Tag: unione europea

Due conti sul Fiscal Compact e la favola della Regina Rossa

Il 17 aprile scorso Il Fatto on line ha pubblicato un articolo di Mauro Del Corno, secondo il quale l’applicazione del fiscal compact, non solo non costerà affatto i 40-50 miliardi di cui spesso si parla, ma addirittura ne costerà solo 7: una bazzecola!  A tale confortante conclusione, l’autore giunge sulla base di brillante ragionamento per cui:

a- il calcolo di 40-50 miliardi è basato sull’intero ammontare del debito di cui il cui ventesimo si aggirerebbe intorno a quella cifra, mentre il calcolo va fatto solo sulla parte che eccede la soglia del 60% sul Pil;

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Elezioni amministrative in Francia: è solo l’antipasto

Il crollo dei socialisti e la parallela affermazione del Fn di Marine Le Pen non hanno sorpreso nessuno, ma l’entità degli spostamento è andata al di là delle previsioni. Il Ps paga l’impopolarità di Hollande, dovuta alle sue scelte di governo, ma, più in generale paga la sua posizione scomodissima di gestore della crisi. La sinistra “riformista” non ha e non può avere spazio nell’ordinamento liberista, perché la sua ragion d’essere sta nella mediazione fra capitale e lavoro, mentre il neo liberismo non cerca alcuna mediazione, perché postula semplicemente il dominio capitalistico e la totale subalternità del lavoro.

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Può esserci un’altra Europa? E come?

Il mio vecchio amico Luciano Muhlbauer ha pubblicato un articolo sul suo blog a proposito della lista Tsipras, nel quale, fra l’altro, polemizza con me per il mio pessimismo in materia. Essendo una persona intelligente, Muhlbauer argomenta molto abilmente le sue posizioni e, pertanto, l’articolo merita d’esser letto per intero ed una risposta puntuale.

Per comodità espositiva e per favorire il dibattito, penso sia opportuno dividere la risposta in due pezzi che pubblicherò in rapida successione: il primo riguardante il giudizio sull’Europa, sull’Euro ecc, il secondo sulla proposta della lista e sulle possibilità di riuscita. Partiamo quindi dal giudizio sull’Europa.

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Unità politica dell’Europa: ancora con questa storia?!

Ormai è un tormentone noioso quanto inutile: “dobbiamo farlo per l’Europa”, “ora andiamo avanti sulla via dell’Unità europea”, “E’ il momento di rilanciare l’unità d’Europa”…Ricorrentemente un gruppo di “europeisti di professione” (Giuliano Amato, Mario Monti, Romano Prodi, ecce cc.) si esercitano nel solito esercizio retorico sul tema dell’unità politica europea che giustifica tutti i sacrifici di una austerità priva di senso e di prospettive. E’ un mantra buono per tutte le stagioni ed ora ci si esercita Massimo D’Alema (Il Sole 24 ore 4 settembre p. 11). Ma questi piccoli azzeccagarbugli abusivamente assurti al ruolo di “statisti” (udite udite!) non fa i conti con una piccola verità: quello che vegliano amorevolmente non è un ammalato grave e neppure un corpo in coma irreversibile, ma un cadavere ormai in stato di decomposizione. Il disegno europeo è morto e non c’è più niente da fare.

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Perché la Germania vuole a tutti i costi un euro forte?

Quando si parla di possibile separazione dell’Euro fra debole e forte, spunta regolarmente qualcuno che, con l’aria di chi ha capito tutto, ti spiega che i primi a non avere convenienza sono i tedeschi, che vedrebbero apprezzare fortemente la loro moneta e, con ciò, comprometterebbero le loro esportazioni verso l’area dell’euro debole e gli Usa; morale: tutto resterà come è. Lasciamo stare per un momento il “tutto resterà come è” e chiediamoci se questa convinzione di una moneta non troppo forte per esportare corrisponda alla realtà ed alla percezione che i tedeschi hanno della faccenda.

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Grecia, ci risiamo: che si fa dell’Euro?

Si avvicina la scadenza dei titoli trimestrali greci e, come da copione, inizia il solito teatrino: i conti non tornano, i tedeschi giurano che di altri aiuti alla Grecia non se ne parla e che Atene è ora che esca dall’Euro, i greci replicano che loro non vogliono uscire dall’euro, Draghi media, i tedeschi mostrano qualche svogliata disponibilità e via di questo passo. Può darsi che questa sia la volta definitiva o che, invece, troveranno l’ennesima toppa per arrivare al prossimo trimestre, non importa, tanto il finale di commedia è già scritto e non ci sono santi: prima o poi, la Grecia farà default. D’altra parte, i termini della questione non sono cambiati. Non potevano cambiare e non cambieranno in tempi così brevi. L’unico salvataggio della Grecia (come degli altri paesi mediterranei) avrebbe potuto essere la messa in comune dei debiti europei, accompagnata da un forte programma di investimenti e ripresa economica; ma questa strada è stata preclusa dai tedeschi che ormai non sono più interessati al progetto europeo (motivo non ultimo del fallimento definitivo di ogni progetto di Unione).

