Tag: senato

Perché è bene votare subito e con il Consultellum.

La situazione delle istituzioni è ormai degenerata oltre il limite della sopportabilità. Il Presidente del Consiglio si comporta come un piccolo malavitoso (per piacere non scomodiamo personaggi come Mussolini o Hitler, che, nella loro profonda negatività, sono stati personaggi di statura storica imparagonabili a questo piccolo mazziere), le opposizioni abbandonano le aule parlamentari, i Presidenti delle Camere offrono prove di indecente partigianeria. La Costituzione non può diventare un affare di partito e, dunque, non si può andare avanti così, bisogna votare e subito.

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Lettera aperta al Ministro per le riforme Maria on. Elena Boschi.

Onorevole Ministro,

ho seguito lo scontro che Ella ha avuto in Parlamento con i senatori dei gruppi M5s e Sel, a proposito delle riforme istituzionali in corso d’opera. Ella ha comprensibilmente difeso il suo operato, negando che tali riforme costituiscano una svolta autoritaria caratterizzata da uno spirito illiberale. Al di fuori della polemica politica –in questo caso particolarmente accesa- vorrei sottoporLe pacatamente alcune considerazioni, a titolo puramente personale, come semplice cittadino e studioso della materia (come storico mi sono spesso occupato delle evoluzioni istituzionali del nostro paese, dal fascismo in poi). Naturalmente, non intendo attribuirLe alcun disegno autoritario e non metto in questione le intenzioni –sicuramente le migliori-, quanto piuttosto indicare alcune dinamiche oggettive che possano andare al di là delle intenzioni –sicuramente le migliori-.

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Ddl Costituzionale del Governo 31 marzo 2014. Una critica. Prima parte

Nei primi del maggio scorso sono stato audito, in veste di esperto della materia, dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato in riferimento al ddl governativo di riforma del bicameralismo. Dopo alcuni giorni, ho inviato alla Commissione un appunto riassuntivo di quanto avevo sostenuto e che qui presento nella sua prima parte. Ovviamente, il testo che vi presento è parzialmente superato dall’attuale proposta elaborata dalla Presidente della Commissione Anna Finocchiaro e dal capo gruppo della Lega Roberto Calderoli. Tuttavia la parte iniziale delle critiche che formulavo mi sembra ancora attuale e comunque mi pare opportuno rendere pubblico quel documento, anche per un obbligo di trasparenza.

Aldo Giannuli

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La riforma del Senato, prime valutazioni.

Per esprimere un giudizio più completo e meditato, sulla riforma del Senato, occorrerà attendere il testo che dovrebbe essere depositato il 3 luglio, per ora abbiamo solo le anticipazioni della proposta su cui riflettere, e le cui linee essenziali si sembra di poter riassumere in questo modo:

– riduzione a 100 parlamentari, di cui 5 nominati dal Presidente della Repubblica (non più a vita ma per 7 anni) 21 eletti fra i sindaci e 74 fra i consiglieri regionali, in proporzione alla popolazione di ciascuna di esse

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Si può fare un Senato nemico della Casta?

La riforma del Senato, se non altro, ha avuto il merito di portare allo scoperto una serie di questioni di alto profilo, innescando un dibattito come non se ne sentivano da tempo. Anche se si fa sentire pesantemente  l’anchilosi intellettuale di trenta anni di torpore delle culture politiche. Il dibattito è interessante, ma confuso e giocato su “quel che sembri”, per cui Renzi sembra l’innovatore e chi gli si oppone un unico fronte di conservatori amici della casta. Le cose non stanno così ed una breve  puntualizzazione servirà a dissolvere qualche equivoco.

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Il Pd non finisce mai di stupirmi

Renzi o non Renzi, con il Pd non ci si annoia mai. Puoi pensare che questa volta abbia superato ogni limite ed invece no: la prossima volta andrà oltre. Una delle cose per cui non finirà mai di stupirmi è l’autolesionismo accoppiato all’assoluta incompetenza quando si parla di leggi elettorali. Nel 1993, l’allora Pds, sognò di fare il “colpo grosso” ed andare al governo per la liquefazione dei partiti di centro seguita a Mani pulite. Ma, siccome sapeva di non avere i consensi necessari, fece ricorso all’ortopedia elettorale del maggioritario, così da trasformare in una maggioranza assoluta di seggi la sua maggioranza relativa di voti.

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L’intramontabile Cavaliere, Renzi ed il ri-porcellum

In attesa di fare un confronto puntuale fra la bozza di legge elettorale di Renzi e la recente sentenza della Corte Costituzionale, credo di dover fare delle valutazioni politiche sull’incontro fra il neo segretario Pd e l’intramontabile Cavaliere, la cui portata va ben oltre il merito della legge elettorale.

In primo luogo, mi sembra che questo accordo abbia gambe molto corte e scarsa possibilità di riuscita. Esso è articolato in tre punti: legge elettorale, riforma del Senato e riforma del titolo V della Costituzione.

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Il governo Letta deve durare sino al 2015. Perché?

In vista del dies irae del 30 luglio pv, il Presidente della Repubblica si è affrettato a “chiudere la finestra di ottobre”, per eventuali elezioni, e, stando ai resoconti giornalistici, ha aggiunto che le intese di aprile –quando accettò di essere rieletto- erano per un esecutivo che durasse sino al 2015. Implicitamente, il Presidente ci ha fatto sapere di un patto i cui termini sono ben diversi da quelli fatti trapelare nell’immediatezza dell’accordo: allora si parlò di un esecutivo di durata breve, con il compito di cambiare la legge elettorale, fronteggiare l’immediatezza della crisi e poi andare a votare. Poi, man mano, la riforma elettorale è andata scivolando in avanti e si è iniziato a dire che il governo “non ha scadenza” e che si sarebbero dovute fare anche altre riforme istituzionali mettendo mano alla Costituzione; donde la nomina del comitato dei “saggi” di cui abbiamo già detto. E qui spunta che una scadenza c’era, il 2015, dunque non tanto a breve.

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Grillo e la crisi del Parlamento

Beppe Grillo ha fatto una delle sue sparate definendo il Parlamento un “Tomba” o una “scatola di tonno vuota”. Manco a dirlo si è scatenata la solita buriana di commenti “politicamente corretti” che accusano Grillo di essere un emulo del Mussolini del 3 gennaio 1925, qualcuno addirittura ipotizza che ordini di bruciare il Parlamento come fece Hitler con il Reichstag e via di seguito con il consueto coro di sepolcri imbiancati. Anche qualche dissidente grillino ha preso le distanze (ma temo che in questo caso si sia trattato di una dinamica divaricante che conosco bene, per cui, se dici bianco devo dire nero perché ormai è una partita a scacchi a mosse obbligate) e, questa volta, poteva risparmiarselo. Come al solito, Grillo dice le cose in modo da scoprire il fianco alle accuse più spropositate, ma, nel merito, siamo sicuri che abbia proprio torto?

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