Tutti gli errori di Alexis.

Da tempo cerco di dimostrare a chi mi legge che la politica è uno specialismo, che richiede una preparazione che non si può improvvisare.  In questi giorni cade a taglio il caso Tsipras: dalla sua analisi a freddo possiamo ricavare indicazioni sul tipo di specialismo che è la politica e sulle qualità che richiede.
Partiamo da alcune considerazioni generali ed astratte, per poi applicarle al caso greco. Rovesciando la celebre frase di Clausewitz possiamo dire che “La politica è la prosecuzione della guerra con altri mezzi”. La politica, infatti, è prima di tutto conflitto, auspicabilmente non armato e non violento, ma pur sempre conflitto. Senza conflitto non c’è politica, per cui chi si trovi a decidere deve innanzitutto fare una valutazione approfondita della situazione, per capire se sia opportuno o no ingaggiare il combattimento o cercare di disimpegnarsi. Il che significa valutare se ci siano o meno ragionevoli probabilità di vincere o, quantomeno, di ottenere un risultato parzialmente positivo. Nel caso in cui non ci sia nessuna possibilità di resistere, ovviamente, conviene cercare subito un accordo.
Per stimare quali siano le possibilità di un esito almeno parzialmente positivo, occorre considerare quale sia il rapporto di forze, dunque quali siano i punti deboli propri e quelli dell’avversario e quale sia l’eventuale danno del conflitto per se, ma anche per il nemico.  Sulla base di queste valutazioni occorrerà poi elaborare, una strategia, che significa definire il risultato finale cui si punta e, sulla base di questo disegno, modellare una tattica conseguente, rivolta a picchiare sui punti deboli del nemico e proteggere i propri; quindi cercare alleati, dividere gli avversari, e conseguire vantaggi momentanei. Nella tattica occorre decidere se si gioca in attacco o in difesa, ma sempre tenendo presente che nessuna delle due impostazioni può essere esclusiva: né l’attacco può escludere la necessità di difendere i propri punti deboli, né la difesa può essere assoluta, senza attaccare mai i punti deboli dell’avversario. Clausewitz diceva che la parte che si chiude nel perimetro delle sue fortificazioni è destinata a perdere.
Infine, occorre avere sufficiente elasticità nella conduzione dello scontro, ma senza mai compromettere una certa linearità di comportamenti.
Veniamo al concreto caso greco.
A febbraio, Tsipras si trovava a gestire un paese non solo sull’orlo della bancarotta finanziaria, ma anche travolto da una terribile crisi economico sociale, con punte catastrofiche di disoccupazione e povertà, Per oltre dieci anni, la Grecia ha vissuto decisamente al di sopra delle sue possibilità, grazie al crescente indebitamento su cui pagava interessi molto modesti, grazie all’ingresso nell’Euro e, per fare questo, il governo ha ripetutamente truccato i bilanci. Poi, con l’arrivo della crisi, questo non è stato più possibile, è emerso un debito molto maggiore del dichiarato e gli interessi sono impazziti. Le misure di austerity imposte dalla Troika -e subite dai governi precedenti- avevano causato il crollo della esile impresa manifatturiera e di molte imprese di servizi, comprimendo il Pil, con il risultato di portare il debito dal 161 al 173% del Pil, con tassi di disoccupazione al 25%  e con tassi di povertà ai massimi storici.
Di conseguenza, Tsipras avrebbe dovuto elaborare un piano che avesse al primo posto la ripresa dell’economia reale e solo secondariamente il risanamento finanziario. Avrebbe poi dovuto presentarsi alla Ue con il suo piano ed imporre il confronto su di esso. Il primo errore di Tsipras (e di Vanoufakis) è stato quello di non darsi un proprio piano ma di giocare di rimessa sulle proposte dei suoi avversari, inseguendo risultati momentanei. Molti rimproverano a Tsipras di non aver avuto un piano “B”, ma lui non aveva neppure un piano “A” .
