La guerra del rating: urge attrezzarsi.

A quanto pare avevamo visto giusto nell’articolo precedente: il terremoto ateniese non era casuale ma parte di una guerra monetaria contro l’Euro condotta dagli Usa. Uno degli strumenti di punta di questa guerra sono state le agenzie di rating che hanno declassato i titoli di Grecia, Spagna e Portogallo e, con una semplice frasetta buttata lì, hanno fatto ballare la rumba a tutto il sistema bancario italiano.
Lasciamo perdere se e quanto queste valutazioni di Moody’s, Standard & Poors o Fitch Rating siano fondate (ne parleremo in altra occasione), quello che colpisce è che, ancora oggi, dopo i disastri combinati sulle banche americane (vi ricordare le “tre A” accordare alla Lehman Brothers sino all’antevigilia del fallimento?), esse continuano ad avere una influenza enorme sui mercati finanziari.
Dopo capitomboli del genere, i responsabili delle tre agenzie dovrebbero stare in mezzo ad una strada, suonando un organetto ed offrendo oroscopi ai passanti. Rubo una frase a De Mita: ma come si fa a chiedere le previsioni del tempo ad uno che non si è accorto che fuori c’era il diluvio? Eppure banche, giornali, operatori di borsa ecc. continuano a muoversi al ritmo della loro musica: sono tutti imbecilli? Le cose non sono così semplici. Il punto è che queste agenzie svolgono una funzione chiave e la svolgono in condizioni di assoluto monopolio.

L’iper capitalismo finanziario ha comportato sia un aumento esponenziale della velocità delle transazioni finanziarie, sia la moltiplicazione degli strumenti attraverso cui esse si compiono. Dal 1983, quando Larry Fink inventò le Cmo (Collateralizated Mortgage Obligations ), che inaugurarono la serie dei “prodotti spezzatino”, sono passati quasi trenta anni e non sono passati invano; i titoli si sono fatti sempre più  “misti” ed opachi sino a raggiungere l’indecifrabilità: chi sa cosa c’è dentro il titolo offerto da una banca? In queste condizioni, il rating è l’unica bussola per orientarsi. Una bussola tutt’altro che affidabile e disinteressata, siamo d’accordo, ma pur sempre l’unica disponibile. Per di più, anche gli operatori che ne diffidano, sanno che gran parte del mercato seguirà le indicazioni che vengono da Moody’s e dalle sue sorelle, per cui, volenti o nolenti, si adegueranno e la “previsione” finirà con l’autoinverarsi. Anche perchè esse dispongono di una notevole capacità di influenza sui media specializzati.

Il punto è che tutte tre le agenzie hanno base nei dintorni di Wall street e non hanno rapporti casuali e sporadici con le maggiori banche di investimento americane, con la Fed e con l’amministrazione Usa. E qui si capisce la miopia delle classi dirigenti (sia politiche che economico-finanziarie) europee che non hanno neppure tentato di darsi strumenti di contrasto, accettando supinamente il monopolio Usa in materia. Oggi arriva il conto. Solo ora, dopo che tutte le vacche sono scappate, si cerca di chiudere la stalla e la Bce pensa di avocare a sè il servizio di rating sul debito degli stati dell’Unione. Bisognava davvero aspettare il 2010 per farlo?

Non sappiamo come si uscirà da questa crisi e quali saranno i prezzi che l’Europa dovrà pagare al piatto servilismo delle sue classi dirigenti verso gli Usa, ma è sicuro che sarà necessario cambiare registro.
Gli Usa hanno una capacità di analisi, di intervento e di influenza dell’opinione pubblica semplicemente incomparabili con quelli dell’Europa: siamo allo scontro fra la cavalleria polacca con i carri armati della Wermacht.  La politica europea è restata enormemente indietro in particolare sul piano delle capacità di analisi strategica: dobbiamo entrare nell’ordine di idee per cui non solo le banche centrali, i governi, i servizi di informazione e sicurezza, le maggiori aziende devono darsi centri di osservazione ed analisi in grado di competere con quelli americani, ma anche i partiti politici, i sindacati, gli enti locali ecc. devono iniziare a ragionare in termini di analisi strategica e dotarsi di strutture adeguate, nei limiti delle loro disponibilità. Il tempo della “politica spettacolo” (che, ormai, è diventata  la “politica avanspettacolo”)  è finito, a meno di non accettare l’idea di essere rapidamente ridotti alla più completa marginalità.

