Tag: uscita dall’euro

Le ragioni geopolitiche dell’austerità. Un commento.

Il Dott. Giuseppe De Paolini, economista, già docente dell’Università di Torino, ci invia molto gentilmente un interessante commento al recente articolo di Lamberto Aliberti “L’Austerity: se non guarisce, uccide“. Lo ringrazio vivamente e auguro buona lettura!

Di Giuseppe De Paolini. La conclusione dell’articolo, desunta dal ragionamento e dall’intreccio di statistiche reali e finanziarie con modelli econometrici  (di cui in questo momento non conosco compiutamente la struttura) è sicuramente condivisibile nella sostanza. Mi permetto solo di osservare che la genesi delle politiche di austerità è spesso  di natura geopolitica  per cui la loro durata e pesantezza dipendono da  questo fattore.

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Merkel-Tsipras: chi ha vinto?

La trattativa di venerdì si è conclusa con un accordo, per il quale l’ Europa accorda finanziamenti ad Atene per altri quattro mesi e Tsipras accetta di offrire un programma di risanamento nel senso auspicato da Francoforte. Chi ha vinto? Le reazioni sono contrastanti: la base di Syriza è in rivolta, con Manolis Glezos in prima fila che parla di capitolazione e di accordo inaccettabile, sulla stessa lunghezza d’onda alcuni giornali italiani, pur simpatizzanti di Tsipras, come il “fatto” che parla di resa. Vice versa, la stampa economica di destra (in prima fila il “Sole 24 ore”) è d’accordo con il premier greco che canta vittoria e parla di un successo di Atene. Chi ha ragione?

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Un risultato molto chiaro. Ma non definitivo.

Risultato netto e di non ardua interpretazione: Renzi ha vinto, il M5s ha perso, il centro non esiste più, la destra è in via di dissoluzione, piccole ma significative affermazioni di Lega e Lista Tsipras. Inutile cercare attenuanti o giustificazioni: i numeri parlano chiaro. Ora cerchiamo di vedere cosa c’è “dentro” questi numeri, cercando di tener presenti percentuali e voti assoluti anche se non completissimi (mancano solo 60 sezioni, per cui possiamo ritenere i dati definitivi, salvo piccolissimi discostamenti finali). In primo luogo, va detto che la forte astensione prevista c’è stata, ma si è distribuita in modo molto più disomogeneo del passato: è stata molto alta nel sud e nelle isole, mentre, al contrario i risultati più favorevoli  alla partecipazione si sono avuti nei due collegi settentrionali ed, in parte, al centro.

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Uscire dall’Euro? Il problema non è il se, ma il come

Si è scatenata una campagna terroristica sugli effetti di un’uscita dell’Italia dall’Euro: inflazione alle stelle, mutui insostenibili che costringerebbero a vender casa, termosifoni spenti e tutti all’addiaccio, cure mediche proibitive, aziende fallite e via dicendo. Mi spiace notare che anche “Il Fatto” si sia associato a questa campagna che, vedo, ha convinto anche qualcuno dei più affezionati seguaci di questo blog, che accusa quanti sostengono l’uscita dall’Euro di essere totalmente ignoranti o sul libro paga di qualcuno (vecchio vizio pcista questo di accusare i propri avversari di essere ignoranti o venduti…). Il ragionamento è più o meno questo: l’Euro, giusta o no che fosse la sua nascita, ormai c’è ed uscirne provocherebbe una catastrofe economica senza precedenti, per cui teniamocelo perché è l’unica certezza che abbiamo.

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Euro: ma cosa ha in mente la Merkel?

Come si sa, la Merkel ha ordinato ai suoi consulenti di studiare i termini di una revisione dei trattati istitutivi della Ue che consenta ad un singolo paese che lo voglia, di uscire dall’Eurozona, tornando alla moneta nazionale, senza per questo dover uscire dalla Ue. Tutti hanno interpretato il passo come un avvio del processo di “riduzione dell’Eurozona”, cioè l’uscita “volontaria” –forse definitiva, forse temporanea- dei paesi più deboli e la nascita dell’Europa a due velocità. Il punto di approdo sarebbe uno sdoppiamento per cui ci sarebbe un club di 9 paesi “fondatori” dell’Euro che continuerebbero ad avere la moneta unica e gli altri 18 paesi della Ue con moneta propria (CdS 11.11.11 p. 18).
Ma, a quanto pare, i primi studi hanno segnalato che l’operazione potrebbe avere costi da capogiro: circa il 50% del Pil della Ue, con un milione di disoccupati in più nella sola Germania. Per di più, visto che la Francia sta subendo un attacco della speculazione internazionale, ha un deficit di bilancio oltre il 5% per tutti i tre anni prossimi (il doppio dell’Italia e cinque volte della Germania) e il Belgio ha un debito pubblico record,  il club potrebbe risultare ancora più ristretto. Dunque: neanche a parlarne.

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