All’interno di questo piano andavano affrontate le questioni connesse ma distinte del debito pregresso (e dell’eventuale default) e della permanenza nell’Euro. Sul primo punto, Tsiras ha mirato ad un imprecisato haircut senza prendere mai in considerazione un ripudio totale del debito. Sulla seconda, non ha mai rimesso in discussione il dogma dell’appartenenza all’Euro, quel che, ovviamente, gli precludeva anche la strada del ripudio totale, incompatibile (di fatto) con la permanenza nella moneta comune.
Il secondo tipo di errori è stato il chiudersi nel confronto in sede di Ue e Bce. In uno scontro del genere, la Grecia avrebbe dovuto allargare il campo in tre direzioni:
a. la ricerca di alleati interni alla Ue e segnatamente verso i paesi indebitati come la Grecia (Portogallo, Cipro, Italia, Spagna)
b. la ricerca di alleati fuori della Ue (Russia, Cina, Usa) giocando sulle rispettive rivalità geo politiche
c. la ricerca di consenso nell’opinione pubblica europea, anche tedesca.
La prima cosa è stata tentata molto debolmente e tardivamente e qui ha pesato l’assenza di un piano di parte greca: se esso avesse incluso anche punti di interesse di altri paesi europei (ad esempio una revisione degli orientamenti di austerity che non fosse solo uno slogan, l’istituzione di un fondo speciale per lo sviluppo dei paesi in difficoltà, misure fiscali comuni utili a riequilibrare i differenziali fiscali fra paesi indebitati e paesi “virtuosi” che, offrendo condizioni più favorevoli, praticano una sorta di dumping fiscale ecc.)
Le seconda cosa è stata tentata non sappiamo con quanta convinzione ed offrendo cosa, di fatto non si è mai parlato di rimettere in discussione l’appartenenza della Grecia alla Nato, punto sensibile per americani e russi. Né sappiamo cosa abbia offerto Tsipras a russi e cinesi: il passaggio dei gasdotti? I porti? O che altro? In ogni caso, pare che non abbia avuto particolare successo in questa direzione.
La terza cosa non è stata tentata affatto: non è stata neppure tentata una riunione dei partiti anti austerity del Mediterraneo (Podemos, M5s, partiti comunisti dell’area ecc.)  e, soprattutto, non è stata tentata alcuna “offensiva di immagine”, Nell’opinione pubblica europea è prevalsa una generica simpatia per la Grecia, ma più in funzione antitedesca che altro e senza che, in fondo, si cancellasse l’idea che i Greci, in realtà, vogliono vivere di assistenza da parte degli altri europei. L’assenza di un piano di sviluppo ha confermato questa idea.
Sarebbe stata necessaria, inoltre, una “svolta di immagine” con gesti clamorosi: ad esempio, Tsipras avrebbe potuto presentare la sua Grecia come qualcosa che rompeva con il passato. Ad esempio, spedire di corsa sotto processo i governanti precedenti, da Karamanlis a Papandreu ecc., per la falsificazione dei bilanci statali (che, sino a prova contraria, è un reato anche grave), denunciando pubblicamente il danno fatto sia alla Grecia che all’Unione europea; questo avrebbe costituito uno shock abbastanza forte e, per quanto i paesi europei, tedeschi in testa, fossero consapevoli di quelle falsificazioni, non avrebbero potuto dirlo, né avrebbero potuto prendere le difese degli accusati essendo, almeno formalmente, le parti lese di quei falsi.
Una mossa di questo tipo avrebbe non solo avuto un certo impatto sull’opinione pubblica europea, importante per correggere l’immagine della Grecia, ma anche introdurre nel negoziato elementi più favorevoli ad Atene e, cosa non meno rilevante, indebolire l’opposizione “europeista” interna al paese.
Altra serie di errori di Tsipras: sulla valutazione dei rapporti di forze. Da un lato Tsipras non ha tenuto conto la possibile mossa di bloccare i prestiti interbancari, che ha messo a secco le banche greche, bloccando la liquidità: era una mossa abbastanza scontata, perché è evidente che questo sarebbe stato il modo di fiaccare la resistenza della società civile greca, non averla prevista è imperdonabile. Dall’altro Tsipras non ha valutato i punti deboli degli avversari: l’alto costo di un default greco con uscita della Grecia dall’Euro e, in particolare per la Germania, la situazione molto critica delle sue banche. A chi