Abbiamo vinto la guerra con l’Isis? Non direi.
L’enclave libica a Sirte sta cadendo e Raqqua e Mossul stanno per essere prese: allora abbiamo vinto la guerra con l’Isis? No, non mi convince.
Già nel 2007 l’allora Al Qaeda Iraq era arrivato in vista di Bagdad e poi fu costretta ad arretrate, sino a nascondersi nella più fitta clandestinità e, l’anno precedente, aveva perso il suo capo, Al Zarkawi, ma, ha continuato una guerriglia feroce. Poi, alla prima occasione in cui le è stato possibile (nel 2014) è rispuntata fuori ed ha dato vita al Califfato di Raqqa.
Non mi pare di essere un indovino se dico che, con ogni probabilità, assisteremo di nuovo ad una guerriglia senza quartiere in Siria, Iraq e, forse Giordania. E quanti sono scampati all’attacco della Sirte dove sono finiti? Sappiamo tutti che diversi sono fuggiti sui barconi confondendosi con i profughi e ce li ritroveremo in Europa o dove meno ce lo aspettiamo. C’è solo da capire dove si accenderà il nuovo focolaio: in Egitto? In Sudan, in Turchia o in Indonesia? Vedremo. Quello che credo possiamo escludere ragionevolmente è che la minaccia terroristica in Europa e l’insorgenza nei paesi islamici non sono affatto destinati a sparire come di incanto. La guerra sarà ancora molto lunga ed è ancora possibile perderla.
Nel conto dobbiamo mettere che gli interventi occidentali in quegli scenari, se da un lato servono a calmare per un po’ le insorgenze, dall’altro esasperano gli animi e spingono altri giovani nelle fila islamiste.
Siamo solo ad un ennesimo capitolo della storia, ma la conclusione è lontana. Il fatto è che non c’è mai stata una guerra contro il terrorismo vinta solo con mezzi militari. Senza contrasto politico non si vince e qui di contrasto politico non si vede l’ombra. E non può esserci perché gli occidentali pretendono che il Medio Oriente sia come loro vogliono, ma non sanno cosa volere. Sin qui, l’intervento degli occidentali è andato in tre direzioni:
a. mantenere i confini esistenti che risalgono sostanzialmente a quelli del trattato Sykes Picot o altri eventi coevi
b. mantenere al potere le classi dirigenti “amiche”, cioè, sostanzialmente le monarchie e la Turchia che è nella Nato, e da 40 anni in qua i militari egiziani
c. combattere i regimi militar-repubblicani non allineati (come l’Egitto) che, volere o meno, erano la parte più modernizzante dello scacchiere, ancorché, regimi dittatoriali impresentabili.
Uniche bussole per stabilire il livello di gradimento dei regimi: il prezzo del petrolio e la compatibilità con lo schieramento filo americano. Di fronte al sorgere del fenomeno islamista, l’Occidente ha dimostrato di non capirci nulla, trattandolo con un fenomeno di fanatismo religioso e non come fenomeno politico.
Un’ occasione di ripensamento complessivo del Medio Oriente sarebbe potuta venire dalla Primavera Araba, ma l’Occidente ci ha colto solo la valenza anti regimi-militari strumentalizzandola e, perciò stesso, snaturandola e dissolvendola. Le modalità dell’intervento in Libia, la totale artificialità del caso siriano, lo sciagurato appoggio all’Arabia Saudita, le oscillazioni prive di direzione nel caso egiziano sono state le occasioni in cui l’Occidente ha dimostrato di non avere la più pallida idea di quale potrebbe essere un nuovo ordine mediorientale. Non credo che sia né utile né possibile alcun dialogo con gli islamisti che, peraltro, non mostrano alcuna particolare apertura ad intavolare trattative.
Verso gli islamisti l’unica linea possibile è la chiusura assoluta, ma sapendo giocare fra le diverse anime dell’Islam per favorire la nascita di un diverso ordine, Ma questo richiede una strategia che non c’è e, senza una strategia, non se ne esce. Il terrorismo si sconfigge non uccidendo o arrestando l’ultimo terrorista, ma dimostrando con evidenza l’impraticabilità del suo obiettivo politico. Il che presuppone una capacità strategica e di realizzazione, di cui non esistono i più elementari presupposti anche solo analitici. Vittoria sull’islamismo? Andiamoci piano a cantar vittoria che il film è molto lontano dalla parola Fine.
Aldo Giannuli
al qaeda, aldo giannuli, contrasto politico al terrorismo, cosa fare contro isis, guerra all’issi, intelligence, isis, libia, medio oriente, siria, terrorismo, terrorismo islamico
Ercole
“La guerra sarà ancora molto lunga ed è ancora possibile perderla”: è proprio così purtroppo.
