Il vento culturale del neoliberismo: storia di una controrivoluzione.
A cavallo fra i sessanta e i settanta, tutte le società occidentali furono attraversate, in varia misura, da una ondata di movimenti di protesta: la generazione nata dopo la guerra metteva in discussione tanto gli equilibri sanciti dalla guerra fredda quanto la stessa legittimità del sistema sociale e politico.
A questa si aggiunse, in molti paesi, una ondata di rivendicazioni salariali senza precedenti e poi, una serie di movimenti di genere, di dissenso religioso, di ceti marginali ecc. Questo magmatico ribollire di istanze, affermazioni di identità e proteste non riuscì a darsi un progetto politico.
La “stagione dei movimenti” si concludeva definitivamente nella seconda metà degli anni settanta: già nel 1975, il movimento era in pieno riflusso in Germania, Inghilterra, Usa, Francia, dopo qualche anno seguì l’Italia.
Nello stesso 1975, si svolse un importante convegno di studi organizzato dalla Trilateral Commission (nata due anni prima, come raccordo fra i circoli dirigenti finanziari, industriali di Usa, Europa e Giappone).
I tre relatori principali (il francese Michel Crozier, l’americano Samuel Huntington ed il giapponese Joji Watanuki) (1) si trovarono concordi nel diagnosticare la crisi come prodotta dal “sovraccarico del sistema decisionale” -che rendeva lo Stato facile preda del ricatto dei più diversi gruppi sociali- e dal conseguente indebolimento dell’autorità governativa.
Da tale diagnosi discendeva la prescrizione di una riforma complessiva che riducesse il campo di intervento statale e, contestualmente, ridesse funzionalità decisionale e prestigio all’esecutivo, in modo da consentirgli di agire come riaggregatore della domanda sociale. In questo quadro, rafforzamento dell’esecutivo a scapito del Parlamento, “raffreddamento” degli istituti di democrazia diretta (come il referendum), regolamentazione legislativa dei conflitti di lavoro, erano altrettanti passaggi necessari sul piano istituzionale.
Questa analisi basata sul “sovraccarico ed anarchia della domanda politica” e sulla “crisi dei meccanismi della decisione” venne ripresa anche dal sociologo tedesco Niklas Luhmann e dallo storico Italiano Giuseppe Are(2).
Questa interpretazione fu variamente contestata da autori che proponevano modelli ben più sofisticati: da Alain Touraine a Samuel Eisenstadt, da Seymour Lipset ad Alessandro Pizzorno, da Sidney Tarrow ad Alberto Melucci. E, in effetti si trattava di un modello scientificamente molto debole: sovraccarico della domanda rispetto a quali parametri? Quelli della ricchezza prodotta? Ma perchè non prendere in considerazione la curva della distribuzione? Che tale crescita della domanda fosse in eccesso rispetto alle esigenze dell’accumulazione era dato ma non dimostrato.
Nè, per la verità, è chiaro cosa si intendesse per “crisi dei meccanismi della decisione” se non l’esigenza di sottrarre una quantità di decisioni alla procedura democratica per portarle all’interno di quello che Pizzorno chiama “il nucleo cesareo del potere”.
Ma la debolezza teorica del modello era largamente compensata dalla sua sintonia con gli umori del ceto politico e del potere economico, sia europeo che americano. In breve, questa lettura della stagione dei movimenti come sorta di “scapigliatura” più ricca di eccessi e di aspettative irragionevoli, di ideologismi esasperati e d’ inaudita violenza politica che di reale aspirazione ad un diverso modello di democrazia, divenne la principale vulgata.
Si avviava, in questo modo, una sorta di “controrivoluzione culturale” tesa a restaurare quel che la contestazione aveva intaccato.
In particolare, i movimenti del sessantotto avevano immaginato un capitalismo alla sua ultima stagione, privo di ogni residua legittimazione, con meccanismi definitivamente inceppati, che sopravviveva solo grazie al brutale sfruttamento neo-coloniale dei paesi del terzo mondo ma, ormai, stretto fra l’ondata di proteste sociali all’interno e le lotte antimperialiste al suo esterno. Su alcune riviste (come la “Monthly review”) comparivano articoli che prevedevano il collasso del sistema negli Usa entro il confine del decennio.
Una descrizione scarsamente realistica che non teneva assolutamente conto delle capacità di recupero del sistema capitalistico, dell’approssimarsi di una nuova rivoluzione industriale basata sull’elettronica e l’automazione, della sfavorevole evoluzione del quadro politico internazionale e di molti altri fattori.
Ma, per quanto tali aspettative fossero destinate ad una rapida smentita, tuttavia esse avevano sedimentato un giudizio abbastanza diffuso sull’esaurimento del capitalismo come sistema vitale e sulla sua sostanziale ingiustizia sociale.
La rivoluzione neo-liberista, che già era in gestazione a Wall street e nella City, non avrebbe potuto decollare senza il necessario consenso sociale che esigeva una profonda ri-legittimazione del sistema.
D’altro canto, non era difficile prevedere che lo smantellamento dello stato sociale, per quanto graduale, avrebbe potuto riaccendere quella conflittualità che si era appena sopita. E, dunque, accanto ad una decisa opera di scomposizione del blocco sociale lavorista che lo sosteneva, si imponevano adeguate riforme istituzionali che ridessero al sistema “capacità di decidere”. Ed anche qui l’operazione richiedeva adeguati supporti culturali, tanto nella fase della progettazione quanto in quella della successiva raccolta di consenso.
Occorreva rimuovere quelle premesse culturali che avevano retto il compromesso socialdemocratico del welfare, prodotto lo “stato sociale di diritto” emerso dopo la guerra, riconsacrare il potere profanato dalla contestazione sessantottina.
