Unità politica dell’Europa: ancora con questa storia?!

Ormai è un tormentone noioso quanto inutile: “dobbiamo farlo per l’Europa”, “ora andiamo avanti sulla via dell’Unità europea”, “E’ il momento di rilanciare l’unità d’Europa”…Ricorrentemente un gruppo di “europeisti di professione” (Giuliano Amato, Mario Monti, Romano Prodi, ecce cc.) si esercitano nel solito esercizio retorico sul tema dell’unità politica europea che giustifica tutti i sacrifici di una austerità priva di senso e di prospettive. E’ un mantra buono per tutte le stagioni ed ora ci si esercita Massimo D’Alema (Il Sole 24 ore 4 settembre p. 11). Ma questi piccoli azzeccagarbugli abusivamente assurti al ruolo di “statisti” (udite udite!) non fa i conti con una piccola verità: quello che vegliano amorevolmente non è un ammalato grave e neppure un corpo in coma irreversibile, ma un cadavere ormai in stato di decomposizione. Il disegno europeo è morto e non c’è più niente da fare.

Continuare con questa stucchevole litania serve solo a mantenere la costosa, vuota e barocca eurocrazia (Ue, Bce, Commissione Europea, Parlamento di Strasburgo, Consiglio ecc.) la cui ultima esilarante invenzione è quel tale signor “Pesc” di cui non abbiamo più notizia alcuna.

Il progetto europeo, soprattutto quello federalista, fu una grande idea molto seducente. Ma fu impostata molto male sin dall’inizio: troppo affidata alle élite diplomatiche, finanziarie, militari e politiche. Un progetto freddissimo che non è mai diventato carne e sangue dei popoli europei sempre rimasti estranei anche psicologicamente a questa costruzione astratta e senza anima.

I progetti politici, soprattutto quando aspirano alla grandezza dei grandi passaggi storici, non possono essere basati solo su freddi calcoli di ingegneria istituzionale. Costruire l’Europa avrebbe richiesto creare, prima di tutto, un’opinione politica europea, quel che avrebbe richiesto, con la dovuta gradualità, affrontare e risolvere il problema linguistico, perché non esiste nessuna opinione pubblica comune se ciascuno continua a parlare la sua lingua. Al massimo questa si concreta in un ristrettissimo bacino di classi colte, abituate a leggere la stampa in più lingue, a viaggiare, a frequentare incontri plurilingui ecc. Roba che riguarda meno dell’ 1% della popolazione. Ma si preferì non affrontare il tema, più che altro per non darla vinta alla Francia che, in quel momento poteva candidare il suo come idioma comune.

Né si pensarono soluzioni che andassero al di là di una lingua nazionale. E la fragilità del progetto senza vita dell’Europa delle cancellerie si manifestò assai presto con il naufragio del progetto della Comunità Europea di Difesa (1954). Il progetto dell’unità politica ne venne seriamente scosso e la via scelta fu quella di aggirare il problema, puntando tutto sulla costruzione dell’unità economica del continente. Fu la linea di Jean Monnet che prometteva l’unità politica come prodotto dell’integrazione economico finanziaria.

Nei decenni a venire l’unità economica fece effettivamente passi in avanti, ma parallelamente l’unità politica ne faceva indietro. Le burocrazie politiche nazionali non avevano alcuna intenzione di rinunciare al proprio ruolo ed il tema dell’unità politica era continuamente spostato in avanti mentre, nello stesso tempo, tutte le classi dirigenti nazionali facevano a gara a chi era più filo americano. E gli americani volevano una Europa unita economicamente, come proprio principale mercato di sbocco, ma assolutamente non gradivano alcuna sua unità politica, per timore che questo rompesse l’equilibrio bipolare.

La sconfitta definitiva dell’unità politica non è di oggi o di dieci anni fa, ma risale al 1965, quando la Francia restò isolata nella sua battaglia sul superamento del dollar standard e sulle ingerenze americane ed uscì da sola dalla Nato (pur restando nell’Alleanza atlantica). Il ceto politico europeo era ormai totalmente asservito agli Usa dal cui cono d’ombra non si sognava di uscire. La prova definitiva del loro nullismo politico venne un quarto di secolo dopo, quando crollò l’Urss e, con essa, la ragione stessa di esistenza della Nato: la scelta degli europei fu quella di confermare la partnership euro-americana, anzi allargarla ai paesi dell’est europeo.

L’Europa rinunciava a qualsiasi ruolo autonomo, accontentandosi di un modesto ruolo caudatario dell’Impero americano.

In nessuna delle grandi crisi internazionali avvenute dopo il crollo del muro di Berlino (I° Guerra del Golfo, Somalia, Kossovo, Afghanistan, II° guerra del Golfo e successiva occupazione dell’Irak, primavera araba, Mali ecc.) i paesi europei hanno avuto una posizione univoca ed in nessuna hanno parlato con la voce della Ue.

Soprattutto, è andato squagliandosi l’asse portante della costruzione: l’intesa franco-tedesca. L’entusiasmo per l’Euro è stata l’ultima stagione “felice” del progetto euro-tecnocratico. L’idea della moneta senza Stato era una balordaggine sin dall’inizio, ma ebbe qualche fortuna iniziale, soprattutto per il clima di euforia dei primi del secolo e per effetto delle guerre di Bush, che, deprimendo il dollaro, consentirono all’Euro di galleggiare. Poi è arrivata la crisi che ha tolto tutti i veli: la Ue è stata incapace di una gestione comune della crisi, soprattutto in riferimento al debito pubblico, ancora una volta non ha avuto alcuna voce comune in nessuno dei G20, G8 e G-quel che vi pare, succedutisi dal 2008 in poi. Ed, anzi, la Germania (tratti tutti i vantaggi politici ed economici che poteva avere dall’Unione Europea) ha iniziato a chiedersi se valga la pena di insistere o andarsene libera di navigare per i mari del mondo globale.