gli prospettava i guai di Atene in caso di ritorno alla dracma (in particolare la rapida svalutazione della moneta), i negoziatori greci avrebbero dovuto replicare con l’elenco degli effetti della Grexit sull’Euro e i paesi dell’eurozona. In primo luogo l’effetto diretto (abbastanza contenuto) di un default che “brucia” oltre 300 miliardi, ma, soprattutto la fine del dogma dell’irreversibilità dell’Euro e il rimbalzo della speculazione sui paesi deboli, una volta aperta la porta sulla possibile uscita di altri dalla moneta unica. E qui emerge un’altra inadeguatezza “tecnica” di Atene: non aver utilizzato modelli di simulazione che avrebbero potuto offrire stime credibili sugli effetti della Grexit tanto sulla Grecia quanto sull’Eurozona. Sicuramente Bce e tedeschi avevano fatto le loro simulazioni che tenevano ben coperte, era interesse dei greci scoprire il gioco e presentarne di proprie. Se anche i greci si fossero dotati di questi strumenti, il negoziato sarebbe stato più equilibrato e le sparate terroristiche dei tedeschi avrebbero avuto effetti molto più ridotti.
Quanto alle banche tedesche, non è un mistero che da almeno 4 anni navigano in brutte acque. Assumere le iniziative necessarie nelle sedi dovuto, avrebbe contribuito a “sfondare” il muro dell’opinione pubblica tedesca intaccandone la sicurezza e questo avrebbe creato non pochi problemi a Schauble. Sarebbe bastato anche solo accennarvi per mettere gli avversari sulla difensiva, magari per poco. E questo è stato l’errore di chiudersi del tutto in difesa.
Ci sono stati poi errori madornali nella conduzione della trattativa: in primo luogo trascinandola in lungo per 5 mesi, in una situazione in cui il tempo giocava contro e non a favore di Atene, che nel frattempo spendeva le sue ultime risorse per pagare le rate di interessi in arrivo.  In secondo luogo Tsipras e Vanoufakis hanno dato la sensazione di un continuo zig zag senza saper bene dove andare, facendo concessioni a tratti. Essere flessibili è necessario, ma questo non significa muoversi a casaccio. Fare concessioni  a sprazzi non ha suggerito una immagine di ragionevolezza dei negoziatori di Atene, ma una di inaffidabilità ed imprevedibilità. Sbagliata nell’esecuzione anche la mossa del referendum, deciso all’improvviso e vissuto dagli altri come una rottura delle trattative.
Atene avrebbe dovuto presentarsi con un suo piano organico, offrire subito quello che poteva offrire (e non a singhiozzo), chiedere immediatamente il taglio del debito ed in una misura precisa, prospettare le richieste di aiuti per la ripresa dell’economia reale, annunciare sin dall’inizio che l’accordo finale sarebbe stato sottoposto a referendum e prospettare chiaramente la possibile uscita dall’Euro con le conseguenze per sé e per gli altri. E, intorno a questo, sviluppare un’offensiva alla ricerca di sostenitori sia fra gli stati che nell’opinione pubblica europea. Realisticamente, la Grecia avrebbe dovuto chiedere un’ uscita concordata e controllata dalla moneta unica, ma questo era proprio il punto di debolezza della posizione greca: non prendere in considerazione l’uscita dalla moneta unica  neppure in via negoziale e concordata. Restare nell’Euro non poteva avere altra conclusione, anche se l’accordo finale è stato il peggiore possibile anche perché l’inutile negoziato (che molti di sinistra hanno scambiato per una fiera lezione di lotta: niente di più sbagliato) aveva fatto irrigidire gli interlocutori, dando spazio agli oltranzisti. Ma se, poi,  non fosse davvero esistito alcun margine vero di trattativa e l’esito della capitolazione fosse stato  inevitabile, vuol, dire che è stato fatto male il calcolo iniziale e che, invece, occorreva cercare subito di concludere l’accordo, anche al ribasso, ma che, comunque sarebbe costato meno di questo esito così crudo. In ogni caso Tsipras si è mostrato un pessimo negoziatore ed un peggiore stratega.
Più avanti torneremo sul problema dell’appartenenza della Grecia all’Euro e sulla praticabilità di una sua uscita.

