Chiusa la partita delle amministrative, ora che si fa?
Poco da dire sui risultati del secondo turno delle amministrative: elettori in fuga, Pdl bastonato, M5s in caduta libera e Pd premiato perché, se il totale deve fare 100, qualcuno deve pur prendere le percentuali perse dagli altri. Il Pd sorride sicuro dopo aver preso tutti i 16 comuni capoluogo, ma se guardasse ai risultati in cifra assoluta riderebbe meno. Ripeto: nessuno faccia l’errore di pensare a queste astensioni come ad una perdita di interesse per le elezioni, per cui possiamo tranquillamente fare come se quegli elettori si fossero dissolti nel nulla. Quegli elettori ci sono e prima o poi li vedremo sbucare da qualche parte.
Molto meno allegro è il Pdl. Il risultato rimette seriamente in discussione la certezza di vittoria in caso di elezioni anticipate. I sondaggi perdono di credibilità, anche se dobbiamo tenere presente una cosa: il Pdl sul territorio esiste poco e nulla e sta perdendo quel poco di ceto politico-amministrativo che aveva, però le cose cambiano quando scende in pista il Cavaliere in prima persona. Quindi attenti a non rifare per la seconda volta l’errore di pensare liquidato il Pdl perché i suoi elettori alle amministrative stanno a casa: come si è visto a febbraio, una porzione di essi poi torna a votare Pdl se a chiederglielo è personalmente il Cavaliere. Questa volta, però, potrebbe esserci un problema in più: l’elettorato di destra sta mostrando di non gradire affatto le larghe intese con i nemici di sempre e, per di più, in un governo che, sostanzialmente, sta confermando la linea della massima pressione fiscale.
E’ interessante notare il crollo nelle roccaforti venete e brianzole della destra dove massimo è il peso dei piccoli e medi imprenditori, i più imbestialiti per Imu ed Iva. Il Cavaliere si trova a questo bivio: se resta con il governo Letta finisce triturato, anche perché nel frattempo può arrivare la pronuncia della Cassazione con la conferma dell’interdizione dai pubblici uffici. Però, se fa cadere il governo, rischia che se ne faccia un altro senza di lui (magari grazie ad una scissione del suo gruppo al Senato) e non si voti o, peggio, che si voti ma con il rischio serissimo di perdere di nuovo. Non è una gran bella situazione. Vedremo se anche questa volta se la cava, magari per l’ennesimo assist del Pd.
I guai più seri sono quelli del M5s. Ho già detto e ripeto che questa non è la crisi finale del movimento che ha buone possibilità di recupero, però, se Grillo non raddrizza rapidamente il timone rischia davvero di andare a sbattere. E la scadenza già c’è: le europee fra un anno esatto (sempre che prima non arrivino le politiche). E’ presumibile che una parte dei voti persi verso l’astensione torneranno al M5s, anche per il divario politiche-amministrative che, nel caso delle Europee (assimilabili alle politiche) dovrebbe giocare a favore del M5s. Però, se in quella occasione il M5s dovesse “stagnare” intorno al 25% -diciamo fra il 20 ed il 30%, vorrebbe dire che il recupero è stato pieno, ma è finita la marcia trionfale e ci si deve attrezzare ad un lungo braccio di ferro.
Se il risultato dovesse scendere sotto il 20 sarebbe una chiara sconfitta di fronte alla quale sarebbe impossibile frenare la rivolta interna e molto difficile guidarla verso uno sbocco positivo, per cui il movimento entrerebbe in una spirale negativa da cui sarebbe molto complicato uscire. Ma se il risultato fosse sotto il 15% la disgregazione probabilmente sarebbe molto rapida e, nella migliore delle ipotesi, resterebbe un drappello ultraminoritario di fedelissimi.
Nessuno di questi esiti è scontato, anche se credo possiamo escludere quello di un risultato oltre la barriera del 30%, che è quello di cui l’attuale linea del M5s avrebbe bisogno, perché, pur prevedendo un autunno molto nero, non credo che ci sarà il crollo che Grillo prevede e che gli darebbe ragione. La cosa più probabile è che il M5s oscillerà fra uno dei tre risultati prima descritti. Molto dipenderà da cosa farà Grillo nei prossimi mesi. Intanto i suoi problemi sono due: dissidenti ed iniziativa politica.
Il primo dei due non si risolve con il solito invito: “Quella è la porta”. Faccio politica da diversi decenni ed ho vissuto non so quante scissioni. Non le ho contate, però ho capito che le dinamiche sono sempre le stesse: si inizia con dissensi marginali ai quali la maggioranza risponde con accuse di disfattismo o di manovre che nascondono chissà cosa; inizia uno stato di malessere, si logorano i rapporti personali, dilaga un clima di sfiducia reciproca e così parte una partita a scacchi a mosse obbligate, per cui ciascuno deve dire l’opposto dell’altro per compattare le proprie schiere; questo clima paralizza l’iniziativa politica, per cui il partito (o movimento) inizia a registrare sconfitte che sono benzina sul fuoco: prova della erroneità della linea della maggioranza per i dissidenti, prodotto del sabotaggio dei dissidenti per la maggioranza; le accuse salgono di tono: “voi siete traditori” “No, voi siete stalinisti o fascisti”; si entra nella spirale sconfitte-divisioni interne-sconfitte-divisioni; l’aria si fa irrespirabile e, mentre tutti assicurano di lavorare per l’unità, ciascuno si prepara a mettersi in proprio, non vedendo l’ora di liberarsi della presenza dell’altro. Alla fine arriva la scissione che, spesso, è la premessa della disgregazione totale del movimento, anche se in tempi variabili.
