Cappuccino, brioche e intelligence n°13: un nuovo libro di Edward Luttwak: wow!
Edward Luttwak non è uomo che perda tempo con ricerche storiche accademiche o fini a sè stesse; quando scrive, scrive perchè ha una precisa operazione politica da realizzare.
Nel 1967 scrisse “Tecnica del colpo di Stato” in cui analizzava con grande precisione i meccanismi dei colpi di stato (particolarmente numerosi in quell’epoca) e le ragioni per cui alcuni erano riusciti ed altri falliti: sei anni dopo fu fra i consulenti che idearono il golpe cileno contro Allende.
Nel 1976 scrisse “la grande strategia dell’Impero Romano” e l’idea sottostante era quella di riabilitare l’idea di “Impero”, sino a quel punto, per gli americani era una parola impronunciabile: gli Usa sono nati da una rivoluzione anticoloniale contro un Impero, appunto, ed essere identificati come Impero appariva come la negazione dello spirito dei “padri fondatori”. Luttwak contribuì a rimuovere questo complesso degli americani insistendo sul carattere repubblicano dell’Impero di Roma e sul suo ruolo come garante della pace, proprio in quanto impero unico: quindici anni dopo, con la caduta dell’Urss quella premessa risultò utilissima per teorizzare l’equilibrio monopolare del dopo-muro.
E poi altri libri sulla grande strategia dell’Urss, o sul concetto stesso di strategia strettamente funzionali all’ultima e risolutiva fase della guerra fredda.
Insomma uno che sa quello che fa.
Ora ci propone un titolo apparentemente bizzarro: “La grande strategia dell’Impero Bizantino” (a proposito, pare che l’argomento sia diventato di gran moda: date un occhiata agli scaffali delle librerie e vedete quanta roba sta uscendo sull’argomento).
Il cuore del ragionamento di Luttwak è questo: l’impero romano di occidente cadde sotto l’urto delle invasioni barbariche nel 476 Dc, mentre l’impero romano d’oriente cadde solo 10 secoli più tardi e nonostante militarmente fosse meno forte e le sue frontiere fossero meno difendibili. Come mai? L’autore ritiene che il segreto della longevità di Bisanzio sia consistito in un accorto mixage di diplomazia ed intelligence che consentì a lungo di eterodirigere vicini, avversari ed alleati, giocando l’uno contro l’altro. Bisanzio non cercò mai di abbattere definitivamente nessun avversario, proprio per evitare di avvantaggiare indirettamente altri avversari. Seppero usare con maestria l’arte di disorientare gli avversari con indicazioni geografiche errate, con notizie artefatte sulle intenzioni aggressive dei vicini, soprattutto giocando con molta astuzia sul piano delle alleanze per cui l’alleato di oggi è l’avversario di domani e l’avversario di oggi può diventare l’alleato di domani e, come tali trattati.
Traduzione dal latino di New York all’italiano:
partiamo dall’idea che si scrive Impero romano ma si legge Usa, rispettivamente Impero romano d’Occidente sta per “Usa neo cons dell’era repubblicana” mentre Impero romano d’Oriente sta per Usa dopo la crisi del 2008.
Con il crollo dell’Urss, gli Usa avevano sognato un equilibrio imperiale monopolare (sul modello del primo Impero Romano), sino ad esprimerlo chiaramente nel progetto “Per un nuovo secolo americano”. Ma, con la crisi del 2008, questo sogno è ormai inattuabile ed occorre ridimensionarlo: la crisi finanziaria rende molto difficili nuove avventure militari, intacca il prestigio degli Usa, scuote il dollaro, inoltre, la Cina corre molto più in fretta del previsto e si profilano intese come quella del Bric.
Nonostante tutto, gli Usa restano ancora il paese militarmente più forte ed il dollaro è ancora la moneta di scambio internazionale. Qui il problema è quello di durare come prima potenza in un mondo ormai irrimediabilmente multipolare. Di qui l’analogia con l’Impero bizantino.
Con le lezioni conseguenti:
-giocare la forza più per il suo valore deterrente che per il suo uso effettivo;
– non considerare veramente alleato nessuno, ma giocare l’uno contro l’altro in un sistema di convergenze e divergenze fluttuanti;
– affidare il compito di prima linea all’intelligence prendendo l’iniziativa nella guerra asimmetrica.
Ma, soprattutto, imparare a concepire la strategia non solo come dato militare, ma come disegno d’azione complessivo che contempla sia azioni militari aperte (interventi regionali, presidio di zone calde ecc.) sia azioni coperte (appoggio a terrorismi e rivolte, aggressioni informatiche ecc.) sia non militari (destabilizzazione politica ed economica di avversari, guerra monetaria, spionaggio industriale ecc.). Perchè, ai fini della vittoria, quello che conta non è necessariamente lo scontro militare, ma l’effetto combinato delle varie forme di azione, militari e non militari.
Qualcuno, però, osserverà che un simile concetto di strategia non appartiene affatto a Bisanzio, come dimostra l’opera “Strategikon” composta dall’Imperatore Maurizio nel VI secolo e che fu il testo base di arte militare bizantina per 5 secoli.
Appunto… non è di Bisanzio che stiamo parlando.
Aldo Giannuli, 8 maggio ’10
Ps: ho notato che la libreria Hoepli di Milano ha messo in vetrina il libro di Luttwak accanto al mio sui sevizi segreti: sono commosso…!