La storia fu il principale terreno sul quale avvenne questa battaglia culturale ed il revisionismo storico fu il ferro di lancia culturale del neo liberismo.
Non si trattava solo di liquidare l’eredità culturale di Marx o Lenin, ma bisognava andare molto più in là, disfacendosi anche di Kelsen e di Keynes e poi, via via, cancellare anche il liberalsocialismo di Rosselli, il riformismo di Kautski e Bernstein, la democrazia radicale, sino alle origini, identificate nel fantasma del giacobinismo.
La storia tornava ad essere strumento del Principe e, per il resto, il neo liberismo ha promosso una sostanziale rimozione della storia come metodo per comprendere la realtà sociale. Il neo liberismo vive nella dittatura di un presente eternizzato, che, peraltro, senza storia diventa incomprensibile.
Aldo Giannuli
1 Michel CROZIET Samuel HUNTINGTON Joji WATANUKI “La crisi della democrazia” Franco Angeli, Milano 1975. Prefazione di Gianni Agnelli.
2 Giuseppe ARE Serenella PEGNA “Gli anni della discordia” Longanesi, Milano 1982
68, aldo giannuli, neoliberismo, sessantotto, stagione dei movimenti, vento culturale del neoliberismo
Gaz
Confesso di aver letto solo una frazione delle 27 pagine del paper dei magnifici tre, ergo non posso partecipare alla discussione.
Gaz
227
Pentastellato ancora per poco
Mi permetto di agiungere che oltre al revisionismo storico è stato necessario anche un diffusione a pioggia di droga e della cultura dello sballo per allontanare i giovani dall’impegmo politico. E il bello è che alcuni artisti se ne sono pure accorti di essere strumenti del sistema….”T’immagini se tutti quanti smettessimo (di drogarci) quante famiglie sul lastrico!!!” https://m.youtube.com/watch?v=aAbkctlPBP4
Gaz
O.T.
ACME NEWS
Bill Coyote è sbarcato in Italia. Ha subito fiutato l’aria.
In quattro e quattr’otto è diventato medico, farmacista e impresario funebre, nonchè fornitore di prodotti medici. Questo di pomeriggio.
Di mattina il nostro si è fatto giudice, e proprietario di un carcere e sindaco di Roccanuccia.
Di questo passo ce lo ritroviamo Presidente tra un paio di giorni.
andrea z.
Si potrebbe aggiungere che alla metà degli anni settanta è entrato in crisi il sistema economico basato sulla produzione e che i detentori del capitale hanno ripiegato sulla finanza per mantenere un tasso di rendimento soddisfacente.
La finanziarizzazione dell’economia avrebbe portato tutta una serie di trasformazioni sociali e politiche che avrebbero trovato nella teoria neoliberista una sistemazione intellettuale.
La crisi del 2008 ha creato una frattura all’interno dell’elite capitalistica e messo in crisi la filosofia neoliberista e la globalizzazione che ne rappresentava uno degli aspetti caratteristici.
Ora il centro del potere occidentale, da cui sono sempre partiti tutti gli “input” economici, dal keynesismo al neoliberismo, è in stato confusionale: con Trump si sperava che fosse in arrivo un ritorno all’economia produttivista, ma i primi atti del presidente sembrano dimostrare che i sostenitori dell’apparato militar-finanziario e della globalizzazione neoliberista sono ancora in grado di dettare legge.
Finchè negli USA non viene definita la rotta da seguire, anche noi europei brancoliamo nel buio, anche se per il momento l’impressione è che l’UE in generale, e l’Italia in particolare, siano ancora strettamente controllati da fanatici sostenitori della finanza globalizzata come Soros e Rockfeller e i suoi esponenti politici, come la Merkel, Hollande e Gentiloni siano espressione di questa fazione dell’establishment mondiale.
Paolo Selmi
Professore buongiorno!
Spiace ripetermi ma… complimenti per questo lavoro! Sintesi di cui avevo bisogno sia dal punto di vista analitico che da quello bibliografico!
E icona “da antologia”, come del resto il 99% delle foto di copertina! Ma questa è davvero un gioiellino. Complimenti a Martino!
Dopo aver letto il pezzo mi veniva da dire che ci mancava sotto un bel “veniamo da lontano, andiamo lontano”.
Buon fine settimana a tutti!
paolo
francesco cimino
Quando i liberisti legittimano qualsiasi guadagno ottenuto sul mercato come esclusivo frutto dei “meriti personali”, operano in effetti una rimozione del passato: ragionano cioè come se il “meritevole” non avesse usato strumenti tecnici, conoscenze, leggi, opere pubbliche, risorse d’ogni tipo ereditate dal passato( dell’umanità, se vogliamo, e certamente del suo Paese )Stesso discorso per la legittimazione del “libero mercato” come sistema “naturale” dell’umanità, come se regole che limitano l’azione nel mercato non esistessero sempre e non fossero molto variabili con tempi e luoghi. Vero, il “liberismo” nega la storia
Eduardo D'Errico
Io non sottovaluterei un altro aspetto ; nel bel film di Marco Leto ” La villeggiatura” un colto commissario interpretato da Adolfo Celi spiega al professore antifascista al confino che il fascismo è stato necessario perché i pedoni di uno schieramento avevano cominciato ad attaccare i loro stessi superiori, anziché quelli dell’avversario. Ora, in Italia in particolare, il decennio sessantottino aveva rivelato che gran parte della gioventù borghese e studentesca, anziché schierarsi a destra come da tradizione, aveva scelto il “nemico di classe”. Bisognava neutralizzare questo pericolo, e senza giungere al fascismo, si sono adottate misure straordinarie (le stragi di stato non sono mica un’invenzione) sia per evitare l’alleanza di classe, sia per spingere sempre più verso l’estremo i giovani oppositori . In politica, con la conseguenza delle BR e dell’ Autonomia, nel privato con le droghe, frutto della disillusione della parte “creativa” della rivolta. A questo punto, la diffusione dell’individualismo liberal-liberista era notevolmente facilitata.
foriato
Professore, mi permetta una domanda ed un’osservazione.