Il progetto europeo è finito ed invocarlo serve solo come alibi alle politiche rigoriste il cui unico scopo è garantire i creditori, anche a costo di strangolare interi popoli. Il tardo europeismo è diventato il rifugio degli europeisti tardi.

Ed allora cari eurofili, fateci un segnalato piacere: smettetela di romperci le scatole con questo asfissiante ritornello di una unità politica in cui nessuno crede più.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (26)

  • Caro Giannuli,

    concordo pienamente. E le segnalo a questo proposito la pagina dell’ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità): http://www.riconquistarelasovranita.it/.
    Un breve inciso, da tecnico se vuole: nessun problema linguistico, come dimostra la storia linguistica dell’Italia unitaria, può essere risolto verticisticamente e a tavolino. Le lingue sono fatte dalla massa parlante nel corso del tempo: imporle, modificarle, cancellarle scientemente sulla base di un progetto politico è operazione destinata a fallire miseramente. Sarebbe come se l’uomo si mettesse in testa di soggiogare gli oceani. Il mare, come la lingua, c’era prima di noi, c’è adesso e ci sarà ancora a lungo dopo la nostra morte.
    Altra cosa è una intelligente politica linguistica aperta alla pluralità e alla diffusione del plurilinguismo nella popolazione nell’ambito di una generale e rinvigorita campagna di scolarizzazione, cosa sacrosanta e possibilissima come mostrano diversi casi nella storia come anche nella contemporaneità. La Svizzera, per esempio, ne è una prova.

  • Quindi la sua soluzione qual è, che cosa proporrebbe? Andarsene definitivamente ognun per se come nanetti verso il mondo così iper-globalizzato o cercare di ripartire da dove si è sbagliato – cioè dall’inizio – e quindi sul piano culturale (e quindi politico)? Affrontando quindi il problema di lingua, identità e ancor più opinione pubblica.
    Io propenderei per questa seconda ipotesi, per quanto utopica (ma era utopica anche l’idea stessa di un’Europa senza guerre dopo secoli di conflitti armati nel cuore stesso del continente, e ci siamo arrivati, con l’eccezione dei Balcano occidentali).
    Penso che l’idea di Altiero Spinelli mantenga intatto tutto il suo fascino.
    Cordialmente, saluti

  • In altre parole, a mio avviso la questione non come uscire dall’Europa (anche perchè fisicamente ci siamo dentro per cui sarebbe comunque impossibile) ma crearne una su basi diverse, o per lo meno lottare per farlo.
    E la prima mossa sarebbe quella di tagliare il cordone ombelicale con l’ingombrante “alleato” di oltreoceano. There are no alternatives.

  • Musica per le mie orecchie… allora la Sinistra ancora sopravvive…

    Chissà, caro Professore, se in queste settimane si formerà una resistenza di Sinistra pronta a denunciare il fake attuale e, al limite, la propria responsabilità storica del tradimento del proprio elettorato e dei propri militanti propugnando ideologie politicoeconomiche di destra.

    La destra sociale (quella nell’orbita pdiellina) pare si stia attrezzando per giocarsi l’opportunistica carta di denunciare la verità su UE ed Euro.

    Così come nel resto d’Europa: le destre nazionali si stanno muovendo per denunciare il golpe europeo e la restaurazione altoborghese che sta distruggendo il welfare state e le socialdemocrazie europee.

    La “sinistra atlantista” europea, con il piombo nello stomaco, accetta il genocidio economico e culturale della culla d’Occidente nel vergognoso silenzio, dove le responsabilità umane e morali degli individui che, nella loro scalata sociale, hanno fatto dell’orgoglioso grande elettorato europeo un esercito di lemmings. I Dalema, i Prodi e tutti coloro che in Europa hanno tradito il proprio mandato in nome dei Valori di sinistra ma per conto del DioDollaro verranno consegnati alla Storia.

    Temo, dopo questo “nazionalismo tinto di rosso”, una verace reazione di un “socialismo tinto di nero”: trovo assolutamente angosciante quando le “cose giuste” vengono pronunciate dalle “persone sbagliate”.

    Con stima.

  • mah condivido gran parte degli argomenti, dato che la politica diplomatica dello stato nazionalista tende a collocare lo stato in questione in un orbita relazionale che tende allo scazzo col vicino, una versione in grande stile delle beghe di quartiere che facilita grandemente le pratiche di dividi et impera degli attori politici con tendenze alla monopolarità. se poi ci mettiamo in mezzo l’ingrediente “bipolarismo”, che caratterizza la vita politica degli stati in questione, la cosa diventa ancora più buffa, dato che non sono stati pochi i casi in cui i popolari i socialdemocratici si sono avvicinati in modo imbarazzante a usa o urrs con l’intento dichiarato di avvantaggiarsi sulla parte politica quando non peggio. mi viene in mente ad esempio strauss kahn mami fermo qua.
    più che altro, appunto per questo ragionamento, ho una certa paura a considerare un europa senza ue. le politiche economiche tese all’odio per il vicino già ci sono, la retorica razzistoide pure, le lingue sono diverse: mi sembra che in un terreno del genere la prospettiva di una guerra in europa sia assolutamente probabile,considerata anche la storia contemporanea.
    giusto constatare che l’europa è morta per i contrapposti nazionalismi, ma appunto per questo motivo non so se sia il caso di esultare per il trionfo dei nazionalismi in questione.
    io credo che i vari letta e dalema direbbero le cose anche senza la ue, dato che le dicevano pure prima. direi al massimo che sono un pò come quegli amministratori che orgnizzano la differenziata in modo talmente bizantino da rendere odioso il concetto di raccolta differenziata tra i cittadini: sembra che dietro una falsa condivisione si celi un odio sadico per le pratiche della raccolta, e lo stesso sembra avvenire per le istituzioni europee che in effetti sono probabilmente viste come ingerenti rispetto alle prerogative dei politici eccetera. in questo contesto, sebbene gli argini che la ue ha messo nei confronti dell’egemonia neoliberista siano in effetti ridicoli, se tanto mi dà tanto, quelli che potrebbe mettere in campo il caro vecchio nazionalismo sarebbero ancora più ridicoli e controproducenti, dato che abbiamo una classe dirigente caratterizzata da habitus feudali