Nel 2008, dopo il rovinoso risultato elettorale che lasciava Rifondazione fuori del Parlamento, scrissi una lettera ad vari dirigenti del Partito che conoscevo da tempo (Vendola, Giordano, Vinci, Russo Spena, Franco Russo ecc.) sostenendo che a quel punto era preferibile una divisione consensuale per salvare la possibilità di intese unitarie future.
Insomma: dividiamoci da buoni amici per continuare a lavorare insieme e smetterla di odiarci. Ad eccezione di Vendola e Giordano, che non risposero affatto, gli altri mi risposero stracciandosi le vesti e dicendo che dividersi era una iattura, che i compagni non avrebbero capito e che, assolutamente, il partito doveva restare unito. Morale: dopo un congresso indecente, la polemica interna proseguì in modo sempre più lacerante, per sfociare nell’immancabile scissione fatta nel modo e nel momento peggiore, a pochi mesi dalle elezioni europee dove, ovviamente, non fu possibile presentare una lista unitaria e tutte due (Sel da un lato e Rifondazione-Pdci dall’altro) non raggiunsero il 4% e restarono fuori anche dal Parlamento europeo.
Bel risultato, vero?! Nel M5s sto rivedendo un film visto troppe volte. Se mi è consentito dare un sommesso parere, forse la cosa più utile da fare è proprio quella di una momentanea separazione consensuale: che i dissidenti diano vita ad un loro gruppo parlamentare federato a quello del M5s con patti di consultazione e di azione comune ecc, poi alle europee si vedrà come fare lista comune. Intanto ciascuno sarà libero di prendere le iniziative politiche che crede, con le regole interne che preferisce e così, almeno, si eviterà di perdere tempo in una logorante ed eterna diatriba interna, i dissidenti non saranno costretti ogni volta a prendere le distanze dalle uscite di Grillo, si eviterà la spurale delle accuse “traditori” contro “dittatori”, e, soprattutto, terminata la discussione sui rimborsi spesa ecc, si riprenderà a far politica.
Insomma, ancora una volta: dividersi (auspicabilmente solo un periodo) per poter lavorare insieme e non dilaniarsi. E questo è il secondo, ma più importante, problema del M5s che, dopo il suo trionfale ingresso in Parlamento, sin qui non ha avuto alcuna iniziativa di rilievo: non una proposta di legge, non un convegno di studi, non una proposta di commissione parlamentare di inchiesta, non la denuncia di uno scandalo di regime (e ce ne sarebbero….). Anche gli interventi sulla fiducia al governo sono stati decisamente fiacchi, perché, con ogni evidenza, la testa stava da tutt’altra parte.
Crimi ha detto che “i cittadini” (suppongo i parlamentari del M5s) non si debbano occupare di “strategia” cioè di alleanze, ma devono concentrarsi sui singoli problemi concreti. Crimi è tanto una brava persona, ma ha bisogno di un corso intensivo di formazione politica: le alleanze non sono “strategia” ma “tattica”, la strategia è l’obbiettivo finale che un movimento politico vuole raggiungere (ad esempio, per il M5s, l’affermazione di un sistema politico ispirato alla democrazia diretta); la tattica è il modo concreto con cui si intende raggiungere il risultato finale: attraverso alleanze, scansioni temporali, singole campagne ecc. E non si vede perché i cittadini (sia quelli comuni che quelli in laticlavio) non debbano parlare anche di questo.
Personalmente ritengo un dato negativo la sconfitta del M5s che riporta indietro di tre anni il quadro politico, con l’opprimente bipolarismo Pdl-Pd. Il M5s è un soggetto politico giovane che deve passare attraverso un processo di maturazione che inevitabilmente sarà laborioso e tormentato, con cadute e riprese. Sarebbe ingenuo aspettarsi (come sembra che i suoi leader abbiano pensato) un cammino rapido e rettilineo che faccia passare il movimento di successo in successo: la lotta politica non è via XX settembre che porta dritti dritti da Porta Pia al Quirinale. E’ anzi probabile che il M5s passerà attraverso rotture, ricomposizioni, confluenze. Ma se questo dovesse sfociare in una sconfitta frontale e nella dissoluzione del movimento sarebbe una sconfitta grave per tutti quelli che sperano di cambiare questo paese. Sia detto senza tacere nessuna delle critiche anche severe che il comportamento del M5s merita.
In margine una nota: credo che Grillo sbagli nel pensare ad una crescita del M5s intorno a sé stesso e senza la formazione di forze politiche affini. Proprio sulla “politica delle cose” (auspicata più volte da Crimi come dallo stesso Grillo), è auspicabile che il M5s veda crescere forze politiche similari con cui condurre battaglie insieme. Da questo punto di vista la nascita di un nuovo soggetto di sinistra lontano dal Pd dovrebbe essere visto con favore dal M5s esattamente come potrebbe esserlo la formazione di un decente soggetto liberale che non sia il solito accrocco di affaristi e delinquenti. E’ difficile pensare che la via del mutamento radicale del nostro marcio sistema politico possa passare solo attraverso la crescita del M5s (che a mio modesto avviso, se non ha toccato la sua massima capacità di espansione, poco ci manca). Ve lo vedete un M5s al 51%? Io no.