Da un punto di vista esclusivamente economico (e sempre nel contesto di “questo riflusso” sul piano politico e del “raffreddamento” democratico susseguente al ’68), si potrebbe anche dire che il neo-liberismo, più che una rivoluzione, nasce come una controffensiva verso la Germania e il Giappone, i quali a metà degli anni ’70 iniziavano a diventare potenze esportatrici, con il conseguente danno agli interessi USA?
foriato
Sulla presunta debolezza del modello “largamente compensata dalla sua sintonia con gli umori del ceto politico e del potere economico, sia europeo che americano”, io direi che il sistema di Bretton-Woods, almeno per quanto riguarda la convertibilità del dollaro in oro, era sostanzialmente americano, come capì subito De Gaulle…
Gaz
@foriato.
Di De Gaulle mi colpisce la sua capacità di vedere lontano.
foriato
@Gaz,
tutto dipende dai termini di paragone e, confrontato con Nixon, De Gaulle era un falco aquilino… Ma questo l’ha appena capito il giorno in cui a Oncle Charlie gli è venuta l’idea di pagare lo scotto del ’68 a carico della Riserva Federale, dopodiché Tricky Dicky decretò la chiusura del chioschetto di Bretton-Woods nei secoli dei secoli amen.
Gaz
Anteprima blog.
Rollio di tamburi, squilli di trombe. Richiami del mazziere.
ATTENZIONE, ATTENZIONE, ATTENZIONE.
Tra le mille cose che il Professor Giannuli ha da fare, le cento attività giornaliere, le decine di incombenze quotidiane, -udite, udite,- ha covato, rivisto e limato l’atteso nuovo articolo sulla questione linguistica europea.
Per la gioia dei presenti e il gaudio degli interventori, se ne annuncia a giorni la pubblicazione.
I frequentatori del blog sono invitati numerosi a partecipare.
ATTENZIONE, ATTENZIONE, ATTENZIONE …
Lorenzo
Mah… l’articolo investe un tema troppo ampio. Spazia dalla storia all’economia, dalla sociologia dei costumi alla dottrina delle istituzioni politiche.
Senza voler dare giudizi perentori in questo mare magnum, il bestiario immaginale sessantottino collo slogan ‘il potere all’immaginazione’ e l’attesa del Sol dell’avvenire vale il bestiario neoliberista, che giustifica la proprietà sulla base del merito salvo… istituzionalizzarne la trasmissione ereditaria (!) e descrive il mercato come lo stato naturale salvo… affidare allo stato il compito di salvaguardarne la primazia.
Come sapeva Carl Schmitt e ribadiva Eliade, le ideologie moderne sono eredi dirette delle mitologie classiche e delle religioni rivelate. Ciò che interessa non è quel che dicono (quasi solo sciocchezze) ma quel che rappresentano. Io vedo sessantottismo e neoliberismo come fenomeni spirituali contigui, manifestazioni di un portato unitario di decadenza. Nascono dal benessere che genera permissivismo e spazza via il senso del dovere, del sacrificio, che sta alla base di ogni legame comunitario. Il ’68 fu la ribellione della generazione del boom economico contro la forma tradizionale della civiltà europea, fra ripudio dello stato e della religione, spinelli, libero amore e 18 politici. Cosa fu un ventenne cazzone e sfaticato quando arriva ai 40 + anni? Cerca soldi e poltrone facili. Il fancazzismo sessantottino si risolve senza soluzione di continuità nell’arraffa-arraffa liberista, falsa coscienza di una società in fase di disgregazione atomistica.
La società odierna è un perfetto connubio dei due versanti, fra rincorsa al denaro facile, disinteresse per ogni progetto a lungo termine e ideologia regressiva dei diritti delle minoranze, che disfa quel poco che resta di integro nell’architettura sociale. Il risultato è la disgregazione che ci troviamo attorno, e che in una società dominata da Mammona prende la forma di crisi economica (in una società militare o religiosa assumerebbe la forma di rifiuto del servizio militare o di crollo delle vocazioni). Mentre in realtà esprime una regressione antropologica, il passaggio da un tipo umano sano a uno degenerato, giusta l’opposizione nietzscheana fra signori e schiavi, quella adamsiana fra spiritual and economical men, quella spengleriana fra Unter- e Ausnahmemenschen.
Ecco il motivo, caro Giannuli, per cui guardo con scepsi alla rigenerazione semispontanea delle élites dirigenti da Lei auspicata in altri articoli.
Allora ditelo
OT «la Corte Costituzionale su questo aspetto non si è espressa».
http://www.lastampa.it/2017/03/10/italia/politica/amato-una-legge-elettorale-con-elementi-maggioritari-b8wUieTHWgEXj0Z0g9leCP/premium.html
Giorgio Sirchia
Mi permetta proff.
Condivido pienamente il suo pensiero.
Sottolineo però il fatto che quella che lei ha raccontato e la genesi di un complotto di un ristretto gruppo di economisti, intellettuali e miliardari che hanno come fine primario di portare il mondo ad un neo-medioevo con relativi re, principi e servi della gleba. L’avevo sempre sentita molto critico sul “complottismo”…. ora la vedo condividere quella che è la teoria base del complottismo, e cioè che viviamo in un mondo controllato da un pugno di reazionari che vogliono dominare il Mondo.In base alla sua tesi la teoria complottista dell’11 settembre diventa plausibile, ad esempio. Grazie
Aldo S. Giannuli
no non penso affatto a nessun complotto
Simonetta
Un ritorno neokeynesiano, mai?