Aldo GIANNULI

aldo giannuli, errori tsipras


Aldo Giannuli

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Comments (25)

  • Esegesi del Giannulianum: la Germania é uno stato fallito, solo che non ha portato i libri in tribunale e gode tutt’ora di buona stampa nel nord Europa.

  • Al solito, articolo chiarissimo e pieno di spunti interessanti.
    In generale sono molto d’accordo..
    Eppure, non c’è nessuna possibilità di corruzione/costrizione (magari minacce) verso Tsipras e compagni?
    Voglio dire, qui si considera l’opzione mediocrità, ma lei non assegnerebbe neanche una piccola percentuale alla possibilità che ci siano state pressioni forti (sia in forma di minacce che di tentativi di corruzione) sulla brigata Tsipras?

    • “.. corruzione/costrizione (magari minacce) v…” credo che nell’articolo siano tradotte come strategia politica. Nel caso in specifico costrizione da posizioni di forza )-:

  • questo articolo non fa’ una piega.
    Io pero’ concederei a Tzipras un attenuante solo per il punto a) ovvero
    ” la ricerca di alleati interni alla Ue e segnatamente verso i paesi indebitati come la Grecia (Portogallo, Cipro, Italia, Spagna)”
    c’e’ da dire che dopo la sua elezione Tzipras si e’ fatto un giro nel sud europa, ma cosa poteva raccogliere in quei paesi visti i loro governanti ?

  • può essere che il punto B da lei citato sia stato contenuto volutamente su considerazioni di sicurezza nazionale,aprire un conflitto anche su quella sponda avrebbe potuto scatenare il caos.

  • Gentile Professore, riprendo un Suo passaggio: “Sicuramente Bce e tedeschi avevano fatto le loro simulazioni che tenevano ben coperte, era interesse dei greci scoprire il gioco e presentarne di proprie.” Così è stato, i cinque mesi (Febbraio-Giugno) sono serviti proprio a fare le simulazioni, e quelle presentate segretamente da alcuni greci ad alcuni tedeschi sono anche piaciute in quanto permetterebbero una via di uscita ad entrambe le parti, fino ad oggi costrette a litigare dal “lor signori”, i veri padroni del tavolo.
    “Se anche i greci si fossero dotati di questi strumenti, il negoziato sarebbe stato più equilibrato e le sparate terroristiche dei tedeschi avrebbero avuto effetti molto più ridotti.” Le sparate ci sono state da entrambe le parti (vedi 61% al referendum e maggioranza allargata in parlamento ad Atene, salvo la finta di Varoufakis) per rassicurare i padroni del tavolo che la cosiddetta litigata proseguirà per altri tre anni, senza che essi, i padroni, se ne debbano occupare più di tanto. Nel frattempo però sul territorio greco si inizia una sperimentazione a cui tutti i sudditi e ex-sudditi di lor signori sono molto interessati, vale a dire greci, tedeschi, russi e cinesi. Questi ultimi addirittura si preparano a sperimentarla anche a casa loro: non è un caso che stia tremando il mercato finanziario di Shanghai e che a farlo tremare sia proprio la nomenclatura di Pechino.

  • Sottopongono alla vostra attenzione questo articolo. Potrebbe risultare illuminante (se veritiero) circa lo sviluppo delle cose. E confermare un mio sospetto: che in tutto questo il vero player fosse la Germania interessata ad alzare la posta di una partita coperta con gli USA. Quale potesse essere non so (annullare il TTIP? che, ricordiamolo, è essenzialmente sconosciuto nella sua sostanza), avere un maggiore “spazio vitale” commerciale (triste ricorso storico)? Sia come sia io credo la Germania l’abbia ottenuto.
    https://aurorasito.wordpress.com/2015/07/20/le-strade-di-atene-saranno-occupate-dai-carri-armati/

