Unità Europea: che bella cosa, però…
La panacea di tutti i mali d’Europa sembra finalmente trovata: fare subito l’unità politica, dopo quella monetaria, e così unificheremo il fisco, il diritto commerciale e quello penale, il sistema universitario, ecc. Antiche ferite saranno sanate di incanto, le economie dei singoli paesi convergeranno in magica armonia, vecchi dissidi troveranno la loro composizione e tutti vivremo felici e contenti. Che bello! Mi avete convinto: quando si parte? Naturalmente, non stiamo parlando dell’ennesimo pastrocchio per cui unifichiamo il fisco, magari creando una Cassa Centrale Europea sul modello della Bce, che diventa un altro apparato tecnocratico a sé stante, stiamo parlando proprio dii uno Stato federale, che ha un suo governo che diventa titolare esclusivo di moneta, politica estera, forze armate e giustizia penale federale (quantomeno). Insomma stiamo parlando di uno stato vero. Però prima ci sarebbero alcune piccole questioni da mettere a posto: quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto il Principe De Curtis, ma, insomma, occorre pure pensarci un attimo:1-uno Stato deve avere una forma istituzionale precisa: monarchia o repubblica (e poi occorre precisare se repubblica parlamentare o presidenziale ecc.). Il primo problema è definire la natura della federazione europea: siamo sicuri che i paesi monarchici (Spagna, Belenux, Svezia, Danimarca, Norvegia ed Inghilterra) accetterebbero di federarsi in una unione repubblicana? Oppure, nel caso meno probabile di una soluzione monarchica dell’Unione, che gli stati repubblicani (Portogallo, Francia, Irlanda, Italia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, ecc.) siano disposti ad accettare questa soluzione? Si è mai vista una repubblica con enclaves monarchiche al suo interno? Anche ignorando il problema, evitando di definire la natura del nuovo stato, resterebbero problemi non secondari di convivenza fra monarchie e repubbliche, quantomeno sui principi del diritto costituzionale. E lasciamo da parte se il nuovo stato debba avere una impronta parlamentare o presidenziale.
2- Analoghe considerazioni si potrebbero fare a proposito della convivenza fra stati unitari centralizzati (come la Francia), stati federali (come la Germania) e stati regionali (come Italia e Spagna). Bisognerà scegliere un criterio unico per l’intera Unione. E se gli stati nazionali sopravvivranno come unità federate, che senso avrà suddividerli al proprio interno in ulteriori unità federate? Esistono stati unitari e stati federali in due livelli, ma una cosa in tre livelli non si è mai vista e non si capisce che funzionalità possa avere.
3-Peraltro, non si dà Stato senza costituzione. L’Inghilterra ne ha una consuetudinaria (come altri paesi del suo vecchio impero), ma la norma è quella delle costituzioni scritte. Quando si è provato a scriverne una per la Ue, ci si sono impiegati circa cinque anni ed il risultato è stato un testo improponibile di circa 600 pagine, con articoli disseminati di commi e sottocommi che si contraddicevano a vicenda, descrivendo un processo decisionale macchinoso e caotico. Giustamente quell’aborto di costituzione venne ripetutamente impallinato nei referendum popolari di Francia e Danimarca, dopo di che non se ne parlò più. Grazie a Dio.
Cosa ci fa pensare che, di colpo, siamo in grado di produrre una costituzione agile e funzionale, che disegni un processo decisionale efficiente e democratico e che riesca a mettere tutti (o quasi) d’accordo sui diritti fondamentali del cittadino e sul modo di definirli e garantirli? E per di più a tamburo battente, perché se ci mettiamo altri 5 anni solo per avere il testo di costituzione per avviare la discussione, tanto vale lasciar stare tutto come sta. Occorrerebbe quantomeno eleggere una Assemblea Costituente Europea, nella speranza che essa riesca a produrre in tempi accettabili (un anno o poco più, al massimo) questo tipo di costituzione. Dopo ciò, sa va sans dire, sarebbe necessario quantomeno un referendum popolare in ogni paese per vedere quali popoli sono disposti a ratificare la nuova Costituzione e la confluenza del proprio nel nuovo Stato. Insomma, non proprio una cosa che si fa dalla sera alla mattina. Ma, nel frattempo, che fine fanno le costituzioni nazionali, restano vigenti o no? Peraltro, dopo l’eventuale approvazione della Costituzione federale, occorrerebbe adeguare le costituzioni nazionali a quella federale per tutto quanto sia in contrasto con essa. Ed occorrerebbe una Corte Costituzionale (o Suprema) Europea che giudichi se l’adeguamento sia soddisfacente o meno.
