
Venezuela fra incudine e martello. Ultimi aggiornamenti.
Sempre con gratitudine ed interesse, vi propongo questo pezzo dell’amico e attento osservatore Angelo Zaccaria, che ci aggiorna sull’evolversi degli eventi di questi giorni in Venezuela. A.G.
Come si poteva immaginare, la decisione del Tribunale Supremo venezuelano, di avocare a sé le funzioni del Parlamento, ha ulteriormente inasprito il conflitto in Venezuela. Senza rifare il riassunto di questo ultimo passaggio e di quelli non meno importanti che lo han preceduto, rimando agli ultimi articoli pubblicati su questo sito. Veniamo ad oggi. Dalla giornata del 19 Aprile, che ha visto le due grandi mobilitazioni contrapposte a favore e contro il governo, in poi, si susseguono scontri e tensioni.
Il 25 Aprile in conferenza stampa la Procuratrice Generale della Repubblica Luisa Ortega Diaz, ha offerto un primo bilancio ufficiale : 26 morti, quasi 1300 fermati, 62 arresti, oltre 430 feriti. Dopo tre giorni però i morti sarebbero ascesi a 29. Inoltre fonti dell’opposizione parlano di un numero di arresti molto più alto.
Le vittime mortali appartengono a entrambi gli schieramenti e c’è anche un poliziotto. Allo stato attuale é impossibile una ricostruzione precisa di tutti gli eventi. La maggior parte dei decessi pero’ non e’ avvenuta all’intero delle manifestazioni, ma ai margini o nei paraggi di esse, grazie anche all’azione di piccoli gruppi armati o ceccini non meglio identificati. Una addirittura é rimasta vittima di una bottiglia di acqua congelata lanciata dall’alto di un edificio contro una manifestazione chavista.
Non sono mancati nemmeno episodi di assalto e saccheggio a negozi, anche se per ora relativamente non troppo diffusi. Né sono mancati nuovi episodi di assalto a strutture sanitarie pubbliche, ed in particolare contro un ospedale per maternità e infanzia a Caracas, si suppone da parte di gruppi antichavisti o criminali comuni contrattati ad hoc. Episodi simili si eran già verificati per la prima volta nella primavera del 2013, durante l’ondata di scontri seguita alla elezione alla presidenza di Nicolas Maduro e relative accuse di brogli.
Sulla repressione da parte degli apparati governativi: dai video circolanti appare essere consistita soprattutto in estesi lanci di lacrimogeni e utilizzo di proiettili di gomma, senza in generale arrivare troppo al contatto diretto fra i reparti antisommossa ed i manifestanti. Questo senza negare che alcune di queste vittime siano dovute alla azione diretta della polizia, come nel caso del ventenne colpito da lacrimogeno a Caracas. In ogni caso, e tenendo conto della violenza degli scontri, sinora ho la sensazione si tratti di livelli repressivi inferiori agli standard latinoamericani storici in situazioni simili….almeno per ora. Poi noi italiani non dovremmo mai dimenticare tutto quanto accaduto a Genova durante il G8 del 2001. Questo lo dico non per sminuire l’azione repressiva in corso, ma per cercare di inquadrarla in modo più obiettivo.
Inutile stare ora ad aggiungere altri fatti, tanto il resoconto verrebbe rapidamente superato dagli eventi: nei prossimi giorni son previste altre marce e blocchi, e per il primo maggio una nuova giornata di mobilitazioni contrapposte, pro e anti-Maduro, cosa non nuova per il primo maggio in Venezuela, ma che in questo clima assume un senso differente.
Dove vuole andare a parare l’opposizione?
Come saggiamente dice il mio amico D., buon conoscitore diretto del contesto, assistiamo ad una ripresa del fallito copione golpista dell’Aprile 2002 contro Chavez, seppure in condizioni differenti e con un governo indebolito, sia per ragioni esterne che per i propri errori e deviazioni.