  • Perfetto e, almeno per me, anche istruttivo.
    Ma c’è un ma, anzi due:
    1) manca un accenno al ruolo svolto dietro le quinte dal convitato di pietra, invisibile ma ben presente e minaccioso al tavolo delle trattative: gli USA e la loro politica imperialista, sostenuta dal loro braccio armato – la Nato;
    2) la grande Finanza e i grandi gruppi economici, in grado di condizionare non solo l’Europa, ma anche tutti gli altri (Cina, Russia, India, ecc.).
    Questo non diminuisce di un ette la pochezza di Tsipras e Varoufakis, ma se non si allarga il discorso a questi due fattori determinanti, il tutto si riduce ad una guerra tra poveri (di idee e di spirito, oltre che di soldi nel caso greco).
    Bisogna avere prospettiva e pazienza di attendere che avvenga quello che deve avvenire: l’implosione del sistema economico mondiale basato sulla Finanza.
    Certo se si potesse governare la transizione verso un nuovo ordine di priorità, con il ritorno alla centralità del lavoro e dell’economia reale, la botta sarebbe molto meno dolorosa.
    Ma chi potrebbe (e vorrebbe) assumerne la guida? L’Europa, se fosse quello che gli idealisti padri fondatori auspicavano e speravano; purtroppo si è rivelata solo una promessa mancata.
    Di chi è la colpa? Di tutti, cioè di nessuno, e pensare di cavarsela crocifiggendo i greci, o i tedeschi, è un’altra illusione.
    P.S.: è da parecchio ormai che continua prepotentemente ad affacciarsi alla mia mente la storia della Torre di Babele. Che avesse ragione la Bibbia, ancora una volta?

  • alessandro smerilli

    Professore, lei si ostina a chiamare l’ex ministro greco dell’economia “Vanufakis” invece che Varufakis . E’ un atteggiamento voluto o un lapsus freudiano che richiama involontariamente alla mente una certa vanità e vacuità dello stesso?

  • Caro Professore,

    articolo ineccepibile, l’unica sfumatura che non mi trova completamente d’accordo è il continuare a sottolineare come causa della crisi greca la sua finanza pubblica.
    La Grecia ha truccato i conti è vero e ha nascosto parte del suo eccessivo deficit ma la vera causa scatenante è stato l’indebitamento privato, e il rosso fisso nella bilancia dei pagamenti che è arrivato a superare il 12% e quello era ben noto a tutti.

  • Marcello Romagnoli

    La ricostruzione proposta mi porta a domandarmi se in Grecia non ci sono esperti economici, politici ecc in grado dargli questi suggerimenti. O dobbiamo pensare che Tsipras non li abbia ascoltati?

  • Condivido tutto. Ho sempre battuto il chiodo dentro e fuori dal M5S sul tasto della competenza ma allora perché invece di continuare a guardare in casa degli altri non stimolare una evoluzione della situazione in casa nostra?

    O lo facciamo a posta per poi poter speculare sul fatto che i partiti sono giunti impreparati al default?

    Io ho provato a fare un punto della situazione su Scenari Economici. http://scenarieconomici.it/exitaliy-ecco-perche-non-siamo-pronti-la-task-force-che-manca-ma-che-ce/

  • Egregio professore non mi permetto di confutare le sue tesi soprattutto perchè a me mancano gli elementi storici e politici per farlo.
    Voglio fare solo alcune osservazioni su quello che sta accadendo all’ indomani della “disfatta” di Tsipras.
    Il suo governo si è praticamente frantumato e le imposizioni della troika, dopo l’ iniziale approvazione fatta in fretta e furia entro la fatidica mezzanotte, stentano ad approdare nel parlamento ellenico.
    Infatti, secondo un articolo del FQ, dopo il primo pacchetto i partiti sia di maggioranza che di minoranza stanno facendo una melina preelettorale essendo ben consci di cosa vuol dire approvare misure del genere prima di un voto nzionale che molto probabilmente arriverà già a settembre.
    Quindi quello che si prospetta da qui a qualche mese è un vero e proprio stallo che di sicuro danneggerà ancora di più i greci ma contemporaneamente mostrerà al mondo intero ancor di più l’ inefficacia della inadeguatezza di questa europa.
    Onestamente non so dire se questo sia un bene o un male.
    Credo che solo il tempo ce lo dirà.
    Ma di sicura se Tsipras piange lacrime amare, di certo questa Europa non ride.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/21/grecia-lo-tsipras-ii-e-appena-nato-ma-gia-traballa-e-rischia-di-non-avere-i-voti/1894169/
    Sempre sul Fq è apparso un altro articolo dove si legge come il governo ellenico stia facendo il “furbo” sulla riforma del sistema bancario.
    Anche qui bisognerà se è un’ altra spacconeria dei greci oppure se è una strategia alternativa alla guerra contro la troika.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/21/grecia-bce-atene-mina-indipendenza-operativa-della-banca-di-grecia/1895219/

