Tag: rifondazione comunista

Caso Goracci: conclusioni e prospettive

Questo è stato uno dei dibattiti più seguiti su questo blog con una sessantina di interventi (4 sulla dichiarazione di Perrone, 38 sulla risposta di Ferrero e 19 sulla mia lettera). Inoltre sono giunti diversi messaggi sulla pagina fb e 41 compagni hanno preferito scrivermi privatamente via mail. Naturalmente nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di militanti di Rifondazione, e quello che si coglie è un grande senso di smarrimento che va al di là del caso eugubino.  Alcuni hanno scritto in chiave colpevolista (ma nessuno adducendo elementi concreti di giudizio se non una condanna anticipata) altri sostenendo l’innocenza dei compagni (oltre Rolando Dubini, persona rispettabilissima e stimabilissima che conosco personalmente, che è l’avvocato difensore, e quindi scontatamente prende le parti del suo assistito in ogni sede, anche un altro Melandri riferisce il parere della moglie che, avendo lavorato a Gubbio, garantisce per Goracci come persona onesta e altri ancora, per lo più eugubini).

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Lettera a Ferrero: il dibattito

All’interno del dibattito accesosi dopo la lettera aperta al segretario Ferrero, che potete seguire nei commenti agli articoli, vi segnalo la risposta di Nico Perrone, membro della Direzione nazionale della Fds.

“Dissento dal segretario Ferrero: un partito comunista ha i suoi strumenti interni. Deve adoperarli, e non delegare la magistratura. Se non li adopera immediatamente, induce a sospetti”.

Caso Goracci. La risposta di Paolo Ferrero

Il segretario Paolo Ferrero ha molto prontamente risposto alla mia lettera aperta di ieri.

Caro compagno Giannuli,
non sono d’accordo con quanto sostieni nella tua lettera aperta.

1) La tesi di fondo del tuo ragionamento è: se Goracci è innocente va difeso, se è colpevole le misure assunte sono insufficienti. Il punto è proprio questo: noi non sappiamo se è innocente o colpevole, noi sappiamo che è indagato per alcuni reati e incarcerato per aver operato al fine di far scomparire le prove dei reati per cui è indagato.
In questo contesto noi non possiamo far altro che chiedere che la giustizia faccia il suo corso attraverso un iter processuale ed un pubblico dibattimento come definito dallo stato italiano. Per questo fiducia nella magistratura. Io non ho altri strumenti che mi permettano di far luce sulla vicenda. Se tu pensi esistano altri strumenti, fammeli conoscere, potremo utilmente inserirli nello statuto. Per questo, a norma di statuto la misura adottata è quella della sospensione dal partito.

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Caso Goracci. Lettera aperta al Segretario del Prc Paolo Ferrero

Avevo intenzione di concludere sul caso Wang Lijun, ma è successo qualcosa che mi dà molto fastidio, come militante di Rifondazione Comunista e che credo abbia la precedenza, Wang può aspettare qualche giorno (tanto, messo come è, non scappa…)

15 febbraio 2012
Caro compagno Ferrero,

so bene che, come Segretario del Partito, hai troppi impegni per rispondere alle osservazioni di un semplice compagno di base, ma non dispero sul fatto che per una volta possa farlo e, se poi non dovessi rispondere, pazienza: anche quella è una risposta da cui trarre conseguenze…
Ho letto il tuo comunicato sul caso Goracci sul sito del partito e non lo condivido neanche un po’: che significa “abbiamo piena fiducia nella magistratura”? Io da comunista, da studioso di storia e da consulente giudiziario di lungo corso, ne ho assai poca. Ma questo è secondario. Il punto è che non ce la si può cavare con  queste frasi di circostanza che scaricano la coscienza ed evitano di fare i conti con l’aspetto politico della questione. C’è una ipocrisia gesuitica in tutto questo che stupisce in un Valdese.
Veniamo al punto: i casi sono due: o Goracci ed i suoi sono innocenti calunniati, o sono colpevoli di cose altamente disonoranti.

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Il dibattito a sinistra. Cara Sonia, caro Maurizio, caro David

Le reazioni al mio pezzo sulla serata con Bertinotti, Migliore e Ferrero ha provocato reazioni più numerose di quello che mi attendevo. Buon segno: vuol, dire che, pur nella forte differenza di accenti, il destino della sinistra radicale è un nervo ancora sensibile al quale molti reagiscono.
Alcuni di questi interventi mi sollecitano ad approfondire il discorso su alcuni passaggi molto delicati. Procederò per punti iniziando dall’ultimo intervenuto, David:

1- Non credo di aver fatto particolari sconti a Fausto Bertinotti, che ha certo molte responsabilità nello stato di cose presente, prima fra tutte quella di aver allevato un ceto politici di carrieristi incolti e poco capaci. Mi sono limitato a dire che fra lui ed i suoi epigoni c’è un abisso e lo confermo: Bertinotti ha fatto un discorso astratto ed elusivo di molti aspetti decisivi, ma, comunque, nei limiti della decenza politica e culturale, cosa che proprio non si può dire degli altri due. Peraltro l’assonanza con Vendola è molto limitata. Sul rapporto fra movimenti ed istituzioni –o, se preferite, sul rapporto far le diverse forme della politica- dovremo tornarci più diffusamente. Qui mi limito a dire che Bertinotti pone il problema (ed è fra i pochi a farlo) anche se poi abbozza soluzioni astratte e un po’ fumose.