Lo si evince dal fatto che nell’opposizione si giochi la partita su un doppio registro. Da un lato con prese di posizione e mobilitazioni pacifiche dove si vestono i panni dei paladini della democrazia, della Costituzione e dei diritti umani contro il ”dittatore Maduro”. Dall’altro con l’uso della violenza sia di piazza che armata: assalti a istituzioni pubbliche, piccoli gruppi armati operanti in genere ai margini o nei pressi delle varie mobilitazioni. Ricordiamo che il paramilitarismo antichavista non ha mai cessato di operare in Venezuela, gia’ dagli esordi del chavismo al potere, e con un saldo di oltre 300 vittime, anche se non ho cifre aggiornate, fra la militanza bolivariana, soprattutto nei contesti rurali ma non solo. Non posso escludere che, come ripete l’opposizione, operino anche gruppi armati affini al governo, ma in un contesto del genere é quasi normale, anche se mi pare che il livello di violenza di questi altri gruppi, non sia paragonabile a quello delle squadracce di destra.
Il ”doppio registro” messo in atto dall’antichavismo, ha il chiaro intento di inasprire il clima e influenzare a proprio vantaggio posizioni ed equilibri fra e dentro i vari fattori di potere, forze armate in primis, alle quali non a caso vengono rivolti appelli quasi quotidiani a ”difendere la democrazia”.
Il rinnovato profumo di golpe, si evince anche dalla crescente preparazione della ”svolta” in Venezuela da parte del sistema mediatico globale. A meno che non si creda che il canale tv CNN in spagnolo, dedichi ore ed ore al giorno al Venezuela, perché han davvero a cuore le sorti della democrazia nel mondo. Che non sia così lo prova il fatto che CNN si guardi bene dal promuovere simili campagne martellanti contro altri paesi, in un continente dove le storiche brutalita’ del potere verso gli oppositori sono arcinote: basti pensare a Colombia o Messico.
In altre parole: i temi della democrazia e dei diritti umani non da oggi vengon manovrati sia dai poteri statali che da quelli mediatici, come strumenti di propaganda di guerra nello scontro geopolitico globale. Ovvio che la vicenda venezuelana faccia parte anche di questo scontro: si vedano i rapporti dei governi bolivariani con Cuba, Russia, Cina, Iran etc.., oppure il recentissimo annuncio del governo venezuelano di volere uscire dall’Organizzazione degli Stati Americani.
Ma il vero nodo é un altro e cioè che di questo passo l’opposizione rischia seriamente di tornare al potere senza nemmeno doverlo fare il golpe.
E qui arriviamo a dove vuole andare a parare il governo di Maduro. La mia impressione é che in caso di inasprimento ulteriore del clima e delle violenze, il governo potrebbe anche arrivare a sospendere sine die qualunque appuntamento elettorale, incluse le elezioni presidenziali previste per il 2019. Per ora si e’ ”limitato” a sospendere il referendum revocatorio, rinviare le elezioni dei governatori previste per dicembre 2016, neutralizzare in azione congiunta col Tribunale Supremo le prerogative del Parlamento dominato dalla opposizione.
Mi pare che però il governo in fondo sia consapevole che prima o poi ad elezioni di rinnovo dei vari organi i potere, si arriverà, e quindi stia puntando soprattutto sulla opzione di rimandarle il piu’ possibile, in modo da arrivarci nelle condizioni più favorevoli. A questo mi fa pensare il decreto di inabilitazione amministrativa per la bellezza di 15 anni, emesso da un organo statale di controllo ai danni del governatore dello stato Miranda Enrique Capriles Radonski, e che una volta terminato il mandato di governatore impedirà a Capriles di candidarsi per qualunque carica elettiva.
Capriles non é un leader della opposizione qualsiasi: é stato due volte candidato alla presidenza, e nell’Aprile 2013 per poco oltre 200.000 voti di scarto, non ha sconfitto Maduro. Levare di mezzo lui dalla contesa significa non solo eliminare dalle prossime presidenziali un contendente che ha già dimostrato di poter competere, ma attizzare divisioni e fratture nel fronte dei partiti antichavisti, notoriamente composito e variegato.
