L’inutilità dell’Inutile: umanisti e museo delle cere.

Recentemente mi è ricapitato per le mani un libretto di Nuccio Ordine, docente ordinario di Letteratura italiana nell’Università della Calabria, “L’utilità dell’inutile”, un libro che consiglio vivamente a tutti: si ride ad apertura di pagina. Qualche esempio a caso?

<< Lo sguardo puntato sull’obiettivo da raggiungere non permette più di cogliere la gioia dei piccoli gesti quotidiani e la bellezza che pulsa nelle nostre vite: in un tramonto, in un cielo stellato, nella tenerezza di un bacio, in un fiore che sboccia, in una farfalla che vola, nel sorriso di un bambino>> (p. 18)

Idee nuove, parole mai sentire, profondità inattingibili, ci manca solo che “di mamma ce n’è una sola” e che” le stagioni non sono più quelle di una volta”.
Oppure:

<<… se lasceremo morire il gratuito, se rinunceremo alla forza generatrice dell’inutile, se ascolteremo unicamente questo mortifero canto delle sirene che ci spinge a rincorrere il guadagno, saremo solo in grado di produrre una collettività malata e smemorata che, smarrita, finirà di perdere il senso di sé stessa e della vita. Ed allora, quando la desertificazione dello spirito ci avrà ormai inariditi, sarà davvero difficile immaginare che l’insipiente homo sapiens potrà ancora avere un ruolo nel rendere più umana l’umanità>> (pp.31-32)

Intervento della serie: “Comme me pesa sta capa uè”.

Ancora:

<<Certo non è facile capire, nel nostro mondo dominato dall’Homo oeconomicus, l’utilità dell’inutile e soprattutto l’inutilità dell’utile(quanti beni ci consumo non necessari ci vengono venditi come indispensabili?>> (p. 17)

E tu perché li compri?

Continuo?

<<… (queste) parole capaci di far vibrare le corde del nostro cuore, di testimoniare quanto la pretesa inutilità dei classici possa invece rivelarsi un utilissimo strumento per ricordare –a noi ed alle future generazioni, a quegli esseri umani a disponibili a lasciarsi infiammare-  che il possesso ed il profitto uccidono, mentre il ricercare svincolato da qualsiasi utilitarismo, può rendere l’umanità ben più libera, più tollerante e più umana>>  (pag 196-7)

Disponibili a lasciarsi infiammare? Nel senso che possiamo dargli fuoco? Pronto ad accontentarvi…

Mi fermo qui per non togliervi il gusto della scoperta, se andassi avanti avvertireste un senso di sazietà  e non correreste il libreria ad acquistare questo classico dello humor, che riesce a piegare citazioni raffinatissime (Baudelaire, Boccaccio, Shakespeare, Gramsci, Panofsky, Battaille, Lessing e cento altri) a formule di disarmante banalità, che neppure Massimo Catalano di “quelli della Notte” avrebbe saputo trovare.

Ovviamente, nel testo troverete le solite tirate sul sapere “che ci rende migliori”, che affina il “senso critico”,  contro la “dittatura del profitto”,  sui parametri fatti per misurare la ”quantitas e non la qualitas” eccetera eccetera. L’ordinario Ordine è un grandissimo banalista, autore di un catalogo dei luoghi comuni da fare invidia a Flaubert.

Ma anche la letteratura umoristica può prestarsi a qualche considerazione seria o semiseria. Ad esempio, va detto che eonomisti e giuristi sono “umanisti” anche loro ( d’accordo, gli economisti sono capre, ma sono pur sempre umanisti) e nessuno pensa di fare a meno del loro sapere.

A quanto pare, il problema riguarda i docenti di Lettere, ma solo i docenti, dato che le librerie sono colme di romanzi, raccolte di versi e di racconti, doari eccetera che, crisi permettendo, vendono molto bene. Ed anche libri, dvd, wargame ecc. a carattere storico vanno abbastanza bene e gli accessi ad internet di questi siti sono molto frequentati. Un loro spazio confermano anche sociologia e politologia. Magari hanno meno successo librario i testi di filosofia o di psicologia, che sono generi di nicchia -per quanto non proprio irrilevanti- ma questo è sempre stato così e non c’è una particolare novità.