Il primo passo sarebbe quello di installare una presenza militare permanente in Libia, che impedisca il sorgere di califfati e le partenze di invasori; allo stesso tempo è da assicurare la sicurezza interna chiudendo tutti i loro centri di indottrinamento/di culto in Occidente, e forzando una remigrazione massiccia; mentre il diritto di asilo dovrebbe essere concesso solo a chi proviene dalla stessa cultura. Che senso ha fare continue guerre verso le varie etichette islamiche, che vogliono più o meno le stesse cose – Al Quaeda, ISIS, Talebani, Al Nusra, ecc – se l’Occidente viene islamizzato dall’interno?
Questo magistrato è uno dei pochi che ha capito cosa sta succedendo:
http://www.lastampa.it/2016/08/15/italia/cronache/ci-attaccano-come-in-guerra-ma-non-servono-leggi-speciali-6Vq8J6OFzFWc7yh4YrsrbP/pagina.html
Beniamino Natale
Caro Aldo,
Credo che il problema siano le tribu’ sunnite che in Siria sono state escluse dal potere per decenni e in Iraq dal 2003…e sono minoranze consistenti (forse in Siria la maggioranza, non lo so)…se non si trova un accordo con queste – peraltro cosa facile a dirsi ma non certo a farsi – Al Qaeda, IS o una nuova reincarnazione saranno sempre li’…stesso problema in Afghanistan con i pashtun/taliban…
Ciao
Beniamino
benito
tutti i tipi di terrorismo che ci sono stati, dall’eta all’ira, dagli altoatesini 50/60, ai fascisti francesi dell’oas, hanno avuto finanziamenti e appoggio da qualche stato. I terroristi neri delle stragi sui treni erano legati a doppio filo ai servizi segreti deviati (ma non tanto deviati) e probabilmente anche le brigate rosse in qualche modo lo erano. Tutti questi gruppi terroristici sono finiti quando non hanno piu’ avuto finanziamenti. Ora sappiamo che i talebani furono a suo tempo foraggiati dagli USA in chiave antisovietica, che l’ISIS e’ per l’occidente una sorta di tela di Penelope poiche’ un po’ combatte il califfato,e un po’ lo aiuta. Non meraviglia la condotta dell’UE che ha tante divisioni al suo interno, pochi sanno invece che negli USA ogni stato fa una politica estera per conto suo. Ecco perche’ non possono venire a capo di niente, l’unica politica e’ quella che mette d’accordo un po’ tutte le multinazionali e’ fare piu’ guerre per vendere piu’ armi, e intanto il debito americano cresce e nel mondo e’ sempre piu’ caos.
Gaz
@Ercole. Si sa, gli italiani in trasferta sono i soliti dilettanti approssimativi, privi di tradizione. Di certo non possono vantare i numeri sottozero coloniali dell’angliterra, della franza e neppure del piccolo belgetto, per non dire della determinatezza dell’allemagna magna magna o dei turchesi. Dinenticavo iberici e yankies.
Tutti hanno una certa tradizione nel trovare soluzioni immobili. Molto immobili.
Alcuni di questi professionisti colonialisti appena nominati si sono ripresi l’appalto -ahh italietta !- e qualche numero di politica lungimirante tra una bomba stupida e un drone psedo intelligente riusciranno a produrlo.
Non ho capito perchè mi sovviene il nome di Rudolf Graziani.
Paolo Selmi
Buongiorno professore!
“Il terrorismo si sconfigge non uccidendo o arrestando l’ultimo terrorista, ma dimostrando con evidenza l’impraticabilità del suo obiettivo politico.” Creare i presupposti per una società migliore, dove ai pochi irriducibili risuoni nelle orecchie, giorno e notte: “per quanto possiate esplodervi o esplodere, non raggiungerete MAI l’obbiettivo prefissato”. Marginalizzare il nemico, isolarlo, renderlo progressivamente minoranza e quindi minoranza della minoranza, costruire una superiorità schiacciante dal punto di vista non solo militare, ma anche ideologico. Parole che, per incapacità e insipienza, ma penso anche per una buona dose di malafede, nessuno ascolta. Gli stessi che confondono strumentalmente “islamici” e “islamisti”, “immigrati” e “profughi”, sono gli stessi che confondono ONU (esiste ancora?) con NATO, “diritto internazionale” e “legge del più forte” (pardon “interessi nazionali”), “caos creativo” (in Libia, in Siria, e Ucraina, e ovunque faccia loro comodo) e “road maps” per la pace e la stabilità.