Non è tempo di far poesie sulla passione e le emozioni, è il momento del linguaggio arido delle cifre e delle deduzioni logiche. Il resto è ciarpame.

Aldo Giannuli, 10 maggio ’10

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Aldo Giannuli

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Comments (9)

  • concordo totalmente.La passione politica deve servire per non abbandonarsi all’inedia totale.
    Il grossissimo problema rimane la total mancanza nei partiti comunisti/di sinistra di una scuola quadri funzionante come Lenin comanda!Ci son figure tristissime che si rifanno a figure storiche e sconfitte del comunismo-i partiti trockjisti- ci son i sopravissuti dal disastro della sinistra di governo e lotta.Pochissimo al di là della buona volontà e passione dei singoli.
    Abbiamo fin troppo preso il lato negativo delle sinistre sudamericane:retoriche e poetiche e gettato il fiore all’occhiello-sicuramente non nei sentimenti e nei diritti,ma nella organizzazione partitica- del comunismo sovietico.

    I nostri capi non sanno che dire se non un giusto,ma generico:paghino i padroni!Ma quali padroni?Quelli che conosciamo da oltre cento e passa anni-alcuni travolti pure loro dalla crisi-o quelli in alto degli speculatori,delle grandi banche e così via?Non hanno piani precisi e si emozionano per le manifestazioni greche,sparlando di rivoluzione.Quando è facilmente comprensibile che in quei casi sia solo rabbia distruttrice-e benedetta,se volete-senza nessuna ideologia capace di organizzarla politicamente in senso ampio e rivoluzionario.
    Direi quindi tutti di dedicarsi alla formazione personale,visto che se studiamo troppo i nostri capi li superiamo facilmente con grossa crisi del loro ego di vetro e castello di carte,per comprendere la morte del sistema,che non significa nè un vero collasso del sistema occidentale o di un ritorno al socialismo,il capitalismo al massimo cambia veste e direzione…e gli altri a parlare di 4 internazionale!

    ps:quindi,gentilmente,visto che mi voglio creare una mia formazione :mi potrebbe suggerire dei libri che mi aiutino a capire la situazione politico/economica?Lo chiedo anche ai suoi gentili lettori.

    saluti berjisti davide

    • di libri ce n’è una valanga per tutti i gusti ed i livelli di conoscenza. io ai miei studenti consiglio:
      Pieraneglo DACREMA “la crisi della fiducia” Etas Milano 2008 (proprio sul rating)
      MAssimo AMATO Luca FANTACCI “Fine della Finanza” Donzelli, Roma 2009
      Giulio SAPELLI “La crisi economica Mondiale” Bollati Boringhieri Torino 2008
      Willelm MIDDELKOOP “Crisi istruzioni per l’uso” De Agostini Novara 2008

  • Quello che non mi è chiaro è il fatto di fondo, la tesi di una operazione ” americana”, in un sistema di ipercapitalismo finanziario il meccanismo non è controllato e orientato dal governo Usa ma dal capitalismo finanziario stesso, che sfugge a vincoli e controlli. Wall Street, per esemplificare con le denominazioni, non obbedisce al governo ma a se stessa, il governo americano è anche esso una cavalleria polacca. Quello che è saltato col capitalismo iperfinanziario è il ruolo stesso dello Stato e quindi anche dei governi.

    • Ovviamente Ws non obbedisce al governo Usa, ma nemmeno il governo Usa obbedisce a Ws. Però entrambi fanno parte dello stesso sistema di potere che ha nella Fed (che, ricordiamolo, emette il dollaro) il suo anello di congiunzione. E è ovvio che lo stato di salute del dollaro è un interesse comune tanto a Ws che all’Amministrazione.
      D’altra parte, Ws ha un suo prezioso braccio operativo nella Kroll (detta “La Cia di Ws”) che, a sua volta, collabora stabilmente con la Nsa.
      Ed allora, è così difficile immaginare una convergenza in un unica manovra politico finanziaria?

