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Rajoy, rafforzato dalla crisi dei socialisti e dall’instabilità europea

Torna a scriverci dalla Spagna l’amico e brillante studioso Steven Forti, di cui avevamo proposto alcuni mesi fa, la recensione del suo recente libro su Ada Colau a Barcellona. Seguitelo nelle sue molteplici esperienze culturali, buona lettura e grazie a Steven! A.G.

La situazione politica spagnola dell’inizio di questo 2017 è ben diversa da quella di solo un anno fa. A gennaio del 2016 Mariano Rajoy sembrava un cadavere politico. In pochi scommettevano sul leader del Partito Popolare (PP): una formazione, colpita da continui scandali di corruzione, che aveva perso più di 3,5 milioni di voti nelle elezioni di dicembre 2015. Un governo di coalizione a sinistra non sembrava solo un miraggio – con Podemos che aveva superato il 20% e aveva mancato di un soffio il sorpasso ai socialisti – e la possibilità di mandare all’opposizione il PP e di aprire una nuova tappa per la Spagna era condivisa da gran parte della popolazione.

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Dieci considerazioni sulle elezioni spagnole

Steven Forti, che molti di voi hanno imparato a conoscere recentemente sul nostro sito e su altri con i suoi ottimi servizi dalla Spagna, ha scritto per noi in seguito alle recenti elezioni spagnole. Lo ringrazio molto per l’articolo e la puntualità con cui segue l’attualità spagnola e vi ricordo il suo libro, “Ada Colau. La città in comune”, recentemente recensito anche sul nostro sito. Buona lettura! A.G.

1. Il bipartitismo non è morto.
Le elezioni spagnole del 26 giugno rafforzano i partiti dell’establishment. Il Partido Popular (PP) è il vero vincitore di questa tornata elettorale: guadagna quasi 700 mila voti rispetto ai comizi di dicembre e con il 33% porta al Congreso di Madrid ben 137 deputati. Il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) regge il colpo e, con il 22,7% dei voti e 85 deputati, mantiene la seconda posizione, anche se perde 120 mila voti e 5 deputati rispetto a dicembre, ottenendo il peggior risultato di sempre. Per quanto in crisi, dunque, i partiti tradizionali hanno dimostrato di avere delle strutture solide che non si sono sfaldate ed il bipartitismo, dato per morto e sepolto più volte, non è andato in frantumi. Al contrario, si è rafforzato, passando dal 50,7% al 55,7%, un dato in controtendenza rispetto agli ultimi anni.

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Populismi: le origini e le caratteristiche dell’ondata

Ogni fenomeno storico ha una fisionomia caratteristica propria ed irripetibile, per cui, anche se rientra in una determinata categoria di fenomeni (ad esempio “Rivoluzioni socialiste”, “Regimi totalitari”, “Movimenti liberali”, “crisi economiche”) non è mai la riproduzione di quanto l’ha preceduto e presenta un grado di maggiore o minore complessità. Parlando dell’attuale ondata di protesta, molti esponenti delle classi dirigenti, accompagnati dai media, la definiscono “populista”, mettendo nel sacco cose molto diverse fra loro: si va alle rivolte arabe, alle nuove formazioni elettorali di centro destra del Nord Europa, da proteste di strada come Occupy Ws o gli Indignados agli scioperi nel sud della Cina, dal successo elettorale del M5s a quello attuale di Trump.

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La fine del riformismo e l’ordine neo liberista.

Ci fu un tempo in cui la sinistra si divise fra rivoluzionari (che volevano conquistare il potere con l’insurrezione armata e fondare, con un solo atto di volontà, un sistema sociale e politico totalmente diverso da quello esistente) e riformisti (quanti volevamo andare al potere con il voto per cambiare il sistema attraverso una politica, appunto, di riforme graduali).

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Una Tangentopoli spagnola?

Da Barcellona, Steven Forti. In Spagna tira aria di Tangentopoli. Indagini, soffiate e arresti legati alla corruzione del sistema politico occupano le prime pagine di tutti i giornali. Non pochi libri sono stati pubblicati recentemente sull’argomento. Un paio di settimane fa sono usciti contemporaneamente “El fango. Cuarenta años de corrupción en España” dell’ex magistrato Baltasar Garzón e la traduzione de “La casta” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. È solo un caso?

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Spagna: è iniziato l’anno del cambiamento

Da Barcellona, Steven Forti. Questo 2015 è un anno chiave per il futuro della Spagna. Gli appuntamenti elettorali si susseguono l’uno all’altro. Non ci sarà mai sosta: il 22 marzo si vota in Andalusia, il 24 maggio si terranno le comunali e le regionali (in 13 regioni su 17), il 27 settembre si vota in Catalogna e, infine, a novembre presumibilmente (ma Rajoy potrebbe cercare di guadagnare qualche mese e convocare le elezioni a gennaio) ci saranno le politiche generali. Il panorama, molto incerto fino a poche settimane fa, sta poco a poco prendendo forma. Vediamo più nel dettaglio che cosa è successo negli ultimi mesi.

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