Tag: storia

Perché non ho firmato l’appello di Camilleri ed altri per la Storia.

Qualche settimana fa, Andrea Camilleri, Tullia Segre e Andrea Giardina hanno lanciato un appello in difesa della Storia nel quale, dopo aver lamentato la crescente marginalizzazione della materia e rivendicata l’importanza formativa di essa, proponevano il pristino della traccia di Storia agli esami di Stato, l’aumento delle ore dedicate alla Storia nell’orario scolastico, il potenziamento degli studi storici nell’Università.

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Il “pacto de l’olvido” e le rivoluzioni contemporanee

Con questo pezzo del mio amico Elio Catania, apriamo una discussione su uno dei fenomeni caratterizzanti della nostra epoca: le rivoluzioni colorate, di velluto o comunque non violente. Il tema è molto delicato e spero interverrete numerosi, ovviamente interverrò anche io. A.G.

Ottobre-novembre 2017. In poco più di un mese in Catalogna si consuma la “ribellione” della Generalitat catalana al governo centrale di Madrid. Crisi politica iniziata l’anno precedente, nutrita dal sentimento storico di indipendentismo catalano, cresciuta progressivamente con la crisi economica, è culminata nell’indizione del referendum sull’indipendenza dell’1 ottobre e nel suo svolgimento caotico tra cariche della polizia e proteste nelle principali città della regione.

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L’afasia degli intellettuali europei.

Nella vicenda dello scontro con gli islamisti si distingue con nettezza quel fenomeno che definiamo  “afasia degli intellettuali” e che cercheremo di spiegare proprio a partire dalla vicenda di  Charlie.

Ovviamente, rimane fermissima la condanna morale del massacro ed il rifiuto intransigente di ogni censura alla satira, ma, superata l’immediatezza del fatto, chiediamoci: “Le vignette di Charlie erano politicamente opportune? Quale è stata la loro oggettiva funzione politica?”.

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La crisi del sapere umanistico.

La crisi del sapere umanistico è ormai conclamata: negli Usa 54 membri dell’American Accademy of Arts and Sciences hanno denunciano il rischio della rapida scomparsa delle materie umanistiche dalle università americane; in Inghilterra la storia è stata esclusa da quasi tutti i corsi di studio; la geografia è quasi scomparsa dai corsi di insegnamento di metà Europa e resiste qua e là solo come geografia economica; gli studenti disertano i corsi di lettere, filosofia, storia, persino scienze politiche e giurisprudenza, anche in Francia, Italia,  Spagna. Resisticchiano le facoltà di lingue e letterature straniere o simili. Trionfa solo economia.

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Gli archivi e la memoria

Il 12 ottobre si è tenuta una significativa giornata di protesta di archivisti e storici sul tema dell’apertura e conservazione degli archivi. Non potendo partecipare in prima persona, ho inviato questo intervento.

Questa giornata di protesta giunge estremamente opportuna (e molte altre iniziative del genere dovremo fare ancora) per far capire agli italiani che lo stato di degrado degli archivi non è una piccola questione settoriale che può riguardare, al massimo, gli archivisti, gli storici e qualche studente tesista, ma una questione politica di primaria importanza che riguarda gli stessi presupposti della identità nazionale.
Un popolo che non coltiva e completa costantemente la memoria del suo passato è destinato a veder evaporare la propria identità ed a perdere le ragioni dello “stare insieme”. Ed un segnale molto inquietante di tutto ciò è venuto proprio dal sostanziale fallimento delle celebrazioni del 150° dell’unità nazionale, consumato (salvo rarissime lodevoli eccezioni)  fra celebrazioni retoriche e sguaiataggini leghiste, senza affrontare il nodo del perchè lo stato nazionale unitario abbia ancora ragion d’essere.
A minare lentamente -ma costantemente- questo senso di appartenenza  è stato anche il degrado della memoria storica, soprattutto del sessantennio repubblicano.

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Una idea della Storia dura a morire

C’è una idea dura a morire – e che riecheggia in molti interventi variamente modulata- per la quale la Storia è una specie di ancella della politica cui spetta essenzialmente un ruolo di fiancheggiamento propagandistico finalizzato a tenere serrate le fila e, possibilmente, a reclutare consensi nel campo altrui.
Naturalmente, non ci è ignoto che la storia ha un ruolo importante nel definire identità collettive, giustificare aspettative, fissare confini ecc., ma questo si colloca ad un livello più alto della propaganda e soprattutto della propaganda spicciola per cui facciamo l’elenco dei rispettivi crimini ed orrori. Per inciso: se la mettiamo sul piano di chi ha fatto più massacri ed affini, nessuno se la passa tanto bene: i nazisti hanno ottime probabilità di arrivare primi, ma cristiani, comunisti, liberali, legittimisti ecc. non è che si collochino tanto più in basso e neppure socialisti ed anarchici (che presumibilmente occuperebbero i gradini bassi della scala) andrebbero del tutto esenti da qualche ricordo sgradevole.

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Risposta a Goffredo sulla Storia

Goffredo Adinolfi, che fa lo storico come me, mi obbliga a dare una risposta alle sue osservazioni su storia, ideologia, avalutatività ecc.
Partiamo da una cosa: Bidussa non faceva alcun riferimento all’influenza del Pci sulla nascita della storia contemporanea (anche se il suo pezzo si inseriva oggettivamente nel dibattito aperto da Gilda Zazzara con il suo recente “La storia a sinistra”, ampiamente recensito da Paolo Mieli con i toni abituali), ma faceva un discorso più ampio.
D’altra parte è noto a tutti gli addetti al mestiere che il primo ordinario di storia contemporanea fu  il repubblicano Giovanni Spadolini, che il raggruppamento concorsuale fu costituito essenzialmente ad opera di Renso De Felice (che non era più comunista da un pezzo e che i concorsi per ordinario erano oggetto di una spartizione partitica alla quale partecipavano voluttuosamente anche repubblicani, socialisti e democristiani sia di destra che di sinistra.

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