  • Non so se la soluzione che Giannuli immagina sia questa ma personalmente ritengo sia meglio uscire adesso dall’Unione Europea sulle nostre gambe piuttosto che strisciare in cerca di riparo come tutti gli altri popoli periferici sarebbero costretti a fare (ma il problema sussiste anche per la classi sociali lavoratrici nei paesi centrali, Germania su tutti) all’indomani dell’implosione dell’Eurozona costruita unicamente sul dogma liberista e marginalista dell’Euro.

  • Impeccabile prof. Giannuli.

    Altrettanto impeccabile e, purtroppo, inquietante, il commento di SantiNumi.

    Questa idea posticcia di “grandezza comunitaria” senza presupposti politici e culturali, ed infine economici, perchè non vi erano in partenza e perchè nessuno in seguito si è preoccupato di costruirli con onestà intellettuale, tranne il potere finanziario che ha colonizzato ed infine ha sussunto le istituzioni comunitarie stesse [ il prof. Bruno Amoroso ha scritto a proposito di Draghi una affascinante cronistoria di come si arrivi a diventare presidenti della BCE passando attraverso l’aver concorso a truccare interi bilanci di stati per conto di Goldman Sachs. Per questo si viene premiati all’interno di istituzioni comunitarie fondate non su cooperazione e collaborazione ma su concorrenza tra partner, che già è una contraddizione in termini, e libera circolazione di merci capitali e servizi ] è stata in realtà una brutta forma di “nazionalismo tinto di rosso”.

    Tutto questo processo è stato una “grandezza nazionale” ricercata attraverso il diventar parte di istituzioni politiche e monetarie “più grandi di sé stessi”; sostituendo qualsiasi valutazione qualitativa sulla nostra democrazia ed anche sulla salute della nostra economia con valutazioni meramente quantitative sulla grandezza dei mercati dei quali si era e si è parte.

    Come negli anni ’30, per diventar “grandi”, ci disse un tale, avevamo bisogno di espanderci in Africa, e abbiamo mandato i macellai Graziani e Badoglio a gasare con l’yprite libici ed Etiopi, ed abbiamo impiccato l’eroe Omar al-Mukhtār per fondare un impero fatto di cartapesta e sangue, così negli ultimi 25 anni tutti i nostri politicanti ci hanno raccontato che per essere grandi abbastanza da non aver paura della Cina, avevamo bisogno di diventare parte di un nuovo grande impero europeo fatto di europei.
    Parole vuote a mascherare volontà di potenza ed aspirazioni di grandezza che contenevano in realtà molti pregiudizi fascisti.

    Poi però si è capito che gli imperi non sono mai democratici.
    Ed oltretutto le nostre classi dirigenti han scoperto di colpo di aver fatto male i propri conti; stan capendo di colpo che dell’impero nel quale ci hanno infilati eravamo la periferia e non il centro.
    Anche il PDL e berlusconi, insieme a Confindustria, in tutto questo hanno sguazzato allegramente prima di esser colti dal dubbio di essersi fregati con le proprie stesse mani.
    Ma su tutto questo il centrosinistra pare, invece, disposto ad impiccarsi definitivamente.

    Il disfacimento di tutta questa malsana opera degli “europeisti tardi” ( di comprendonio ) rischia terribilmente di sfociare in atroci forme di “socialismo tinto di nero”. Basti vedere le dimensioni delle basi elettorali che hanno alle proprie spalle Marine Le Pen o Alba Dorata…

    Come già in passato.
    L’Europa, realtà storica sociale e culturale, della quale da sempre abbiamo fatto parte a pieno titolo sia nel bene che nel male e della quale in ogni caso continueremo ad esser parte, indipendentemente dalla fine che farà il morto che cammina denominato UE, ( l’UE per come la conosciamo è una costruzione economico-giuridica statualizzata nella forma presente nel 1992 col trattato di Maastricht ) ha purtroppo una bruttissma tendenza consolidata dalla storia: uscire a destra dalle proprie più gravi crisi politiche ed economiche, e superare il dominio di queste destre quando si finisce a raccogliere i cocci dell’ennesima guerra…..

    Tutto questo potrebbe e dovrebbe essere fortissimamente criticato da sinistra.
    Alle elezioni che potrebbero essere temporalmente vicine, invece, è altissimo il rischio che di questi argomenti si appropri la medesima destra leghista-berlusconiana, che col vincolo esterno dell’€ e l’infondatezza politica della UE, ci ha sguazzato per 20 anni tanto quanto il centrosinistra.
    Una destra che magari finirà per traghettarci fuori da tutto questo senza però traghettarci fuori da quell’atlantismo che adesso vuol andare a bombardare la Siria e domani l’Iran, e che arriverà magari a rimettere in discussione la balordaggine che non poteva funzionare della moneta senza stato, ma mai e poi mai arriverà a mettere in discussione ciò che altrettanto disintegra le classi lavoratrici e i ceti economicamente subalterni, cioè i mercati comuni e le libere circolazioni di capitali senza governo e controllo pubblico e politico. Tutti strumenti che servono solo a mettere le classi lavoratrici le une contro le altre su basi nazionali, in un tremendo gioco al ribasso sui costi.