Paolo
ma è proprio qui che il sistema/ Keynes che è stato volutamente fatto fuori.Non fungeva per le loro finalità. Presero a pretesto la stagflazione ..prevista dal padre del neoliberismo Milton Friedman non prevista da Keynes (anzi qui il “genio” Keynes..perchè di genio si tratta..se non ricordo male la escluse come eventualità non possibile..) . Nella prima metà degli anni settanta ci fu la stagflazione…e da li piano piano avanzò sia Friedman che il peggio del peggio del neoliberismo , quello di scuola austriaca cioè Friedich Von Hayek (economista amatissimo sia da Reagan che dalla Thatcher ..)..fu dato loro il premio Nobel per l’economia..furono rivalutate le loro tesi economiche..— e purtroppo messe in pratica— con Reagan e la Thatcher ,,con il famoso moto TINA (there is no alternative ) , si separarono le Banche Centrali dal Tesoro., dando più spazio ai “mercati” nell’acquisto dei titoli, poi la “deregulation” Reagan , le privatizzazioni…e la finanziarizzazione etc …da li …il disastro attuale. Keynes è stato ucciso per via costituzionale—>> l’assurdo “pareggio di bilancio” inserito in costituzione ..rende impossibile l’adozione di politiche keynesiane. C’erano modi per superare la stagflazione…ma fu l’occasione per sbarazzarsi di Keynes.I risultati di tale sciagurata scelta sono sotto gli occhi di tutti….il neoliberismo è più di una semplice teoria economica: è un vero e proprio crimine.
Gaz
a Paolo, apostolo di wkpd.
Tatto da wikipedia, voce Stagflazione.
Descrizione[modifica | modifica wikitesto]
La stagflazione è un fenomeno presentatosi per la prima volta alla fine degli anni sessanta, prevalentemente nei paesi occidentali, in particolar modo in Italia; precedentemente inflazione e stagnazione si erano invece sempre presentate disgiuntamente. La contemporanea presenza di questi due elementi mise in crisi la teoria di John Maynard Keynes (e le successive teorie post-keynesiane) che, per oltre 30 anni, era stata la spiegazione più convincente per l’andamento dei sistemi economici, oltre che valido strumento di politica economica per i governi di paesi ad economia di mercato.
Milton Friedman, Nobel in Economia nel 1976, era stato tra i pochi a discostarsi dalle visioni keynesiane e roosveltiane e a prevedere, nei suoi due libri Capitalism and Freedom e Storia Monetaria degli Stati Uniti, l’avvento della stagflazione.
Le politiche espansive degli anni settanta[modifica | modifica wikitesto]
Nella visione keynesiana, la disoccupazione è causata da un livello non sufficiente della domanda aggregata (in presenza di un gran numero di beni prodotti e invenduti), mentre l’inflazione è giustificata solo quando il mercato raggiunge il pieno impiego: a quel punto l’eccesso della domanda aggregata rispetto all’offerta aggregata, non potendo riversarsi sulla quantità reale (già massima e non espandibile), si riversa sui prezzi, incrementandoli e determinando un aumento del prodotto interno lordo nominale, ovvero dei prezzi e non delle quantità. Nella teoria keynesiana una situazione di disoccupazione non è compatibile invece con prezzi in aumento, ma solo con prezzi in diminuzione in linea col calo della domanda per effetto della diminuzione dei consumi cioè in regime di recessione.
La stagflazione fu così inizialmente contrastata, conformemente alla teoria keynesiana, con l’applicazione di politiche economiche improntate ad una forte espansione: gli effetti di queste scelte aggravarono, però, ulteriormente la tendenza, già presente nei sistemi economici, al rialzo dei prezzi dei beni per di più senza drastici cali della disoccupazione, come auspicato invece dai governi. Il fenomeno fu principalmente spiegato col prevalere di comportamenti di monopolio sia nel mercato del lavoro (per la rigidità dei salari), che in quello dei prodotti per la presenza di cartelli (in special modo nei mercati delle materie prime).
Dal momento che la teoria keynesiana non era in grado di spiegare correttamente questo nuovo fenomeno, molti economisti e varie dirigenze politiche occidentali superarono la “ricetta” keynesiana, che fino ad allora era riuscita a gestire validamente i fenomeni presenti nelle economie di mercato, ritornando alle convinzioni della teoria economica classica. ……
Non ci sarà nessun altra risposta, anche per gli alias, perchè è tempo perduto. MARMELLATA !!!
Paolo
E’ identico a cio che ho detto io …l’unica differenza e chè afferma l’insuperabilità della stagflazione..se non con l’abbandono delle “ricette” Keynes …e parla di un superamento “brillante” del fenomeno ….che a mio avviso poteva essere superato senza cambiar marcia a 360 °…con il liberismo (che subdolamente ha continuato a usare Keynes quando gli ha fatto comodo: in primis proprio Reagan con la corsa agli armamenti…come giustamente dice Galbraith….
Paolo
il “fine” di questo post superfluo che spiega la stagflazione (non necessaria da spiegare perché lo sanno tutti almeno credo per quanto riguarda , inflazione, deflazione e stagflazione )…in relazione al mio post sinceramente non ne ho focalizzato il fine : cosa vorresti dire ?
non ho focalizzato la replica con il pistolotto di Wikipedia ..che mi sembra superfluo…ai fini di quel che volevo dire io —–>> hai messo una spiegazione più estesa al mio cenno di stagflazione. Perché apostolo di Wikipedia ? che vuol dire ?