Non entro nemmeno nel merito delle irregolarità amministrative contestate a Capriles. Mi limito ad osservare che lo stesso furore inabilitante o repressivo, non é stato messo in atto nei confronti dei protagonisti di episodi di corruzione in area governativa. Basti solo pensare alle gigantesche truffe avvenute nel settore della vendita di dollari a tassi agevolati da parte del governo, delle quali han parlato anche ex ministri di Chavez ora critici verso Maduro.
Non voglio qui ripetere quanto scritto a riguardo in altre occasioni. So bene che le ”forzature” di Maduro sono anche la risposta ad una opposizione che gioca sporco. Oltre quanto scritto sopra si pensi anche alle varie forme di boicottaggio e sabotaggio economico. Per non parlare del contesto regionale, dai brogli elettorali sistematici in Messico, ai golpe istituzionali in Honduras, Paraguay e Brasile.
Ma resto convinto che queste forzature di Maduro alla fine legittimino la opposizione regalandole l’aureola di angeli della democrazia. Inoltre non aggrediscono i veri nodi della crisi di consenso del chavismo: inefficienza eonomica, alta inflazione, scarsità di beni di primaria necessità, corruzione nelle alte sfere del potere, sia civile che militare.
Inoltre, va bene che settori importanti della opposizione son golpisti, si veda anche l’ultima richiesta di far subito elezioni presidenziali, previste in realtà non prima del Dicembre 2018. Ma anche se il governo al contrario blocca le elezioni ai vari livelli, o ne forza troppo le condizioni di svolgimento a proprio favore, siamo di fronte ad un autogolpe istituzionale. Che almeno Maduro abbia il coraggio di dire, visto che si appella alla eredità di Chavez più volte al giorno, che se si consolida una opzione del genere si fa qualcosa che con Chavez c’entra poco o nulla. A scanso di ripetersi, Chavez criticava i limiti della democrazia rappresentativa, ma competeva in quella arena, vinceva, e poi su questa base cercava di costruire forme più avanzate e partecipative, sia di democrazia che di economia.
Se invece prima o poi ad elezioni si arrivera’, in assenza di svolte governative che rimotivino il blocco sociale bolivariano riducendo il rischio di fughe nella astensione, come scritto sopra l’opposizione può tornare al potere senza golpe né bianchi, né blandi e nemmeno di velluto.
Un ultimo punto molto importante, che stavolta non riguarda il simpatico paese caraibico, ma noi del nord.
Esiste il serio rischio che, in un panorama così confuso e di fronte agli aspetti più discutibili della azione di Maduro e del vertice chavista, nei movimenti di base italiani, gruppi internazionalisti, studenti, centri sociali etc., l’attenzione sul Venezuela, mai sinora troppo alta, cali ancora di più. Ad impedire questo rischia, pur senza volerlo, di contribuire assai poco la tattica comunicativa utilizzata dai gruppi ufficiali della solidarietà bolivariana in Italia, spesso in vario modo legati all’ambasciata venezuelana di Roma o ai consolati. Una tattica comunicativa troppo improntata alla propaganda ed alla descrizione acritica del Venezuela come paradiso del socialismo del secolo ventuno.
Una tattica comunicativa a mio avviso poco adatta ad un ambiente politico e culturale come quello dei movimenti di base italiani.
Ma detto questo, non puntare oggi gli occhi sul Venezuela sarebbe un errore gravissimo. Qui non é in gioco solo Maduro ed una burocrazia civile o militare al potere. Qui sono in gioco qualche cosa come centinaia di migliaia di persone, taluni in Venezuela dicono suppergiu’ un milione e mezzo, ed in parte preminente donne, che in Venezuela formano la base attiva e militante del chavismo, presenti nei quartieri delle periferie urbane come nelle zone rurali e nelle comunità indigene. Queste persone, nelle loro componenti piu’ attive e militanti spesso non lesinano critiche allo stesso governo, e sono queste componenti piu’ militanti ad essere già da anni nel mirino del paramilitarismo di destra attivo in Venezuela, sia di quello autoctono che di derivazione colombiana.
