Tag: riforma del senato

La resa della “sinistra Pd”: è la liquidazione definitiva.

Con il voto sulla riforma costituzionale, la “sinistra” Pd si è definitivamente arresa a Renzi. Poco importa che il fiorentino abbia concesso qualcosa (peraltro irrilevante ai fini dei nuovi equilibri istituzionali), anche se avesse concesso la piena elettività di tutto il nuovo Senato, non cambierebbe nulla dal punto di vista politico perché quello che conta è che:

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Pd: cova la rivolta dei boiardi.

Qualcosa si sta muovendo nelle viscere profonde del Pd: il governatore della Toscana, Enrico Rossi, annuncia di volersi candidare come segretario del Pd, quello della Campania De Luca, già da tempo ha mugugnato contro Renzi, ora è la volta del governatore della Puglia, Emiliano, che si permette apertissime frecciate contro il Premier reo di aver disertato l’inaugurazione della Fiera del Levante.

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Sinistra Pd e riforma del Senato: questa volta, i nostri eroi riusciranno ad essere seri sino in fondo? Si accettano scommesse.

Questa volta siamo allo showdown finale: la sinistra Pd ha promesso di andare sino in fondo e votare un emendamento per rendere il novo Senato elettivo. Se l’emendamento dovesse passare il risultato sarebbe piuttosto limitato e, di fatto, si ridurrebbe ad una diversa composizione del collegio elettorale per il presidente della Repubblica, i membri della Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura.

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La riforma costituzionale di Renzi ed il regime in arrivo.

Giornali e Tv parlano, con una certa enfasi, di “approvazione della riforma del Senato e del Titolo V”, in realtà si tratta solo del primissimo passo: l’approvazione in Commissione, dopo di che il ddl deve andare in aula (dove le cose non sono scontatissime), per passare alla Camera, quindi, dopo tre mesi, deve tornare al Senato, per poi tornare alla Camera nuovamente. Sempre che fra un passaggio e l’altro non ci scappi qualche emendamento che fa ricominciare il giro. E non è affatto escluso che non si debba tenere un referendum confermativo, visto che appare poco probabile una maggioranza dei due terzi in entrami i rami del parlamento alla votazione finale. Insomma la strada è ancora lunga. Però è fatto il primo passo, quello più importante, che definisce l’accordo Pd-Fi-Lega con il codino del Ncd (che non si capisce perché voti una cosa del genere da cui ha tutto da perdere e nulla da guadagnare). Lasciando da parte la questione del Titolo V, su cui torneremo con una riflessione specifica, la riforma prevede questi punti.

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Ma che gioco sta facendo Renzi?

Renzi ha annunciato che, se la riforma del Senato non dovesse passare, si dimetterebbe. In sé non pare una minaccia tale da convincere schiere di senatori a votare la sua riforma, se non fosse che lui la carica di sinistri avvertimenti : “Se la riforma non passa si vota”, che mi sembra tanto l’”ordigno fine di Mondo” del dottor Stranamore. Iniziamo con due calcoli sulle possibilità che la riforma passi al Senato,  così come è, senza alcun ritocco perché il motto della nobile casata fiorentina de’ Renzi è “Prendere o lasciare”.

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Lo scontro sul Senato: cosa c’è dietro?

Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso (Corriere della Sera 30 marzo 2014) ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima.

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Renzi ha avuto la fiducia, ma durerà?

Renzi ce l’ha fatta a mettere insieme una risicata fiducia al Senato, nonostante abbia praticamente preso a schiaffi i senatori (la Annunziata parla di “provocazione dadaista”). La maggioranza, però, è la stessa che aveva Letta, niente di più. Della Camera non diciamo: risultato ovvio. I giornali sono tutti molto freddi per la vaghezza del discorso e il suo stile “informale”. Diversi sottolineano l’eccessiva propensione alle battute e la strafottenza del gesto: i plateali sbadigli, il discorso tenendo ostentatamente la mano in tasca ecc. (peraltro come fece Carlo Scognamiglio nel suo discorso di insediamento come Presidente del Senato nel 1994). Comunque, in effetti il tono era quello di chi dice: “Sbrigatevi a votarmi e non fatemi perdere tempo,
bestie!”.

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