4-Ma per avere uno stato unitario occorre non solo una Costituzione formale, ma anche una Costituzione materiale, un sistema politico unitario con agenti (partiti, associazioni, sindacati) ecc. a livello della statualità. Insomma occorre avere, ad esempio, un unico partito socialista europeo con un segretario e un proprio organo dirigente, cui sono subordinate tutte le strutture periferiche a livello locale (dove per locale si intende Francia, Germania, Italia ecc.) ed altrettanto per i conservatori, i democristiani, liberali ecc. Se i partiti europei restassero quello che sono –mere aggregazioni federative con vincoli interno molto laschi- avremmo solo un Parlamento fatto da tanti sindacati territoriali (come la Lega, per intenderci), incapace di decidere alcunché. Questo spingerebbe ad una soluzione presidenzial-direttoriale il cui punto di appoggio, più che il consenso popolare, non potrebbe che essere la struttura tecno-amministrativa dello Stato. Una cosa non molto democratica e che, peraltro, non è detto che funzioni. D’altra parte, un sistema politico è fatto di una serie molto sofisticata di meccanismi che devono interagire fra di loro (poteri dello stato, agenti politici, agenti sociali, sistema mass mediologico ecc) ed allo stato attuale è molto difficile omogeneizzare i diversi sistemi politici locali in uno funzionale centralizzato.
5-E’ vero che l’unificazione politica ci metterebbe in condizioni migliori per affrontare i nodi decisivi del debito e delle divergenti economie nazionali, ma è anche vero che non farebbe svanire di per sé né l’uno né l’altro problema. Il debito, ad esempio, resterebbe a carico degli stati federati o verrebbe assorbito dallo Stato federale? Se restasse a carico dei singoli stati federati –e senza neppure una garanzia dello Stato federale-, la situazione non cambierebbe molto da quella attuale ed il rischio di default di una singola unità federata finirebbe per proporre le stesse dinamiche attuali. Anzi, sottrarre la gran parte della politica fiscale –dopo aver eliminato quella monetaria- agli stati federati, non avrebbe altro effetto che irrigidire ulteriormente il sistema esponendo tutti al rischio di paralisi. E non si invochino i precedenti degli Stati americani che hanno dichiarato default, senza che questo abbia avuto ripercussioni (almeno per ora) sulla situazione monetaria del paese, perché, in quel caso, si trattava di un debito in larga parte domestico, mentre qui i titoli di debito dei singoli stati sono in larga parte nelle casse degli altri stati e delle banche, per cui il default provocherebbe l’effetto domino di cui si teme oggi. Peraltro, debito dello Stato sono anche le pensioni e qui dovremmo capire come garantirle se il prelievo fiscale passasse nelle mani dell’Unione e l’onere del pagamento delle pensioni restasse agli stati federati. Poi ci sarebbe da capire quali settori della Pa degli attuali stati nazionali resterebbe alle unità federate e quali andrebbero a carico dello stato federale: sicuramente le Forze Armate e la diplomazia dovrebbero passare all’Unione, ma polizia, ordinamento giudiziario ed apparati fiscali dovrebbero essere suddivisi: in quale misura e con quali criteri? Dunque, buon senso vorrebbe che la messa in comune della sovranità fiscale e monetaria comportasse anche l’accentramento del debito, ma chi glielo va a dire a Frau Angela? Se non riusciamo a varare neppure una misura all’acqua di rose come il fondo salva-stati, come pensare alla piena messa in comune dei debiti?