lo ho scritto che il “genio” Keynes non riuscì a prevedere la stagflazione anzi la escluse come possibilità …al contrario di Friedman….ed è un discorso lungo che risale a dopo la crisi del 29 ove le teorie vigenti davano più importanza al all'”offerta” che alla “domanda”..Keynes analizzò tutto il contesto e le dinamiche (il mercato saturo…e le merci invendute nei magazzini ) ed elaboro la teoria del’intervento statale..e del moltiplicatore …come volano dell’economia
vedasi qua:
https://it.wikipedia.org/wiki/Moltiplicatore_keynesiano
cioè diceva che la “domanda” fa da volano all’economia..e che bisognava stimolare l’economia dal lato della domanda e non dell’offerta..attraverso sostanzialmente la spesa pubblica (per i liberisti questo modus vien bollato come “drogare” l’eoonomia )
E da Keynes che nasce la Macroeconomia …una visione di insieme dell’aggregato economico. Da qui nasce a Cambridge un dibattito economico feroce tra i sostenitorei di Keynes e i liberisti espressi allora da Von Mises e Friedich Von Hayek. Quest’ultimo nel dibattito feroce seguito ovunque dal mondo accademico fu messo in serie difficoltà da Keynes…e poi da Sraffa (il brillante economista italiano che sosteneva Gramsci ) che nel mentre si rifugiò in Inghilterra per via del fascismo in quanto era uno preso di mira da Mussolini. Keynes gli chiese di dargli una mano nella ferocissima controversia con Von Hayek…detto fatto: Sraffa ridicolizzò con argomentazioni incofutabili Von Hayek già mezzo steso da Keynes.. letteralmente fu seppellito . Cadde nell’oblio. Ci fu Bretton Woods..e le proposte di Keynes ..il Bancor etc etc furono respinte …da B.W. ne uscì sconfitto. E credo anche dallo stress e dal dispiacere si ammalò e mori. Nonostante la sconfitta a BW ..per trenta anni..fu applicato sostanzialmente Keynes (con ottimi risultati )—->>> e da qui al tema presente : stagflazione a cavallo degli anni 70 (non prevista da Keynes anzi esclusa come possibilità…e qui sbagliò mentre la prevede il padre del neoliberismo americano cioè Milton Friedman…). Da qui..proprio nel contesto e periodo storico analizzato dal Pr. Giannulli nell’articolo…un certo establishment..desideroso di sbarazzarsi di Keynes ..diede il premio Nobel sia a Friedman che a Von Hayek (dopo 30 anni di oblio ..ignorato in tutte le università..ma amatissimo sia da Reagan che dalla Thatcher )..e il seguito lo sappiamo: il neoliberismo.
La stagflazione…non era insuperabile. (a mio parere ) pur restando nella scia di Keynes…ma l’occasione fu ghiotta..per rimpiazzare tutto con il neoliberismo.
i risultati di 30 anni di Keynes furono brillanti…i risultati di circa 30 anni di neoliberismo sono quelli attuali: una corsa al disastro…
Ti ho fatto la cronistoria…mo spiegami il senso del tuo post …non ho capito cosa aggiunge a cio che ho detto io.
testi di riferimento:
—->>La teoria generale dell’occupazione dell’interesse e della moneta (Keynes )
—–>> Keynes o Hayek (lo scontro che ha definito l’economia moderna ) Nicholas Wapshott
——->>John Kenneth Galbraith —storia dell’economia
——>> Milton Friedman — Capitalismo e Libertà…
——>> La via della schiavitù — Friedich Von Hayek (questo testo ..manderebbe letteralmente in un brodo di giuggiole Tenerone Dolcissimo…quando leggo i post di Tenerone ci leggo gli stessi concetti di Von Hayek…non condivido un tubo di Von Hayek però questo libro è un bel libro )
aspetto una spiegazione sulla finalità di quel pistolotto wikipediano .con la annessa marmellata (???? ) conclusiva. Inutile dire che i testi elencati che trattano benissimo il tema…non li ho letti: LI HO DIVORATI…con passione.
Paolo
@Gaz
“pistolotto ” inteso come post insolitamente lungo,solitamente i tuoi son brevi …ti ho contagiato il virus ???…;-)
Paolo
aggiungo anche:——->> piano piano..negli anni seguenti..son nate correnti keynesiane adulterate..che hanno fatto dire a Keynes cose che Keynes non si sognava di dire..ed hanno elaborato un keynesismo adulterato funzionale e adiacente al neoliberismo…e nel mentre dalle università è sparita la varietà dei pensieri economici come si insegnava precedentemente ..e “tendenzialmente” si è sostituito il tutto con una sorta di “pensiero unico” che di fatto è una brodaglia neoliberista.
il cosiddetto “Keynesismo Bastardo”
http://dizionarioscienzesociali.altervista.org/keynesismo-bastardo/?doing_wp_cron=1489456613.8269810676574707031250
un articolo piuttosto impegnativo sul tema …è questa intervista all’economista Emiliano Brancaccio…un economista di ispirazione marxista…ma molto aperto sia a Keynes che a Sraffa.
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=65230
Paolo
interessante ai fini del discorso…anche questo breve articolo:
http://scenarieconomici.it/il-dominio-neoliberistatutta-colpa-dei-post-keynesiani/
una considerazione sui post keynesiani…che nel periodo a cavallo degli anni 70 …dopo la crisi precedentemente menzionata ..non si son saputi imporre…
alla fine c’è un interessante piccolo schema che descrive bene l’impostazione neoliberista.
Tenerone Dolcissimo
Non appare nemmeno una parola sul fatto che questo grande processo che DOVREBBE essere liberale è stato gestito da gente che di liberale nulla aveva.
Roberto B.
Leggendo i suoi commenti, Tenerone, mi sorge sempre il dubbio che per lei i termini “liberale” e “libertario” siano sinonimi.
Sbaglio?
Tenerone Dolcissimo
No, non sbaglia
D’altronde, nella pagina home del sito MovimentoLibertario campeggia la scritta
LA PROPRIETÀ È UN DIRITTO NATURALE E LE TASSE SONO UN FURTO.