Allo stesso modo, però, anche chi, come i militanti della sinistra radicale, aspirano alla fine di questo schifo di sistema politico (e magari anche dello strapotere finanziario) sbagliano a vedere nel M5s un freno che ingabbia la protesta (dove sono i potenziali vettori di sinistra pronti a farlo? Io per ora non ne vedo nessuno), un ostacolo e, per dirla schietta, un partito di destra che fa finta di lottare contro il sistema. Forse non ve ne siete accorti, cari amici e compagni, ma nell’elettorato e fra gli attivisti del M5s c’è una componente di sinistra nettamente prevalente sulle altre. E fra i 20 punti programmatici del movimento –pur se in modo contraddittorio con altri punti- molti sono perfettamente condivisibili dalla sinistra. Peraltro il tema base del movimento (anche se declinato ancora in modo piuttosto generico ed a tratti confuso), la democrazia diretta è un tema tutto di sinistra.
Insomma, siamo d’accordo, il M5s spesso sbanda, ha aspetti discutibili, possiamo rimproverargli non so quanti errori, ma questo non toglie che, per la sinistra, esso può essere un prezioso interlocutore ed una risorsa, molto più che un problema. Il che non significa tacere le critiche ed evitare di polemizzare anche vivacemente, ma, per una volta, vogliamo ammettere che Grillo è riuscito a raccogliere la protesta contro la crisi economica e il degrado della nostra vita politica, mentre Vendola, Ferrero, Ingroia, Diliberto (i giovani torchi del Pd non li considero nemmeno) ecc ecc, non ci sono affatto riusciti, anzi vivacchiano quando non sono proprio falliti? Allora, prima spieghiamoci questi fallimenti e dopo potremo fare tutte le critiche che vogliamo a quelli che, bene o male, qualche risultato lo hanno raccolto. O no?!
Aldo Giannuli
aldo giannuli, ballottaggi, elezioni 2013, elezioni amministrative, grillo, m5s, movimento 5 stelle, pd, pdl, sel, vendola

mgmeriggi
NO
aldogiannuli
Mgmeriggi: No non è una posizione politica. E’ solo uno stato d’animo. Rispettabilissimo, ma che non porta da nessuna parte.
Giuseppe
Concordo, soprattutto sul tema della cecità di molti elettori di sinistra. Che si affrettano, ad ogni improvvida uscita di Grillo, ad appiccicargli addosso l’etichetta di “fascista”. Non si rendono conto che la sinistra ha lasciato la riflessione su temi importanti, quali la rappresentatività del parlamento, a Grillo, Becchi e il M5s; mentre a sinistra alcuni discutevano ancora sull’alleanza col PD (che è esattamente ciò che ha provocato la morte celebrale della sinistra). Aggiungo che i risultati delle politiche e l’astensione galoppante dovrebbero suonare come un campanello d’allarme per i convinti sostenitori del maggioritario, del doppio turno, del premio di maggioranza e amenità del genere. Non una parola di autocritica in questo senso, però. Letta si limita a dire che il voto rafforza il governo. Vero, ma chi rappresenta questo governo? A me pare che le riforme elettorali che dal ’93 in poi hanno inteso ridurre la democrazia a una scelta del meno peggio (o voti Marino o ti becchi il fascista Alemanno) siano state sonoramente sconfitte sul campo. Ma credo che in nome della “governabilità” tutto sia lecito, anche fare a meno del voto di metà dei cittadini italiani.
Davide
Professore, La ringrazio per queste sue continue analisi che aiutano a capirci un po’ di più, ma resta sempre una questione di fondo e cioè che i nostri politici sono MAFIOSI con certificati DOP, DOC, ISO 9001 e così via . Lei, come storico, lo saprà meglio di me chi sono costoro e allora quali speranze abbiamo ? Io dico nessuna. Siamo una Repubblica fondata sul crimine incrociato di politici, governo USA, Mafia, Vaticano. Si sono impadroniti del Paese e noi cittadini assistiamo impotenti perchè non abbiamo nemmeno le palle per una “rivoluzione francese” . Le elezioni sono diventate semplicemente uno show col quale dilettarsi, una telenovela triste che ci fa credere che il popolo è sovrano. Non contano nulla, valgono quanto il programma DRIVE IN oppure CANZONISSIMA, che però almeno regalavano dello svago e delle risate. Invece questi pagliacci non fanno nemmeno ridere, anzi, ci fanno piangere con le loro manovre economiche che gravano sui pesci piccoli, cioè noi, con le loro ” genialate ” che hanno distrutto il sistema scolastico e sanitario. Ovviamente tutto premeditato. La Mafia esiste perchè ha il supporto totale dei politici, al 100 % , non perchè non sanno. Non cambierà nulla, mai.
Andrea T
E qui, però, a proposito del rapporto M5S – sinistra e dell’incapacità di quest’ultima di convogliare il dissenso sociale (con conseguente frustrazione rivolta verso Grillo e M5S), viene in rilievo anche un’altra questione che lei, Professore, secondo me ha toccato soltanto marginalmente e che andrebbe affrontata di petto. Forse c’è anche l’occasione per rispolverare una vecchia polemica tra me e lei, in qualità di aderente/sostenitore di Rifondazione. La pongo in maniera, se vogliamo, semplificata:
Non è che magari la parabola di Grillo ha dimostrato come uno dei problemi ( psicologici) dell’elettore italiano medio, vessato dall’insostenibile ingiustizia del sistema italiano corrotto + del contesto internazionale della globalizzazione neoliberista, sia ANCHE quello di non volere avere niente a che fare con SIMBOLOGIE, TERMINOLOGIE, LITURGIE che richiamino, anche soltanto lontanamente, la fallimentare (sicuramente nell’immaginario comune) parabola del comunismo novecentesco???
