Perché il Pd è un partito tecnicamente morto.
L’assemblea del Pd non ha riservato sorprese che, peraltro, nessuno poteva attendersi. Alla fine è tutto finito con il solito compromesso dei capi che rinvia ogni cosa alla prossima assemblea.
L’assemblea del Pd non ha riservato sorprese che, peraltro, nessuno poteva attendersi. Alla fine è tutto finito con il solito compromesso dei capi che rinvia ogni cosa alla prossima assemblea.
Di Maio ha chiesto un decreto legge per consentire il voto a giugno. Non entro nel merito della fattibilità di un simile decreto che creerebbe problemi tecnici per il voto degli italiani all’estero, mi limito ad osservare l’assoluta inutilità del decreto invocato: la Costituzione prevede che il voto non possa avvenire prima del 45esimo giorno dallo scioglimento delle Camere, per cui, fatto il 24 giugno data ultima di quel mese, occorrerebbe sciogliere le Camere entro il 9 maggio, cioè oggi.
La linea scelta dal Pd di dichiararsi all’Opposizione quando ancora non ci sia nessun governo (come dire “Ci opponiamo a prescindere”) può sembrare priva di senso, ma un senso lo ha, magari molto rischioso ma non per questo irrazionale. Ovviamente il regista è l’intramontabile segretario che ha fatto finta di dimettersi, Matteo Renzi.
Un esito del genere della battaglia dei Presidenti di Camera e Senato non era lontanamente prevedibile ed il Cavaliere ha fatto di tutto per aggravare la sua posizione. Ma cominciamo dall’inizio. Berlusconi aveva proposto Romani come Presidente del Senato ed i 5stelle avevano risposto picche per via di una condanna francamente risibile.
Il Cavaliere di Arcore continua a muoversi come se fosse ancora lui il condottiero del centrodestra, mentre i suoi alleati semplicemente lo ignorano e pochissimi cortigiani continuano ad attorniarlo confermandogli tutte le illusioni. Ormai sembra la caricatura di Hitler nel bunker che dà ordini a divisioni inesistenti.
Nella settimana immediatamente successiva al voto, il Pd ripeteva di essere assolutamente indisponibile ad accordi politici con il M5s (soprattutto) e con il centro destra e proponeva che il governo lo facessero i due vincitori, in modo da lasciarlo all’opposizione a leccarsi le ferite.
Il Pd può riprendersi e tornare in serie A? Certo che può, ci mancherebbe altro, e potrebbe anche riconquistare il governo. Solo che dovrebbe fare alcune operazioni necessarie: rottamare il 97% del suo gruppo dirigente, parlamentari e quadro intermedio, abbandonare la sua attuale “cultura” politica, cambiare linea, trovare una diversa committenza sociale, cambiare simbolo, nome ed anche sede. Ma per il resto potrebbe continuare: ad esempio non ci sarebbe necessità di cambiare i mobili delle sedi ed anche segretarie e centraliniste potrebbero restare al loro posto. Ma dubito che faranno quel che suggerisco.
Come era prevedibile, Mattarella sta facendo pressing sui partiti per evitare le elezioni, ma, come è facile prevedere, con scarsissime probabilità di successo. Unico ad “aprire” è stato Berlusconi, che continua a credersi il regista del centro destra e che pensa ad un appoggio esterno del Pd, mascherato da astensione, offrendo generosamente la testa di Salvini sostituito da Zaia.
Il Pd è in un vicolo cieco e come la fa la sbaglia: se appoggia un governo M5s, perde almeno un quarto dei suoi elettori che non glielo perdonano, se appoggia il centro destra (un inciucio a trazione leghista) perde la metà dei suoi elettori, se resta sull’Aventino, e si va ad elezioni anticipate, perde i due terzi dei suoi elettori. Come dire che ha tre scelte: spararsi nella tempia sinistra, spararsi un quella destra oppure spararsi sotto il mento. Fate voi.
Come di consueto, un primo velocissimo esame di un risultato che, questa volta, è chiarissimo nelle sue linee generali: stravince il M5s, vince la Lega, escono stra battuti Pd, Forza Italia e Leu e, come si sa, in claris non fit interpretatio.