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michele
Non ho letto il libro in questione, ma quando l’ho visto sullo scaffale di una libreria mi sono balzati in mente pensieri non proprio sereni. E quindi sono totalmente d’accordo con la sua analisi. Gli eventi di questi giorni, poi, non fanno che confermare le peggiori ipotesi: agenzie di rating – i cui azionisti sono grandi gruppi di investimento – pontificano sulla solvibilità di interi Stati sovrani, facendo smottare a piacimento quotazioni del debito e delle borse; in contemporanea grandi fondi speculativi guadagnano cifre iperboliche giocando al ribasso. E guarda un po’, sono tutte agenzie, gruppi, fondi a stelle e strisce. Tra l’altro tutto quello che accade sembra confermare anche l’impressione che abbiamo da tempo su Obama: e cioè che questo presidente non conti praticamente nulla. Più o meno la politica degli USA è la stessa, sia interna che estera, la riforma sanitaria è stata azzoppata ancora prima di nascere, ci sono Stati come l’Arizona che scelgono politiche fasciste sull’immigrazione, e i grandi centri di potere economico continuano a fare quello che gli pare. Insomma, si stanno avverando le previsioni più cupe: quando sentivo i bei discorsi pre-elettorali di Obama, pensavo che in caso di elezione avrebbe certamente rischiato la pelle; oppure, con meno clamore ma più efficacemente, l’avrebbero semplicemente immobilizzato. Tac, operazione riuscita. E alle prossime presidenziali sarà il suo stesso partito a non ripresentarlo. Nel frattempo l’Europa salta per aria sotto la speculazione, che, ricordiamolo, ha gioco facile perchè non c’è UN solo capo di governo europeo che abbia vero carisma da spendere a livello internazionale. A parte Berlusconi, ovviamente, ma lui ha già evitato la Terza Guerra Mondiale, non possiamo chiedergli di più, vi pare?…
Sebastiano
Concordo con quanto asserito da Michele riguardo alla situazione americana. Ho un amico che vive e lavora da tempo a Tampa, in Florida, e mi aveva anticipato il timore di attentati a Obama subito dopo la sua elezione se solo avesse attuato parte del suo programma politico per le elezioni presidenziali. E in effetti s’è visto cos’ha fatto Obama, a parte la recente riforma sanitaria, peraltro rabberciata. Giusto ieri sul Corsera un articolo evidenziava che in ambito finanziario negli USA nulla è cambiato a livello etico e normativo rispetto al periodo della crisi. E’ evidente, a mio avviso, che per governare un paese elemento imprescindibile sia l’appoggio di determinati gruppi di potere ai quali, una volta eletti, bisogna rendere conto. Altrettanto evidente è il fatto che le diverse decisioni prese dalle classi dirigenti dei vari paesi non tengono assolutamente conto dei reali bisogni della società, o comunque delle ripercussioni su di essa. Per rimanere all’interno dei nostri confini penso sia superfluo citare le leggi ad personam e la mancata tutela degli investitori da parte dello stato nei confronti delle banche per i casi Parmalat, bond argentini ecc.
Il punto è proprio questo, la politica si dovrebbe riappropriare del suo ruolo, avere una sua etica, ridisegnando gli equilibri tra i vari sistemi, sia giudiziario che economico.
Certamente il carisma è fondamentale per un leader ma, prendendo ad esempio Blair, in fatto di leader carismatici, questo non gli ha certo impedito di sostenere l’assurda scusa per l’invasione in Iraq, cioè la presenza di sostanze chimiche.
Per cui oltre al carisma il politico dovrebbe avere anche un forte senso etico e dello stato.
davide
senso dello stato e della strategia,l’etica non direi
Carlo Barba
Gli Usa stanno pensando quindi ad una “transizione morbida” al Medioevo?
Ma nel medioevo il pil della Cina non cresceva vertiginosamente.
Che giallo appassionante la Storia, peccato dover giocare sembre la parte del cadavere.
Un abbraccio Aldo, le tue analisi sono sempre ottimi nutrimenti.
Angelo
Gli USA come gruppo di potere sono volontà di potenza. Senza potenza non sono USA.All’esito della caduta del comunismo, la volontà di potenza non sa più che fare. Ogni pianificazione di potenza fallisce, in primis la guerra agli stati canaglia.La pianificazione fallisce perchè è fallace il suo postulato ideologico occidentale:porre obiettivi,realizzarli,verificarli, misurarli.L’errore mortale dell’economia pianificata sovietica. Invece nel nostro mondo liquido vince l’agire orientale-cinese del samurai:non avere nessun principio da seguire perchè l’unico principio è: cogliere l’opportunità. Gli USA non possono essere bizantini perchè troppo razionali e manageriali. Obama è contro la volontà di potenza, fa quello che può fare in questo mondo in cui lo stato non esiste più.Ed è già tanto.
Forzutino
Perché una crisi del genere a tuo avviso è frutto del caso, e non è stata abilmente pianificata? Le grandi banche che fanno riferimento alla stella di David le vedi forse in crisi? Non lo sono affatto.
Io ho sentito parlare alcuni “tecnici” della grecia come dell’agnello sacrificale. Discorsi di questo tipo mi fanno pensare piuttosto male, direi da dietrologo…