Mi spiego meglio: come dice lei, il programma (pur nella sua vaghezza) del M5S si propone obiettivi che, salvo casi come quello dell’immigrazione (ma sull’avversione all’immigrazione nell’ideologia grilliana andrebbe scritta probabilmente una monografia per spiegarne il senso – non banalmente razzista – e la coerenza con il resto dell’impalcatura ideologica, che si fonda sull’avversione al movimento di capitali, merci e PERSONE per ragioni economiche), potrebbero essere definiti, in concreto, obiettivi di sinistra.
Allora perchè Grillo, non soltanto non si sogna minimamente di agitare/spolverare simboli del novecento, ma addirittura non si azzarda ad affermare, ad esempio, che “il M5S rappresenta la nuova sinistra del xi secolo”? Di più: non perde occasione per affermare ossessivamente che il M5S “non è ne di destra ne di sinistra”.
Azzardo una risposta possibile. È probabile che degli studi effettuati dalla Casaleggio Associati, che, si noti, tratta la comunicazione politica con tecniche e analisi mutuate dal marketing (magari “aggiustate” alla specificità del mercato e del prodotto venduto), dimostrino che pur essendo la maggioranza degli elettori italiani favorevole, in concreto, ad ISTANZE di sinistra, molti avrebbero un rigetto psicologico a votare per una organizzazione politica che facesse riferimento a questa “parola d’ordine”- e questo è quello che da molto tempo a me sembra di intuire.
I più anziani perchè magari, per senso di coerenza o appartenenza, avrebbero difficoltà a votare per la sinistra dopo avere magari per una vita votato DC, PLI, PRI, PSDI, PSI – nella sua versione pregiudizialmente anticomunista – o, addirittura, MSI.
I più giovani -quelli della mia generazione post-contrapposizione tra i due blocchi USA URSS – perchè associano il “marchio” falce e martello ad un fallimento.
Andare a spiegare a molte persone che, ad esempio, la critica dell’economia politica marxiana e del sistema capitalistico di produzione non soltanto è ancora valida ma addirittura si è dimostrata, ex post, previgente molti fenomeni ad essa successivi è semplicemente molto più complicato e dispendioso che cambiare marchio e segno distintivo.
Da un punto di vista pragmatico è stupido (oltre che probabilmente infruttuoso) incaponirsi nel cercare di “convertire” al marxismo milioni di persone che, a torto o a ragione (e magari senza aver mai veramente capito di cosa si trattasse), non ne hanno voluto sapere.
Tomaso
“A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire »
Questa è la tesi di Guglielmo di Occam e vale anche per il movimento 5 stelle e ne aggiungo un’altra di citazione.
” Quando vedi il nemico pronto, preparati contro di lui; ma evitalo, dove è forte”. Sun Tzu.
il Movimento (che ho votato) a fatto un errore di saggezza ( e dagli con le citazioni!) non ha evitato il nemico andando a combatterlo sul suo campo e ha perso.
Non ci sono arzigogoli metafisici per spiegare, scusare sconfitte e sognare rivincite.
Doveva allearsi con il PD per cominciare a battere una parte dei mostri che governano l’Italia e soprattutto cominciare la redenzione dell’anima del Popolo Italiano. Gravissimo errore e lo ha pagato, ma soprattutto lo pagherà nelle prossime elezioni (quando ci saranno). C’è solo una strada da perseguire per salvare lo slancio. Beppe deve andarsene, abbandonare il Movimento appoggiandolo dall’esterno. Deve lasciare via libera a chi non fa di una rivoluzione la meta, ma solo uno strumento. Forza Movimento.
Mauriizo Barozzi
Non si tratta di un problema di alchimie politiche o di risolvere con il meno peggio, quello che potrebbe essere possibile risolvere.
Per fare un esempio, pur con tutti i limiti, e sono tanti, il Mov. 5Stelle, rappresenta una ventata nuova nella politica parlamentare, ma il suo successo di protesta non potrà perdurare e soprattutto resistere all’assalto mediatico dei partiti tradizionali e neppure sottrarsi a quel “clima”, a quella prassi corrotta e corruttrice in cui vengono avviluppati gli eletti al parlamento. Il difficile sta nel trovare una mediazione e un tavolo comune con quelle forze che sono disponibili, a portare avanti un piano di risanamento nazionale. Ma dove sono queste “forze”, questi partiti, vista la totale dipendenza del mondo politico, in toto, dai meccanismi e dagli Organismi mondialisti che sono poi quelli che hanno incarcerato l’Italia, per non dire l’Europa sotto il tallone usurocratico della Finanza internazionale?
