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Sfiducia: l’inventario dei danni.

I giornali dell’opposizione si rallegrano che Berlusconi abbia vinto per soli tre voti: fanno molto male: a questo giro, quello che contava era vincere, anche per un solo voto dato per sbaglio. Dopo si apre un’altra pagina, nella quale il Cavaliere può sbattere sul tavolo dieci posti da ministro e sottosegretario (aumentabili ad libitum ) più posti di sottogoverno. Ma quello che più conta, ha a suo favore il vantaggio psicologico della vittoria: ha dimostrato di venirne fuori ancora una volta, mentre i suoi oppositori, una volta di più, hanno dimostrato la loro inconsistenza: un’armata variopinta ed inconcludente  di cui si può parlare solo per ridere.

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Sfiducia al governo: facciamo due conti.

Ancora una volta ha vinto il Cavaliere e non è detto che sia una vittoria di Pirro: dobbiamo vedere se ci saranno smottamenti fra centristi e Fli che, magari, gli consentano di ricostituire una maggioranza parlamentare e durare sino alla fine della legislatura.
Speriamo di no, ma per ora è davvero grigia e non resta che sperare nel “compagno” Bossi, dopo i “compagni” Fini e Casini. Intanto non è inutile fare qualche considerazione su come siamo arrivati al disastro e su chi ne abbia la responsabilità e in che misura.
In primo luogo Veltroni e Di Pietro farebbero bene a smettere di fare politica e darsi ad altre attività più consone alle loro capacità: se Cesario, Scilipoti e Calearo avessero votato la sfiducia al governo, nel rispetto del mandato affidatogli dagli elettori, il risultato sarebbe stato il contrario 314 contro Berlusconi e 311 a favore.

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Siamo nelle mani di Scilipoti.

Non sappiamo se Berlusconi riuscirà ad ottenere la fiducia martedì prossimo. Comunque vada, uno schieramento prevarrà sull’altro per pochissimi voti. Ma le cose cambiano a seconda che prevalga il si o il no.
Se a prevalere (magari per un 313 a 312) fosse la sfiducia l’esito quasi scontato sarebbero le elezioni a breve. In una situazione del genere, infatti, sarebbe molto difficile ipotizzare un governo tecnico o “del Presidente” o un ribaltone, perchè bisognerebbe mettere insieme una armata Brancaleone che da Fini al Pd e da Casini a Di Pietro, per di più senza neppure una maggioranza assoluta, per via di quei quattro o cinque astenuti. Unica possibilità di evitare il voto: che ci sia un tale terremoto monetario da indurre la Ue ad imporre all’Italia un rinvio delle elezioni per evitare di affondare definitivamente l’Euro (ed, anche in questo caso, sarebbe cosa più facile a dirsi che a farsi).

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Non ci posso credere!

Quando un amico festante mi ha telefonato per anticiparmi la novella della minorenne marocchina e del Cavaliere, la mia reazione è stata: “Non ci posso credere!”
Insomma: dopo la vicenda Noemi, dopo la separazione con la moglie che gli ha detto in faccia che frequentava minorenni, dopo la storia della D’Addario e dei festini di Villa Certosa, e mentre cerca in tutti i modi di far passare un provvedimento che lo sottragga vita natural durante alla giustizia penale, il Cavaliere si fa beccare per l’ennesima volta con le mani nella marmellata e per di più:
a- con una minorenne
b- immigrata forse irregolare (comunque priva di documenti al momento dell’arresto)
c- alla quale ammette di aver fatto regali per 150.000 euro
d-telefona personalmente (o fa telefonare da altri a nome della Presidenza del Consiglio: è lo stesso) per fare pressioni sulla Questura e farla rilasciare
e- invia a prenderla all’uscita la sua igienista orale personale –che nel frattempo ha fatto eleggere al Consiglio Regionale della Lombardia-
f- ciliegina sulla torta: dice o fa dire, che si tratta della nipote del Presidente Egiziano Mubarak, quindi mettendo le premesse per un incidente diplomatico.

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Governo diverso da quello uscito dalle urne: che dice la Costituzione?