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Unità Europea: che bella cosa, però…

La panacea di tutti i mali d’Europa sembra finalmente trovata: fare subito l’unità politica, dopo quella monetaria, e così unificheremo il fisco, il diritto commerciale e quello penale, il sistema universitario, ecc. Antiche ferite saranno sanate di incanto, le economie dei singoli paesi convergeranno in magica armonia, vecchi dissidi troveranno la loro composizione e tutti vivremo felici e contenti. Che bello! Mi avete convinto: quando si parte? Naturalmente, non stiamo parlando dell’ennesimo pastrocchio per cui unifichiamo il fisco, magari creando una Cassa Centrale Europea sul modello della Bce, che diventa un altro apparato tecnocratico a sé stante, stiamo parlando proprio dii uno Stato federale, che ha un suo governo che diventa titolare esclusivo di moneta, politica estera, forze armate e giustizia penale federale (quantomeno).  Insomma stiamo parlando di uno stato vero. Però prima ci sarebbero alcune piccole questioni da mettere a posto: quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto il Principe De Curtis, ma, insomma, occorre pure pensarci un attimo:

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Berlusconi propone di uscire dall’Euro: attenti a non cadere nella trappola

Era nell’aria: Berlusconi prepara la sua campagna elettorale sul tema dell’uscita dell’Italia dall’Euro e spera che l’euro affondi da solo già entro l’anno, in modo da potersi presentare come il primo che aveva proposto di prendere il largo dall’insicura moneta comune. Ma punta anche sull’attuale impopolarità della moneta comune, vista come la ragione della crisi italiana: “in altri tempi avremmo dato fiato alle esportazioni con una bella svalutazione”, “L’Euro è la causa delle tasse con cui Monti ci sta massacrando”, “Restare nell’Euro significa accettare la dittatura della Germania”. Sono discorsi che sentiamo tutti i giorni. Discorsi che hanno dentro molta verità, ma anche molto semplicismo e molta fede nei miracoli. Il punto è che una uscita improvvisa dall’Euro –o peggio ancora un suo crollo improvviso- determinerebbe molti più mali che benefici e rischieremmo di spezzarci la schiena. Detto questo, attenzione a non cadere nella trappola che il Cavaliere ci sta tendendo: presentare la sinistra come gli ultras dell’Euro, scaricandogli addosso tutta l’impopolarità che da questo deriva, soprattutto in caso di naufragio della moneta. Ed allora che si fa? Calma e gesso, ragioniamoci su.

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Crisi dell’Euro: che fare?

All’indomani dell’accordo europeo, che erogava 100 miliardi di euro alle banche spagnole, capi di governo e di Stato (compreso il nostro) si sono fatti ritrarre con l’aria giuliva di chi ha definitivamente scampato un grave pericolo. Ma avevano ben poco di cui sorridere: la ripresa delle borse è durata esattamente 24 ore, dopo di che abbiamo ripreso come prima e, in particolare per l’Italia, lo spread è schizzato a 473. La “ripresa del giorno prima” era stata il “salto del gatto morto”, colorita espressione di un economista di Singapore che, di fronte ad un episodio simile di 15 anni fa, affermò che “lanciato da sufficiente altezza, anche un gatto morto rimbalza”. Fuori del gergo: l’annuncio dell’iniezione di liquidità nelle banche spagnole ne ha fatto momentaneamente rinvenire i titoli, così come quelli correlati e affini, poi la “speculazione” si è precipitata a realizzare l’effimero guadagno e tutto è tornato come prima. Ennesima conferma, se ce ne fosse bisogno, che la cura della liquidità (l’unica che politici e finanzieri attuali conoscono) non risolve la crisi, se non si traduce in investimenti nell’economia reale, ma serve solo a tappare momentaneamente voragini di cassa ormai incolmabili.

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2012 in arrivo: facciamo due conti

Ogni tanto vale la pena di fare due conti facili facili, come la signora Maria di Voghera, quando, a fine giornata, fa i conti della spessa e vede quanto resta in cassa per il resto del mese.
Ed allora: nell’anno prossimo, fra titoli sovrani, obbligazioni di enti pubblici minori, corporate bond (debiti d’impresa), obbligazioni bancarie, scadono titoli per 11.000.000.000.000 (undicimila miliardi) di dollari. Faccio grazia degli spiccioli. Ve l’ho scritto con tutti i 12 zeri per farvi apprezzare la cifra in tutta la sua imponenza: si tratta di poco meno di un sesto del Pil mondiale e di circa l’11% dell’intero debito mondiale. Come dire che, se ogni anno avessimo scadenze di questa entità, in nove anni dovremmo rinnovare l’intero debito mondiale, compresi i titoli ultraventennali.  E, per di più, nei due anni seguenti, le scadenze saranno solo di poco inferiori.

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