6-Peraltro resterebbe il problema del dualismo economico fra area mediterranea e nord Europa (e parlare di dualismo è molto ottimistico, perché in realtà le realtà divaricanti sono ben più di due) e qui, per creare convergenza o almeno integrazione delle diversità, occorre un intervento centrale che redistribuisca risorse ed, ancora una volta, chi glielo dice a Frau Angela? Insomma, se vogliamo tenere la Grecia nell’Unione è possibile farlo senza creare una rete di trasporti decente, lasciando il porto del Pireo in mano ai cinesi e lasciando tassi di disoccupazione oltre il 30%?
7-C’è poi la fastidiosa questione della lingua: quale sarà quella ufficiale dell’Unione? La questione non è da poco perché non si tratta solo di scegliere come discutere nelle sedute del Parlamento o in che idioma redarre i documenti dell’Unione, ma di quale deve essere la lingua veicolare con la quale i cittadini dei diversi paesi dialogheranno fra loro. Uno strumento comunicativo comune è necessario se si vogliono avere mass media, partiti, sindacati ecc a livello della statualità e non una congerie di parlate locali che lasciano tutto come è. Ma scegliere una delle lingue nazionali attuali (realisticamente francese, spagnolo o tedesco) significa dare un vantaggio enorme ai mass media ed all’industria culturale di quel paese rispetto agli altri: chi è disposto ad accettare un declassamento della propria televisione o del proprio cinema alla serie B mentre il vicino accede alla A? Adottare l’inglese? Peggio: significa dare questo vantaggio a soggetti esterni all’Unione (Usa, Australia ecc ed auspicabilmente Inghilterra) ai danni di quelli interni: la più stupida fra tutte le soluzioni possibili. La lingua è potere: non dimentichiamolo mai.
Genialmente qualcuno se ne uscirà con l’idea di tre o quattro lingue ufficiali, sul modello svizzero. Dimenticando, però che la Svizzera è, appunto, una eccezione e che in quel paese il 72% parla il tedesco per cui le altre sono poco più che minoranze linguistiche tollerate. Nel caso europeo questa soluzione lascerebbe intatto il problema dell’assenza di una vera lingua veicolare, con l’aggravante di condannare una buona parte dei paesi membri alla serie B (in primo luogo Italia, Polonia e Portogallo che significano qualcosa nel quadro della cultura mondiale). Non ho soluzioni da proporre, qui pongo solo il problema.
8-Venendo a questioni di minor peso: uno Stato ha una Capitale, dove la mettiamo? Berlino? Dopo quello che c’è stato e con l’ondata di germanofobia generata dall’atteggiamento della Merkel? E dopo alcuni precedenti più remoti che qui non citiamo? Parigi? A me andrebbe benissimo, ma i tedeschi lo accetterebbero? La soluzione finirebbe quasi certamente per essere quella di una città non particolarmente significativa magari a cavallo fra Francia, Germania e Benelux, come, guarda caso, Strasburgo. Ma può una potenza mondiale avere la capitale a Strasburgo? Non dà già l’idea di una cosa che parte in tono minore? L’Europa di Strasburgo è questa che ha pasticciato con la moneta e la profluvie di direttive senza essere nulla. Occorrerebbe una discontinuità anche simbolica.
Ed ora che abbiamo parlato di prossima unione politica dell’Europa, parliamo di cose serie: secondo voi chi vince fra Germania, Inghilterra ed Italia? Parlo del campionato di calcio ovviamente….
Aldo Giannuli
aldo giannuli, bce, berlino, crisi economica, crisi europa, merkel, parigi, sovranità, unione europea, unita europea
Andrea T
Vorrei porre alla vostra attenzione una questione: in via del tutto ipotetica, sarebbe possibile per l’Italia rintanarsi in un isolamento economico, in caso di ritorno alla lira (o, addirittura, di congelamento e ristrutturazione del debito estero), dato il rischio di blocco del commercio internazionale che si avrebbe in questo caso? Quali sarebbero i costi?
Luigi Lusenti
Analisi lucida che fa ragione dei tanti slogan inutili e infantili: l’Europa delle banche e l’Europa dei popoli, l’Europa degli stati e l’Europa delle regioni. Il processo è ben più complesso e la semplificazione complica ancor più le cose.
