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E se il prossimo crack fosse in Cina?

Nella scorsa settimana è accaduto un evento di grandissima importanza in Cina, che i mass media italiani hanno sottovalutato e frainteso. L’arresto di Wang Lijun, noto come un superpoliziotto e capo delle forze di sicurezza di Chongqing, megalopoli da 30 milioni di abitanti, oltre che braccio destro di Bo Xilai, popolarissimo segretario del Partito della città e astro nascente a livello nazionale, nella campagna contro le triadi e la corruzione lanciata da quest’ultimo. Questo avvenimento è destinato, con ogni probabilità, ad avere forti ripercussioni sul prossimo congresso del Pcc che, ricordiamolo, è il più grande avvenimento politico dell’anno insieme alla elezione del presidente Usa. Ma, prima di esaminare questo caso (ne parleremo a breve) ci sembra il caso di fare un quadro della situazione economica e sociale della Cina che è tutt’altro che tranquilla.

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Cina, Nobel e altro.

Chiedo scusa per essere stato poco presente nei mesi fra agosto e settembre. non mi sono affatto riposato, ma ho lavorato al mio nuovo libro e che dovrebbe uscire in novembre: una volata  forsennata… Avremo modo di parlarne. La lunga assenza -raramente interrotta- ha creato un arretrato di cose di cui parlare: la  politica-dossieraggio che è diventato un piatto fisso del menù mediatico, il disastro dell’università che  sta affondando,  il rilancio della campagna per la legge penale sul negazionismo, la compravendita di parlamentari e le elezioni in arrivo. Cercheremo di parlare di tutto, ora diamo la precedenza a cose molto più importanti: ogni tanto ricordiamoci che la nostra Italietta (per quanto ci si possa essere affezionati, ed io lo sono) è una solo una piccola zattera in pieno oceano.
A proposito: entro due o tre settimane ci sarà  una novità –una sorpresa- di cui parleremo.

Cina, Nobel e altro.

In queste settimane sta prendendo corpo l’ipotesi di una crisi politica di vaste proporzioni in Cina.
Già dalla fine dell’anno scorso si sono avvertiti i sintomi di una forte tensione interna al gruppo dirigente. Dopo, da giugno, i segnali si sono infittiti, prima con la questione della rivalutazione dello yuan renminbi e la serie di agitazioni operaie, tollerate sin quando riguardavano fabbriche giapponesi, ma duramente represse appena hanno investito imprese cinesi. Dopo sono venute le prime voci sulla bolla immobiliare nelle città, cui faceva seguito uno stress test sullo stato delle banche in caso di abbattimento del costo degli immobili sino al 60% in meno. Le notizie erano pubblicate su un settimanale su cui compaiono spesso importanti inchieste economiche, ma si sospettava la mano di Liu Mingkang, il direttore della China Banking Regulatory Commission. Il tutto mentre esplodeva il caso Bo Xilai, il “Di Pietro cinese” (sic!).

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