Oggi la politica è veramente in relazione allo stato coatto in cui versa la nazione, strangolata da questo perverso meccanismo usurocratico che in prospettiva non può che ridurla alla miseria. E d’altro canto, gli standard esistenziali, i livelli di vita delle società per così dire, realizzate nel consumismo, con il tempo hanno fatto sì che i politici, tutti coloro che prima o poi entrano in politica, non hanno il minimo senso dello Stato o dell’etica e neppure civico, Sono solo furfanti che fanno politica per “mestiere”, per partecipare alla pappatoia o per migliorare il loro stato professionale. Anche questo determina inevitabilmente che ci sia la “legge dell’alternanza”, ovvero durante i 4 o 5 anni di governabilità di una coalizione, non si può che scontentare anche il proprio elettorato e quindi vanno poi su i cosiddetti avversari, per poi ripetersi il giochetto. Il popolo va sempre più in rovina e questi farabutti, una volta io, una volta tu, arraffano tutto quello che c’è da arraffare (i ripetuti e immancabili scandali, che oltretutto sono una minima parte che viene alla luce per giochi di potere, lo testimoniano).
Premesso che non è con l’astensionismo che si può incidere nella politica nazionale, e neppure si può impedire che furfanti di ogni partito vengano eletti, perchè tanto a costoro gli bastano anche pochi elettori che votano, dobbiamo dire che l’astensionismo ha due aspetti, uno negativo ed uno positivo.
Quello negativo e la disaffezione della gente alla politica, elemento essenziale dell’umano agire e quindi indirettamente la spinge, come avviene in America, a rinchiudersi nel proprio ambito egoistico e familiare.
L’aspetto positivo, che tutto sommato supera il precedente, è quello di far prendere coscienza alle persone che i politici sono tutti dei furfanti e che non è possibile cambiare le cose con le elezioni.
In conseguenza del degrado sociale della nazione, la perdita di ogni pur minima sovranità nazionale, l’astensionismo oggi si contorna anche come segnale di protesta, purtroppo, come accennato, sterile. Ma è pur sempre un segnale importante che sta sempre più indirizzandosi verso una maggioranza del popolo italiano che non partecipa ai ludi elettorali. Il vero problema sarebbe quello di trasformare questo astensionismo in qualche cosa di attivo, di positivo, ma non necessariamente nella costituzione di movimenti da presentare poi alle elezioni, ricominciando da capo, la scalata alla mangiatoia.
claudio
D’accordo su tutto ma non sul fatto che Grillo abbia avuto un ruolo di pompiere. Suppongo che se non fosse esistito lo “sfogo” del M5S la gente avrebbe popolato le piazze e dato via a sfoghi accesi e che questo avrebbe spinto parti della sinistra a organizzarsi.
Al momento il M5S lo trovo un tappo e penso che impedirà il crearsi di un nuovo soggetto di sinistra nel breve termine.
cinico senese
Per il PD i risultati sono un miraggio politico nel deserto dell’astensione. Pensano di aver svoltato con l’inciucio. Ma se chi è restato a casa (PDL LEGA M5* PD antinciucio) torna a votare, cambia tutto.
La sua burocratia castale si rafforza, Renzie si indebolisce: non ha la determinazione del vincente, sbaglia tutti i timing. In questo è proprio uno del PD 🙂
Con questa astensione, i sindaci PD rappresentano oramai il 15% reale dei cittadini. Però esercitano il potere: soldi appalti consulenze cadreghe. E questo interessava a chi è andato a votare. Ritengo che chi sia andato a votare siano anziani dello zoccolo duro ex PCI + quelli che vivono grazie alla casta politica (lavoratori delle coop,delle aziende pubbliche, parte dei dipendenti pubblici, consulenti, sindacalisti…insomma ceti che vivono di debito pubblico) Cartina di tornasole a Siena: per la prima volta nella storia, il sindaco PD vince con appena 900 voti di scarto. Solo 5 anni fa in quelle zone prendeva l’80% fumando seduto il sigaro. E’ caduto il muro anche lì. Sono andati a votare PD solo per proteggere il proprio posto di lavoro – nel senese in ogni famiglia c’è almeno uno che lavora al MSP o nei negli enti locali o mangia grazie al PD: vuoi lavorare? vota PD. Come al sud? SI
Su M5* avviene quanto previsto. Grillo sbanca al superenalotto (elezioni politiche) si monta la testa e si mette a giocare a poker texas holdem al tavolo vs. PD (trattativa Gargamella su governo e presidenza repubblica) allo show down non vede le carte di Gargamella, fa all in, e perde tutto (elezioni amm.).
Mai visto un movimento politico con questa volatilità, manco l’indice Nikkey attuale: in 3 mesi dal 40/30% al 5%.
Grillo s’accontenta di aver vinto a Pomezia, come se il Milan s’accontettasse di battere la proSesto….
Per me non ha futuro. I consigli Grillo non li accetterà mai, è capatosta come dice chi lo conosce. Non è un politico.
Non vale quello che dice il prof: gli eletti deputati sono lì per caso, non ragionano come politici, ma come parvenù che hanno vinto la lotteria.
I meetup fanno solo banchetti raccolta firma, riunirsi per ragionare e fare politica NO.
Un’altra occasione di cambiamento buttata via.
Il vuoto M5* dovrà essere riempito da altro. Non sarà la sinistra.
Buona fortuna perchè l’economia sta peggiorando sempre più.
E che fa Grillo? propone un unilaterale default parziale del debito, così il giorno perdiamo l’accesso ai mercati e nessuno ci presterebbe mai + i soldi. Genialata.
Mirko G. S.