JLPicard
E’ un ottimo articolo. Dovrebbero leggerlo in tanti, troppi che guardando ad Est e a Ovest si sono messi in testa di creare una superpotenza. L’Europa è troppo eterogenea per cercare di creare denominatori comuni sui quali costruire una unità politica.
@Andrea T
Penso non sia possibile isolarsi perché nessuno Stato al mondo è completamente autarchico da soddisfare le sue necessità interne con le sue esclusive risorse interne. Noi, ad esempio, siamo un ottimo paese manifatturiero ma dipendiamo dall’estero per le materie prime e l’energia. Altri hanno il problema opposto (Russia, ad esempio.).
rosario
Bellissimo commento, che non meriterebbe altri commenti. Ho compreso anch’io, adesso, che il problema della crisi economica e sociale che sta attanagliando alcuni paesi europei, e si sta allargando, nessuno la vuole risolvere e allora rilancia con prospettive di orizzonti più ampi e magnifici. Detto ciò, mi accontenterei che si realizzasse almeno la tassa sulle transazioni finanziarie, un minimo di solidarietà economica verso la Grecia, e un serio tavolo di discussione su una politica industriale e fiscale concordata. Così, tanto per sentirci più buoni a Natale.
giandavide
mah i punti posti sono quasi tutti irrisolvibili, ed è in effetti illusorio risolverli, dato che non serve ricreare una vesione allargata dello stato nazione nel 2012.
i punti 5 e 6 sono in effetti quelli passibili di intervento, e si è visto che la faccenda è in mano alla simpatica merkel.
secondo me è già tanto se mettono una cosa simile all’elezione diretta del presidente ue con qualche potere in più rispetto al parlamento, così mettono tutti d’accordo, dato che si fa un bel presidente che sostituisce la figura del re, come negli usa. una figura politica ulteriore, senza che si producano eventi squallidi come il consolato parigi berlino, o l’autocrazia merkeliana in cui uno stato decide per gli altri facendo però gli interessi suoi contro quelli degli altri. certo non dico “quanto è bello il re presidente”, ma devo dire che se l’alternativa è la politicizzazione del tifo calcistico nazionale, e della tensione reciproca tra gli europei, preferisco lo squallore presidenziale, dato che servirebbe per impedire che quando comandi una nazione lo faccia solo seguendo i propri interessi e non quelli di tutti.
per il resto la cosa mi uggia parecchio: io spesso simpatizzo per gli avversari dell’italia, ma in questo caso come si può simpatizzare per la squadra di ivan drago? la linea del racconto sembra quella di rocky IV, e poi quest’anno c’è pure balotelli, vittima di così tante caccie al negro che fa simpatia
Algil
Grazie Aldo, accorto e concreto. Merce rara.
Ora, chi è che si incarica di far rinsavire, che ne so, una a caso, la Barbara Spinelli de La Repubblica..?! Così cominciamo a fare i seri, una volta per tutte..?
Marco
Grazie per l’illuminante articolo Aldo,
Dal mio punto di vista se l’unione politica e’ al momento ancora prematura ed impraticabile, negli ultimi due decenni si e’ assistito ad uno straordinario avvicinamento culturale e identitario tra i cittadini europei. Un’intera generazione (gli under 35) ha vissuto uno o piu’ periodi della propria vita in altri paesi dell’unione, intrecciando amicizie e affetti indelebili.
Credo che un ‘sentire europeo’ esista e come, e che il freno principale ad una conoscenza reciproca ancora piu’ profonda risieda non tanto dalla natura estremmente eterogenea degli europei stessi, ma dall’attuale sistema mediatico.
La maggior parte dell’informazione sui temi globali arriva dalle grosse agenzie americane e lo stesso avviene sul piano dell’intrattenimento.
Quanto e’ alta la soglia di accesso ad un film belga, svedese, spagnolo, francese? Saremo condannati a vita ai cliche’ di Hollywood o potremo un giorno liberarcene e conoscerci finalmente un po’ meglio?
PS Chi uccise Cinecitta’?
