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Elezioni: facciamo il punto

Ormai si avvicinano le scadenze in vista delle elezioni e, forzatamente, il quadro politico inizia a prender forma; pertanto, non è male fare il punto della situazione occupandoci per ora delle liste di sinistra.

RIVOLUZIONE CIVILE: le associazioni ed i movimenti riuniti in “Cambiare si può”, a cominciare da Alba,  si sono ritirate; dopo aver constatato che (come era prevedibilissimo dati anche i tempi stretti) le decisioni erano prese nel comitato ristretto composto da Ingroia e dai  leader di Rifondazione, Idv, Pdci. Contro quanto era stato fatto balenare, sia Di Pietro, sia Di Liberto, sia Ferrero saranno candidati; il simbolo è molto debole e gioca tutto sul nome di Ingroia che, dal canto suo, propone una serie di nomi rispettabilissimi, ma tutti espressione del movimento antimafia, il che sottolinea il carattere monotematico che la lista va assumendo.

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La solita, vecchia trappola del voto utile

Sinceramente, questa volta non so proprio cosa voterò, forse M5s, forse mi asterrò a modo mio, forse voterò una lista di sinistra tipo De Magistris (se ci sarà); aspetto di vedere che scheda si presenterà per decidere. Una cosa però, la so con certezza: alle politiche non voterò per il Pd o per qualsiasi suo alleato. D’altra parte, se devo parlare con qualcuno, prendo in considerazione il padrone di casa, non la servitù. Il discorso potrebbe essere diverso per la Regione, ma anche qui vediamo che minestra si prepara. Ma, per le politiche il discorso è chiuso in questo senso. Come immaginavo, sugli spalti ci sono già ci sono i tifosi che incitano al voto utile per sbarrare la strada al ritorno del Caimano. Di fronte ad una tale orrenda prospettiva, astenersi o non votare per chi potrebbe sbarrare la strada al mostro, è masochismo? Calma e gesso.

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Sinistra radicale: non c’è più niente da fare (almeno per questo giro)

Diversi amici e compagni mi sollecitano un parere su cosa dovrebbe fare la sinistra radicale in vista delle elezioni. Risposta semplice: nulla e passare la mano. Infatti, almeno per questo giro, non c’è nulla da fare, la sinistra radicale si è suicidata: non si possono perdere 4 anni e 10 mesi e pretendere di risolvere tutto con un tentativo degli ultimi due mesi, siamo seri! Iniziamo da Vendola: la scelta di sottoscrivere l’alleanza con il Pd si è risolta nel disastro che era stato facile prevedere. Nichi, che due anni fa di questi tempi, sognava di arrivare primo in elezioni primarie della sinistra (e forse avrebbe potuto anche farcela)  non è arrivato neppure al secondo turno, surclassato da Renzi che ha preso il doppio dei suoi voti. Per cui, l’alternativa a Bersani non era alla sua sinistra ma alla sua destra ed a Nichi non resta che fare la ruota di scorta di un Pd esplicitamente orientato a mantenere la linea fallimentare del rigore montiano.

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Adesso si capisce perché il sistema proporzionale è l’unico accettabile?

L’eterna questione del sistema elettorale tiene banco:

1. il Pd si infuria perché vuole il premio almeno al 10% e non accetta la soglia del 40 o del 42,5% per far scattare il premio

2. Si infuria anche Grillo per le stesse ragioni, invocando la prescrizione europea che interdice ogni modifica anche parziale delle leggi elettorali in prossimità di elezioni (cosa peraltro giustissima perché è inammissibile cambiare le regole del gioco un minuto prima di iniziare la partita)

3. Pdl, Lega ed Udc, invece vogliono un sistema tendenzialmente proporzionale, con un premio ridotto che possibilmente non scatti, come non scattò quello della legge-truffa (che era molto meno truffa del Porcellum e simili, per la verità).

Non ci vuole molto a capire che sia il Pd che Grillo, incoraggiati da sondaggi e recenti risultati alle amministrative, pensano ciascuno di arrivare primo, ma sanno di essere sicuramente sotto il 40%, per cui, per questa occasione, gli va benissimo il Porcellum che trasformerebbe il loro 25-30% in un ballante e sonante 54% di seggi (alla Camera), che gli consentirebbe di governare in solitudine (lasciamo da parte, per ora, il problema del Senato).

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Elezioni in Sicilia: terremoto in arrivo e mosse disperate

In sintesi:
-il Pdl si squaglia come un gelato all’Equatore, passando da 900.000 a 247.000 voti (persi più di 2 su 3);
-il Pd “vince” ma perdendo 248.000 voti (1 su 2);
-l’Udc, non solo non intercetta un voto di quelli persi dai partiti maggiori, ma ne perde 130. 000 dei suoi (più di 1 su 3);
-la lista Sel-Federazione della sinistra va malissimo perdendo 25.000 voti sui risultati del 2008 (il peggior risultato in assoluto, rispetto al quale c’era stata una ripresa alle europee dell’anno dopo);
-il Movimento 5 stelle decuplica i voti rispetto a 4 anni fa e sfiora il 15%

L’astensione, per la prima volta nella storia delle consultazioni elettorali dal 1945 in poi, supera la metà degli elettori.

