Tag: terrorismo islamico

“Siamo in guerra.” Benissimo comandante: a chi spariamo per primo?

Hollande ha deciso che siamo in guerra e lo ha comunicato al Parlamento francese, con piglio napoleonico. Per la verità, noi pensavamo che ci fosse già uno stato di guerra da prima e che i bombardamenti franco americani si giustificassero in un quadro bellico, ma evidentemente sbagliavamo ed erano un banchetto di nozze. Oppure erano solo annunciati ma non effettuati: chissà.

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Gli sviluppi dell’inchiesta sulla strage parigina.

Si inizia a capire qualcosa in più sulla strage parigina ma, come al solito, la versione ufficiale ha qualche buco. Partiamo da una cosa: dopo le prima dichiarazioni minimizzanti per cui si parlava di due gruppi che avevano fatto tutto quel casino da soli, si comincia a parlare di tre gruppi e di una consistenza di una ventina di elementi.

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Qualche altra considerazione sull’anatomia di una strage.

A distanza di un giorno dalla strage, brancoliamo nel buio più totale: non sappiamo quanti uomini hanno partecipato alla mattanza, di conseguenza non sappiamo quanti siano riusciti a sottrarsi alla cattura, nelle mani ci restano solo otto cadaveri con i loro passaporti, non siamo sicuri della genuinità della rivendicazione, non sappiamo nella sua presenza di un reticolo di solidarietà in loco che può aver assistito i “terroristi in trasferta”, non sappiamo se c’erano altri obiettivi mancati…

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Lotta al terrorismo ed intelligence.

Quello che sta accadendo ha dell’incredibile: da mesi l’intelligence americana sapeva (ma non sappiamo se lo ha comunicato ai paesi interessati) che l’Isis stava preparando una offensiva di estate e si citava espressamente la Tunisia, i servizi tunisini avevano individuato uno degli attentatori sin dal 2006, i servizi segreti occidentali hanno a disposizione un fracasso di mezzi tecnologici, decine e decine di  migliaia di uomini, fiumi di denaro e gli jihadisti si muovono lo stesso come se girassero per il lunapark. E c’è anche qualcuno che dice che i servizi non hanno abbastanza mezzi e uomini per combattere il terrorismo. Cosa vogliono? La sfera di cristallo, la bacchetta magica, l’elenco nominativo degli jihadisti gentilmente fornito dalle organizzazioni di appartenenza?

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Raffica di attentati Isis: che sta succedendo?

Al momento le notizie sono scarne e possiamo riassumerle così:
a- raffica di tre attentati contemporanei (nei pressi di Lione, a Sousse in Tunisia ed in Kwuait)
b- rivendicazione Isis per Sousse, e drappo Isis lasciato sul posto nell’attentato francese, mentre per ora nulla per il Kwait
c- appello di due giorni fa dell’Isis a moltiplicare gli attentati in occasione del Ramadan
cui dobbiamo aggiungere due eventi contemporanei:
d- perdita della città di Derna capitale delle forze filo Isis in Libia
e- nuova offensiva Isis contro Kobane in Kudistan.

Ovviamente la coincidenza fra i tre attentati non può essere casuale ed è chiaro che si tratta di azioni coordinate. La prontezza con cui hanno fatto seguito all’appello per il Ramadan fa capire che ci sono cellule pronte ad agire e con piani già predisposti, che si sono immediatamente attivate appena è partito l’ordine. E’ ragionevole ipotizzare che possano seguire altri attentati a catena nei prossimi giorni.

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Che succede nell’Isis?

Il 1° maggio,  “The Guardian” annunciava che Abu Bakr Al Baghdadi, Califfo dello Stato Islamico (Isis) sarebbe stato colpito nel corso di un bombardamento americano accaduto in marzo. A causa della serietà delle ferite alla schiena, non sarebbe stato in grado di reggere il califfato, per cui sarebbe stato sostituito dal suo vice Abu Alaa al-Afri, un professore di fisica membro della prima ora dell’Isis. E questo avrebbe spiegato l’assenza di Al Baghdadi dalla scena pubblica che durava da diverse settimane.

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Lo jihadista della porta accanto

Parliamo degli “jihadisti di casa”. Il sociologo franco iraniano Farhad Khosrokhavar ha comparato le biografie dei alcuni jihadisti naturalizzati francesi, protagonisti di attentati dal 1995 in poi: Khaled Kelkal (1995), Mohamed Merah (2012), Mehdi Nemmouche (2014), fratelle Kouachi e ne ha ricavato questi tratti comuni:

a- tutti immigrati di seconda generazione, nati in Europa

b- tutti con precedenti di piccola criminalità

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Il voto in Israele: perché Obama sgrida Netanyahu.

La vittoria di Netanyahu ha due aspetti: da un lato essa è stata ottenuta al grido: “ Se mi votate non ci sarà nessuno stato Palestinese”, il che manda gambe per aria trenta anni di negoziati, dall’altro il voto ha segnato una avanzata, purtroppo insufficiente, delle sinistre e della Lista Unita Araba, il che significa che, anche se troppo lentamente, in Israele si va facendo strada la consapevolezza di liberarsi della leadership di Netanyahu. Purtroppo, l’esito rischia di arrivare troppo tardi e questo voto può diventare il suicidio di Israele.

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