Nessuno prenderà mai il fucile o il forcone perchè in Italia chi dovrebbe farlo ha molto da perdere. Ognuno di quelli che ha un mutuo ed è disperato ha cmq una casa ed una famiglia e un lavoro precario o in nero che è meglio di niente. Quanti sono i precari o i lavoratori sfruttati? Quanti sono gli imprenditori che riescono a stare a galla a malapena ma cmq a galla? Chi ha famiglia, chi ha un pessimo lavoro (ma cmq un lavoro) non prenderà le armi (che dovrebbe cmq pagare e procurarsele, io un trafficante d’armi non saprei dove andare a cercarlo) perchè ha qualcosa di piccolo ma prezioso da perdere. Chi è davvero disperato e non ha più da perdere si suicida come stanno afcendo in tanti senza andare a sparare sui politici. Possibile che nessuno ci abbia pensato?
Mirko G. S.
E cmq per dirla colle parole del prof. Aiello un cambiamento ci sarà ma verrà dall’esterno (UE) anche se io comincio a non crederci più.
sergio
Professore condivido la parte finale del suo post, specie l’invito rivolto ai militanti di sinistra (che a me sembra purtroppo senza speranza) affinché si sforzino di vedere nel M5S una risorsa, non un problema o tappo o altro. Trovo la sua prospettiva sul M5S molto equilibrata, improntata a uno sforzo di analisi oggettiva e libera da pregiudizi e soprattutto da strane ‘invidie’ che sembrano emergere invece da alcuni commenti (per altri versi istruttivi) presenti in questo blog.
Al suo richiamo al senso della realtà mi permetto di aggiungere una domanda sommessa: c’è qualcuno che può negare che almeno fin qui i successi del M5S e il risultato di febbraio (e beninteso la caduta successiva) sono merito in gran parte di Grillo e Casaleggio?
Ricordiamoci che parliamo di un risultato (quello di febbraio) che non ha precedenti nella storia repubblicana. (E qui mi scusi, ma trovo che nella prima parte del post si ponga un’asticella francamente un po’ alta al futuro del M5S, quasi a dire: caro Grillo, se rifai il miracolo, benino; se scendi fra il 10 e il 20 per cento, sono cavoli tuoi; ma quanti sono i movimenti/partiti anche solo di protesta che hanno lambito almeno una volta nella loro vita il 10%?)
Ebbene, chi se non Grillo ha fatto tutto questo (e non in un anno, ma almeno in dieci – parlo qui di battaglie culturali che altri non facevano)? Certo, Grillo ha anche fatto qualche errore specie nei 3 mesi successivi; ma dopo dieci anni forse ci possono anche stare, o no? E soprattutto, non pensano quanti lo danno per morto e sepolto, che anche se dovesse passare l’immagine (in gran parte falsa) del tiranno che i media gli stanno cucendo addosso da mesi – quanto pensate che sia lontana dell’immagine (e in fondo dalla reale capacità di leadership) che lo ha portato a stravincere a febbraio? (Forse qualcuno preferisce i leader alla Bersani….o alla Ferrero?)
Scusate, ma quelli che inneggiano alla ribellione dei poveri militanti 5S (sofferenti sotto il tacco dei due oligarchi), quelli che invocano dissidenze tirannicidi e rivoluzioni interne (sempre bello fare le rivoluzioni nei partiti degli altri) non saranno gli stessi che da mesi dipingono i grillini come un branco di inetti, i crimi e le lombardi come delle teste vuote (quando va bene), e che ci ricordano di continuo che alle parlamentarie venivi candidato con 50 voti o poco più?
E allora cosa si cela dietro tanto fervore rivoluzionario per quattro dissidenti che fino a ieri non sapevamo neanche che esistevano?
giandavide
non sono d’accordo con le conclusioni, e ritengo che siano influenzate da un vizio di forma: si parla astrattamente di programmi tentando di partire da questi per arrivare a determinare un’appartenenza politica, sebbene è ormai da svariati anni che è difficile districarsi con queste distinzioni, specie dopo l’affermazione della destra sociale. anche un buon 40% del programma di casapound può essere considerato di sinistra e condivisibile: è l’altro 60% che mi preoccupa. ed è indubbio il fatto che in mezzo a punti programmatici cooptati dalla sinistra ci siano dei punti chiaramente riconducibili all’etica antisociale della destra, che sia essa di matrice neoliberista o protofascista. poi che vi siano dei punti contraddittori con quelli sopracitati, e quindi ben più di sinistra e condivisibili, non migliora la situazione, in quanto mostra una fondamentale incoerenza di base.
ma in fondo il motivo per cui trovo la questione stucchevole è che parlando di programmi non viene mai sollevata la questione “partito personale”, che trovo fondamentale: è logico infatti che in presenza di partiti personali i programmi diventano di secondaria importanza, dato che in questi casi è sempre possibile per il leader cambiare il tono della narrazione e quindi le suggestioni programmatiche a seconda delle esigenze del caso. quindi tutto il discorso mi sembra viziato alla base, e si ricollega alla necessità o meno che esista la sinistra come nozione e come realtà: se è lecito infilare in un programma di sinistra anche sparate protorazziste o neoliberiste, allora il concetto di sinistra non serve a nulla. e se si mette il discorso su questo piano non sono d’acordo, dato che senza coerenza non si va da nessuna parte; anzi si arriva sullo stesso piano di veltroni che diceva che gandhi non era socialista e perciò bisognava togliere il termine “sinistra” dal nome dei democratici di sinistra.
