Turchia e Russia: i giochi d’azzardo del fronte siriano.
L’abbattimento del Su-24 russo da parte dei Turchi apre una fase diversa del conflitto mediorientale per comprendere la quale occorre iniziare dalla logica che guida i due contendenti ed i due “convitati di pietra” (Usa ed Isis).
Erdogan coltiva confessatamente il sogno neo ottomano di una “Grande Turchia” che torni ad essere grande potenza di area e la satellizzazione della Siria (o di una sua larga porzione) è il primo passo in questa direzione. Si comprende perfettamente come l’intervento russo in appoggio ad Assad (ma, più che a lui personalmente, al suo clan alawita) sia un disturbo insopportabile di questo disegno. E, peggio ancora, se questo si accompagna ad un avvicinamento americano ai russi da un lato ed all’Iran (altro disturbatore sul fronte siriano) dall’altro. Questo realizzerebbe una “tenaglia” che escluderebbe la Turchia dai giochi ed il timore principale è che questo possa favorire la proclamazione di uno stato dei curdi, ad oggi, unici a combattere realmente l’Isis.
La sostanziale complicità della Turchia con l’Isis (come altrimenti spiegare il tranquillo flusso di petrolio, armi e combattenti da e per il Califfato?) è una soluzione tattica sia in senso anti curdo, sia per tenere la tensione funzionale a tenere aperta la situazione, sia come antemurale verso la marea sciita che sale.
Ma questo schema è in forte contraddizione con un altro aspetto della politica di potenza di Ankara: Erdogan gioca a tutto campo e sta cercando buoni rapporti con la “comunità di Shangai” (composta da Cina, Russia e quattro stati centrasiatici dell’ex Urss) ed ha seri interessi economici in comune con Mosca che, a sua volta, ha interesse a tenere buoni rapporti con la Turchia sia per far passare alle sue navi lo stretto dei Dardanelli che per la “partita dei gasdotti”.
Ma, allora, perché la Turchia si è indotta ad un passo così rischioso che rischia di precludergli l’operazione “comunità di Shaghai” e mette a rischio i lucrosi affari con Mosca?
La partita economica non ha scadenze immediate ed Ankara può sempre pensare di recuperare la rottura in un secondo momento, mentre il rischio del consolidarsi dell’asse russo-alawita-iraniano in Siria è imminente ed assai concreto e fa paventare ancor più la temuta nascita dello stato del Kurdistan, con successivo pericolo di secessione delle sue province sud orientali. Quel che sarebbe un disastro dal quale uscirebbe una Turchia più piccola, altro che Grande!
L’abbattimento del jet russo punta ad una serie di effetti a catena: creare una situazione di forte tensione con la Russia che, se incassa il colpo senza reagire, ne esce seriamente ridimensionata ed è costretta ad abbassare il tiro in Siria, se reagisce militarmente crea una situazione di potenziale conflitto con la Nato (cui, sciaguratamente, la Turchia appartiene) ed, intanto, questo rilancia il conflitto ucraino che stava scemando preoccupantemente (per Ankara); in ogni caso questo spezza momentaneamente ilo fronte anti Isis e tiene la situazione ancora aperta. Dunque, una sorta di operazione “rischio calcolato”.
La Russia, dal canto suo, pur non avendo particolari motivi di urto con la Turchia (in fondo, può fare i suoi giochi in Siria senza entrare in conflitto diretto con i Turchi), si trova, però, in un momento difficile della sua strategia. Dal 2008, con la crisi georgiana, si è riproposta sullo scenario mondiale come grande potenza, quantomeno di area, dopo il “ventennio delle umiliazioni” che l’aveva ridotta al rango di media potenza marginale. Successivamente le aspettative di Mosca sono cresciute e la “sfilata della vittoria” il 9 maggio, con la partecipazione di reparti cinesi e con la presentazione del nuovo carro T 14, lo ha chiarito molto bene. La Russia punta ad un equilibrio mondiale a tre con se stessa al centro fra Usa e Cina. L’intervento in Siria, un intervento militare fuori dell’area dell’ex Urss per la prima volta dopo 25 anni, è la dimostrazione di questo nuovo ruolo di grande potenza di serie A. E questo approfittando dell’indecisione euro americana sul che fare verso il Califfato.