Il quadro mi sembra chiaro: se le formazioni di destra si dissolvono, il Pd non rappresenta alcuna alternativa ed affonda più lentamente del suo concorrente, ma affonda. Non è la crisi della maggioranza di destra, ma la crisi del sistema politico che precipita. Se si trattasse di indicazioni valide a livello nazionale, dovremmo dedurre che i partiti interni al sistema non superano il 35% dei consensi totali. E, infatti, il boom delle astensioni è un evidente segno politico di ritiro della fiducia degli elettori nei confronti del sistema nel suo complesso.

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L’“Opa ostile” di Renzi

Secondo un recentissimo sondaggio, al primo turno delle primarie del Pd (che non sappiamo con che regole si svolgeranno, ma, soprattutto, che non si capisce a cosa serviranno) Renzi dovrebbe risultare in leggero vantaggio su Bersani, pur non raggiungendo il 40% (soglia prevista per vincere al  primo turno). Comunque, Bersani, aggiungendo al suo 35% il 17-18 previsto per Vendola, dovrebbe farcela al secondo turno. Sarà ma non ne siamo molto convinti. In primo luogo perché non è affatto detto che Renzi non faccia un allungo, magari favorito da un flusso di voti di destra, e raggiunga il 40% con il quale risulterebbe eletto senza secondo turno (in fondo si tratta di mettere insieme un 1,5%-2,5% in più, vale a dire intorno ai 40.000-50.000  voti: non tanti direi).

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Monti? Più che un tecnico, una bestia

Il Presidente del Consiglio Monti, nel suo Alto magistero, ci fa sapere che lo Statuto dei diritti dei lavoratori è stato un danno per l’occupazione, perché, ingessando l’economia con troppi diritti per i lavoratori, ha scoraggiato gli investimenti che avrebbero creato lavoro. In effetti, se i lavoratori fossero tenuti 16 ore alla macchina, possibilmente legati con una solida catena, in modo da evitare inutili interruzioni per stupide ragioni fisiologiche, non perdessero tempo in assemblee sindacali, ricevessero un salario di pura sussistenza, come nelle zone interne della Thailandia o della Birmania, sarebbe molto più conveniente investire in Italia e ci sarebbe tanta occupazione in più. Considerando poi che con un trattamento simile, una parte considerevole dei lavoratori non raggiungerebbe l’età della pensione, questo rappresenterebbe un vantaggio per le casse statali, produrrebbe un turn over assai veloce e proprio non ci sarebbe disoccupazione.
Monti è un vero progressista! Però ci deve dare qualche spiegazione su come lavora lui.

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Legge elettorale: è in arrivo il “suinellum”

A quanto pare siamo in dirittura di arrivo per la nuova legge elettorale, che tanto nuova poi non è. Procediamo con ordine, iniziando dalla Camera le cui novità, grosso modo, sarebbero le seguenti:

1-il premio di maggioranza da variabile (oggi attribuisce il 54% dei seggi alla coalizione arrivata  prima, qualsiasi sia la percentuale di voti ottenuta) diventa fissa (+15% dei seggi per il Pd, + 10% per Udc e Pdl).
In via subordinata viene ipotizzato dal Pd di mantenere l’attuale meccanismo di premio al 54% dei seggi alla prima coalizione.

2-la soglia di sbarramento viene aumentata dal 4% al 5% nazionale, anche se non è ancora chiaro se la cifra va riferita a ciascuna lista o alla coalizione, per capirlo occorrerà vedere l’articolato di legge. Sembrerebbe che il riferimento debba intendersi alle singole liste (come è nell’attuale legge), ma così potrebbe verificarsi il caso di una coalizione di 8 partiti, tutti al di sotto della soglia del 5%, ma al di sopra del 4%, che resta del tutto esclusa dal Parlamento, pur avendo totalizzato quasi il 30% dei voti.  Anzi, potrebbe verificarsi –in teoria- il caso di una coalizione che vince le elezioni arrivando prima, ma, essendo composta solo da liste sotto quoziente, ottiene solo il 15% dei seggi del premio di maggioranza. Vice versa, se dovessimo intendere che il 5% debba essere raggiunto dalla coalizione, si tratterebbe di un quoziente  quasi inefficace ed irrazionale: potrebbe accadere che sei liste ciascuna intorno alla 0,9% dei voti ottenga la rappresentanza, mentre un partito che si presenti da solo ottenendo il 4,9% ne resti escluso. Aspettiamo di capire cosa vogliono.

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Prossime elezioni: uno scenario greco?

Fare delle previsioni sulle elezioni, quando non si sa quando si voterà, con quale sistema elettorale e con quali partiti e coalizioni è come azzeccare il superenalotto del secolo. Però bisogna provarci perché è sulla base di queste aspettative che lorsignori cercheranno di imbastire una qualche legge elettorale a loro uso e consumo. Partiamo supponendo che la legge resti quella attuale. In primo luogo identifichiamo i poli che, grosso modo, potrebbero essere tre:

1-Destra (Pdl, civiche collegate, Destra di Storace forse, ma è poco probabile, la Lega)

2-Centro sinistra (Pd, Udc, eventuali civiche come quella dei sindaci o quella ispirata da Repubblica, di cui si parla)

3-M5 Stelle.

Restano fuori, da collocare:
Lega, Fli-Fini, socialisti, radicali, Sel, Idv, Rifondazione, Pdci ed alcune possibili novità come la lista di Cordero di Montezomolo, Alba o una lista di ispirazione Fiom. Allo stato dei fatti, una lista Cordero-Monti sembra una ipotesi tramontata.

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