ma credo che sia riduttivo considerare il m5s semplicemente un problema, specie in quanto in caso di caduta del governo gli scenari sono ancora aperti: credo che sia un partito in stato di crisalide e non è da escludere nè una evoluzione in positivo (governare per fare il culo al nano) o in negativo (marginalizzarsi e diventare la nuova forza pound italia). non ho la palla di cristallo, e come qualsiasi essere umano spero anch’io.
ma se su un partito non è facile dare giudizi definitivi, dato che è composto da più persone spesso con idee diverse, dare un giudizio su una persona è più facile, e il mio giudizio su grillo è pessimo; anche dare un giudizio sull’operato di qualcuno è abbastanza facile: e non mi risulta che grillo abbia concluso un cazzo al momento.
per il resto se devo fare un’analisi breve sul perchè grillo è riuscito dove gli altri sono falliti, penso ai lavoratori autonomi sui quali la sinistra non ha per nulla appeal, che penso abbiano votato in massa grillo. se poi ci si mette l’inutile ferrero e il suo carrozzone o vendola che non riesce a parlare in modo comprensibile all’italiano semianalfabeta che lo dovrebbe votare, si ottiene un bel quadretto. ma non dobbiamo scordarci la campagna anticomunista di berlusconi, che ha educato una grossa quantità di italiani al disprezzo per i “comunisti”, termine vago ma suggestivo che ha reso più produttiva la strategia di grillo che rassicura l’elettore comunicandogli che di comunisti nel suo partito non ce ne sono.
Maurizio Melandri
Trovo interessante quel che scrive il prof. Giannuli, anche lui è soggetto a narrazioni altrui, purtroppo e fa le analisi partendo da quelle narrazione, che purtroppo, non è detto siano la verità
La sinistra radicale non vede il 5s come potenziale alleato.
Non so da dove nasca questa affermazione, casomai l’ira dei militanti della sinistra radicale deriva dal fatto che determinate battaglie, nate e portate avanti da noi ci sono state scippate da Grillo. Facile ricordarsi la scissione post Chianciano, meno facile, proprio perché le narrazioni imperanti sono altre, che il referendum sull’Acqua pubblica e la lotta contro la TAV (come quella contro il Ponte) sono state iniziate dalla sinistra radicale che ancora le porta avanti, ma la narrazione di Grillo impera.
Quello che divide i comunisti dal 5s è l’obbiettivo, noi dovremmo essere (gruppi dirigenti permettendo) un movimento reale che nella società reale opera per l’abbattimento del capitalismo, il movimento, invece, vuole solamente razionalizzare la gestione della società partendo dal tecnicismo. Crimi è una brava persona, ma fa determinate affermazione perché è quella la filosofia del movimento. Ovviamente perdente perché il problema qui non è politico mafioso. Anche se avessimo i migliori politici del mondo, dato che siamo in una crisi mondiale, anche noi saremmo in crisi. Fino a quando non lo si capirà non ci sarà spazio per politiche alternative.
@Mirko è vero che ad oggi si sta ancora troppo bene per andare in piazza, ma quando una massa riterrà di essere senza sbocco, senza via d’uscita allora cominceranno le rivolte. O si vuole credere che i turchi rischiano la vita per 600 alberi? Quella è stata la goccia, in Italia manca ancora quella goccia e quando arriverà, quando si riterrà che non si può più far fronte ai bisogni della propria famiglia o del proprio clan…io spero che ci voglia ancora molto, lo spero, ma non ne sono convinto. Le masse in rivolta iniziano senza organizzazione, ma prima o poi si rivolgeranno a chi un’organizzazione ce l’ha, foss’anche Casapound.
Roberto Buffagni
Caro Prof. Giannuli,
se Grillo volesse davvero essere equidistante da PD e PdL (“né di destra né di sinistra”) e tradurre in proposta politica questa sua scelta “antisistemica”, a me pare che il centro di gravità della sua politica dovrebbe essere la lotta contro UE ed euro, che sono appoggiati sostanzialmente allo stesso modo da PD e PdL. Non le pare?
Pippo il patriota
Professore, urge un “cappuccino brioche e intelligence” sul caso Prism!
Mirko G. S.
Caro Maurizio, quel che dice è senz’altro vero in astratto ma in concreto io la penso diversamente: per il lavoro che faccio vedo molta gente che pur di lavorare per pochi spiccioli accetta lavori a condizioni semplicemente incivili (veda i call center con lavoratori a co.co.pro., in alcuni dei quali i telefonisti devono portarsi da casa la carta igienica e hanno il tassativo divieto di fare amicizia tra colleghi o fidanzarsi tra loro a pena di licenziamento, non sto scherzando, sono cose che ho visto personalmente). Io certe volte quando vengo sopraffatto dallo sconforto e la paranoia mi prende mi sembra che stiamo scivolando verso una condizione simile alla servitù della gleba: un lavoro appena sufficiente per la sopravvivenza in un regime organizzato alla repressione. Finchè ci sarà la sopravvivenza si andrà avanti… del resto quante rivoluzioni ci sono state nella storia (poche) che però pullula di periodi bui e terribili? In Turchia e nei paesi arabi in effetti la situazione è diversa, non mi pronuncio perchè non conosco la loro realtà, ma da ignorante mi sembra stiano vivendo con decenni di ritardo quello che noi (vabbè… voi) abbiamo fatto col 68.
enrico
Ritengo, analizzando gli avvenimenti complessivamente e a distanza di tempo, che:
-Il movimento 5 stelle ha potuto godere di visibilità ed avanzare politicamente, guarda caso, proprio nel momento in cui il centro-destra non aveva una peronalità decente da presentare e vi era il rischio che una coalizione di “centro-sinistra” andasse al governo.
