Quali saranno le conseguenza del coronavirus? Come interpretare la situazione in corso con gli occhi della Storia? Il mio ciclo di lezioni online per gli studenti del corso di Storia del Mondo Contemporaneo della Facoltà di Scienze Sociali per la Globalizzazione dell’Università degli Studi di Milano, Accademico 2019-2020, che spero possa essere utile anche per tanti lettori e lettrici del blog. Di seguito tutta la playlist.
Un po’ di giorni fa, le associazioni dei docenti di storia e l’Istituto Storico per la Storia della Resistenza hanno lanciato un grido di dolore contro la proposta di abolire la traccia di storia fra quelle degli esami di stato, additando l’incultura di chi ha fatto l’infausta proposta ed hanno colto l’occasione per la solita geremiade sulle cattedre perse, della marginalizzazione delle ore di insegnamento della storia ridotte ad una sola negli istituti tecnici eccetera.
Molto volentieri vi propongo questo articolo curato da Erica Picco dell’Associazione Lapsus dedicato abolizione della traccia a carattere storico dalle prove di maturità. Anche io ritornerò sul tema a breve. Buona lettura! A.G.
Negli ultimi giorni la notizia dell’abolizione della traccia a carattere storico dalle prove di maturità ha generato una vasta mole di commenti da parte di storici accademici e intellettuali. In alcuni casi le voci in difesa della disciplina si sono tradotte in un appello morale a non trascurare i pericoli di un progressivo smantellamento del sapere storico; in altri casi ci sono sembrate più che altro delle rimostranze, che suonano un po’ come un “non ci avete nemmeno chiesto il permesso”, da parte di un ambiente, quello degli storici accademici, chiuso nel proprio comfort intellettuale e poco avvezzo a misurarsi con il mondo oltre il proprio naso. Ci sembra che questa levata di scudi contro l’eliminazione del tema storico sia l’ennesimo appello cieco alla realtà dei fatti.
Da circa 60 anni si è affermato un curioso modo di fare storia per anniversari: si parla di un determinato argomento nell’anno un cui cade il ventennale, trentennale, cinquantenario o secolo da un certo avvenimento (meno osservate sono le altre decine: quarantesimo, sessantesimo, settantesimo, ottantesimo e novantesimo) ed allora gli editori sfornano in quantità titoli su fenomeno o il personaggio celebrato, gli autori di predispongono da due o tre anni prima alla scadenza, giornali e tv propongono speciali eccetera. Dopo di che, di quell’argomento non si parla più sino al successivo anniversario.
Domani riprenderemo la riflessione sulle elezioni americane, ma una pausa per una riflessione di più largo respiro su come stia cambiando il mestiere di storico non ci sta male. A.G.
A partire dal XIX secolo, l’insegnamento della Storia è stato pensato in funzione della formazione del cittadino: cemento dell’identità nazionale, suprema istanza del giudizio morale su uomini ed istituzioni e parte essenziale del bagaglio culturale delle professioni liberali. Di conseguenza, il principale sbocco professionale degli storici di mestiere (significativamente preparati da un corso di laurea unico di storia e filosofia) era l’insegnamento.
Cari amici, in morte di Nolte, su cui si sono letti diversi articoli sui vari quotidiani (interessante quello di Antonio Carioti sul Coorriere della Sera) permettetemi di proporvi queste pagine che gli dedicavo nel mio “Abuso pubblico della storia” Guanda 2009. A.G.
Insieme a Furet ed a Renzo De Felice (di cui parleremo nel contesto italiano) Ernst Nolte è (stato) il maggior referente del revisionismo storiografico europeo.
Ha ragione Fulvio Cammarano a sostenere che c’è un processo di graduale emarginazione della storia, tanto dagli assetti scolastici ed universitari, quanto dal dibattito politico, a favore di un rapporto preferenziale con altre discipline quali sociologia, politologia ed economia (al punto che i pochi storici interpellati dai media come Orsina, Pombeni, Galli della Loggia ecc. sono presentati come politologi; anche per questo, quando mi capita di partecipare a trasmissioni televisive, chiedo puntigliosamente di essere presentato come storico). Per uscire da questa situazione, tuttavia, è necessario che gli storici passino al contrattacco, dimostrando come e perché sociologia, economia e politologia, pur necessarie, da sole non bastano a rispondere alle sfide del presente e che la storia, con la sua visione di lungo periodo, sia indispensabile.
Concentrati sul lungo periodo elettorale, abbiamo lasciato indietro alcune notizie importanti, tra le quali, l’iter parlamentare del reato di negazionismo. Molto volentieri dunque vi propongo sulla questione questo articolo dell’amico Elio Catania, promettente studioso e membro dell’Associazione Lapsus. Nei prossimi giorni anche io tornerò ad intervenire sul tema. Buona lettura! A.G.
Diremo cose scomode. Scomode per la retorica ipocrita del politically correct, ma scomode anche per molti nostri amici che, impegnati nell’antifascismo e nella difesa della memoria storica dei crimini nazisti, accettano con troppa superficialità quello che potrebbe apparire un aiuto da parte della legge.
Poche cose hanno fatto danni come la cattiva digestione della scuola degli Annales in Italia: la ricerca di nuove fonti per una storia della civiltà materiale è presto degenerata in un culto della minutaglia ultralocalistica di nessuna utilità sul piano della comprensione storica.