Insomma non pare che la gente abbia voglia di rinunciare al sapere umanistico e che sia alle viste un crollo di esso. Qui il problema è la riduzione dello spazio di queste discipline negli orari scolastici e nella distribuzione di cattedre e risorse tanto nelle medie superiori quanto nell’università. Il che è il prodotto della vulgata neo liberista  che, effettivamente, rappresenta un catastrofico regresso culturale (e si pensi solo alla scomparsa della geografia dagli orari scolastici). Ma va anche detto che i fini intellettuali umanisti che occupano cattedre universitarie, scrivono come opinionisti sui giornali, affollano i salotti televisivi ecc abbiano mosso un dito per contrapporsi al pensiero neo liberista (che probabilmente non capiscono). L’ordinario Ordine, nel libro tuona contro l’università-impresa che considererebbe gli studenti come clienti (magari!), ma non ricorda che tanto in occasione del movimento della pantera (1990) quanto in quella dell’Onda (2008) furono pochissimi i docenti che si schierarono con gli studenti e gli” umanisti” furono i più ostili. E mi venite a parlare di difesa del sapere umanistico?

La verità è che, il messaggio, che arriva è “Teniamo famiglia”. Basta con i tagli di posti nelle nostre facoltà che abbiamo gente da sistemare”. Ma a noi viene un dubbio: non sarà che gli attuali “umanisti” non abbiano niente da dire? E non certo perché le rispettive discipline non abbiano da offrire strumenti utilissimi per la comprensione del presente, ma perché loro non sono all’altezza del compito.

Certo che con questi argomenti, uno che legge le ordinate riflessioni di Ordine, chiude il libro e si convince che i neo liberisti più assatanati hanno ragione a proporre la chiusura delle facoltà di lettere e mandare tutti gli umanisti a raccogliere cicorie (peraltro, attività socialmente utile e degnissima).

Perché, invece, non proviamo a parlare dell’utilità di Letteratura, Storia, Filosofia, Psicologia, Sociologia, Antropologia, magari scansano la trita retorica del “sapere critico” della “conoscenza che ci migliora” eccetera eccetera e magari entrando un po’ più nel merito di quello che possono dare effettivamente nel nostro tempo. Ma questo richiederebbe agli “umanisti” di rimettersi seriamente in discussione ed uscire dal museo delle cere in cui vivono.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (15)

  • Ho letto questo libricino, se non sbaglio è del 2013 … non ho capito nulla di quello che scrive l’illustre docente, quello che vuole spiegare l’autore per me devo ammetterlo è troppo intelligente, troppo difficile da leggere.
    Nella mia città da qualche anno ha aperto la libreria IL Libraccio che ritira anche i libri usati è finito sugli scaffali di questa libreria se a qualcuno interessa lo trova a buon prezzo e in ottime condizioni.

  • Questo articolo mi ricorda quello che diceva Pasolini a proposito della religione e della Chiesa, viste come ultimo potenziale baluardo contro il “nuovo potere” che stava imponendo il consumismo di massa.
    Secondo lo scrittore la Chiesa si era messa al servizio del nuovo potere, che, però, non aveva alcun bisogno di lei e quindi la stava liquidando.
    Si potrebbe dire lo stesso del sapere umanistico che dovrebbe rappresentare un’opposizione al vuoto culturale del pensiero neoliberista, che riduce gli uomini a merce o a strumenti utili solo per produrre.
    Sappiamo che un’opposizione a questo atteggiamento verso la vita e gli uomini non può venire dal pensiero scientifico, dalle scienze “utili”, perfettamente integrate nella filosofia iperproduttivista del neoliberismo.
    Però, dietro il pensiero ci sono gli uomini, che in un’epoca come questa devono avere un coraggio fuori dal comune per contrastare il pensiero mainstream imperante.
    Non bisogna dimenticare che dietro la concezione neoliberista ci sono le istituzioni più ricche e influenti del globo, in grado di ricattare con la promessa di finanziamenti e di piazzare i propri intellettuali nei dipartimenti, nelle facoltà universitarie e nei centri di ricerca.
    Basta pensare ai famosi “think tank” americani, dove filosofi, economisti, storici, antropologi, quindi sudiosi di scienze umanistiche, stabiliscono le strategie e le linee di tendenza future del gigante USA.

