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Valls: ma si può essere più bestie di così?

Ci sono affermazioni che non meritano commento alcuno, ma che debbono essere censurate per sottolineare la profonda bestialità di chi le fa. E’ il caso di Valls, degno Primo Ministro di quel genio di Hollande, che ha dichiarato papale papale che, se vince il Fn c’è rischio di guerra civile. In meno di dieci parole è riuscito a condensare il manuale del perfetto cretino in politica. Perché? Ve lo spiego.

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Francia e Venezuela: la sinistra che perde.

In una sola giornata la sinistra  riceve due colpi secchi perdendo (e male) le elezioni politiche in Venezuela ed amministrative in Francia. Sono due contesti diversi e due sinistre diverse: neoliberista, europeista, moderata ed elitaria quella francese, populista e altermondialista quella carachegna, ma entrambe incapaci di essere forza di cambiamento e di affrontare una crisi internazionale come questa in corso.

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“Siamo in guerra.” Benissimo comandante: a chi spariamo per primo?

Hollande ha deciso che siamo in guerra e lo ha comunicato al Parlamento francese, con piglio napoleonico. Per la verità, noi pensavamo che ci fosse già uno stato di guerra da prima e che i bombardamenti franco americani si giustificassero in un quadro bellico, ma evidentemente sbagliavamo ed erano un banchetto di nozze. Oppure erano solo annunciati ma non effettuati: chissà.

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La caduta degli Dei: D’Alema.

Sono consulente parlamentare dal 1994 (anche se con un intervallo dal 2006 al 2014), per cui mi capita  di circolare per i palazzi del Parlamento ed assistere a piccoli particolare molto istruttivi. Ad esempio, ho scoperto che lo stato di grazia di un politico è perfettamente misurabile, mentre attraversa il “corridoio dei passi perduti”, da tre dati:

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Il referendum greco

Spero che vinca il no, ma ho il forte timore che vincerà in si per le bestialità di Tsipras.
Siamo alle battute finali di una campagna referendaria brevissima ed assai confusa, fra una manciata di giorni sapremo come è andata. Da poco è arrivata la risposta della Merkel all’ultima proposta di mediazione fatta da Tsipras: rispedita al mittente, come era logico attendersi. Tsipras continua a dire che anche in caso di vittoria del No, la Grecia non uscirà dall’Euro.

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Il ceto politico italiano fa schifo, ma gli altri come stanno messi?

Qualche giorno fa,  Il Fatto ha pubblicato un godibilissimo servizio: erano i giorni in cui i politici italiani intonavano tutti “Tripoli, bel suol d’amore” ed il giornalista, nei dintorni di Montecitorio, chiedeva ai parlamentari dove fosse la Libia, con chi confina, quale è la capitale ecc. Risultato: un disastro. Nessuno ha dato risposte corrette, uno ignorava anche che la Libia era stata colonia italiana. E di inchieste simili ce ne sono state molte altre: ricordo una dalla quale si capiva che i nostri parlamentari non hanno la benchè minima idea di cosa è lo spread.

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La crisi della socialdemocrazia europea.

Per capire il senso politico generale delle elezioni europee e delle tendenze che si profilano, è importante analizzare gli spostamenti delle varie forze politiche, tanto dal punto di vista del loro peso elettorale, quanto da quello della loro allocazione nella mappa politica europea. Lo faremo un po’ per tutte le principali aggregazioni (sinistra radicale, popolari, liberali, euroscettici vari, verdi) cominciando dalla socialdemocrazia. Il primo dato evidente è che, salvo che per Germania, Portogallo ed Italia, ai partiti del gruppo socialista è andata proprio male: in Francia i socialisti sono precipitati al 14%, in Inghilterra al 24,7%, in Spagna al 23%, in Polonia raggranellano un magrissimo 9,7%come in Olanda dove sono al 9,4%, in Grecia l’8%. Anche nelle tradizionali roccaforti scandinave sono un pallido ricordo del passato, come in Svezia dove i socialdemocratici sono al 24,5%.

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