Non ho dubbi che le sottoscriverebbe ogni liberale VERO e ripeto VERO e ribadisco VERO, invitando a non considerare liberali VERI i sinistri riciclati e quelli che strozzano di tasse e mettono l’anagrafe tributaria
Diciamo che libertario e’ termine che riguarda le libertà civili mentre liberista riguarda le libertà economiche. Ma siccome la libertà civile non può esistere senza libertà economica e la libertà economica non può esistere senza la libertà civile
Quindi necessariamente si parla di LIBERALE come somme necessaria di liberista + libertario
foriato
@Tenerone
“LE TASSE SONO UN FURTO”
________________________________
Allora, Thomas Paine (liberale illustre, difensore della ridistribuzione della ricchezza, sostenitore delle tasse sui latifondi, precursore di un sistema pensionistico pubblico e, a detta di MovimentoLibertario, “uno spirito sovversivo e antistatalista”), un comune ladro?
Tenerone Dolcissimo
Caro foriato, quando tempo fa chiesi a Martino nel suo blog di prendere una iniziativa per chiarire che con noi liberali Mario MONTI nulla ha a che fare, questi mi rispose che non era fattibile perché non esiste un copyright di liberale.
Quindi, Lei potrà trovare di tutto nel vasto pelago di chi si definisce liberale ma non dimostrerà mai niente.
Tanto per fare un esempio pure i compagni dell’ALDE si proclamano liberali epppure sono per la spoliazione fiscale quella vera che passa attraverso la tassazione patrimoniale dei piccoli proprietari immobiliari Altro che tassare i latifondi.
foriato
Certo, Tenerone: un copyright di liberale non sarebbe molto liberale, un copyleft invece… 🙂
Ma in ogni caso sempre più liberale di questi neonazisti che si dicono MovimentoLibertario.
Salud!
Paolo
@Tenerone
http://www.movimentolibertario.com/
non conoscevo questo movimento…mi sono incuriosito ed ho spulciato il blog. ed ho letto diversi commenti nel forum annesso….Ma guarda che è “neoliberismo” allo stato puro..anzi “neoliberismo” estremizzato…ne vengono esaltati tutti gli aspetti…con tutto l’armamentario ideologico di riferimento: da Hayek il padre del neoliberismo di scuola austriaca un reazionario ultraconservatore con mentalità da fine ottocento..(il nemico per eccellenza di Keynes ) talmente che pure Milton Friedman per certi versi suo discepolo…non riusciva a digerirne il pensiero…Hayek odiava talmente lo Stato..che auspicava la privatizzazione di tutto sino al parossismo …addirittura teorizzava la dissoluzione delle Banche Centrali ..e la competizione delle banche nel mercato che forniscono moneta nel medesimo mercato come se fosse una qualsiasi merce prodotta da qualsiasi impresa. Cioè una letterale pazzia.
Era quello che amava la competizione economica come i gladiatori nell’arena …vinca e sopravviva il più forte. Infatti amava le teorie di Darwin…e spostò il modus pensandi di Darwin all’economia…cioè in sintesi un regresso di tutti i progressi della civiltà a favore dei dei più forti. Negli anni ottanta ormai vecchio arrivò pure a sostenere che andava messo in discussione …il voto del “popolino” nel senso che chi non riusciva a raggiungere un certo livello economico..e culturale..non poteva essere idoneo ad esprimere una scelta elettorale politica consapevole….e fu Von Hayek che si complimentò con Milton Friedman ..che fu il consigliere economico (per imput Statunitense )di Pinochet in Cile…per i risultati ottenuti . Il Cile fu il primo esperimento di “neoliberismo” applicato….come lo sappiamo tutti (una massacro inaudito ). Poi inseguito Friedman..cerco di prendere le distanze dicendo che lui si era limitato a dar consigli in campo economico…ma non convinse nessuno. Vedo che in quel blog questo personaggio viene esaltato. Insomma mi lascia perplesso in quanto a “liberalità”——>>> o meglio funge bene: la liberalità dei più forti per spremere i più deboli (cioè inciviltà )…puro darwinismo. Ciao.
Ps.Io ho letto il libro “La via della schiavitù” di Hayek..consiglio di leggerlo (a chi non lo ha fatto )…è un bel libro ebbe un successo notevole nel dopoguerra…fu lo stesso libro…se non erro..che la Margareth Thatcher sbatte sul tavolo ..simbolicamente ..dicendo: basta!! è ora di cambiare…e fu lo stesso libro che Reagan…lesse e rilesse quando da giovane attore..si recava in treno a holliwood..
“quel concetto di “liberalità” mi convince poco e mi lascia molto perplesso…a tratti mi fa inorridire (e io non mi considero di sinistra anche se stravedo per Keynes…un po opportunisticamente considerato di sinistra…era un liberale anche lui ..”particolare” ma sempre liberale : un liberalismo dal volto umano…nel Keynes c’è lo spazio per la libera iniziativa..ma con i giusti paletti: lo stato minimo…in economia è un concetto errato.
Vedo che questo Movimento Libertario…esalta quel pensiero….cioè il classico schema di base ove poi si sviluppa il “neoliberismo”…
(mia opinione ovviamente ).