    Se da sinistra non si contestanto l’infondatezza politica della UE, l’insostenibilità economica dell’€ ed il contenuto ferocemente classista del liberoscambismo economico e si lascia campo completamente libero alla destra di monopolizzare e strumentalizzare tutta una serie di verità oggettive sull’insostenibilità della situazione presente, siccome l’edificio CADRA’ COMUNQUE, ne usciremo con nazionalismo, col blocco delle frontiere non solo per i capitali ma anche per le persone, con l’autarchia invece che con un po’ di protezionismo ben temperato, ed in poche parole consegnandoci a dei governi fascisti.

    Mala tempora currunt.

    Per la destra che bercerà contro l’€ non voterò mai, neanche sotto tortura, neanche senza adesione ideale ma solo per motivi contingenti e transotori.
    MAI, in nessun caso.
    Però neanche muoverò un dito per salvare il fondosciena a piddini e sellini vari, con tutti gli “europeisti tardi” al seguito, che in campagna elettorale verranno passati al tritacarne dai vari Claudi Borghi o Alberti Bagnai che magari dalle parti della destra nostrana avranno trovato le proprie sponde politiche.

    E per chi ci crede, che Iddio ce la mandi buona…

  • Oggi ho fatto il 4° viaggio da pendolare NA-RM-NA usando diversi mezzi pubblici tutti diversi ed eterogenei quanto a comodità e civiltà ed è qualcosa di semplicemente assurdo che in uno Stato in teoria civile e di diritto si passi da carri bestiame a treni superveloci per poi ritrovarsi in metropolitane che una sì e una no sembrano provenire dal Botswana. L’UE è il nostro futuro, non siamo riusciti finora a fare niente forse dovremmo riprovarci.
    Quanto poi alla lingua mi sembra un discorso che non tiene: uno si sente appartenente ad un Paese o ad una Federazione di Paesi se ne è orgoglioso, se cioè riesce all’interno di esso/essa a realizzarsi come uomo. Ora l’Italia non ha queste caratteristiche: politici corrotti, Stato assente (sanità, scuola, ricerca, in macerie, controllo del territorio in molte zone assente, giustizia scandalosa, produzione del diritto “all’italiana”, etc. etc.), fiscalità rapace, ingiustizia sociale (fermezza contro i deboli e debolezza contro i forti). Secondo voi se tutta l’Europa ci facesse il piacere di mettersi a parlare italiano oppure di contro gli italiani parlassero correntemente tutte le lingue dell’Unione ci sentiremmo più europei?
    Diciamo pure addio all’Unione Europea, diciamo pure addio all’ultima occasione di raggiungere lo stesso livello dei Paesi dove le cose funzionano e di diventare tutti insieme una potenza mondiale.

  • Veramente, non credo che il progetto di unificazione europea sia fallito sul problema delle lingue. Non che non sia consapevole dell’importanza di condividere la lingua, ma nessuno si è ancora spinto oltre un progetto federalistico che non implicava certo la comunanza linguistica. Del resto la Svizzera è la dimostrazione che si può convivere in uno stato federalista preservando un certo spirito nazionale.
    La verità è che approfittando degli strumenti che i sinceri europeisti avevano sviluppato per dare gambe al progetto europeo, soprattutto dall’inizio degli anni novanta i poteri economici europei hanno deciso di appropriarsi definitivamente e nella sua totalità del progetto europeo. Secondo me, se trenta o forse anche solo venticinque anni fa, si fosse lanciata una campagna europea sul piano culturale, qualcosa di seriamente federalista si poteva ottenere. Ciò che nei fatti è invece successo è che invece di avere una costituzione europea, abbiamo un trattato interstatale che ricorda gli statuti benevolmente promulgati dal sovrano di turno. In questo passaggio, fu chiaro a chi non aveva il prosciutto sugli occhi che il progetto europeo si era ormai arenato.
    Aver fatto finta di niente per circa venti lunghi anni, fingendo che andare avanti con l’europa fosse puramente una questione di buona volontà, può davvero avere conseguenze tragiche quali la fine dei conflitti militari intraeuropei.
    Faccio sempre l’esempio dei matrimoni falliti, in cui la condivisione dei due conilitigiosi dell’ineluttabilità del divorzio, rappresenta la migliore via d’uscita, mentre il costringersi ad una convivenza ormai non fondata su una comunanza di interessi e di volontà rappreesenta al contrario un pericolo costante di litigi anche cruenti.
    Il separarsi tra gli stati europei è, dobbiamo essere realistici, il male minore, il migliore antidoto contro conflitti armati.
    Dopo, a distanza di tempo, quando le recriminazioni reciproche si saranno sufficientemente acquitate, allora si potrà ripartire col progetto federale europeo, facendo augurabilmente tesoro delle esperienze fallite.

  • Una affermazione che mi sento di voler contestare è che il progetto europeo sia sfuggito di mano a politici precedenti all’epoca presente, assolutamente ben intenzionati negli ultimi 20-25 anni.

    Secondo me questa affermazione è gravemente ingenua.
    Se le intenzioni di Rossi e Spinalli, confinati dal fascismo a Ventotene, era quella di creare una casa per i popoli europei che, fondata su principi di più profonda condivisioni, si lasciassero finalmente alle spalle secoli di guerre, allora l’intenzione era sicuramente positiva.

    Ma la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, è un conto è coltivare una aspirazione tanto bella e tanto giusta, un conto è avere idee precise su come realizzarla, un conto è quali concreti spazi di agibilità politica ci siano per mettere d’accordo interi stati in maniera democratica ( stati che hanno interessi in buona parte divergenti se non confliggenti, come le singole classi sociali all’interno dei singoli stati ) circa la reciproca convenienza nel portare avanti simili progetti.

    E sulle ultime due questioni Spinelli o non aveva idee o ha scritto fanfaluche, e oggi con questo dato di fatto bisognerà pur che cominciamo a fare i conti con un minimo di obiettività.