      • Professore mi darà del leguleio, che spacca il cappello in quattro, ma le rammento che la celebre frase viene attribuita ad un gerarca tedesco, non a un fascista italiota;quindi uno di serio.Julius Evola in una feroce polemica con taluni squadristi, nel 1930 nel periodico da lui diretto “La Torre,” scrisse che il fascismo italiano era una cosa da ridere. Il periodico fu chiuso dalla polizia per intervento dall’alto. Poi grazie a Giovanni Preziosi e Roberto Farinacci riprese il suo vano tentativo di rettificare in senso teutonico il regime delle camicie nere.C’è da dire che sempre il barone “nero” alle delegazioni di giovanotti neofascisti che andavano in pellegrinaggio nella sua abitazione nel dopo guerra , ripeteva che erano stati gli italiani a rovinare il regime e non viceversa, come impone la vulgata corrente imperversante.Quindi respingo l’epiteto di fascista, preferisco quella di testimone di Evola.

  • spesso mi sono chiesto e mi chiedo a cosa serva leggere, ascoltare, dire la propria, informarsi, “dis-informarsi” etc etc etc…….
    bene, la risposta che mi dò è sempre la più semplice: il piacere di stare sulla pagina, di prestare ascolto a chi ne sà di più, di dire la propria opinione per il semplice piacere di farlo.
    Quindi, come dice il POETA : tutto è vanità, tutto è racchiuso nella vanità del tutto.

    mi permetto di aggiungere.
    il peggior nemico del piacere della cultura è nietzsche; ma per capirlo occorre leggerlo………..quindi occorre farsi una cultura su nietzsche stesso.
    il martello che inchioda tutti noi alla presunta e pretesa inutilità dell’utilità dell’inutile.

    ps.
    non sono economista; ma mi piacerebbe sapere perché gli economisti sono delle capre. ho buttato del tempo a leggere saggi di economia?

    cordialità

    victorserge

    • gli economisti attuali sono capre per chiara fama e basta vedere come affrontano la crisi. In passato non era proprio così, ma una certa percerntuale di capre c’è sempre stata

      • Non trascurerei una percentuale assai ampia di economisti che sanno perfettamente cosa fanno: caldeggiano e formulano politiche che provocano la morte di altri esseri umani via deflazione. Si sentono molto fighi e “demoniaci”, salvo a piagnucolare quando altri faranno lo stesso servizio a loro. Sono quelli che Franco Fortini chiamava “immoralisti piccolo borghesi” (cfr. “L’ospite ingrato”). Li abbiamo visti venire su, sono stati convinti sin da piccoli della necessità di danneggiare il prossimo prima che il prossimo danneggi te. Gli vogliamo molto bene

      • Il giurista dovrebbe applicare il b.a.r.d. non solo nel penale, e questa dovrebbe essere oramai un’ovvietà, ma anche nel civile …
        La logica scientifico-matematica la fa da padrona nel metodo.
        In amministrativo le implicazioni normative del rapporto possono essere spiegate utilizzando i teoremi di De Moran .. per non parlare dell’analisi economica del diritto o della teoria dei giochi (per costruire i modelli di relazioni), dove è indispensabile conoscere la matematica.
        Giusto per restare in un campo ritenuto umanistico, le decisioni arbitrali/di arbitraggio et similia come si razionalizzano, facendo il rabdomante, l’alchimista o l’azzeccagarbugli?
        Quasi sempre dietro la dottrina e la giurisprudenza oniriche c’è un umanista.

