Tag: rischio default

La crisi degenera. Che sta succedendo?

I mercati sono in picchiata, lo spettro di un gigantesco effetto domino si para improvvisamente davanti: default della Grecia- crisi bancaria franco-tedesca- default italiano-  fine dell’euro- fine della Ue, grande crisi mondiale.
E tutto questo è stato innescato solo dall’annuncio di Papandreu di un referendum  sul piano di aiuti ottenuto e sulle conseguenti misure da adottare.
Per capire dove stiamo andando a sbattere, partiamo da una domanda: perchè Papandreu ha fatto questa mossa?
Si potrebbe pensare che ci sia dietro una strategia del tipo: “se salta tutto, noi greci andiamo a terra, ma ci portiamo appresso tutti voi, signori dell’Eurozona, per cui vi conviene concederci gli aiuti a condizioni più ragionevoli, per evitare la catastrofe”. Ma questo non convince: è un argomento che Papandreu avrebbe potuto far valere già da due anni  e non lo ha mai fatto, che senso avrebbe farlo ora, dopo aver appena concluso con successo il negoziato per il finanziamento Ue-Bce per una rata di bond?

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Ma la Germania è proprio così virtuosa come sostiene di essere?

Come si sa, la Germania ha assunto il ruolo di “guardiano della cassa” di Eurolandia, sia per la sua forza economica, sia in ragione delle sue virtù che ne fanno l’economia più in salute –e dunque da imitare- del continente.
Nulla da eccepire sul fatto che la Germania rappresenti la parte più cospicua del Pil europeo e che abbia una posizione di forza indiscutibile.
Ma forse qualche ragionamento in più lo merita la reputazione di “grande forza tranquilla” che la sua economia si è conquistata.

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Diritto all’insolvenza?

Di fronte alla tragica situazione greca, diversi osservatori come Loretta Napoleoni, Andrea Fumagalli, Damien Millet o Eric Touissant (tanto per fare qualche nome) hanno avanzato -con varie modulazioni- la proposta di uscirne dichiarando default, anzi, Fumagalli ha teorizzato un “diritto all’insolvenza”.
Abbiamo già detto che molti paesi di prima grandezza (Usa e Giappone, oltre che Italia) sono in condizioni di non poter pagare il proprio debito, ma di poter al massimo mantenersi sulla linea di galleggiamento (sinchè dura) pagando gli interessi e sperando che i creditori rinnovino all’infinito il loro prestito. Dunque, il tema si impone ed è necessario discuterne con molta freddezza, senza passionalità.

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La gallina e la crescita

Alcuni frequentatori di questo blog (come Steffa88 e Gae, che ringrazio per la pazienza con cui mi leggono e rispondono) hanno mosso qualche appunto al mio articolo su crescita e debito ai quali mi sembra utile rispondere.
Gae (Immagino stia per Gaetano, o no?!) mi fa presente che la crescita non è la soluzione del problema, perchè da sola non ripaga il credito: “meravigliarsi che la crescita non ripaghi il debito è come meravigliarsi che la gallina, dopo aver fatto l’uovo non faccia anche la frittata”. Perchè è necessario un intervento umano che usi le risorse della crescita per ripagare il debito e, quindi, la crescita è solo la precondizione dell’eventuale risanamento del debito.
Steffa88 (suppongo possa stare per Stefano) osserva che la strategia della crescita è l’unica adatta a diminuire il debito, perchè: “In realtà non ci interessa lo stock di debito in sé, ma il flusso che il debito genera, e che è dato dalla quantità di debito ma anche dalla sostenibilità dello stesso. Una crescita sostenuta non solo diminuisce il rapporto debito/pil ma anche gli interessi”
Probabilmente non siamo affatto in disaccordo, ma semplicemente non devo essermi espresso con chiarezza, per cui si è generato qualche malinteso.

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