è proprio quella corrente di pensiero che prese il sopravento dopo che a cavallo degli anni settanta si manifestarono criticità nel sistema economico ad imprinting keynesiano (Stagflazione etc etc )…criticità che si sarebbero potute superare senza smantellare il modello economico. Ma la peggior “reazione” economica ..la spuntò…i risultati son quelli attuali: il sistema imploderà se continua in questa direzione…è quel “modello ” che fu la base ideale poi per la finanziarizzazione selvaggia…
Paolo
Faccio parlare direttamente dal vivo Friedich Von Hayek…qui verso gli anni ottanta che tratta da “ignorante ” il Keynes (nutriva un rancore immenso contro Keynes )…io i suoi discorsi me li son ascoltati tutti…(secondo me era malato di mente ) …per chi parla inglese (non ce ne son tradotti in italiano )
https://www.youtube.com/watch?v=y8l47ilD0II
qui Milton Friedman sempre su Keynes
sempre video in inglese
https://www.youtube.com/watch?v=N6RWWWjE2Rc
Friedman..era molto più aperto nonostante fosse ostile a Keynes…accettava in certe contingenze certe visioni di Keynes (il cosiddetto helicopter money che è qualcosa simile all’attuale Quantitative Easing…ed ha una caratteristica keynesiana…)
questi due “signori” qua sono sostanzialmente il “motore ideologico /economico” della sciagurata controrivoluzione neoliberista.
Tenerone Dolcissimo
Resta sempre da capire cosa intendi per neoliberismo.
Spesso si parla di progetto neoliberista per la UE dimenticando che la Thatcher massacro’ la UE al punto di perdere lo scranno di premier e gli inglesi -i piu’ liberali in europa- sono usciti dalla UE
Paolo
Ma la Thatcher…non era contro il neoliberismo (fu lei a promuoverlo con Reagan ). La Thatcher che scema non era (come noi italiani..) era decisamente contro la moneta unica Euro …e siccome l’Euro era ai primi posti nei programmi della gang europeista ..(il cosiddetto “serpentone monetario” e lo SME degli anni ottanta erano una “prova tecnica per l’Euro “..poi lo SME cadde dopo l’attacco speculativo di Soros all’Inghilterra , piegandola in un giorno…e dopo all’Italia che costrinse entrambe ad uscirne. Il fallimento dello SME avrebbe far dovuto riflettere sulla moneta unica: macchè…se ne fregarono e se ne fregarono pure degli avvertimenti di 7 premi nobel (tra cui anche il padre del neoliberismo americano Milton Friedman…che disse chiaramente che non avrebbe funzionato e che sarebbe stato un fallimento: e vide giusto..quindi anche da parte neoliberista ci fu un giudizio negativo già in anticipo …ma la gang europeista bypassò ed impianto una moneta tecnicamente assurda per diversi paesi completamente differenti come caratteristiche economiche : i risultati sono questi che vediamo…le tasse altissime di cui spesso ti lamenti…sono conseguenza della tenaglia euro..che non potendo fluttuare essendo a cambi fissi..costringe a deprezzare il lavoro per essere competitivi ed a spremere in tasse. L’austerity ha effetti perversi …. usare l’austerity per risolvere i problemi è come fumare di più come terapia al cancro..o scavare ancora di più per uscire da un fosso. Pazzia assoluta. E cio che mi lascia basito…e che ancora milioni di persone ci credono (in particolare i piddini teste di legno…gli esseri più spregevoli di questa terra ). Io non ho pregiudizi nei confronti delle persone per le tendenze politiche che siano di destra o di sinistra…ma per i piddini meglio che non mi esprima…non riesco a trovare la parolaccia giusta perché non c’è parolaccia che li descriva sufficientemente bene in senso negativo: ho un avversione totale..e un disprezzo totale.
in questo link ci sono due differenti opinioni …da una parte la Thatcher e da un altra il Prodi..
http://scenarieconomici.it/thatcher-la-profezia-avverata-la-germania-si-ritrovera-la-sua-naturale-fobia-dellinflazione-cosi-leuro-sara-fatale-per-le-economie-dei-paesi-piu-poveri/
la Thatcher aveva visto bene…
un altro che aveva visto non bene ma benissimo era Bettino Craxi..
un video di mezzo minuto…che dice praticamente tutto…
https://www.youtube.com/watch?v=0p078rg_K1I
Paolo
@Tenerone
l’Europa è un ibrido assurdo.
è a imprinting di fondo strutturale keynesiano ove in questi ultimi 30 anni hanno innestato il neoliberismo e non è ne keynesiana ne liberista..è una specie di Frankenstein ..con una moneta assurda che devasta tutto..è non è una realtà statuale però ha una Banca Centrale senza aver dietro una realtà statuale ma un macro aggregato contradditorio , …e il tutto a conduzione simil sovietica (la commissione europea è una specie di politburò ..il parlamento europeo eletto non conta una cippa (l’ultima parola è della commissione europea ). .cioè è una porcata. Ma che ci è costata cara.
Carlo Ghiringhelli
Gentile professore, a proposito della “dittatura del presente eternizzato”, per mezzo della così detta fine della storia, io ravviso una sintonia con il senso musulmano del tempo quale eterno presente di sensazioni, emozioni, passioni, rabbia, odio..
Orbene, riguardo alla concezione della storia gradirei svolgere qualche considerazione:
I) per la Grecia classica la temporalità è un ‘ponte’ (leggasi rapporto) come tanti altri (la civiltà greca costruisce ponti quali la religione dei misteri, l’arte, la scienza, la filosofia, la celebrazione dell’amore umano in quanto è ossessionata dalla distanza abissale – cioè mancanza di rapporto – tra la miseria umana/imperfezione e la trascendenza divina/perfezione), di qui il senso di leggerezza dell’essere storico (infatti la storia è solo ricerca!) e quindi non c’è l’adorazione della forza, del dominio.
II) Al contrario, per la civiltà ebraica la storia è una continuità orientata che fanno gli uomini secondo la volontà di Dio (ma gli Ebrei non si prendono sul serio!) e quindi ciò che conta è la volontà di potenza, il dominio della forza/violenza.
III) I Romani sono in sintonia con la tradizione ebraica: il principato è correlato al monoteismo; lo si vede bene con la differenza tra la visione greca della ‘polis’ associata al senso di appartenenza alla comunità, e la concezione romana della ‘societas’ intesa come alleanza, l’essere socius, ossia alleato.