Uno dei tanti Ex
A parte i beceri nazionalismi, non sarebbe meglio per i futuri europei parlare (almeno) tre lingue (en, fra, es), avere un sistema legale/burocratico snello di tipo anglosassone/nord europeo (sono certo che italiani, spagnoli, francesi e greci ne sarebbero ben contenti)? Ha ancora senso difendere una lingua che non viene usata oltre i confini nazionali (ovviamente, la lingua va poi preservata come cardine culturale come avviene per le lingue morte)? Ad esempio, baratterei volentieri la fine dell’italiano con la capitale europea a Roma (scelta fortemente simbolica probabilmente più facile da prendere rispetto a strasburgo, berlino o altre che portano ferite mai dimenticate). Poi, i monarchi: servono solo per i turisti ormai, perchè privarsene? Insomma, a guadagnarci sarebbero gli europei. PS: tornando alle cose serie, prevedo una finale ita-spa con vittoria italiana!
makno
gentile prof. giannulli, credo che oramai ci siamo l’idiozia al potere sta per raggiungere il suo apice, l’assalto al palazzo d’inverno del buonsenso è iniziato sotto la guida della feldmarescialla Angela merkel e con il sostegno esplicito od implicito di gran parte delle elittes europeo occidentali e con la connivenza di una buona fetta di ignavi oppositori. questi geni del pensiero moderno credono di imporre una tecnocrazia ottusa a gran parte dell’europa, a colpi di shok economy posticcia- ovviamente non tenendo conto che queste politiche sono risultate fallimentari in tutto il sud america e in gran parte dell’asia-. ad ogni buon conto vorrei sentire una sua opinione sul famigerato MES o European Stability Mechanism, il cui contenuto mi sembrava in un primo tempo la classica leggenda metropolitana via internet, ma la cui lettura tratta da siti ufficiali UE, mi è parsa subito aberrante,e finalizzata a creare un nocciolo teutonico di popoli “eletti” ed una serie di colonie abitate da simpatici zio tom ove le allegre famiglie germanofile possono andare tranquillamente a trascorrere le vacanze, con strutture sanitarie sportive e commerciali dedicate solo ad essi, insomma una specie di sud africa ante mandela solo dal volto più gentile . un’altra questione che vorrei sottoporle riguarda la necessità, più che l’opportunità di una vera e propria internazionale del Lavoro che partendo almeno dai paesi del sud europa e da alcuni paesi dell’est e dalla stessa irlanda riescha a fare da contrappeso alla follia di queste classi dirigenti per condurle a più miti consigli. forse, il mio è solo un ‘auspicio un azione congiunta e comune di partiti movimenti e sindacati nel sud europa potrebbe spingere sia i ceti medi che quelli popolari dei paesi nord e centroeuropei ad influenzare i propri governi a cambiare rotta, infondo non è detto che si riproduca in maniera simmetrica quanto accadde ai movimenti socialisti e cattolico popolari nel 1914. in attesa di una sua le pongo cordiali saluti
pierluigi tarantini
Ho la sensazione che il prossimo futuro ci riservi l’Europa delle banche.
Tanto comporta qualche problema di natura politica che però scompare rispetto a quello che riesce a prospettare la politica italiana.
Berlusconi ministro delle finanze!
Sono preoccupato ma non riesco a non ridere.
aldogiannuli
Quante volte ti ho detto che sulla via del peggio non c’è un limite?
Paolo Mare
Ho 31 anni, ho viaggiato abbastanza in europa, ho una findanzata polacca e amo spostarmi quando posso naturalmente, ma qualcuno mi deve spiegare per quale diavolo di motivo io devo in un futuro parlare inglese con mio fratello o con mio figlio o mio nipote!
Per quale motivo dobbiamo dimenticarci della nostra piu’ grande ricchezza e cioe’ le nostre differenze!
Si pensa cecamente che la soluzione sia “unificarci tutti”, volemose bene! mangiamo tutti lo stesso cibo?! beviamo tutti allo stesso modo? abbiamo tutti gli stessi ritmi di vita? citta’, fuori citta’? sud, nord (italia) ? sud, nord (europa) ?
