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La difficile partita del Quirinale

L’elezione del Presidente della Repubblica sarà il primo banco di prova su cui la (probabile, ma non sicura) maggioranza di sinistra si dovrà misurare. Come si sa, il collegio elettorale è composto da 630 deputati, 315 Senatori, più i 4 senatori a vita attuali, Napolitano (ma di solito il Presidente uscente non vota) e 58 delegati regionali, per un totale di 1008 elettori, la maggioranza richiesta nei primi tre turni è di 672 voti, dalla quarta in poi 505. Se la sinistra vincerà alla Camera (come ancora sembra…poi chissà), si aggiudicherà 340 seggi, cui dovrebbero sommarsi i 140-160 del Senato ed i circa 30 delle regioni (compresi Uv e Svp), ed un paio di  senatori a vita: per un totale di 513-533 “grandi elettori”: troppo pochi per i primi tre turni ma abbastanza per il quarto. Ma con un margine non gradissimo: al massimo di 25 voti, al minimo di 5. Probabilmente, intorno alla dozzina. E qui si aprono i problemi.

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Riforma elettorale: vi ricordate che c’è anche la Costituzione?

Brutta estate questa: fa troppo caldo, non piove ed i colpi di sole sono micidiali.
Michele Ainis, che è un costituzionalista fine e competente, propone (“L’Espresso” 16 agosto 2012 p. 11) di sbloccare il dibattito sulla riforma elettorale con un decreto legge che riporti in vita il vecchio Mattarellum, sostituito dal Porcellum. Lo stesso Ainis dice che qualche difficoltà tecnica ci sarebbe, perché l’art. 15 l. 400/1988 esclude la materia elettorale dalla decretazione. Però, in fondo, in passato la questione è stata superata con l’accordo dei “giocatori” che consentirono al governo di modificare aspetti della legge elettorale come la disciplina delle campagne elettorali. Certo, ci sarebbe anche un altro piccolo problema: a fare il decreto dovrebbe essere un governo di tecnici mai eletto dal popolo, il che è un po’ forte. Ma anche a questo c’è rimedio: il decreto –sempre con il consenso dei “giocatori”- rimette in vigore il vecchio Mattarellum a suo tempo votato dal Parlamento, così non si assume la responsabilità di fare scelte di merito fra preferenze, collegi uninominali, proporzionale, maggioritario ecc. Geniale! Come abbiamo fatto a non pensarci prima?!

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Cronaca di un paese allo sfascio

Ormai è evidente anche ai ciechi, ai sordi ed ai paraplegici che, in Europa, di Berlusconi non ne possono più, e che la richiesta all’Italia di un supplemento di manovra è solo un modo per rendergli difficile la vita, nella speranza che se ne vada. D’altra parte hanno ragione: voi discutereste delle misure per salvare la moneta comune, con uno che di giorno pensa solo alle sue vicende giudiziarie personali e di sera alle escort che deve incontrare? L’immagine del paese è a pezzi ed all’estero di parla di Berlusconi solo per ridere.
La bordata delle 100.000 intercettazioni da Bari fa emergere un liquame da ribrezzo, in un altro paese con un millesimo di quella roba non potrebbe resistere in carica neppure un consigliere comunale, figuriamoci il Capo del Governo. Qui non succede quasi nulla.

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GOVERNO DEL RIBALTONE E LEGGE ELETTORALE.

E’ evidente che si sta tessendo la trama per rovesciare Berlusconi con una “rivoluzione parlamentare”. Mettere insieme una maggioranza, anche risicatissima, anche di un solo voto, potrebbe segnare la fine politica di Berlusconi.
L’obiettivo principale di un governo simile (ovviamente giustificato prima di tutto dalla crisi economica e dall’esigenza di stabilità del paese e via dicendo…) sarebbe il  nuovo sistema elettorale. Che il Porcellum sia un sistema  elettorale folle è cosa che dice il suo stesso autore, ma il punto non è questo.

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Una nuova Assemblea Costituente?