Illogico? Si, ma ci si assuefa anche a questo. Basta “dimenticarsi” di un pezzo di verità e i conti tornano. A questo servono i mezzi di comunicazione di massa, gracchiando giorno e notte le stesse veline. Sottoculture che vengono da lontano: “Si ai veneti (che lavorano), no ai ‘terroni’ (che non lavorano)”; chi parla di “immigrazione selettiva” arriva in ritardo di almeno mezzo secolo rispetto a discorsi che, dalle mie parti, già si facevano, e che ho fatto in tempo a sentire anch’io. “You inherit the sins, you inherit the flames / Adam raised a Cain”, cantava il buon Bruce, quando ancora neppure si sapeva cosa volesse dire “mujaeddin”. E noi ereditiamo “i peccati e le fiamme” di questo mostro mediatico, costruiamo i nostri pensieri su una falsa coscienza che ci impedisce di guardare aldilà di paure ed egoismi alimentati “ad artem”. E pretendiamo di vincere le guerre. La vera “jihad” è quella “contro se stessi”, è quella che costruisce ponti, anziché abbatterli, è quella che costruisce giustizia, perché senza di essa non ci potrà mai essere pace, è quella che costruisce una nuova civiltà di progresso, perché il progresso o è un processo collettivo, inclusivo, o progresso non è: devono essere loro, per primi, sentirsi parte di un qualcosa di migliore, a isolare le loro mele marce, così come noi con i nostri Breivik.
Avviso comunque ai nuovi “Ranger Smith” dei poveri: Se siamo ancora convinti che sia giusto finirla a schioppettate, avvisatemi per tempo che la Val d’Ossola è vicina. A ognuno la sua guerra partigiana, almeno il diritto di scegliere su quale montagna andare concedetemelo.
Un caro saluto,
Paolo Selmi
Brugial
Il terrorismo si sconfigge non uccidendo o arrestando l’ultimo terrorista, ma dimostrando con evidenza l’impraticabilità del suo obiettivo politico.
Questa mi sembra che una contraddizione in termini.
Il terrorista sa bene che il suo obiettivo politico è di per se impraticabile, altrimenti lo perseguirebbe di certo per altre vie, magari appunto per via politica.
Ed è appunto perchè non sussiste alcuna via politica per il perseguimento di ciò che egli reputa essere il proprio obiettivo che costui si è volto al terrore.
A mia memoria non ricordo alcun terrorista che, tolto l’esercizio di un momentaneo condizionamento più o meno pregnante, abbia mai realizzato un durevole ruolo storico per questa via.
Roberto B.
Naturalmente sono d’accordo con le considerazioni espresse nell’articolo, e pure su quanto ha commentato chi mi ha preceduto.
Su tutte, tranne un’asserzione che mi rode come un tarlo, e non da oggi: cosa significa “La guerra … è ancora possibile perderla”?
Le guerre che conosco, solo sui libri fortunatamente, una volta iniziavano con una dichiarazione da parte di uno o più soggetti, avevano degli scopi specifici, almeno nelle intenzioni di chi le iniziava, avevano uno svolgimento ed una fine, con gli accordi di pace tra i contendenti che solitamente disegnavano nuovi confini, i perdenti erano costretti a pagare ingenti danni di guerra e, spesso, ad accettare un’occupazione temporanea dei propri territori da parte dei vincitori.
Ora, in questo caso, cosa vuol dire perdere la guerra? Contro chi? E chi, come e quando potrà sancire la sconfitta? Con chi si potrà firmare la resa e discuterne le condizioni?
Più ci penso, più questa parola “guerra” mi appare una definizione intrisa di una retorica di altri tempi, del tutto slegata dalla sua vera natura.
Non saprei come definire quello che sta accadendo, ma per conto mio questa non è una guerra, se non altro perchè l’attaccante non ha veri obiettivi da raggiungere, non politici e neppure religiosi. Genericamente, si propongono di eliminare tutti coloro che non si convertiranno all’islam: solo in Europa, un po’ più di 450 milioni di persone. Una bazzecola!
E, sopratutto, alcuni dei Paesi belligeranti sono di volta in volta nostri alleati o fiancheggiatori di chi ci attacca, a seconda dei casi e delle convenienze del momento; certe volte perfino contemporaneamente.
Il che mi fa convinto che i nostri veri nemici ce li abbiamo in casa, ma non sono quelli che vogliono farci credere.
Un po’ quello che abbiamo visto e vissuto con il brigatismo rosso e nero degli anni ’70: non sapremo forse mai chi c’era davvero dietro a tirare le fila.
Pierfrancesco
Premesso che il motivo scatenante di tutte queste conflittualità è la guerra per la risorse, penso che dobbiamo prendete una decisione, o cominciamo a farne a meno, producendoci energia da soli e pagando le materie prime che non abbiamo. Care e amare, vivendo in pace, oppure accettiamo platealmente la nostra natura predatoria rifacciamo il colonialismo e occupiamo i paesi che ci interessano a tutti i livelli, non solo militare, io sono per la prima opzione ma almeno la seconda sarebbe più scevra di ipocrisia e più efficace dell’attuale esportazione di democrazia.
andrea agostinis
Fino a quando esisterà la religione islamica io penso che esisterà l’Isis. Nel mondo dobbiamo pensare che ci sono 1 miliardo e seicentomilioni di mussulmani e che Kerry ha affermato di averne uccisi solo 25 mile.
Aldo S. Giannuli
come dire che sino a quando ci sarà il cfristianesimo ci sarà l’Inquisizione