Dunque, come puà incassare il colpo senza reagire? In qualche modo, deve dare una dimostrazione di forza perché diversamente tornerebbe al rango di potenza di serie B. Però non può liquidare il tentativo di riavvicinamento agli Occidentali. La Russia ha offerto la sua disponibilità a cavare la castagna dal fuoco dell’Isis per conto degli euro-americani, ma, ovviamente in cambio della chiusura delle sanzioni economiche. Dunque, non può né farsi mettere il bastone fra le ruote da una Turchia qualsiasi né scatenare una guerra che riaproirebbe con violenza la ferita ucraina.
Per ora Mosca si limita a mostrare i muscoli, schierando navi e missili, ma assicurando di non avere intenzioni di scatenare una guerra con l’incauto vicino. Peraltro, non ha neppure richiamato l’ambasciatore ad Ankara. Questo però non esclude né che possa esserci un nuovo “incidente di confine” a parti invertite, né il blocco dell’adesione turca alla comunità di Shanghai, né una campagna mediatica sui rapporti fra turchi e Califfato, né operazioni coperte ( ad esempio, armare sino ai denti i curdi del Pkk). Anche qui, le scelte saranno fatte sulla base del “rischio calcolato”.
Gli americani, e di conseguenza la Nato, non sanno che pesci prendere, spandono fiumi di camomilla: i russi non stanno simpatici, ma rinunciare ad una loro mano per chiudere la questione Califfato sarebbe sciocco, non possono abbandonare un paese Nato, ma via via che dovessero venire fuori le sue compromissioni con l’Isis, diventerebbe impossibile continuare a fingere di ignorarle. Per cui si limitano a predicare la clama e magari proporranno una loro mediazione se la situazione dovesse salire di temperatura.
Al contrario, l’Isis ha interesse a rilanciare la tensione: sin qui hanno dimostrato di essere abilissimi ad infilarsi nelle spaccature e nelle indecisioni degli altri e la cosa più probabile è un nuovo attentato mirato ad approfondire la rottura del fronte avversario.
Tutti giocano d’azzardo, camminando pericolosamente si una corsa assai sottile. Il guaio peggiore è che ciascuno ha in mano una fiaccola accesa, che sotto c’è una catasta di dinamite pronta ad esplodere e che ai margini dello spettacolo ci siamo noi a guardare.
Aldo Giannuli
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victorserge
domanda: chi è il nostro nemico?
la russia e assad, o l’isis?
qui si piange la morte di 130 persone a parigi mentre il nostro alleato turco ne foraggia l’apparato militare?
ridomando: ma noi da che parte dovremmo stare?
dalla parte della nato(turchia)-isis, oppure dalla parte chi combatte contro l’isis che ha ucciso proditoriamente 130 persone a parigi?
altra cosa: ma i russi hanno o no violato lo spazio aereo turco; e se sì era il caso di abbatterlo?
e i russi avevano qualche ragione militare di invadere il cielo turco e farsi abbattere, sapendo che comunque non avrebbero esercitato alcuna ritorsione?
aspetto risposte, se ci sono.
cordialmente
victor serge
Herr Lampe
Non sono un esperto ma mi è capitato di ascoltare l’ex generale Tricarico a Rainews24, che in sostanza ha detto: gli sconfinamenti negli spazi aerei sono un fatto assolutamente frequente, che può accadere per le più diverse ragioni, spesso involontarie. La Turchia quindi, anche se stesse presentando una ricostruzione corretta dell’evento, avrebbe torto perché avrebbe violato i protocolli Nato, che vietano di abbattere un aereo a meno che non si sia sotto attacco.
Tricarico si ferma qui.
Aggiungerei una domanda: perché Obama si è sbilanciato in favore dei turchi in modo tanto smaccato, stante che la loro responsabilità è del tutto evidente?
simone
Gli sconfinamenti dei bombardieri russi si stanno producendo continuamente, dato che la zona in cui stanno operando è molto vicina al confine con la Turchia. Il problema è che in quella zona non c’è l’Isis ma bensí ribelli “anti Assad” che per i russi sono un problema ma che per Ankara sono alleati nella lotta contro il regime di Damasco.
