Tag: riforme costituzionali

Su alcuni caratteri d’urgenza di una legge sui partiti

Molto volentieri ospito questo intervento dell’amico, giurista ed ex parlamentare Nicola Colaianni. Buona lettura! A.G.

I partiti sono in crisi. Quelli che abbiamo conosciuto nei primi cinquant’anni di repubblica, così forti e pervasivi da aver dato luogo alla partitocrazia, non esistono più. Non val neanche la pena criticarli: per riprendere una battuta, mi sembra, di Gaetano Silvestri, commetteremmo un vilipendio di cadavere.

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Ma che fine ha fatto il quindicesimo giudice della Corte costituzionale?

Come si sa, in settembre sono scaduti due giudici della Corte Costituzionale di designazione parlamentare ed, a novembre, due di nomina presidenziale. I secondi sono stati prontamente rinnovati da Napolitano, invece per i due di competenza del Parlamento, dopo oltre venti votazioni andate a vuoto, è stata eletta Silvana Sciarra, grazie ai voti determinanti del M5s, mentre è stata bocciata la candidata di Fi, la Bariatti, cui quei voti erano mancati.

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Ma a Renzi non converrebbe andare a votare a ottobre?

Breve la vita felice del giullare fiorentino.

Siamo all’alba del nuovo anno politico e sul cielo di Firenze si addensano nubi nerissime: i rapporti con l’”Europa” non promettono nulla di buono, incombe la ripresa della crisi finanziaria globale, la situazione in Medio Oriente ed Ucraina si fa sempre più drammatica e mette il nostro fragile paese di fronte a scelte molto difficili, i sondaggi dicono che il momento migliore è passato e, anche se il Pd resta su valori ancora molto alti, la soglia del 40 non sembra raggiungibile, le elezioni regionali emiliane incombono e il Pd è tutt’altro che unito, come, d’altronde nelle regioni in cui si voterà in Primavera, infine l’apertura dell’Expo è vicina, ma lo stato di preparazione è molto in ritardo ed il rischio figuraccia sempre più elevato.

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La riforma del Senato, prime valutazioni.

Per esprimere un giudizio più completo e meditato, sulla riforma del Senato, occorrerà attendere il testo che dovrebbe essere depositato il 3 luglio, per ora abbiamo solo le anticipazioni della proposta su cui riflettere, e le cui linee essenziali si sembra di poter riassumere in questo modo:

– riduzione a 100 parlamentari, di cui 5 nominati dal Presidente della Repubblica (non più a vita ma per 7 anni) 21 eletti fra i sindaci e 74 fra i consiglieri regionali, in proporzione alla popolazione di ciascuna di esse

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Ma che gioco sta facendo Renzi?

Renzi ha annunciato che, se la riforma del Senato non dovesse passare, si dimetterebbe. In sé non pare una minaccia tale da convincere schiere di senatori a votare la sua riforma, se non fosse che lui la carica di sinistri avvertimenti : “Se la riforma non passa si vota”, che mi sembra tanto l’”ordigno fine di Mondo” del dottor Stranamore. Iniziamo con due calcoli sulle possibilità che la riforma passi al Senato,  così come è, senza alcun ritocco perché il motto della nobile casata fiorentina de’ Renzi è “Prendere o lasciare”.

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Renzi ha avuto la fiducia, ma durerà?

Renzi ce l’ha fatta a mettere insieme una risicata fiducia al Senato, nonostante abbia praticamente preso a schiaffi i senatori (la Annunziata parla di “provocazione dadaista”). La maggioranza, però, è la stessa che aveva Letta, niente di più. Della Camera non diciamo: risultato ovvio. I giornali sono tutti molto freddi per la vaghezza del discorso e il suo stile “informale”. Diversi sottolineano l’eccessiva propensione alle battute e la strafottenza del gesto: i plateali sbadigli, il discorso tenendo ostentatamente la mano in tasca ecc. (peraltro come fece Carlo Scognamiglio nel suo discorso di insediamento come Presidente del Senato nel 1994). Comunque, in effetti il tono era quello di chi dice: “Sbrigatevi a votarmi e non fatemi perdere tempo,
bestie!”.

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L’intramontabile Cavaliere, Renzi ed il ri-porcellum

In attesa di fare un confronto puntuale fra la bozza di legge elettorale di Renzi e la recente sentenza della Corte Costituzionale, credo di dover fare delle valutazioni politiche sull’incontro fra il neo segretario Pd e l’intramontabile Cavaliere, la cui portata va ben oltre il merito della legge elettorale.

In primo luogo, mi sembra che questo accordo abbia gambe molto corte e scarsa possibilità di riuscita. Esso è articolato in tre punti: legge elettorale, riforma del Senato e riforma del titolo V della Costituzione.

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Tanto tuonò che piovve: è la crisi di un governo che non doveva nascere

Ci siamo: la crisi è iniziata come era inevitabile che fosse date le caratteristiche di una maggioranza tenuta insieme con lo sputo e con un Cavaliere tristemente avviato al patibolo. Vediamo ora che può succedere.

Primo nodo da risolvere: Letta cade o no? Questo dipende da diversi fattori: il numero di dissidenti Pdl, cosa farà il M5s e se ci saranno altri dissidenti. Ma, anche se dovesse passare la fiducia al Senato, che prospettive avrebbe? Le dimissioni in massa dei parlamentari Pdl comporterebbero obbligatoriamente le nuove elezioni?

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Legge “costituzionale” sul 138? Ci cascano tutti.

Uno degli interventori di questo blog ha fatto notare: “La modifica del 138 sta nel disegno di legge di istituzione del comitato per le riforme; che però è un disegno di legge costituzionale, non ordinario.” Infatti l’art. 138 dice che “Le leggi di revisioni della Costituzione e le altre leggi  costituzionali sono adottate da ciascuna camera con due successive deliberazioni ad intervallo non inferiore di tre mesi…”. Dunque, saremmo di fronte alla prassi prevista dallo stesso art. 138 e non ci sarebbe ragione di parlare di rottura costituzionale. Il nostro amico è in ottima compagnia perché molti –come Eugenio Scalfari- pensano la stessa cosa: se si tratta di un procedimento costituzionale la prassi da seguire è la stessa delle revisioni costituzionali e, dato che, con ogni evidenza, anche l’art. 138 può essere oggetto di revisione costituzionale, il problema dove è?

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