  • E’ vero che le agenzie di rating sono USA-oriented ma è anche vero che gli Stati maiali cd PIIGS non possono sentirsi vittime del rating se hanno truccato i conti per continuare a vivere a debito galoppante. Avessero i conti in ordine, non sarebbero declassate a junk-bond. Il mercato segue il rating che è un segnale del debito.
    Che l’EU non esista politicamente e quindi economicamente è un altro paio di maniche. Il fatto che c’è voluta una telefonata di Obama per far decidere i capi di stato EU a dare gli aiuti a protezione euro e Grecia dice tutto sulla inesistenza della EU politica: si preoccupa più il Presidente USA dell’EU che l’EU stessa.
    In Italia siamo messi male con governo e opposizione. Ma al netto delle pagliacciate di B. e della corruzione italica, all’estero EU non sono messi meglio a classe politica: si guardi alla inazione della Merkel ad esempio.
    Per fare fronte agli USA basterebbe, capitalisticamente parlando – dicono gli economisti –
    1) istituire un Fondo Monetario Europeo che possa competere sugli aiuti internazionali col FMI notoriamente USA-oriented;
    2) istituire una Agenzia EU di rating in concorrenza con le agenzie USA di WS
    3) togliere di mezzo dalla Banca Centrale EU i tecnocrati talebani del monetarismo e della bassa inflazione, sostituendoli con tecnici politici keinesiani (= ossia usare politicamente la moneta come fa la FED)
    4) fare lobbing globale politica per agganciare all’EURO le monete degli stati arabi, della Russia e delle economie deboli e dei mercati petrolifero non USA-link.
    5) mettere una tassazione sulle transazioni finanziarie extraEU;
    6) abolire i CDS Credit Default Swap o regolamentarli secondo il principio della trasparenza e della centralizzazione EU
    Lo dice anche il sole24!
    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/03/analisi-abolire-credit-default-swap.shtml
    Ma cari mie…questa è politica di lungo respiro, che sa cogliere le opportunità per acchiappare il topo, come diceva Deng. Il pensiero occidentale EU purtroppo è assolutamente di corto respiro, si pensa solo a fare businnes spot. Solo nei paesi dell’ex est stanno pensando con l’occhio lungo.
    Più che un problema di classe dirigente è un problema della decadenza del popolo EU invecchiato ingrassato ed impaurito dal futuro che si riflette nei suoi rappresentanti. Facciamocene una ragione! La decadenza dell’Italia è solo una la fase finale anticipata di quella futura europea.

  • e quella europea nella sua fine e decadenza,non è legata a quella americana.Visto che -grossomodo-non esiste una democrazia europea,ma una versione americanizzata della democrazia?

  • Forse non abbiamo una classe dirigente all’altezza della situazione, ma soprattutto il nostro continente proviene da mezzo secolo di sudditanza agli USA, sudditanza che non si può cancellare semplicemente con l’ottimismo della volontà. Sudditanza significa che in Europa gli USa hanno ancora troppi amici, amici di lunga data, ben radicati e non tutti palesi come Silvio Berlusconi o i polacchi, alcuni molto ben mimetizzati. Questa situazione reale produce continui sabotaggi di ogni tentativo di costruire un esercito economico europeo in grado di combattere la guerra economica prodotto del mercato globalizzato.
    Divide et impera è una vecchia pratica sempre molto ben funzionante.
    L’unità politica mi pare sia l’unica soluzione, anche limitata ad alcuni stati (Francia, Germania, Italia). Se ne parlerà solo quando anche l’Italia avrà una classe dirigente all’altezza di questo compito. L’unità politica dell’Europa dipende prima di tutto dall’Italia.

  • La guerra del rating: urge attrezzarsi….

    La guerra del rating: urge attrezzarsi.
    A quanto pare avevamo visto giusto nell’articolo precedente: il terremoto ateniese non era casuale ma parte di una guerra monetaria contro l’Euro condotta dagli Usa. Uno degli strumenti di punta di questa gue…

  • Angelo,
    avrei una domanda: Il servilismo cui Giannuli accenna nel post non può manifestarsi proprio nell’occultare il bilancio?
    Questi politici corrotti (vedi B.) non sono parte dello stesso sistema filo-Usa dal quale sono ovviamente legittimati?

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