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Il noto servizio. Le spie di Giulio Andreotti (e il suo legame con Berlusconi)

In questi giorni è in libreria “Il noto servizio. Le spie di Giulio Andreotti” (qui l’indice). Si tratta della nuova edizione aggiornata del precedente “Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro”, che ho voluto ripubblicare aggiornato e ampliato, alla luce del fallimento del precedente editore. Questa nuova versione, aggiunta dell’indice dei nomi, assente nella precedente, presenta alcuni capitoli del tutto nuovi ed originali, di cui vi propongo alcuni passaggi di seguito, in cui ho cercato di tracciare un bilancio della storia politica di Giulio Andreotti, sottolineando, grazie anche a nuovi documenti, il rapporto profondo che esiste tra Andreotti e Berlusconi, a differenza della vulgata dominante che vorrebbe le fortune del cavaliere legate a doppio filo a Bettino Craxi.

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Abolire le province? E se abolissimo le regioni?

Per diminuire i costi della politica si era pensato di abolire le provincie, in considerazione che regioni e comuni già bastano alla bisogna. Poi, dopo le prevedibili proteste dei diretti interessati, è spuntata una mediazione: non le aboliamo, ma le riduciamo accorpandole. Lasciamo perdere i soliti piagnistei sulla ferite all’identità locale, per cui Livorno non può andare sotto Pisa, Mantova si sente degradata sotto Cremona, Prato si sente assassinata a tornare sotto Firenze ecc., veniamo alla sostanza: è una riforma inutile.

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A proposito di Delle Chiaie

Mi sento chiamato in causa sulla questione Delle Chiaie, per cui sono indotto ad una messa a punto. Come è noto, il leader di Avanguardia Nazionale ed il suo gruppo vennero indicati come responsabili della strage di piazza Fontana dal libro “La strage di Stato”. Prima di quell’evento, il gruppo era stato nell’occhio del ciclone per le sue numerose imprese squadristiche, soprattutto a Roma, dove godeva di un occhio di riguardo da parte della Questura. Ricordiamo l’irruzione all’università di Roma durante una lezione di Ferruccio Parri e la partecipazione agli scontri durante i quali morì lo studente socialista Paolo Rossi. Esso fu anche coinvolto nella morte, mai chiarita, di Antonino Aleotti, un ex militante del Pci entrato in An e trovato morto in un’auto zeppa di armi, parcheggiata non lontano dalla Questura.

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La metamorfosi della magistratura e il tormentone delle toghe rosse. 2a puntata

Leggi la 1a puntata: Ma sono proprio le Toghe Rosse i nemici di Berlusconi?

Come si sa, la gens berlusconia indica nelle “toghe rosse” l’origine dei guai del Cavaliere. Il ragionamento è questo: negli anni settanta si affermò fra i magistrati una corrente di contestatori (Magistratura Democratica) che, in breve, divenne la longa manus del Pci nel potere giudiziario. Lentamente questa corrente ed i suoi amici nelle correnti confinanti, conquistarono le Procure della Repubblica e –complice il nuovo codice di procedura penale- sferrarono l’attacco che portò alla distruzione di Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli (i cinque partiti che assicurarono democrazia e benessere, ha detto di recente Berlusconi). Quella stessa corrente è poi passata all’attacco del Cavaliere nel momento in cui, con la sua “discesa in campo”, egli impedì la vittoria del Pds, che altri non era che il vecchio Pci travestito.

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Berlusconi, l’incompatibilità e le responsabilità dei suoi “oppositori”

Riflettevo in questi giorni sulla questione della ineleggibilità di Berlusconi e sulla proposta di “mediazione” fatta dal Pd (direi fuori tempo massimo: perché non ci hanno pensato in questi 20 anni?). Nel merito, posso ricordare un episodio di cui sono stato testimone. Nei primissimi del 1994, mentre si profilava lo scioglimento anticipato delle camere, ricordo di aver collaborato con l’allora deputato del Pds Nicola Colaianni a studiare l’ipotesi di sostenere l’incandidabilità di Berlusconi proprio in base alla legge del 1957 che regola le concessioni pubbliche. Dopo alcuni giorni, pur ritenendo che ci fossero margini per sostenere con successo la sua ineleggibilità, notammo che la legge non era univoca e si prestava ad un contenzioso, che non sarebbe stato possibile sostenere di fronte ad elezioni ormai incombenti, per cui Colaianni pensò di abbozzare una proposta di legge ad hoc e la sottopose all’allora segretario del partito Occhetto.

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Novità sul caso Moro

Ancora novità sul caso Moro: un artificiere Vitantonio Raso ha scritto in un libro di memorie, che sarebbe stato chiamato il 9 maggio 1978 in via Caetani sino dalle 10 per esaminare l’R4 nella quale avrebbe, per primo, scoperto il cadavere di Moro, il cui sangue “era ancora fresco”. Sul posto sarebbe immediatamente giunto Cossiga che “sembrava sapere già tutto”. Questa versione sarebbe poi stata confermata da altro componente del corpo ed, in una certa misura, dall’ex vice segretario socialista Claudio Signorile che sostiene di essere stato nello studio del Ministro quando, intorno alle 11, sarebbe giunta la telefonata che annunciava il ritrovamento del cadavere di Moro. Che gli orari della versione ufficiale non quadrassero si era capito da tempo anche a causa di una serie di particolari di cui riparleremo in altra occasione.

