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L’Austerity: se non guarisce, uccide

Molto volentieri torniamo ad avere ospite Lamberto Aliberti, che ci propone come sempre una analisi molto accurata dei conti greci e delle reali possibilità per Tsipras, Varufakis ed il governo greco. Buona lettura!

Aggiornamento 6 marzo 2015: Parole e numeri. Una risposta ai commenti.

Il patto.
In realtà sono due e vedremo presto se Tsipras riesce ad ottenerne un altro. Per ora siamo su un accordo molto parziale e provvisorio: mantenimento del programma  di aiuti in vigore per 4 mesi, in cambio di impegni, piuttosto misteriosi. Il primo accordo fu siglato il 3 maggio del 2010 fra il primo ministro greco George Papandreou e tre contraenti: la Commissione Europea, per conto dell’Eurogruppo, la Banca Centrale Europea (ECB) e il Fondo Monetario Internazionale (IMF). Si era in emergenza: la Grecia era sull’orlo del default. La posta: aiuti finanziari, in cambio di drastici interventi sul bilancio e sull’economia, nonché il riavvio  della crescita, per far bene ai greci, ma anche evitare il rischio di contagio per l’intera Unione Europea o almeno i suoi membri deboli.

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Sulla sostenibilità del debito.

Il mio intervento sulla questione della solvibilità e sostenibilità del debito ha sollevato obiezioni che non intendo ignorare ed alle quali preferisco rispondere collettivamente. Mettiamo in chiaro una cosa che mi pare sia stata fraintesa: la mia citazione del libro di Rogoff e Rehinart non implica una mia accettazione né della loro impostazione né delle ricette che propongono.

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Due conti in tasca a Tsipras…

Con grande piacere ed interesse, iniziamo una collaborazione con Lamberto Aliberti ed il gruppo Dext, esperto di system dynamics, che ha sviluppato un interessante lavoro sul debito e che oggi ci propone un approfondimento sulle sfide che Tsipras dovrà affrontare, facendo ricorso ad una serie di dati e calcoli molto interessanti, per cogliere la complessità dei fenomeni e delle sfide da affrontare. Buona lettura! A.G.

Per l’Ing. Tsipras un po’ di ingegneria umanistica.

Sul piano politico, lasceremo il commento a chi ne sa più di noi. Come ingegneri, speriamo di trovare la sua attenzione. Ne avrà in contropartita i benefici di una disciplina, che discende dalla sua: la modellistica matematica, a supporto della presa di decisione manageriale, system dynamics, per essere esatti.

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Due conti sul Fiscal Compact e la favola della Regina Rossa

Il 17 aprile scorso Il Fatto on line ha pubblicato un articolo di Mauro Del Corno, secondo il quale l’applicazione del fiscal compact, non solo non costerà affatto i 40-50 miliardi di cui spesso si parla, ma addirittura ne costerà solo 7: una bazzecola!  A tale confortante conclusione, l’autore giunge sulla base di brillante ragionamento per cui:

a- il calcolo di 40-50 miliardi è basato sull’intero ammontare del debito di cui il cui ventesimo si aggirerebbe intorno a quella cifra, mentre il calcolo va fatto solo sulla parte che eccede la soglia del 60% sul Pil;

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Si può ridurre il debito con la crescita?

C’è una sorta di mantra per il quale il modo “vincente” per risolvere il nodo del debito pubblico è solo quello di puntare sulla crescita del Pil: se io ho un debito di 160 ed un Pil di 100 vuol dire che il mio debito è il 160% del Pil, ma se il mio Pil diventa di 200 vuol dire che il debito, pur restando fermo, è diventato l’80% del Pil e se arrivo a 400 si è abbassato al 40%. Man mano, il gettito fiscale dovrebbe crescere in cifra assoluta così da permettere la graduale riduzione del debito e dei relativi interessi, per cui, già dopo i primi anni (sempre che non ci sia un ulteriore disavanzo statale da finanziare con nuovo debito) il capitale inizierebbe ad essere gradualmente rimborsato e, via via, ridotto.

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La liquidità di Bernanke

Greespan (al quale si attribuisce –giustamente- buona parte della responsabilità del crack del 2008) non ci è mai sembrato un granchè, ma al confronto di Bernanke è un genio.
Insomma, tutto quello che il baldo governatore della Fed è riuscito ad escogitare in tre anni, per far fronte alla crisi, è stata l’alluvione di dollari che avrebbero dovuto favorire la ripresa economica degli Usa.

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