E´ vero che i russi hanno violato lo spazio aereo turco ma è altrettanto vero che si trattava di sconfinamenti della durata di pochi secondi che non rappresentavano nessun pericolo per la Turchia.
Il Sukhoi-24 è stato abbattuto perchè bombardava gli amici di Erdogan, la rotta del caccia è stata una semplice scusa.
benito
@ Simone
‘… Il problema è che in quella zona non c’è l’Isis ma bensí ribelli…”
e chi sarebbero questi ribelli? degli islamici moderati?
Siamo proprio sicuri che non siano affiliati con Daesh?
simone
Sì,sì….quello che voglio dire è che l’idea di abbattere un caccia russo era premeditata e che la violazione dello spazio aereo non è altro che un pretesto. Credo che le sfumature siano importanti, per noi (qui a casa davanti al pc) un gruppo guerrigliero o l’altro sono facili da confondere ma per Erdogan il fatto che i russi bombardino i turcomanni è ungrosso problema; stato islamico o no Ankara vuole spazzar via Assad, premessa necessaria allo sviluppo del progetto ‘grande Turchia’ ma se Mosca gliele da di santa ragione a tutti la cosa si fa grama.(x loro)
Zerco
Giannuli, nelle sue pur meticolose e pertinenti analisi, continua però a considerare l’Isis alla stregua di un soggetto statale riconosciuto. Dimentica che quello doveva essere il Consiglio Nazionale Siriano, “l’unico rappresentante legittimo del popolo siriano” come l’avevano definito i governi occidentali (NATO) e compagni di merende del Golfo riuniti negli “amici della Siria” fin dal 2011 e con il perno dei Fratelli Musulmani, freschi protagonisti delle “primavere arabe” di marca NATO-CCG. Questa infatti doveva essere l’applicazione siriana dello schema libico, come disse l’allora segretario generale della NATO Fogh Rasmussen (lo cito: «l’intervento in Libia è un modello perfetto ed efficace, pronto per essere applicato in altri contesti»). Lo schema “amici di…”, con il suo ESL (Esercito Libero Siriano) è andato a farsi benedire ben presto per le liti interne e perché il governo siriano (che non è una dittatura alawita) e l’esercito siriano (che è all’80% sunnita, non alawita, altra imprecisione di Giannuli, ma non è colpa sua) hanno resistito e infine perché, nel settembre del 2013, Putin ha scongiurato l’attacco militare di Obama a seguito del falso pretesto delle armi chimiche.
A quel punto, siamo nel 2014, è arrivato l’Isis, costruito a bella posta per essere riferimento unitario della propaganda e politica di aggressione dell’Occcidente alla Siria e all’Iraq. Ma l’Isis non è “il soggetto” della rivolta siriana, è solamente l’ultimo “biglietto da visita” della lotta al terrore (cioè guerra di aggressione al medio oriente) iniziata nel 2001. Rispetto agli altri gruppi di terroristi che si trovano in Siria e in Medio Oriente – Nord Africa ha il “pregio” di ricevere più soldi e di avere più supporto mediatico dal network di stati e potentati che ha aggredito la Siria.
Lo dimostra proprio Erdogan nella sua ultima penosa giustificazione dell’abbattimento del Sukhoi russo: “dobbiamo difendere i nostri fratelli Turcomanni”.
Chi sono ‘sti Turcomanni? Sono una minoranza riconosciuta? Sono una minoranza autodichiarata? Sono ribelli buoni o cattivi? Sono siriani o turchi? Da che parte stanno? Da dove vengono? Chi li arma? Cosa vogliono? Sono “amici della Siria” o amici solo di Erdogan? Sono “democratici” (USA)? Sono jihadisti?
Evidentemente la sigla dell’ISIS, che fa tanto comodo ai governi occidentali per muovere le truppe e farsi finanziare le spese militari in deroga ai vincoli di bilancio, non riesce a coprire proprio tutto.
Questo errore dell’ottimo Giannuli è perfettamente scusabile, perché l’esigenza di “riconoscere l’Isis” come soggetto statale era (ed è ancora in parte) un cavallo di battaglia di molti opinionisti e analisti “maitres à penser” della stampa italiana; un’idea perfettamente strumentale al progetto di spartizione del Medio Oriente elaborato dai think tank statunitensi e sionisti (detto piano Yinon), che ha intossicato la visione sui fatti siriani e mediorientali.