Porca miseria, ma come si fa a pensare ad una cosa cosi’ abberrante quale è pensarci tutti uguali e cancellando noi stessi, le nostre radici, le nostre origini, culture, storie, abitudini ? tutto questo per cosa?! per consumare prodotti standardizzati a livello globale?!!
Dove sono gli intellettuali quando dei pazzi, perchè non è normale pensare con gioia alla nostra autodistruzione ed estinzione, ci prospettano l’idea di questa piu Europa piu europa piu europa ?!!
Già il cittadino non e’ assolutamente rappresentato in alcun modo avendo un governo nazionale, centralizzato com’e’ a roma.. e noi vogliamo aumentare questa totale non rappresentanza dei popoli di 100 volte con persone cosi’ meravigliosamente diverse tra loro (viva dio che è così!) ?
L’europa c’era prima, adesso e ci sara’ sempre.. non essere nell’euro, identificare una moneta con l’essere europei e’ quanto di piu’ stupido e senza senso si possa pensare.
Ognuno si gestica la propria famiglia (italia, francia, germania, polonia, inghilterra…) a casa propria, al meglio che puo’ e sia amico del vicino, viaggi, scambi merci se vuole, impari la lingua del vicino se interessato, ma perchè forzare l’estinzione di una miriade di meravigliose diversità ?! in nome di chi ? a vantaggio di chi e cosa ?!
“Per di più, questi pompieri-piromani gettano altra benzina sul fuoco e ribadiscono con forza che questo è l’unico modo di spegnerlo.
Si continuano a mantenere i medesimi orientamenti, addirittura perseguendoli con maggiore forza..”
Marco
Paolo in molte regioni d’Italia la prima lingua e’ ancora il dialetto… non credo che nessuno abbia intenzione di deporre l’italiano, sono processi che durano secoli.
Marco
Io intendevo dire che sarebbe auspicabile che i media dessero piu’ spazio a punti di vista diversi, sia sotto il profilo dell’informazione, sia sotto il profilo dell’intrattenimento culturale (film, documentari, articoli su carta stampata ecc.). Invece sembriamo destinati da un lato ad un localismo esasperato, dall’altro a doverci allineare sempre e comunque al punto di vista e agli interessi statunitensi.
Andrea T
Padroneggiare altre lingue non vuol dire disconoscere o abbandonare la propria.
Penso che nessuno potrà mai impedirci di parlare la nostra lingua e, per chi – come me – vi è affezionato, i nostri dialetti locali.
Non c’è riuscito neanche Franco con la forza, in Spagna. Anzi, col senno di poi, direi che ha ottenuto proprio l’effetto contrario.
Uno dei tanti Ex
La difesa della lingua è una “cosa bella” solo per gli accademici e i proto-nazisti.
In realtà, quanti italiani, spagnoli e greci sono emarginati e penalizzati, economicamente e professionalmente, per il solo fatto di non conoscere l’inglese (gli stessi anglofoni sono culturalmente handicappati dal fatto stesso di non doversi preoccupare di conoscere altre lingue). Chi conosce una sola lingua è culturalmente privato di tanta, tanta ricchezza. Poi, chi vuole può rinchiudersi in una campana di vetro e parlare il dialetto/lingua che gli pare, ma condannare interi popoli a parlare, che so, il bergamasco solo perchè un pazzo qualsiasi ha vinto le elezioni per preservare una fantomatica “cultura” è pura follia e in antitesi con qualsivoglia ideologia internazionalista/altermondista.
Evidentemente, chi parla di inglese come lingua “colonizzatrice” devestante per le culture colonizzate non conosce il mondo anglosassone che deve gran parte della propria ricchezza proprio all’accettazione/assimilazione/integrazione di culture differenti (e, in questo, abbiamo l’esempio opposto nei francesi che non hanno saputo giovarsene altrettanto bene).
Se ancora non si capisce che, per essere tutti fratelli in questo mondo, per prima cosa, si deve poter comunicare con una lingua comune, beh, allora il medioevo non avrà mai fine! Inoltre, come hanno già detto, le lingue non si eliminano con un tratto di penna. Semplicemente, se si vuole l’Europa occorre che ciascun europeo faccia la sua parte verso l’altro. E, io credo e spero, che i tempi siano maturi.