    Il prof. Giannuli ha calcato la mano sul fatto che non c’è mai stata una volontà coesa di dare all’Unione Europea una identica politica unitariamente definita rispetto al resto del mondo, che non abbiamo mai veramente voluto darci una politica estera comune, che un pochino ci ha provato la Francia ad avviare questo processo quasi cinquanta anni fa ma tutti son stati ben felici di sabotare quel tentativo iniziale.
    Oltre a tutto questo, invece che costituire un polo geopolitico autonomo rispetto all’atlantismo al servizio degli USA e del suo imperialismo rispetto al resto del mondo, l’UE ha proprio avuto lo scopo di impedire che questo necessario polo geopolotico nascesse.
    Ed ha insistito nel realizzare questa forma di ostruzionismo anche quando gli spazi per poterci riuscire erano diventate praterie sterminate e non occupate, dato che caduto il patto di Varsavia, oggettivamente, non c’erano più sostenibili motivazioni a sostegno dell’esistenza della NATO, o almeno del fatto che a nostra volta dovessimo farne parte.
    Altra affermazione sacrosanta.

    Oltre a tutto questo però bisognerebbe tener conto del fatto che a parte qualche generissimo proclama di massima da sventolare davanti al naso dell’opinione pubblica per far sembrare popolare un accordo tra elite finanziarie e classi industriali, già nel 1957 il trattato di Roma che seguiva la costituzione della comunità europea dell’acciaio e del carbone, si fondava tutta su quattro principi fondamentali:
    1) libera circolazione di capitali
    2) libera circolazione di merci
    3) libera circolazione di servizi
    4) libera circolazione di persone

    E se da un punto di vista di civiltà ed addirittura di sinistra può piacerci il punto 4, perchp ogni persona ha diritto di potersi muovere per andare a cercare qualcosa di meglio rispetto alle proprie condizioni e aspettative di vita, bisogna mettersi in testa che alle classi lavoratrici ed economicamente subalterne, dai primi 3 principi, non ne viene e non ne può venire niente altro che danni, perchè quei principi sono le premesse del dumping sociale ( e delle sistematiche esternalizzazioni aziendali conseguenti alla piena libertà del capitale di spostarsi senza pagar dazio la dove è più profittabile il saggio di sfruttamento, cioè dove la manod’opera costa di meno e la legislazione permette di trattare peggio i dipendenti ) che è esploso negli ultimi 10 anni.

    Già nel 1957 si parlava di priorità in politica economica comune nel controllare la crescita dei prezzi, cioè lotta sistematica lotta all’inflazione, cioè rinuncia a praticare politiche che perseguissero la piena occupazione ( ciò che invece ci sarebbe convenuto ), cioè politiche deflazionistiche che comprimessero il costo del lavoro e quindi i nostri stipendi.

    Già nel 1957 pensarono i politici europei pensarono ad una bella moneta unica che favorisse la realizzazione di tutte questa cose ( cioè interessi del grande capitali, non certo la solidarietà tra i popoli ed interessi popolari ) e commissionarono uno studio al professor Meade ( anni dopo Nobel per l’economia ).
    Meade disse “non fatelo, non sarebbe politicamente sostenibile, potrebbe stare in piedi solo se fossero politicamente e socialmente sostenibili fenomeni migratori di massa all’interno dell’area della moneta unica”.

    Cioè macelleria sociale, e persone costrette a far la valigia e andarsene.
    A livelli massivi.
    Non se la sentirono di farlo perchè avevano paura che politicamente gli sfuggisse di mano.

    Dissoltisi però i partiti comunisti e quindi un contraltare agli interessi dei grandi capitali, 30 anni dopo, l’anno fatto.
    E partendo da cosa.
    Dal “socialista” Jacques Delors che sega la scala mobile ai lavoratori francesi dando il via alla giostra della “sostenibilità” della moneta senza stato facendo la cosa più rapida ed efficacia per imporre il controllo dei prezzi: fare in modo che la più parte delle persone non abbia da spendere!
    Contemporaneamente fanno altrettanto in Italia da Craxi ad Amato che finisce l’opera 8 anni dopo Craxi sfruttando la scusa della crisi del 1992.
    Poi però arriva il “socialdemocratico” Schroeder che fa la stessa cosa meglio di tutti gli altri e noi adesso stiamo pagando il prezzo.

    Ma il progetto, economicista e tutto rivolto alla tutela di interessi elitari, ERA BACATO IN PARTENZA.

    Quindi smettiamola di sventolare il santino di Spinelli; qua quello che è stato fatto non era politicamente sottoscrivibile e sostenibile già a partire almeno dal 1957, quando Spinelli era ancora vivo e vegeto, ed al di la delle sue belle aspirazioni astratta non se ne accorse minimamente o fece mostra di non essersene accorto ( mentre il PCI in molte sue componenti era invece molto critico ), a dimostrazione del fatto che o era un politico mediocre oppure gli andava benissimo la realizzazione di un progetto politico elitario ed antipopolare e sapeva che per riuscirci bisogna dargli una verniciata di malinteso “internazionalismo”.

    Oggi dobbiamo capire che la solidarietà internazionale tra lavoratori NON si costruisce mettendo i lavoratori in direttissima e più efficace concorrenza reciproca, e dobbiamo capire invece che FIN DAL PRINCIPIO l’UE è servita, e su quelle basi poteva servire, SOLO A FARE QUESTO.

  • Aldo sei un farabutto.
    A combattere la guerra dei trent’anni ci tornate tu e tutti i tuoi soci che ancora sperano nelle sorti gloriose e progressive degli Stati nazionali.
    Per il resto è sconsolatamente vero ciò che scrivi e dunque? Nel mondo globale vogliamo fare la rivoluzione (o anche una più modesta riformina) nel granducato di Milano? Ci basterà come orizzonte?

    Affettuosamente.

  • Personalmente provo letteralmente disgusto di fronte all’atteggiamento di una determinata classe politica, la Lega in particolare. Di esempi di stati federali nel mondo ce ne sono in abbondanza, dagli USA alla Svizzera, passando per la Germania e tutti, prima ancora di essere Texani o Bavaresi, sono orgogliosi di essere AMERICANI e TEDESCHI. Fiero di essere ITALIANO, Viva l’Italia.