  • Professore, avrà probabilmente ragione sulla banalità e inutilità di un libro (che non ho letto), che si pone paradossalmente come lettura “utile” (avrà anche un prezzo immagino) nel suo celebrare l’inutile.
    Il tema però non è solo retorico. Basta leggere i libri di filosofia cui accenna per convincersi che una profonda diversità tra oggi e i vari “ieri” esiste; se unici dei odierni sono tecnica e denaro, l’efficienza è condizione necessaria per l’esistenza di qualsiasi cosa.
    Lei propone di parlare dell’utilità della Letteratura etc. Ma ecco che è un serpente che si morde la coda. Non solo ciò che è immediatamente e pragmaticamente utile è utile in senso lato (esistenzialmente, se vogliamo).
    Con questo non voglio difendere il libro inutile nè tantomeno proporre soluzioni che non possono che venire dalla sensibilizzazione e quindi dallo stimolo individuale; ma non vorrei che ci si “dimenticasse” che in effetti esistono cose inutili – nel senso che viene dato al termine in questa epoca – ma che vale la pena di conservare.
    Le assicuro che vi è una penuria, almeno a livello giovanile (sono negli enti) di ogni forma d’arte.
    Ed è una mancanza che si sente, eccome, nonostante grazie ad essa si possa avere qualche euro in più nel portafoglio (che tanto viene speso in fumo o vodka per sopperire al resto)

  • fabrizio zaniboni

    La distinzione utile inutile è una questione complessa, se relata all idea di “bisogni primari o essenziali”che implica essere condizionati fortemente dall idea che il bisogno , la necessità , intese , sottese in termini”materialistici” costituiscano un che di originario di fondamentale , come untrovarsi originariamente gettato nella materialità deol corpo che abbisogna per sua intima coatitutivita di elementi quali aria acqua cibo, sonno , vestiti per ripararsi dalle intemperie e un tetto sopra la testa per ripararsi da eventuali altre forme di ostilità seventualmente sconosciute,.Qualcuno ha creduto di suddividere i cosiddetti bisogni in primari e secondari , quindi dopo quelli inerenti il corpo si dovrebbe essere portati ad evidenziare i bisogni dello “spirito”senonche di cosa si tratti quando si parla di spirito pare rimanere un tantino confuso, lo spirito ha a che fare con la consapevolezza che al di ladi essere semplice coscienza implica la centratura di sé nella stessita di essere presente ed onnipresenza, questo chiaramente esperito senza l ausilio della mente discriminante ma come un sentire-sapere autoevidente,.I prodotti del rapporto tra mente e spirito sono SEMPRE retorica , così come aveva pienamente intyito carmelo bene , il punto è che per bene questa condizione rappresentava la tragica condizione originaria dell uomo di non avere uno “scopo”in senso ultimo e del dover vivere la presunta tragedia della datita finita ineluttabilmente finita del corpo , unita alla totale mancanza di senso del linguaggio, inteso come esistenza intrinseca di esso.Questa posizione , estrema radicale , permette di cogliere l esperibilita dell identità tra vacuità e trascendenza ,, solo mettendo ancora un po in discussione ciò che per bene rappresentava il limite ultimo dello scibile, per bene ogni forma d arte non poteva essere che retorica e il massimo che si poteva fare era essere coscienti di ciò, in realtà è necessario cercare quelle forme manifestative che essendo segnate dal senso dell artisticita riescono ad esprimere la propria trasparenza nell evidenziare la ORIGINARIA coappartenenza reciproca di trascendenza ed immanenza , di assoluto e relativo di temporale ed eterno.in questo caso la distinzione utile inutile è riferibile alla fondamentale distinzione , non filosofica ma data dal sentire-sapere di autentico ed inautentico .È utile tutto ciò che permette di cogliere percepire intyire vivere l autentico , e cioè la sufficente consapevolezza della coappartenenza reciproca di presente ed onnipresenza, è inutile tutto ciò che determina la caduta nel vivere inautentico , con tutte le centinaia di modalità con le quali subdolamente si manifesta nell essere senziente umano.

  • Davvero professore i wargame a carattere storico hanno ancora un mercato? Io ero convinto che fossero ormai scomparsi e la chiusura di ditte storiche come Avalon Hill fosse stata l’indice del canto del cigno per il settore.
    Possiedo qualche migliaio di soldatini di piombo, ma ormai mi dedico al gioco solo sporadicamente, per cui pensavo che il wargame storico fosse rimasto una passione di noi 50enni, mentre i ragazzini e la maggior parte degli appassionati di giochi di strategia fossero ormai indirizzati su giochi come Warhammer 40.000 e similari.

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