  • questo articolo mi sembra abbastanza infelice. Forse capisco da dove deriva il livore da parte di Giannuli nei confronti di Tsipras e compagni. Deve essere una reazione alla pochezza del M5S e delle sciocchezze che vanno raccontando in giro e che la POLITICA (con la lettera maiuscola) di Tsipras indirettamente mette in luce, anche nei momenti difficili.
    Bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di ammettere lo stato dei rapporti di forza in Europa ed all’interno dei singoli paesi. Tsipras non aveva alcuna forza per fare quello che propone Giannuli. Ha fatto quello che poteva (magari sbagliando, anche tanto) e cioè:
    1) mettere il tema al centro del dibattito politico europeo (e ricordo al Nostro che in Italia il M5S si è guardato bene dal chiedere un dibattito parlamentare su quanto accaduto, come ha fatto Sel e come è avvenuto in Spagna e Francia).
    2) stipulare un accordo di lungo periodo nella speranza che il tempo e l’evoluzione politica negli altri paesi aprano nuove opportunità.
    3) cercare alleanze tra e negli altri paesi sfruttando le contraddizioni che si stanno creando (se poi i partner hanno la statura morale e politica di Renzi e Rajoy non credo che sia colpa di Tsipras). Podemos ha costantemente sostenuto Tsipras, per esempio, anche dopo l’accordo.
    Ma la cosa più inquietante è che Giannuli sembra non accorgersi che tutta la vicenda ha avuto delle ripercussioni notevoli nel dibattito degli altri paesi (almeno di quelli che contano, come Germania e Francia). Forse era troppo distratto o forse la testa è sempre rivolta verso l’Italia, dove tra il peso piuma Renzi e l’inutile opposizione vanesia del M5S, c’è veramente poco da stare allegri.

    P.S. a proposito di sciacallaggio: il M5S in gran delegazione era andato ad Atene prima del referendum a caccia di telecamere e pubblicità a buon mercato. Per giorni hanno elemosinato un incontro (sempre a favore di telecamere) con Tsipras che, giustamente si è guardato bene dal prestarsi a pagliacciate di questo genere. Hanno gioito per la vittoria del referendum (sempre e favore di telecamere) poi, ad accordo raggiunto (siccome sembrava poco spendibile e vittorioso nell’arena della politica spazzatura italiana) hanno cominciato a criticare Tsipras dandogli del dilettante. Veramente un esempio da manuale di cosa NON deve essere una forza politica: qualunquismo, opportunismo e zero analisi dei rapporti di forze, della situazione e dei contenuti.

      • non sono Yuri e mi sarebbe piaciuto avere un nome importante come Giandavide.
        Magari rispondere nel merito, invece che con un semplice buongiorno, educato ma povero, aiuterebbe una discussione meno personalistica (Tsipras genio o cretino) e più politica (tipo la lotta di classe e la fase)…

        Mi saluti Yuri e Giandavide, li vede sicuramente più di me 🙂

  • Supponiamo che Tsipras sia stato davvero un pessimo stratega. Cosa si deve dedurne, riguardo alle modalità di reclutamento dei politici? Il capo di Syriza può esser considerato un politico di professione, per gli incarichi pubblici e di partito che ricopriva da anni. Bonaparte, passato in un lampo dalla sola attività militare a quella politica, va considerato un cattivo politico? In breve: che cosa dobbiamo pensare della ” professionalità ” in tale campo?

    • questa è una domanda interessante che mi ispira un articolo
      però Bonaparte lo lascere… da parte, mi pare non faccia testo

      • Va bene, le circostanze e il personaggio erano eccezionali…come avrà compreso( lo preciso per chi legge )il senso dell’esempio era nel chiedersi: un dilettante potrebbe fare meglio di un professionista? Attendo il suo articolo.

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