  • @Boria
    Lei dice molte cose ragionevoli e condivisibili, ma è l’impostazione che mi sembra sbagliata.
    Una cosa è introdurre i quattro principi che lei elenca, nel 1957, in una situazione storica influenzata da un passato di conflitti intraeuropei, una cosa è commentarli oggi.
    Nel lontano 1971 mi ricordo di essermi recato a Londra senza bisogno di passaporto, bastava già allora la carta d’identità. Questa è vita delle persone, non è un’idea che ci attira, è concretezza vitale.
    In sostanza, non dobbiamo fare il classico errore di parallasse, di giudicare il passato con le lenti dell’oggi. Allora, io ne sono tuttora convinto, quei principi furono una benedizione per i popoli europei, e non è un caso che nessun disastro avvenne allora nella loro applicazione concreta, tutt’altro.
    Non v’è bisogno alcuno di ritrovare l’errore nel lontano 1957, perchè allora fosse anche la stessa iniziativa, la cosa funzionò.
    La vicenda della “non-costituzione europea” è stato il punto di discrimine, da allora doveva essere chiaro a chiunque non fosse ben più che distratto, che l’europa federalista era un progetto fallito, non più praticabile all’interno di quel quadro istituzionale. Forse sarà anche vero che il progetto fosse sbagliato dall’inizio, ma quello che si fece in nome di quel progetto ci ha aiutato, non danneggiato, solo dagli anni novanta ha iniziato a danneggiarci: non è questo il punto che conta davvero, a che serve occuparsi della praticabilità in linea di principio dei progetti proposti? Abbiamo davvero bisogno di buttare a mare l’intera esperienza delle forme di unificazione europea per prendere una decisione adeguata oggi? Io non lo credo, giudichiamo piuttosto le cose nel loro contesto storico.

  • @Vincenzo Cucinotta
    “i sinceri europeisti”? C’ha dell’ossimoro…
    Chi ama l’Europa non credo si possa essere “europeista”.
    Almeno che non si voglia constatare che il “Sogno €uropeo” sia stato il più grande tradimento delle “sinistre” europee a danno dei lavoratori e a danno dei popol(I) (plurale) europei.

    @Alberto
    Commento arguto! UE = Europa. Neanche i miei nipotini…

    @Mirko S.
    Puoi tranquillamente migrare in Germania e trovarti un fantastico “mini-job” (oppure a mungere in qualche allegra fattoria australiana)

    @Que se vayan
    QUESTA è una guerra lampo che ci sta distruggendo: nella mia tassonomia sei un collaborazionista e il tuo “cosmopolitismo” è “feudalesimo globalizzato”. Ma noi siamo così provincialotti! Eh sì, grandi ideali… la palingenesi… beati voi!

    @Cruz M. Manning
    Guarda che l’identificazione Patria = Nazione è ideologia fascista. Giusto per mettere i puntini sulle i.

    Professore! Come la vedo male!!

  • Signor Vincenzo, che vuole che le dica se non un “ni”, finchè ragioniamo in termini astratti, ed un “no” nel momento in cui scendiamo nel concreto?

    Guardi che come ho già specificato, nei vari principi di libertà di movimento, io ritengo che la libertà di movimento delle persone che mi cita dicendo quanto fosse meglio già negli anni ’70 potersi muovere senza passaporto ( come scelta, non costrizione a carico di chi ha avuto la disgrazia di nascere in un paese periferico la cui economia sia stata sbriciolata e si trovi quindi costretto ad emigrare, alla ricerca di mezzi per sopravvivere ) fosse l’unico elemento sottoscrivibile e difendibile da sinistra ed in generale da un punto di vista di progresso e di civiltà.

    Il resto no.
    Le contraddizioni sono esplose in tempi recenti?
    Vero, ma fino a quando ciascuno aveva le proprie banche centrali e la propria politica monetaria autonoma e tarata sulle necessità del proprio paese ( e di conseguenza anche vere politiche fiscali, autonome, politiche industriali non dettate dalla necessità di arginare squilibri strutturali intraeuropei in bilancia dei pagamenti etc. ) l’UE stabiliva una serie di norme di indirizzo, finanziava qualche progetto, al massimo stabiliva in maniera poco sensata l’entità delle quote latte, ma nessun paese era realmente “COSTRETTO” a praticare predeterminate politiche dettate dall’alto, per via ademocratica, e socialmente distruttive al proprio interno.

    Da Maastricht in qua invece son stati sistematicamente introdotti vincoli cogenti, sempre più stretti, poco o per nulla sensati ( o molto in malafede ), e tutti orientati a favorire determinati tipi di operatori economici ai danni di altri, così come a favorire la concentrazione di capitali in determinati paesi invece che in altri.

    Quello che io ho detto è che dato un impianto, sia istituzionale sia a livello di indirizzo politico, che da Maastricht ad oggi non è stato cambiato rispetto a ciò che era già nel 1957, ma solo reso cogente, non era difficile capire che arrivare dove oggi ci troviamo fosse una prospettiva semplicemente inevitabile.