Se già ora con il chavismo al governo é così, lascio immaginare cosa possa accadere in caso di golpe di destra, intervento militare esterno, o scalata al potere di una opposizione inclusiva delle sue componenti più impregnate di odio fascistoide, classista e razzista. Il tutto in uno dei paesi dove la circolazione illegale di armi e la criminalità sono ai vertici mondiali: secondo dati ufficiali 21.000 morti violente nel solo 2016, delle quali oltre 4500 durante operazioni di polizia…..Un paese dove ci vorrebbe poco a cammuffare l’assassinio selettivo di militanti dentro presunte operazioni anticrimine …La Colombia é vicina al Venezuela, in tutti i sensi.
Il mio amico M., un altro che la sa lunga, dice che secondo lui in Venezuela finirà con un golpe, e sarà peggio del Cile, perché in Cile prima del golpe del 1973, morti nelle manifestazioni sostanzialmente non ce ne furono, mentre già in questi giorni in Venezuela ogni giorno muore qualcuno.
A queste persone, a questi movimenti, collettivi, militanti bolivariani, giovani, donne, che ieri amavano Chavez, ed oggi forse amano un poco meno Maduro, ma continuano a sostenerlo anche se spesso con cento mugugni, deve ora più di prima andare la nostra attenzione, vicinanza, appoggio, solidarietà.
Angelo Zaccaria, 27 Aprile 2017
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Paolo Selmi
Caro Angelo,
grazie per i tuoi aggiornamenti e per il tuo monito. Così come l’hai descritta, mi è parsa una scena “manzoniana” tipo vasi di coccio fra vasi di ferro. Che è lo scenario peggiore dal punto di vista democratico: significa che siamo a un passo da una guerra civile vera e propria. Non siamo ancora al potere che corre sulla canna del fucile, ma poco ci manca. Senza andare tanto lontano, una configurazione “maidanistica”, un copione CIA ripetuto nei decenni da Santiago a oggi, perfezionato a Kiev e riproposto oggi nel cuore dell’America Latina. A cui, ovviamente, i chavisti si oppongono come possono, riproponendo uno schema tattico-strategico desueto, prevedibile e, come purtroppo presagiscono i fatti da te testimoniati, destinato alla sconfitta. A questo punto, ti chiedo e mi chiedo: potrebbero gli eventi prendere una piega diversa se i militanti bolivariani “critici”, che come tu scrivi non sono pochi, si schierassero apertamente PRO Maduro e CONTRA Capriles, senza se e senza ma, fino alla rimessa in sicurezza dell’ordinamento istituzionale della Repubblica Bolivariana, ovviamente chiedendo in cambio la presa in carico delle maggiori istanze da loro propugnate?
Possibile triplice effetto:
1. RIPRISTNO di rapporti di forza, anche dal punto di vista puramente militante e militare, favorevoli al blocco bolivariano
2. iniezione di ENERGIE nuove all’interno di un apparato di potere evidentemente in difficoltà di gestione sia della res politica, che della res aeconomica
3. iniezione di IDEE nuove, sicuramente migliorative se non addirittura risolutive, per soluzioni a problemi cronicamente irrisolti.
Proprio ieri, a Mosca, nel silenzio generale dei media occidentali, si è tenuto il MCIS 2017, sesta edizione (http://colonelcassad.livejournal.com/3384772.html Moscow Conference on International Security). Oltre a India, Iran, Brasile, Cina, e altri partecipanti, non poteva non esserci il Venezuela: segno che il mondo BRIC è attento a quello che sta accadendo e accadrà nella giovane Repubblica Bolivariana. Il che, altrettanto ovviamente, sposta l’asticella del conflitto su scenari geopolitici non poco inquietanti. Scenari che, a mio parere, è ancora possibile scongiurare se il movimento bolivariano tornerà unito e con rinnovata spinta a esercitare, internamente, la propria funzione rivoluzionaria. Ho letto recentemente questo lavoro di Ramonet, sicuramente schierato, ma non penso troppo lontano dal vero: http://www.cubadebate.cu/opinion/2017/01/03/las-10-victorias-del-presidente-maduro-en-2016/#.WQMI99wlGMH
E, se quanto descritto risponde al vero, mai, mai e poi mai butterei via il bambino con l’acqua sporca. Piuttosto in collina, o in montagna, si sarebbe detto un tempo anche da noi.