A turno tutti i principali cervelloni del pensiero democratico-oligarchico-atlantista, da Paolo Mieli fino a Lucio Caracciolo si sono spesi per dare al “califfato” dignità statale.
Ricordo anche un'”analisi” sbalorditiva di Lorenzo Trombetta (corrispondente dell’Ansa per gli “Amici della Siria” e ESL) su Limes che diceva che gli uomini dell’Isis amministravano bene le zone conquistate, perciò quella dell’Isis non era un’esperienza da distruggere alla leggera!
Veda un po’ lei…
Aldo Giannuli
chiedo scusa , ma quando mai ho detto che l’Isis è uno stato ricponosciuto o da rIcopnoscere?
Zerco
non ho scritto “G. considera l’Isis un soggetto statale” ma “tratta alla stregua di”
Zerco
ooopss… vedo adesso che ho scritto “considera alla stregua di…” e non “tratta” (che era meglio) beh, quello che dà la sfumatura è la “stregua”
Aldo Giannuli
e da che lo deduci scusa?
Zerco
lo deduco da questo e da altri articoli scritti in precedenza nei quali vengono individuati gli attori in gioco: la Siria, la Turchia, la Russia, l’Arabia Saudita… il Califfato (o Isis). Siamo d’accordo che per dare una panoramica dei fatti è necessario semplificare, ma è proprio questa semplificazione, questa reductio ad unum della guerra siriana e delle forze in gioco che è fuorviante.
Tu lo fai (e lo fai, su questo argomento) per mantenere la tua chiarezza di esposizione: ci mancherebbe altro, ti leggo da troppo tempo per non cogliere il tuo pensiero e la tua onestà intellettuale, ma ci sono tanti altri ai quali questa stessa reductio ad unum (da Mieli a Mauro a Bernard Henri-Levy per citare solo i più infidi) serve per inquinare e per giustificare scelte politiche inconfessabili, se non per motivare progetti di ridefinizione distruttiva del mondo (vedi piano Yinon, PNAC, NWO, ecc…)
Aldo Giannuli
mai sentito parlare di Stati di fatto? Non sono riconosciuti e non è detto che lo saranno, ma esistono
Anna
“La Russia punta ad un equilibrio mondiale a tre con se stessa al centro fra Usa e Cina”.
E’ meglio di gran lunga un equilibrio multipolare piuttosto che unipolare. La storia degli ultimi 15/20 anni, con una sola potenza militare che faceva il bello e cattivo tempo, lo dimostra.
Quindi, visto che i nostri “alleati” fino ad ora hanno pensato solo ai loro sporchi comodi ed intrighi rendendo il mediterraneo ed il medio oriente una polveriera, ben vengano altri soggetti che potrebbero fungere da equilibratori e questo senza voler fare il tifo per l’uno o per l’altro.
Perché io se proprio dovessi tifare lo farei per il disarmo completo.
Lorenzo
Articolo e interventi di alto livello, che hanno contribuito a chiarirmi la situazione.
Lo stato di incertezza in cui versa l’impero e i suoi satelliti è testimoniato dal fatto che sui giornali più allineati come il foglio della Confindustria si comincia a dire la verità, cosa inimmaginabile 10 anni or sono:
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-25/se-ogni-paese-sceglie-fare-propria-guerra-070515.shtml?uuid=ACKm9sgB
Caruto
Negri e’ uno dei maggiori esperti di Medio-Oriente, conviene leggerlo sempre.
Ieri (25.11.2015) a Otto e Mezzo ha duettato con D’Alema, offrendogli su un piatto d’argento la possibilita’ di presentarsi come potenziale mediatore sul caso libico, visto il disastro del diplomatico ONU scappato con un contratto da 50 mila dollari al mese pagati dall’Arabia Saudita.
Dall’articolo di Negri si capisce quanto la situazione sia intricata e quanto sarebbero da sculacciare pesantemente tutti quelli che in televisione o sui giornali si presentano con verita’ apodittiche.
leopoldo
se qualcuno, tipo i russi, raggiungessero un accordo coi sunniti baathisti che sono poi quelli che hanno organizzato militarmente il casino, i turchi se la vedrebbero veramente male (-:principalmente per quel paio di bombe sui manifestanti la settimana prima delle elezioni
mirko g. s.