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Grillo e la crisi del Parlamento

Beppe Grillo ha fatto una delle sue sparate definendo il Parlamento un “Tomba” o una “scatola di tonno vuota”. Manco a dirlo si è scatenata la solita buriana di commenti “politicamente corretti” che accusano Grillo di essere un emulo del Mussolini del 3 gennaio 1925, qualcuno addirittura ipotizza che ordini di bruciare il Parlamento come fece Hitler con il Reichstag e via di seguito con il consueto coro di sepolcri imbiancati. Anche qualche dissidente grillino ha preso le distanze (ma temo che in questo caso si sia trattato di una dinamica divaricante che conosco bene, per cui, se dici bianco devo dire nero perché ormai è una partita a scacchi a mosse obbligate) e, questa volta, poteva risparmiarselo. Come al solito, Grillo dice le cose in modo da scoprire il fianco alle accuse più spropositate, ma, nel merito, siamo sicuri che abbia proprio torto?

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Le fragilità del M5s

Non c’è dubbio che il M5s abbia avuto un successo senza precedenti: anche Forza Italia, alla sua prima presentazione, con il favore delle televisioni berlusconiane e nel pieno della disfatta della prima repubblica, si fermò leggermente sotto (24%) l’attuale risultato del M5s (25%), che aveva incomparabilmente meno mezzi a disposizione. E’ uso italico salire sul carro del vincitore per cantarne l’elogio. Personalmente sono sempre stato di avviso diverso: essere molto aperto verso i movimenti nascenti, respingendone ogni criminalizzazione, ma diventare ben più critico nel momento in cui si affermano. Non faccio eccezione per il M5s, verso il quale ho mostrato interesse ed apertura fra la fine del 2011 e tutto il 2012 (come si potrà facilmente verificare scorrendo indietro le pagine) ma verso il quale sono assai più critico oggi, dopo il suo successo. Ho l’impressione che tanto i dirigenti quanto gli attivisti del movimento siano stati presi da una sorta di “ubriacatura da alta quota”, che sollecita infondate sensazioni di onnipotenza e non fa vedere i molti punti deboli del movimento. Lo dico sine ira et studio, come puro osservatore che riconosce al movimento molte potenzialità positive ma osserva anche le fragilità che lo insidiano.

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Riforma elettorale: si sono incartati

Dopo l’ottimismo della settimana scorsa, che dava per fatto l’accordo fra partiti sulla legge elettorale, nuova battuta d’arresto e le probabilità di una riforma prima del voto sono ridotte al lumicino. Per la verità, l’ottimismo dei giorni scorsi era del tutto immotivato: l’accordo sembrava fatto, salvo che per qualche dissenso su dettagli come l’entità del premio di maggioranza, se attribuirlo al singolo partito o alla coalizione, il voto di preferenza e i collegi uninominali. In pratica, tutto, esattamente come prima dell’estate. E così sono restate le cose. Non ci metteremo il lutto per questa mancata “riforma” che si prospetta più indecente del “Porcellum” e va detto che le proposte del Pd erano ancora più oscene –da un punto di vista democratico- di quelle del Pdl e dell’Udc. Il Pd ha ereditato solo le cose peggiori del Pci, come, ad esempio la totale mancanza di laicità e la sostanziale incomprensione della democrazia pluralista: una cosa (come il premio di maggioranza o il maggioritario secco) è cattiva se serve agli altri, ma diventa improvvisamente buona se serve a sé stesso. La legge truffa era infinitamente più democratica e rispettosa del principio di rappresentatività, ma all’epoca il Pci condusse una battaglia memorabile in difesa della proporzionale (in silenzioso accordo con Msi e Pdium, va detto, ma la cosa non ci scandalizza affatto). 

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La politica, il Pci ed il Pd

Ho visto molti interventi assai aspri nei confronti di Nichi Vendola: accuse di basso opportunismo, tradimento, interessi personali e così via. Ho dovuto anche censurare tre post che esageravano, sfociando in apprezzamenti, epiteti, volgarità ed accuse da codice penale, per cui erano impubblicabili.  In tre anni di vita di questo blog l’ho fatto solo altre due volte e per due pezzi diversi. Personalmente non credo che il problema si ponga in termini di tradimenti o interessi personali, ma, più semplicemente, che Nichi stia facendo una scelta politica che io ritengo fortemente sbagliata, ma questo non impedisce che se ne possa discutere con toni pacati. Dopo di che è possibile che abbia ragione lui e torto io, staremo a vedere soprattutto quando si andrà alla definizione del programma, se tutto non si risolverà in una raccolta di chiacchiere prive di qualsiasi significato reale come sono sempre stati i “programmi” del centro sinistra in questi 18 anni. Ne riparleremo. Sia la lettera a Nichi che il pezzo precedente sulla riforma elettorale hanno suscitato qualche reazione irritata di alcuni militanti del Pd che hanno reagito difendendo il proprio partito, accusandomi di ingenerosità e di una certa astrattezza (si sa… gli estremisti sono brave persone, ma non sanno fare “politica”). Prima di rispondere a queste critiche –peraltro prevedibili e previste- voglio dire che ho un grande apprezzamento per la base del Pd, che sicuramente è  ancora il pezzo più numeroso di quel “popolo di sinistra” di cui mi sento parte e da sempre. Un po’ diverso è il discorso sul gruppo dirigente.

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