le sue idee, per essere più chiari: chi sogna di vedere la gente che zappa per il suo latifondo sta facendo un pò un sogno da nobilotto decaduto. e non penso che sia pazzo, dato che chi fa affari con i fascisti e la destra in generale non è mai pazzo, è solo molto furbo e sta vendendo bene il suo prodotto a una categoria di acquirenti di destra.
Vincenzo cucinotta
Caro Aldo,
ti ringrazio delle tue parole. Io, se lo vorrai, continuerò a frequentare questo sito, ma certamente non posso farmi mettere in bocca parole non mie da parte di nessuno, neanche a scopo dialettico, esistono dei limiti che tutti dovremmo rispettare.
Mi sbaglio o anche nell’ultimo intervento, questo signore sembra dimenticare frasi del seguente tenore, rivolte a me
“Comunque si vede che sei un sincero democratico non solo dal fatto che preferisci insultare le gente piuttosto che rispondere nel merito (e poi non mi sembra che marx faccia parte dell’ideologia dominante, ma per i complottisti da quattro soldi forse non è lo stesso), ma anche se si considera l’applicazione delle teorie del pazzo che veneri: come si decresce? con la popolazione italiana che si converte volontariamente e istantaneamente alle idee di pallante, casomai tramite opportuna discesa di spirito santo? oppure con un bel governuccio autoritario? dillo apertamente perlomeno, senza vaghi giri di parole, dato che nascondere le cose che si implicano nelle discussioni è un segno chiaro di disonestà intellettuale.”
Soprattutto, prego chi mi legge di concetrarsi su “il pazzo che veneri”, che è il modo in cui egli interpreta il mio
“Ritengo che egli dica cose condivisibili ed altre non condivisibili, ne do insomma un giudizio articolato che mi pare più appropriato di una liquidazione in due parole.”
Dopo quello che anche tu dici su Latouche, evidentemente iscriverà anche te ai veneratori di un fascista, d’altra parte ognuno capisce come riesce.
Io ti confesso che non credo che le discussioni siano sempre utili, a volte sono solo una fonte di confusione anche per gli altri che leggono e una perdita di tempo per tutti.
Come già dissi, penso sia meglio che con Giandavide ci ignoriamo, mi pare il massimo possibile di convivenza.
aldogiannuli
sinceramente non credo che sia possibile ritenermi un veneratore di Latouche… comunque spero che si trovi modo di discutere più pacatamente.
con cordialità. Aldo
giandavide
infatti aldo parla di acquisto di competitività con l’uscita dall’euro, implicando quindi che una produzione industriale debba esistere. nel caso di latouche non si tratta di acquisire competitività, ma di raggiungere l’autosussistenza. se nel primo caso si tratta di un sacrificio della popolazione “una tantum” che permette benefici economici successivi, nel secondo caso il sacrificio della popolazione è una caratteristica connaturata e che si vuole perdurante. in entrambi i casi parte della popolazione si deve sacrificare perchè le condizioni economiche di chi rimane siano migliori, sebbene con differenze di grado e di sofferenza. ma se si ritiene che il fine della politica e dell’economia debba essere l’uomo e non il denaro (che dovrebbe essere un mezzo), non si può sostenere che degli uomini si debbano sacrificare in cambio di denaro. quindi io preferisco partire da un marxismo inteso come umanesimo, e pazienza se mi danno del bigotto, e mi trovo più vicino al concetto di sviluppo felice piuttosto che al concetto di decrescita (in)sostenibile.
Teo
Salve signor Giannulli e complimenti ancora una volta per il suo articolo,
siccome sono greco, vivo e lavoro in Grecia, vi aggiorno subito su come stanno andando le cose:
le cose in Grecia non stanno andando bene! Il problema fondamentale e’ la
corruzione nel settore pubblico (ogni giorno si scoprono nuovi scandali) e
il rifiuto generale di tutti i politici di prendere decisioni drastiche,
costa quel che costa in voti. Quindi niente cambia, il tempo passa, il
debito e la disoccupazione cresce e i salari e le pensioni vengono
tagliati. In particolare, l’unico problema che ha la Grecia e che deve
corregere e’ l’enorme settore pubblico (enorme, causa assunzioni di natura
politica). Bisogna, secondo me sempre, proseguire diminuendolo di molto.
Solo cosi’ diminuiranno le spese. Considerate che il settore pubblico da
noi ammonta in piu’ di 1.300.000 impiegati su quasi 3.000.000 di totale
forza lavoro in Grecia! Cioe’ piu’ di 1/3 in Grecia e’ un impiegato
statale con uno stipendio ogni mese!!!
Noi liberi professionisti e privati, paghiamo le tasse per i salari del
settore pubblico, pero’ come detto prima, esso e’ enorme e i soldi
semplicemente non bastano!
Finendo voglio dirvi una cosa: bisogna essere patrioti (non nel senso
esatto della parola) cioe’ pensare per il bene comune e non solamente
della propria tasca, altrimenti i nostri paesi o la nostra Europa sono
prima o poi condannati a morire.
Vincenzo cucinotta
Spero mi scuserete se vado fuori tema, ma tengo conto della piega che ha preso la discussione.
Potrebbe, credo, essere interessante considerare le tematiche politiche in maniera più articolata, tenendo cioè conto della pluralità delle posizioni esistenti (ed anche, spero di non scandalizzare nessuno, di quelle potenzialmente formulabili). Non capisco a chi ed a quale finalità giovi una rozza e nei fatti mendace semplificazione delle tesi esistenti.
Potremmo partire, tanto per esemplificare, dal pensiero di Marx, e subito ci troviamo a dovere distinguere tra marxiani e marxisti.
Poi, abbiamo coloro che considerano Marx in primo luogo un filosofo che ha modificato in maniera fondamentale la filosofia hegeliana, e poi abbiamo la visione strutturalista (tipo Althusser), poi coloro che lo considerano un geniale economista, e insomma si potrebbe andare avanti a lungo.
Così, è evidente che dichiararsi marxista non chiarisce granchè. Tutto ciò diventa ancora più indeterminato se una fede politica non si traduce in una strategia dell’oggi, il che implica da una parte l’attualizzazione del pensiero di Marx, dall’altra la capacità di immaginare un percorso che si ritiene praticabile.
L’attualizzazione mi sembra indispensabile, perchè dovrebbe essere evidente a tutti che Marx fu un uomo del suo tempo, un tempo che aveva delle problematiche differenti da quelle dei nostri giorni: chiunque è in grado di capire che Marx non poteva porsi il problema dei limiti ambientali, quanto meno non nei termini odierni, ed il proletariato di allora non corrisponde agli operai di oggi nella nostra Europa (ma tra qualche anno,non sappiamo…).
Essere marxisti però significa anche andare oltre le pure disquisizioni di principio, significa praticare le proprie teorie, svolgere un ruolo in qualche modo attivo nel contesto politico.
Io, da parte mia, ho scritto un libro esponendo le mie teorie che ritengo originali, e sto lavorando a scriverne un secondo che approfondisca le stesse tematiche. L’età e la carenza di contatti politici non mi hanno consentito di creare un’organizzazione, ma sono convinto che ciò vada fatto: chissà, forse qualche giovane si potrà interessare a ciò che scrivo e utilizzarlo per elaborare una strategia politica, io ne sarei felice, naturalmente.