    Poi sono sempre d’accordo con un’altro principio esposto in un suo articolo di qualche mese fa, sempre dal prof. Giannuli, che così si potrebbe riassumere: “abbiamo fatto la frittata di una UE a-democratica e la sciocchezza di una moneta senza stato? Tutto questo non può funzionare e bisogna pensare a come cavarsene fuori, essendo consapevoli che fuoriuscite o sganciamenti unilaterali e non coordinati sarebbero estremamente pericolosi e dagli esiti imprevedibili, soprattutto se a guidarli fosse la destra berlusconiana, ed in ogni caso la classe politica italiana al momento è composta quasi solo da fedeli esecutori di ordini della BCE e quindi nessuno neanche ci proverebbe. Ora dobbiamo pensare a come gestire una transizione, ordinata, concordata e che richiederà tempo. E far capire alle persone che questo è necessario e inevitabile anche se di certo non lo è sulle basi demagico-pupolistiche che berlusconi si sta preparando a cavalcare”.
    [ l’articolo era questo, ed il senso generale, spero di non sbagliare, ma mi pare proprio di aver capito fosse quello che ho esposto: http://aldogiannuli.it/nuovotest/2012/06/berlusconi-propone-di-uscire-da-euro/ ]

    Oggi dobbiamo concretamente fare i conti con una frammentazione che è nei fatti e non si può ricomporre con lo scotch perchè ormai è troppo profonda. Dobbiamo fare i conti con il fatto che la Merkel, un anno fa, è andata in Grecia e ha avuto bisogno di una scorta armata composta da 7000 militari mentre la gente bruciava bandiere con la svastica in piazza e fantocci della cancelliera stessa vestita da SS, cosa che non sarebbe MAI accaduta 30 anni fa, quando pure il ricordo della occupazione nazi-fascista della Grecia era più vicina nel tempo e nella memoria, ma non avevamo ancora commesso la sciocchezza di volerci “unificare” dandoci quell’elemento tremendamente divisivo che è stato la moneta unica.
    Oggi questo è il contesto e dobbiamo valutarlo per quello che è, senza il filtro ideologico delle nostre aspirazioni ideali e dei nostri bei sentimenti.
    Non c’è verso di metterci una pezza forzando in qualche modo una svolta secca federalista, coi bilanci in comune e tutto il resto.
    Primo perchè la Germania dovrebbe dirittare verso il Sud Europa circa il 10% del proprio PIL ( il calcolo lo ha fatto l’economista francese Sapir ) e non accetterebbe MAI di farlo, in secondo luogo perchè non ci sono i pressuposti per una simile unificazione politica non esistendo una opinione pubblica condivisa, senza la quale non si potrebbe avere un governo politico comune se veramente si vuole che, detto governo, sia anche democratico.

    In Italia la gente pensa che il PSE sia di sinistra, santo cielo, ma di cosa stiamo parlando?????? L’SPD vuole indietro i crediti tedeschi con addirittura maggior livore della Merkel, ed anche il Pasok è dentro il PSE, così come Hollande che scalpita per andare a bombardare insieme agli ammeregani.
    Ma di cosa stiamo parlando??????

    Qua bisogna gestire una disgregazione che è già nei fatti, poche storie!

    Che poi un processo di unificazione sarebbe stato una bella cosa….sottoscrivo.
    Vogliamo ricominciare da capo a partire da domattina?
    Ci sto, ma mettiamoci in testa che bisogna partire dalla scuola e che ci vogliono 30-40 anni di tempo a condizioni che tutte le volontà politiche dei vari paesi siano in buona fede e vadano tutte nella medesima direzione ( buonanotte… )

    Una forma di unificazione monetaria, o una forma di costituzione di area di reciproci rapporti privilegiati e di commercio, potrebbe aiutare?
    Si, nella forma data ad ALBA in Sud America penso di si.
    Ma si legga i principi dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe: sono principi resi tecnicamente non solo impraticabili ma proprio illegali, dai trattati comunitari:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Alleanza_bolivariana_per_le_Americhe

    Per trasportare quel modello in Europa, secondo le regole comunitarie, mutando tutto l’assetto istituzionale, dovrebbe esserci il consenso unanime di tutti i paesi membri.
    Togliamocelo dalla testa, non c’è e non ci sarà mai.

    Qua al massimo si può gestire uno sganciamento per vie concordate ed il meno traumatiche possibile, nel giro di qualche anno, nel nome del principio di una minimizzazione dei danni che vada a favore di tutti.

    Se vogliamo parlare di politica è così, anche se è spiacevole.
    Poi per carità, possiamo invece anche scegliere di parlare di sogni.
    Ma i sogni non danno da mangiare ai disoccupati.

  • Guardi, sig. Enea, che non deve faticare a convincermi, visto che, come lei gentilmente testimonia, dico queste cose da tempo.
    Il mio unico punto di dissenso con lei non si riferiva al presente, su cui mi pare concordiamo su tutta la linea, ma sulla sua determinazione a gettare alle ortiche l’intero processo di costruzione europea, come ho tentato di argomentare nel precedente intervento.
    Non confondiamo tuttavia la libertà di movimento delle persone con l’emigrazione per lavoro, questa è avvenuta indipendentemente dalla costruzione della comunità europea, tant’è che ha riguardato e riguarda ancora un po’ tutte le nazioni, ed anche in Europa, vi furono imponenti emigrazioni verso Belgio e Francia già nel primissimo dopoguerra, quando di trattati non si parlava ancora.

  • Ha parlato il grande professore “SantiNumi”. Complimenti, mi presenti i suoi nipotini, mi ci divertirò di più che a discutere con lei. Cordialmente, complimenti.

  • Le cose giuste e le persone sbagliate? il socialismo nero e il nazionalismo rosso… quanto è oscura questa tassonomia che mi vede classificato tra i traditori.

  • Senza la prospettiva di una politica fiscale comune, l’Europa non ha senso e quindi credo che l’unica alternativa sia il ritorno alle monete nazionali: preferiamo questo?

  • @Alberto @Que se vayan

    Perdonate il tono provocatorio: ma la Sinistra si deve svegliare.

    E’ grave, davanti all’evidenza storica, non aver capito quali sono gli unici dogmi ideologici dietro l’UE e l’UEM. L’oscurità c’è solo per chi non vuole vedere.

    Sproloquiare di Marx e praticare Hayek mi fa rivoltare la pancia.

    Sono stufo di vedere vilipesa la mia cultura da chi soffre di nanismo umano e culturale.
    Con tutto il rispetto.