Grazie ancora per la preziosa analisi e testimonianza e
un caro saluto.
Paolo Selmi
Valerio
C’è poco da fare: se il prezzo del petrolio non sale repentinamente, il reddito continuerà a calare, accrescendo il malcontento.
Aliquis
La butto giù un pò duro: ma, a parte gli errori di Maduro, ma se dopo il golpe del 2002 Chavez avesse messo fuori legge l’opposizione? Sarebbe stato legittimo, visto il loro fascismo. Dopotutto, anche la nostra Costituzione proibisce il partito fascista. Così ora questi criminali non potrebbero assaltare gli ospedali del popolo…..
M
Complimenti a Zaccaria, e al Professore che lo ospita, per la dovizia.
Si potrebbe augurare ai venezuelani che il grande capitale internazionale (anglosassone, scusate la mia “fissazione”) nei prossimi anni sia così impegnato altrove, a sedare le molte ribellioni in preparazione in giro per il mondo, da non riuscire a sfondare da loro.
Tuttavia, a ben vedere, proprio tale impegno potrebbe addirittura spingere gli USA ad intervenire violentemente nel Paese caraibico per espropriarlo dei suoi commerci, soprattutto se essi incontreranno difficoltà di approvvigionamento dal Golfo Persico: considerano i giacimenti dell’Orinoco come la prima grande riserva strategica di idrocarburi del loro cortile. D’altra parte quest’anno il Venezuela sta per pagare l’ultima piccola tranche del suo debito estero in dollari e quindi potrebbe ridurre la sua quota di esportazioni di idrocarburi verso gli USA, per destinarla al baratto con il resto del mondo in cambio di merci varie. Dunque la collisione con il bullo del cortile è quasi certa.
Se, invece di adagiarsi sulle esportazioni petrolifere, il Venezuela avesse già diversificato le sue produzioni, oggi potrebbe tranquillamente tollerare anche una più invadente ingerenza degli USA nella gestione dei propri idrocarburi, anche se finalizzata a foraggiare le loro guerre in Asia. Né si può addossare tutta la colpa ai venezuelani, perché anche durante il periodo di Chávez, fu proprio il grande capitale statunitense, nella sua strategia onnipresente e megalomane, ad impedire loro quella diversificazione. Né d’altra parte i venezuelani sono stati aiutati in ciò da Pechino, che oggi ovviamente conta sulla strenua resistenza di Maduro in cambio di merci cinesi di ogni tipo, proprio per creare più problemi agli USA.
Angelo Zaccaria
A Paolo Selmi….quel che dici sull’apporto del chavismo critico, farebbe parte di un bel libro dei sogni, ma la realtà non va da quella parte. Il chavismo di governo, tranne i primissimi anni, si é sempre sentito minacciato e sotto assedio, peraltro non a torto, e qs ha radicato la prevedibile idea del: ”o stai di qua, o stai di là”.
Per Aliquis…il punto che tocchi é reale…Chavez in persona in tv col crocefisso in mano subito dopo il golpe blocco’ il rischio di assalti e linciaggi contro i golpisti. Non metto in discussione ciò, ma a fronte della gravità dei fatti del 2002, forse un poco di sana repressione in più non avrebbe guastato….ma il conflitto di ora non lo avresti evitato….solo avresti mutato o posposto alcune modalità di esso.
Infine ad M…..la insufficiente diversificazione produttiva, dovuta sabotaggi e boicottaggi esterni, ma anche a gravi limiti interni, è uno dei nodi alla base dei problemi di oggi….subito dopo ci sta la corruzione, sia civile che militare.
Paolo Selmi
E allora, caro Angelo, se le cose stanno così non resta molto da attendersi di positivo.
Un saluto.
Paolo