Chiedo scusa per essere stato poco presente nei mesi fra agosto e settembre. non mi sono affatto riposato, ma ho lavorato al mio nuovo libro e che dovrebbe uscire in novembre: una volata forsennata… Avremo modo di parlarne. La lunga assenza -raramente interrotta- ha creato un arretrato di cose di cui parlare: la politica-dossieraggio che è diventato un piatto fisso del menù mediatico, il disastro dell’università che sta affondando, il rilancio della campagna per la legge penale sul negazionismo, la compravendita di parlamentari e le elezioni in arrivo. Cercheremo di parlare di tutto, ora diamo la precedenza a cose molto più importanti: ogni tanto ricordiamoci che la nostra Italietta (per quanto ci si possa essere affezionati, ed io lo sono) è una solo una piccola zattera in pieno oceano.
A proposito: entro due o tre settimane ci sarà una novità –una sorpresa- di cui parleremo.
Cina, Nobel e altro.
In queste settimane sta prendendo corpo l’ipotesi di una crisi politica di vaste proporzioni in Cina.
Già dalla fine dell’anno scorso si sono avvertiti i sintomi di una forte tensione interna al gruppo dirigente. Dopo, da giugno, i segnali si sono infittiti, prima con la questione della rivalutazione dello yuan renminbi e la serie di agitazioni operaie, tollerate sin quando riguardavano fabbriche giapponesi, ma duramente represse appena hanno investito imprese cinesi. Dopo sono venute le prime voci sulla bolla immobiliare nelle città, cui faceva seguito uno stress test sullo stato delle banche in caso di abbattimento del costo degli immobili sino al 60% in meno. Le notizie erano pubblicate su un settimanale su cui compaiono spesso importanti inchieste economiche, ma si sospettava la mano di Liu Mingkang, il direttore della China Banking Regulatory Commission. Il tutto mentre esplodeva il caso Bo Xilai, il “Di Pietro cinese” (sic!).
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