  • @gae

    La politica fiscale comune è possibile solo tramite annessione, come hanno fatto gli Yankee al grido del riscatto degli schiavi.

    Anche in tal caso in Europa non sarebbe possibile: i Tedeschi per pochi Euro stanno causando un genocidio in Grecia. Figuriamoci se i contribuenti nordici compenserebbero gli squilibri con trasferimenti dell’ordine di grandezza come negli USA (fino al 30%).

    Saremo felici di diventare un serbatoio di manodopera low-cost per la Baviera come lo è diventata prima di noi la Germania dell’Est.

    Il trattato di Maastricht (e figliastri) e il vincolo della moneta unica come prima quello dello SME, sono stati concepiti con l’unico obiettivo di disciplinare i sindacati, svuotare il contenuto democratico dalle Carte Costituzionali e depredare gli stati nazionali (questi orrori vetusti e demodè!).

    Proletari di tutto il mondo unitevi! Sì, sotto la corona cosmopolita dell’alta finanza.

    Quindi, giustamente, UE e UEM vengono rivendicati con orgoglio dalla “sinistra”.

    Cosa sarà mai questo “nazionalismo rosso”?

    (Come afferma un caro intellettuale: in caso di macellerie sociali, un grembiulino rosso dà meno nell’occhio…).

  • Uno dei tanti punti della pseudo cultura politica ddesinistra italiana che non riesco più a sopportare è il ricatto “se non si sostiene l’integrazione europea, allora ci si allinea con la peggiore destra reazionaria”.
    Il ricatto sul giochetto linguistico “socialismo + nazione” è inaccettabile, se non altro perchè non sono certo le sinistre “euroscettiche” ad alimentare l’ascesa delle estreme destre in europa, semmai è l’austerità europea che crea capolavori come i quartieri di Atene controllati da Alba Dorata (e per fortuna che ci sono le sinistre euroscettiche che ogni tanto caricano i nazi greci di mazzate).

    Fortunatamente, tra l’uscita di Lafontaine e la presa di posizione di Le Monde Diplomatique, qualche crepa comincia a farsi strada nelle nostre incrollabili certezze europeiste (mi ci metto pure io, eh). Sarebbe il caso di far cadere il tabù dell’anti europeismo prima che diventi uno strumento nelle mani della reazione più bieca.

  • Anche secondo me il progetto europeo è finito. Il problema adesso sta nel capire se sia possibile tornare rapidamente (oppure se bisognerà aspettare ancora un pò) alla lira, senza compromettere ulteriormente una situazione economico – sociale già di per sé delicatissima.

  • Io le do ragione sig. Paolo; mi permetto tuttavia una puntualizzazione linguistica.

    Qua non si tratta di far cadere il tabù dell’antieuropeismo, ma di far capire che non c’è nulla di più antipopolare che internazionalizzare l’interesse del capitale finanziario.
    Costruire rapporti di solidarietà internazionale tra classi lavoratrici è sempre stato scopo della sinistra e rimane, a maggior ragione in un mondo nel quale la globalizzazione, volenti o nolenti, è andata un bel pezzo oltre.
    Ma questo lo si fa ANCHE gestendo dogane e frontiere; riequilibrando ad esempio il costo delle merci di chi cerca di penetrare mercati nazionali altrui col dumping sociale ( schiavizzazione delle classi lavoratrici ) compiendo la scelta politica di riequilibrare i prezzi con dei dazi ed con apposite misure fiscali.
    Rimettendo il commercio estero sotto il controllo di un ministero che su preciso mandato politico stabilisce cosa si commerci, quanto e con chi, gestendo il traffico onde non ritrovarsi “ammazzati” da indebitamenti esteri non sostenibili.
    Etc. etc.

    Una saggia gestione di tutto questo serve a fare in modo di ridurre quanto più è possibile la competizione diretta tra classi lavoratrici, a costruire cioè rapporti di reciproca solidarietà.

    Bisogna fare però i conti con il fatto che questa UE è, statutariamente e fin dal principio, l’esatto contrario di tutto questo.

    Qua non ha fallito l’internazionalismo ( da sinistra inteso ).
    Il problema è che le elite hanno venduto per internazionalismo ciò che era in realtà semplicemente internazionalizzazione degli interessi del capitale finanziario.

    Non siamo *noi* a doverci pentire di essere stati internazionalisti, dobbiamo piuttosto fare chiarezza su ciò che i politici di sinistra non han chiarito ( a volte in malafede, a volte per mancanza di capacità in tal senso ): e cioè che l’unificazione istituzionale e monetaria dell’UE è stata un fenomeno sostanzialmente *imperialistico*.
    Anche l’imperialismo è fenomeno di portata sovranazionale.

    Per combatterlo, da un punto di vista internazionalismo, bisogna combattere per procedere a risegmentare i mercati su basi nazionali, disarticolando il processo di globalizzazione pilotato dalla finanza internazionale, e procedere poi ad accordi politici e commerciali privilegiati con quei paesi che a livello politico scelgano di voler tutelare interessi di segno popolare.

    I veri antieuropei son quelli che gridano “più Europa”, e hanno condotto ad una situazione in cui se un cancelliere tedesche va in visita in Grecia la folla brucia bandiere con la svastica per protesta ( impensabile 30 anni fa ).

    Questo progetto europeo è un morto che cammina, e come sempre coi morti va seppellito altrimenti moriamo tutti di infezione.
    Seppellirlo è una giusta battaglia.

    Ma riappriopriamoci anche dei veri termini della nostra cultura e della nostra storia.

    Non è l’internazionalismo ad essere sbagliato, è la “sinistra eurista” che va denunciata e combattuta come “imperialista”.
    Credo si possa e debba farlo, da un punto di vista di sinistra, e pure internazionalista.
    Solo bisogna avere la maturità di far piazza pulita di 30 anni di malintesi, e riattualizzare con serietà il concetto ai tempi.

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