IV) Da ultimo, l’elemento che dà forza ai musulmani è il senso di appartenenza alla ‘Umma’ (ma se l’unione fa la forza, allora dovremmo chiederci dove si scarica tale forza).
Auguri e grazie infinite dell’ospitalità Carlo Ghiringhelli
Paolo
Ma scusa Tenerone…io però questi presunti veri”liberali” onesti ..non ho capito dove stanno e dove siano mai stati. Vedo che spesse volte si fa una distinzione tra “liberalità” economica e “liberismo” come se quest’ultimo fosse una deviazione malata del primo….però io tutto questo distinguo non lo vedo : un sistema economico idealmente liberale..di fatto scivola nel liberismo. In un sistema economico a “Stato Minimo”..cioè ove lo Stato stabilisce le regole di fondo e non interviene mai nel nell”arena economica” cioè la cosiddetta “libertà economica ” senza le pastoie a loro dire malefiche dello Stato..perchè a sentir loro l’intervento statale “droga” la naturale e sempre a sentir loro le salutari dinamiche del libero mercato ..sempre a sintir loro ..”mercati ” che spontaneamente si autoregolano indirizzandosi al meglio (cosa non assolutamente vera ) ..di fatto un tal sistema porta sempre al darwinismo economico ..e al sopruso dei player economici più forti a scapito dei più deboli.. e alla fine saranno loro a “drogare” l’economia a loro favore (cioè il neoliberismo ) . Oltretutto in un arena economica “libera” ove rigorosamente lo Stato non interviene nel processo naturale economico..come vuol certa liberalità…in caso di crisi ciclica ,e ciclicamente le crisi economiche vengono sempre ,..l’imprenditore non può correggerla, perché nessun imprenditore per naturale tendenza investe nella sua impresa..anzi tende a licenziare ..e da li inizia un meccanismo economico perverso al negativo : l’imprenditore taglia e non investe , licenzia e non assume..e la “domanda” tende a non consumare —->>> sia i primi che i secondi lo fanno per timore ..e l’economia entra in un vortice a spirale negativa. Se invece sempre nella medesima situazione in una ciclica fase economica negativa..interviene lo Stato con la spesa pubblica..il trend negativo si interrompe. Loro lo chiamano dispregiativamente “socialismo” io lo chiamo buon senso (lo Stato può e “DEVE” intervenire ). 30 anni di Keynes dal dopoguerra in poi..hanno portato ad uno sviluppo economico e sociale mai visto in tutti i sensi infatti gli economisti (non liberisti ) lo definiscono “il periodo d’oro ” dell’economia…altri circa trenta anni di liberismo in America e tentativi ibridi di liberismo in Europa…stanno portando al disastro.Questo è un dato di fatto. E’ sotto gli occhi di tutti….la classe media “grassa” è stata frutto di quei virtuosi trenta anni Keynesiani…il processo inverso è iniziato “esattamente” con l’introduzione di politiche liberiste. Oggi negli Stati Uniti la forbice si è allargata più che mai: poveri sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi..la classe media si è atrofizzata ai minimi termini…stessa tendenza in Europa (ibrido di neoliberismo..non è liberismo vero e proprio come quello statunitense ) .
conclusione: quel sistema di tipo liberale (che però è vago …) di fatto liberismo…perché chi predica la liberalità di fatto promuove il liberismo ..non funziona. E’ un sistema funzionale al 2 % della popolazione: le èlite e i cosiddetti “renties”. Vero invece che Keynes se usato male o abusato ..porta all’inefficienza…ed ad un economia colabrodo (certo nostro meridione ne è l’esempio ) .. ma qualsiasi cosa se usata male produce effetti negativi.
Quella ideale positiva , sana , liberalità di cui parli…secondo me non esiste..
ciao
Tenerone Dolcissimo
Posso ammettere che molto del nostro benessere sia merito del regime economico misto, ma occorre anche ammettere che il disastro attuale dipende in gran parte dall’eccessiva tassazione (*) e in questo i liberali nulla c’entrano.
(*) Per delucidazioni in materia rivolgersi ai lavoratori del settore nautico che stanno in mezzo alla strada per colpa di alcuni pirla che “volevano far piangere i ricchi” e per questo hanno messo una bella tassona sulle barche
Paolo
A certo..un Paese come il nostro con una pressione fiscale uguale e identica a quella della Svezia (nelle classifiche dell’anno scorso Italia e Svezia sono allo stesso livello ) ..ma con ben altri servizi..ce li sogniamo i servizi della Svezia ..fa pensare molto. Sto pensando all’Italia che è uno dei Paesi tra i più belli al mondo…funzionante come la Svezia…sarebbe un volano per l’economia micidiale…e invece pressione fiscale altissima ..e tenuto come un cesso. Meglio non pensarci. (sono stato a Pompei due anni fa..un gioiello del genere ..ridotto in quelle condizioni: sentivo commenti di alcuni turisti americani….meglio lasciar stà… )
Paolo
Questo tema del neoliberismo…andrebbe ripreso in futuro: dopo (e con ) i piddini odio il neoliberismo con tutte le mie forze. Credo economico ributtante….la tragedia di questi ultimi 30 anni…e forse il suo vero volto..non si è ancora manifestato…spero che crolli tutto….e che il crollo ingoi con se tutto il sistema UE/euro, gli stramaledetti piddini teste di legno, e tutti i globalisti. E’la mia solenne maledizione.
buona giornata..
Paolo
rivoglio indietro la mia “italietta” con la “liretta”…poi chi ci va al potere destra o sinistra, bianchi, rossi, blu, gialli , verdi, a pallini, a cubetti, a striscioline e a sprazzi…mi frega relativamente: voglio indietro il mio Paese. Ciauuuu