Prof. le faccio questa domanda in quanto sinceramente non mi è molto chiaro se l’ISIS abbia o meno troncato i rapporti cogli USA. Vedendo che non hanno mai neppure a parole cercato di colpire Israele nè si sono mai azzardati a quanto mi consta di intaccare gli interessi USA e vedendo che gli Stati Uniti avrebbero ben potuto colpirli nel vivo (alludo alle storie sulle carovane e gli oleodotti strumenti di commercio del califfato mai colpiti o bombardati) ma non l’hanno mai fatto mi viene il sospetto che in realtà gli americani abbiano ancora rapporti in essere con questi criminali che a quanto si dice sono quanto mai eterogenei avendo nelle proprie fila fuoriusciti di tutte le guerriglie finanziate dagli USA. Inoltre gli USA hanno finanziato i ribelli contro Assad, non hanno mai riportato all’ordine l’alleato turco ma al contrario lo spalleggiano e l’ISIS è nata proprio in funzione anti-Assad… la Giordania aveva annunciato la guerra al califfato dopo il vile assassinio di un proprio pilota e non si sono mossi e l’Arabia Saudita continua ad essere un Paese arabo “moderato” malgrado sia l’esatto contrario… sono ambedue Stati vicini agli USA. Insomma a me sembra che gli americani e chi è solidale con loro si astengano da ogni azione contro il califfato e quest’ultimo evita di colpire i loro interessi almeno in misura palese. Non è che gli Stati Uniti in realtà stiano nel pieno degli aiuti al califfato mentre dicono sia una creatura sfuggita al loro controllo?
Gaz
Tayyip, mezzo democristiano, mezzo amico di Silvio, mezzo amico di Putin, mezzo amico di Israele, mezzo amico di Obama, mezzo amico dei Saud … vuole fare il domatore di leoni selvaggi, ma deve essera attento non ad essere predatore, quanto preda.
andrea z.
Putin aveva distrutto con i suoi raid aerei il traffico di petrolio dell’ISIS che portava ingenti guadagni agli stati della cosiddetta “coalizione anti ISIS” e ad alcuni membri influenti dell’elite come il figlio di Erdogan; quindi era logico aspettarsi una vendetta.
Ma questo abbattimento è servito anche a colpire il mito dell’invincibilità russa nella guerra siriana.
I bombardamenti missilistici mirati dal Mar Caspio, i successi dell’aviazione russa e dell’esercito di Assad addestrato dai russi avevano creato una certa inquietudine tra i vertici NATO e gli alleati degli americani.
Il fatto che un F-16 distrugga un Sukhoi serve a dimostrare che questi russi non sono poi così invulnerabili e a rassicurare gli alleati sulla superiorità della tecnologia militare americana.
MIchele
…DUE f16, velivoli dalle spiccate dote di caccia intercettori, contro UN su24, bombardiere paragonabile al tornado… non ci è dato di sapere, dal tuo commento, il tipo di supporto e di copertura offerto dai russi nè se (ma ragionevolmente credo di no, interpretando le parole di Putin che parlato di “pugnalata alla schiena”) essi si aspettassero un attacco del genere : la cosa può fare la differenza e il fatto che minaccino di o stiano per dispiegare determinate attrezzature di contromisura lo può testimoniare. Se hai qualche dettaglio in più ti invito a condividerlo :può essere interessante.
Grazie!
andrea z.
Il bombardiere russo non era scortato dai caccia, perchè dopo l’incontro con Obama, Putin aveva avuto rassicurazioni sulla partecipazione dei Paesi NATO all’alleanza anti ISIS.
Strano che Putin si sia fidato, pur sapendo che l’ISIS è una creazione occidentale e degli Stati sunniti, la cui funzione è proteggere i confini israeliani e disarticolare gli alleati dell’Iran sciita.
La cosiddetta “guerra all’ISIS” è tutta una bufala, creata ad uso e consumo delle masse; per una volta Putin ha dato credito alle favole americane e adesso starà rimuginando sulla sua ingenuità.