-A parte le buone intenzioni, non hanno fatto nulla, dico nulla, per cambiare in qualche modo le cose (un governo Bersani o comunque di centro”sinistra” con una forte opposizione del movimento 5 stelle, sarebbe stato auspicabile, magari un governo a “mandato”).
Scusate l’amarezza con la quale scrivo, ma sono convinto che per più di dieci giorni il movimento5s abbia avuto delle possibilità/responsabilità di cambiamento uniche. Avrebbero potuto davvero cambiare qualcosa, obbligando il PD a far passare:
-Legge anti-corruzione
-Legge conflitto d’interessi
-Riforma elettorale.
Credono di essere una forza sovversiva, ma gli avvenimenti, visti da un livello più generale, danno loro torto.
Hanno permesso al sistema di riorganizzarsi e adattarsi alle nuove richieste dell’opinione pubblica mentre loro perdevano tempo a parlare di scontrini.
Hanno addirittura preferito la RAI al COPASIR, e questo la dice lunga.
Dicono di non amare i leader, come dice il loro leader.
Hanno detto, arrivati in parlamento, che valuteranno le proposte una ad una, dimenticando che, una volta lì dentro, devono essere loro a farle, le proposte!
Non vengono affrontati temi importanti (immigrazione, politica estera, lavoro,ecc) perché sono argomenti che necessitano una presa di posizione ( di destra o di sinistra) e farebbero perder loro una metà del loro elettorato, o l’altra metà.
Hanno fatto tornare Berlusconi al governo (tanto sono tutti uguali, per loro) e hanno fatto avere al presidente della repubblica ruoli finora mai previsti.
Hanno scarsa conoscenza della macchina istituzionale e se li avessimo sentiti 30 anni fa, avremmo pensato subito alla P2.
Scusate dello sfogo e grazie per l’ospitalità.
Enrico
Michele Notturno
Il problema più grande creato dal M5S e’ quello di aver messo in libertà circa nove milioni di voti. Dio sa quanto gli italiani hanno voglia di delegare le loro responsabilità al primo ducetto che si presenterà sulla scena.
Luca
«…ma, per una volta, vogliamo ammettere che Grillo è riuscito a raccogliere la protesta contro la crisi economica e il degrado della nostra vita politica, mentre Vendola, Ferrero, Ingroia, Diliberto (i giovani torchi del Pd non li considero nemmeno) ecc ecc, non ci sono affatto riusciti, anzi vivacchiano quando non sono proprio falliti?»
Certo, ma con che sistemi e che premesse l’ha raccolta la protesta? La sua, alla fin fine, è stata una operazione demagogica declinata nel più puro populismo. La mancanza di risultati di qualsiasi tipo (proprio come dice lei: «…dopo il suo trionfale ingresso in Parlamento, sin qui non ha avuto alcuna iniziativa di rilievo: non una proposta di legge, non un convegno di studi, non una proposta di commissione parlamentare di inchiesta, non la denuncia di uno scandalo di regime (e ce ne sarebbero….).») è semplicemente la conseguenza del tipo specifico di creazione della politica effettuato da Grillo.
A dire il vero, poi, ciò che invece io non capisco, è come si possa non derubricare istantaneamente l’azione politica grillina a quello che di fatto è, ovvero uno straordinario – straordinario per i risultati, naturalmente – esercizio di populismo. Giusto in questi giorni rileggevo Marco Tarchi (L’Italia populista: dal qualunquismo ai girotondi) e soprattutto Pierre-André Taguieff (L’illusione populista): gli strumenti che questi due testi offrono per interpretare il registro della politica di Grillo sono così “esatti” da essere quasi inquietanti. E se poi ai due libri citati dovessimo aggiungere anche i testi di Margaret Canovan, allora Grillo sarebbe talmente prevedibile da essere praticamente spacciato.
Pietro Speroni
Vorrei fare una domanda qui, perchè è forse l’ultimo post che parla del Movimento 5 Stelle.
In questo momento hanno appena deciso di far giudicare la Gambaro alla “rete”. E siccome la rete significa alle persone storiche del M5S iscritte da tanto tempo, è prevedibile che sarà espulsa (anche se io voterò contro l’espulsione). Così, una a una le persone critiche del sistema vengono epurate. Forse più velocemente di quanto non facciano in tempo a organizzarsi per fondare un’organizzazione alternativa. Mi chiedo (e forse potrebbe essere lo spunto per un suo post, essendo l’argomento credo di interesse), un gruppo di parlamentari nel gruppo Misto potrebbero a un certo punto decidere di fondare un partito/movimento? Nel caso, quanti devono essere? E che diritti e doveri queste persone e questo gruppo ottiene? Anche in vista delle prossime elezioni. Perchè questo gruppo potrebbe finire per essere fedele allo spirito e agli ideali della eDemocracy più di quanto non lo sia il M5S. Con l’effetto di raccogliere i voti dei delusi del M5S alle prossime elezioni. Ma nel caso dovranno ri-raccogliere le firme o no?
Cordiali saluti,
Pietro