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Una serata con Bertinotti, Migliore e Ferrero

Salone Di Vittorio della Camera del Lavoro di Milano (400 posti circa) pieno (anche se non gremito) nonostante la partita con il Barcellona a San Siro. Non è poco. Unica pecca: gli under quaranta non erano più del 5% dei presenti. La serata, organizzata dalla locale federazione di Rifondazione Comunista, era particolare: erano chiamati a confrontarsi il segretario del Prc Paolo Ferrero, uno degli esponenti di punta di Sel, Gennaro Migliore ed il vecchio padre nobile dell’area, Fausto Bertinotti. Moderatore Danilo Di Biasio, direttore di Radio Popolare, che se l’è cavata egregiamente. Vale la pena di notare che non c’era nessuno dei comunisti italiani fra i relatori: considerato che fanno parte della mitica “federazione della sinistra” (di cui nessuno parla più), sarebbe stato  normale che ce ne fosse uno.

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Saluto Saverio Nigretti.

Mercoledì mattina ci ha lasciati Saverio Nigretti: giovanissimo apprendista tornitore, partecipò alla cospirazione antifascista e fu poi nella Resistenza, partigiano combattente della 125° Brigata Squadre d’Arione Patriottica/Lagomarsino). Subito dopo aderì al Pci essendo eletto nel Comitato federale milanese.  Nel 1961  Nigretti entrò nella Fiom  e fu fra quanti diressero la memorabile lotta degli elettromeccanici del 1962, dove fece crescere un folto nucleo di giovani compagni e compagne che furono a lungo i dirigenti milanesi di quel sindacato.  Passò poi alla Segreteria Generale dei Poligrafici. Nel 1977 fu alla Segreteria della Camera del Lavoro di Milano, e poi a Roma nella segreteria Nazionale dello Sindacato Pensionati.
Tornato a Milano, fu fra i promotori di Rifondazione Comunista in Lombardia e per un decennio Presidente del Prc milanese.
Attualmente Saverio era il Presidente del Centro Culturale “Concetto Marchesi”, dove ho avuto modo di conoscerlo.
Militante comunista “ortodosso” e senza incertezze, era una delle persone più aperte al dialogo che abbia mai conosciuto: la riflessione sui motivi del fallimento del socialismo dell’est e sulla fine del Pci lo trovava disponibilissimo a accettare critiche e fare autocritiche, pur nella persistente fede in una società diversa da quella capitalistica. Lo ricordo sostenitore entusiasta dell’Onda, era una delle persone più giovanili che ho conosciuto.
Per me non era solo un compagno con cui ho condiviso progetti ed idee per una stagione brevissima (tre anni) ma intensa, era diventato anche un carissimo amico: permettetemi di ricordarlo con emozione ed orgoglio.

Aldo Giannuli, 21 ottobre ’10

Che fare? Un punto di partenza: una sinistra senza idee non serve a niente.

Se vogliamo uscire dal disastro in cui siamo, dobbiamo capire cosa c’è che non funziona nel nostro modo di fare politica: dalla scelta dei gruppi dirigenti alla definizione della linea politica, dalle forme di comunicazione a quelle di lotta, dai modelli organizzativi alla cultura politica.
Ed iniziamo proprio dalla questione della cultura politica della sinistra che ormai è il fantasma di sè stessa.
Per circa trenta anni la sinistra ha smesso di studiare, pensare, produrre idee: il panorama delle riviste di sinistra è semplicemente desolante, non si ricorda un solo convegno degno di nota da almeno tre decenni, i congressi sono delle fiere della banalità: la nostra capacità progettuale è a zero.
Il Pd è tutto interno alla cultura neo liberista, ormai prende la linea da Boeri che è l’avvocato difensore delle banche e da Giavazzi che ci spiega che “Il liberismo è di sinistra”: Come dire che è più di sinistra Tremonti che, almeno, qualche sparata contro le banche e sulla globalizzazione ogni tanto la fa, anche se si tratta di innocui sfoghi verbali.

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Il dibattito su Rifondazione Comunista: che fare?

Diversi interventi chiedono: “che fare di Rifondazione comunista? Quale è la tua proposta in positivo?”
Giovanni, in particolare, dice che il punto debole del mio ragionamento sta nell’assenza di un possibile gruppo dirigente di ricambio. Ha ragione, ma il punto è proprio che non c’è ricambio possibile:  quando un esercito perde tre battaglie di seguito e non cambia lo Stato Maggiore, semplicemente, ha perso la guerra. Rifondazione ha perso la guerra e la conferma sta proprio nel tentativo di minimizzare la sconfitta, perchè il gruppo dirigente non riesce ad immaginare alcuna altra linea di condotta oltre quella rovinosa seguita sin qui.

Un gruppo dirigente di ricambio non c’è perchè esso non si improvvisa ma è il prodotto della lotta politica di un partito verso l’esterno e del dibattito democratico all’interno. E  a Rifondazione è mancata sia l’una che l’altra cosa. La lotta politica si è ridotta ad una stanca routine propagandistica di cui non si ricorda una sola campagna significativa. Quanto alla vita democratica, non parliamone neppure: pochissime assemblee degli iscritti e riunioni degli organi statutari, nessun momento di formazione politica, le poche tribune del partito saldamente occupate dall’inamovibile gruppo dirigente e liturgie congressuali rigidamente incanalate nel dibattito fra componenti date una volta per tutte.

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Rifondazione: tempo scaduto.

Come diversi lettori ricorderanno, il 21 marzo, ho invitato ancora una volta a votare per la Federazione della Sinistra anticapitalista.
Probabilmente già alcuni avevano colto una certa freddezza. Pur accennando a diverse critiche, mi era parso inopportuno esplicitare, nell’immediatezza del voto, dubbi e giudizi che ero andato via via maturando. Mi ero limitato a dire che, comunque fosse andata, dopo  sarebbe stato necessario avviare un profondo ripensamento su tutta la vicenda di Rifondazione.
E’ arrivato il momento di parlare senza riserve.

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