E’ sin troppo prevedibile che la destra gridi al colpo di Stato nel caso si formi un governo “tecnico”, di “tregua istituzionale” o comunque diverso dal governo Berlusconi. L’argomento sarebbe quello della violazione della sovranità popolare che si è espressa attraverso delle votazioni nelle quali il nome del candidato presidente del consiglio era scritto sulla scheda.
Entriamo nel merito.

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PERCHE’ BERLUSCONI E’ NEI GUAI.

Il Cavaliere, che ha sbandierato la minaccia di elezioni anticipate per tutta la primavera-estate, con l’avvicinarsi dell’autunno dà segni di prudenza e si fa meditabondo, alternando sparate e fermate. Non c’entra una sensibilità stendhaliana all’aria struggente di settembre (debolezze letterarie di cui non lo sospettiamo capace). Il problema è che, facendosi due conti, scopre di essere nei pasticci.

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ANDIAMO AL VOTO? I PROBLEMI TECNICI PER VOTARE A DICEMBRE

Giochi fatti? Nuove elezioni e nuova vittoria del Cavaliere?
Non è detto, la situazione è aperta a molti sbocchi.
Il primo punto da stabilire è: su quanti parlamentari può contare il Cavaliere dopo la scissione finiana e l’esodo dalla maggioranza del Mpa? Realisticamente siamo un po sotto i 316 richiesti per la maggioranza alla Camera anche se, per ora c’è qualcosa in più del 165 richiesti al Senato.
Ma, con questi numeri  non governa nessuno e si va sparati a nuove elezioni.

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Le prospettive del giovane Fini.

Ci fu un periodo in cui Achille Occhetto –già segretario della Fgci- era indicato come la giovane promessa del partito, il futuro segretario chiamato costantemente “il giovane Occhetto”. E giovane, l’Achille, lo rimase sino alla soglia dei cinquanta. Poi divenne effettivamente segretario:  fu un disastro senza precedenti.
Mi sembra che Fini (che ormai è all’alba dei sessanta, una età non propriamente giovanile) stia percorrendo la stessa strada: era il delfino di Almirante, poi non fece in tempo a diventare il re del suo partito che, dopo pochissimo, divenne di nuovo delfino, questa volta di Berlusconi. E lo rimase sino al 2007, quando iniziò a dare segni di insofferenza. Peraltro subito rientrati con le elezioni del 2008 che lo videro rientrare all’ovile berlusconiano per sperare di tornare ad essere il delfino.

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Gianfranco il Temporeggiatore.

Sin dall’autunno, avevamo previsto che Fini non avrebbe fatto la scissione prima delle regionali: il timore di immediate elezioni anticipate e la speranza di un tonfo elettorale del Pdl gli suggerivano di temporeggiare.  E prevedemmo anche le possibili mosse successive: scissione, accordo con Udc e Pd (benedetto da Napolitano) per un governo tecnico che durasse un anno in modo da : a- riformare la legge elettorale, b- fare la legge sul conflitto di interessi, c- aspettare le sentenze su Berlusconi d- organizzare il suo partito e le sue alleanze in modo da andare al voto in condizioni ottimali e sconfiggere una volta per tutte il Cavaliere.
Però, avevamo detto, tutto questo sarebbe stato possibile ad una condizione: che le regionali segnassero una sonora sconfitta per il Pdl. Infatti, è evidente che un successo del Pdl (in un momento in cui i governi occidentali sono puniti dagli elettori) avrebbe scoraggiato molti seguaci del Presidente della Camera, consigliando una più prudente navigazione nella flotta berlusconiana.

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Facciamo il punto: quello 0,014% che fa la differenza.

Vedo che il  dibattito sui risultati elettorali ha –come è prevedibile- suscitato diversi interventi ed uno mi chiede: “Che fare?”. Non so perchè, ma ho l’impressione di aver già sentito questa domanda…
Ma per sapere che fare dobbiamo prima alzare lo sguardo sul campo  e fare il punto della situazione.
Anche se elezioni amministrative, queste sono state elezioni con portata pienamente politica e segnano un punto di non ritorno.
In politica i numeri contano, ma i simboli contano ancora di più e, nel nostro caso, la differenza fra un risultato discreto ed una disfatta sta in un miserabile  0,014%: quella piccolissima frazione di voti che avrebbero permesso a Bonino e Bresso di essere elette.

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