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Moody’s declassa l’Italia: ritorna la guerra del rating

L’agenzia di rating Moody’s (di cui è principale azionista quel gentleman di Warren Buffet) ha declassato i titoli italiani di ben due posizioni, portandoli da A3 a B2, cioè un rating inferiore a quello delle isole Barbados (come qualcuno ha fatto osservare), a un solo passo dall’area Ba, che è quella ritenuta di “investimento speculativo”.

Come dire: l’ultimo girone del Purgatorio, subito prima dell’Inferno.

Questo, però, non ha impedito di collocare tutti i titoli in scadenza il giorno dopo. Piazza Affari ha chiuso addirittura in attivo.

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La dittatura del rating e i dilettanti allo sbaraglio

Ogni qual volta le agenzie di rating (e per esse intendiamo le tre sorelle newyorkesi, dato che tutto il resto del rating non conta nulla) declassano qualcuno, quel qualcuno inizia a strillare che non sono credibili, che non bisogna starle a sentire, perchè non contano più nulla ecc. Poi, però, tutti si adeguano agli editti imperiali di Moody’s o di S&P e gli interessi sui titoli salgono immediatamente.
E’ successo anche questa volta per i titoli dei bond europei. Anzi questa volta è successo in anticipo: le borse si sono adeguate già in base ai primi annunci, cosicchè, quando c’è stato il declassamento ufficiale non è successo nulla: era già successo tutto prima.
Per la verità, gli argomenti per dire che le valutazioni delle agenzie sono molto arbitrarie, non mancano: esse non rivelano mai le loro formule di calcolo, non dicono quali dati hanno considerato, sono molto evasive sulle fonti cui hanno attinto, per di più appartengono a società finanziarie su cui poi emettono giudizi non del tutto disinteressati. Insomma, l’arbitro è organicamente dipendente di alcune società iscritte al campionato.

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La guerra del rating: urge attrezzarsi.

A quanto pare avevamo visto giusto nell’articolo precedente: il terremoto ateniese non era casuale ma parte di una guerra monetaria contro l’Euro condotta dagli Usa. Uno degli strumenti di punta di questa guerra sono state le agenzie di rating che hanno declassato i titoli di Grecia, Spagna e Portogallo e, con una semplice frasetta buttata lì, hanno fatto ballare la rumba a tutto il sistema bancario italiano.
Lasciamo perdere se e quanto queste valutazioni di Moody’s, Standard & Poors o Fitch Rating siano fondate (ne parleremo in altra occasione), quello che colpisce è che, ancora oggi, dopo i disastri combinati sulle banche americane (vi ricordare le “tre A” accordare alla Lehman Brothers sino all’antevigilia del fallimento?), esse continuano ad avere una influenza enorme sui mercati finanziari.

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