Infine, dati i pessimi personaggi che affollano il ns parlamento, sogno (sarcasticamente) che l’Italia sia annessa a qualche paese più civile (della sponda nord o sud del mediterraneo fa lo stesso 🙂 ormai).
Have a nice day!
PS: @PaoloMare Non è la sola lingua a definire chi sei, ma il bagaglio di esperienze che vivi!
aldogiannuli
mi sembra un bel catalogo di luioghi comuni dsel politicamente corretto che dimentica che la lingua è potere. Ma ne riparleremo con più calma
Andrea T
@aldogiannuli Esatto: la lingua è potere. Ma anche sul piano linguistico si può ribaltare la realtà dei rapporti di forza.
Guardiamo a quello che sta succedendo oggi: come sottolinea molto efficacemente unodeitantiex, oggi i soggetti di madre lingua inglese hanno perso il loro vantaggio competitivo – evidente fino a qualche decennio fa – a favore di quei paesi (sostanzialmente quelli dell’europa centrale e, soprattutto, quelli scandinavi, che personalmente ritengo un esempio di virtuosismo in quasi tutti i campi) dove gli abitanti oggi padroneggiano l’inglese come i madrelingua (il 75% degli abitanti sono praticamente bilingue) e, in aggiunta, molte persone padroneggiano anche un’altra lingua a scelta (li dove invece gli anglosassoni si rifiutano proprio).
Oggi,un tedesco di istruzione medio alta parla, legge e scrive perfettamente in inglese. Uno su due ha anche un buon livello di una terza lingua (“imparata per piacere”, come diceva un mio professore). E’ inutile sottolineare come questo, in un mondo dove l’impresa di successo (sempre più anche quella piccola-media) deve cercare l'”ottimo globale” piuttosto che quello locale, abbia un riflesso economico (e quindi, in seconda battuta, politico).
Tutto questo non soltanto non è in contrasto con l’assunto che “la lingua è potere”, ma addirittura lo conferma in pieno.
Uno dei tanti Ex
Tra l’altra, il potere della lingua è esercitato proprio su chi la parla e, per noi italiani, è usata “contro” il popolo (che parolone!). Basta vedere come il burocratese/legalese viene usato nelle leggi e atti amministrativi proprio per alimentare e difendere il potere (e, in questo, noi italiani siamo maestri, gli altri sono dei dilettanti).
La lingua, però, è open source e tutti possono impossessarsene. Vedi, ad esempio, come lo spagnolo sia diventata la seconda lingua de facto negli USA (e l’apertura dimostrata da quest’ultimi nell’adottarla).
Mi sembra che, in qualche modo grazie anche ad internet, stiamo vivendo una riproposizione in chiave moderna del passaggio dal latino al volgare nel senso che, mai come oggi, abbiamo la possibilità di impossessarci di questo potere e usarlo a ns vantaggio. Come? “Crackando” la/le lingua/e 😉
D’altronde, l’Europa è a un bivio: rinascere e mantenere la leadership globale (mercantile, culturale) oppure scegliere di soccombere, nazione dopo nazione.
Bien cordialment
PS: l’Italia è in finale. Ora basta un altro avvisetto di garanzia e i “ns ragazzi” correranno come matti contro la Spagna! 🙂
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Giusepe
Dopo nazismo, fascismo e comunismo, ci mancava la barbarie europeista a rovinare la vita di quest’altra generazione. Patetici anche tutti gli europeisti (e noto che nei commenti ce ne sono anche in questo blog) che ancora farfugliano idee e proposte di becero nazionalismo europeo. Che poi, in realtà, gli europeisti si dividono in due categorie: gli euromaniaci, elite estremiste e fanatiche alla Spinelli, ed euroallocchi, cioè la massa popolare che crede alle balle degli euromaniaci.
Amen.
eleonora
Ottimo, articolo davvero interessante, era proprio quello che cercavo! Grazie per lo spunto!
0. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE – La macchina di Erone
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