Una nuova Assemblea Costituente?

La repentina svolta seguita allo strano attentato a Berlusconi ha tirato fuori dalla naftalina l’idea di una riforma organica della Costituzione. Negli ultimi venticinque anni se ne è parlato a più riprese e sono state costituite anche diverse commissioni bicamerali (Bozzi, Iotti, D’Alema…) che, però non sono mai approdate a nulla ed il discorso era finito nel cassetto. C’erano state sporadiche e pasticciate riforme unilaterali in tema di federalismo (quella voluta dal centro sinistra nel 200-2001 e quella varata dal centro destra nel 2005 e poi bocciata dal referendum popolare del 2006), ce ne è stata una ancora più pasticciata bipartisan in materia di federalismo fiscale nell’ultimo anno. Ma una riforma organica era rimasta fuori dell’agenda politica. Con la crisi seguita al Lodo Alfano, il Cavaliere aveva dichiarato di voler procedere alla riforma della Costituzione –anche unilateralmente- per quanto attiene all’ordinamento giudiziario.

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A BERLUSCONI NON BASTA VINCERE. DEVE STRAVINCERE. ALTRIMENTI PERDE.

A BERLUSCONI NON BASTA VINCERE. DEVE STRAVINCERE. ALTRIMENTI PERDE.

Se il Pdl dovesse avere il 40,3% dei voti che molti sondaggi gli attribuiscono, registrerebbe una avanzata del 3% secco. Berlusconi potrebbe cantare vittoria, ma in realtà avrebbe perso.

Dopo la vittoria a valanga dell’anno scorso, il Pdl è passato di successo in successo conquistando Roma, l’Abruzzo, la Sardegna, è riuscito a conquistare quasi tutta la Rai, ha votato il federalismo fiscale ecc. Ma il vento potrebbe cambiare molto prima di quanto non si pensi: la crisi economica è tutt’altro che risolta, il banco di prova sarà fra settembre e gennaio, quando il pessimo ricordo del governo Prodi (che sin qui è stato il migliore atout di Berlusconi) sarà scolorito.

laula della Camera dei Deputati
l'aula della Camera dei Deputati

Dopo pochi mesi si voterà per le regionali e i risultati potrebbero essere assai meno favorevoli di oggi, tenendo anche conto che le elezioni amministrative solitamente sono meno favorevoli alle liste berlusconiane.

L’armonia della coalizione sarebbe messa a dura prova da una Lega che, ottenuto il federalismo fiscale, potrebbe non essere più tanto interessata a seguire l’alleato lungo questa discesa. Né è detto che l’amalgama fra gli ex di Fi e gli ex di An sia molto ben riuscito.
Ragionevolmente tutto questo non basterebbe né a far saltare la coalizione né a mandare prematuramente in crisi la legislatura, ma potrebbe avviare una fase di logoramento –come nella legislatura 2001-06- durante la quale la sinistra potrebbe riorganizzarsi. Berlusconi non nasconde le sue aspirazioni di salire al Colle appena possibile, essendo scarsamente plausibile  un nuovo quinquennio come Presidente del Consiglio dopo il 2013, quando sarà assai prossimo agli 80 anni. Non c’è dubbio che con l’attuale Parlamento avrebbe ottime probabilità di farcela, ma, come si sa, il mandato di Napolitano scade nel 2013, dopo la fine della legislatura e –per quanto il Pd si stia liquefacendo- nessuno può garantire che il prossimo Parlamento abbia ancora una maggioranza di questo tipo. Di qui la forte tentazione di cogliere un pretesto qualsiasi ed andare ad elezioni politiche, sin quando dura il favore dell’elettorato, magari nel 2010.

Questo consentirebbe di arrivare alla scadenza delle presidenziali con un Parlamento a maggioranza di destra. Peraltro, elezioni ravvicinate coglierebbero la sinistra in piena fase di rimescolamento delle carte dando a Berlusconi la possibilità di imporre alla Lega un patto leonino o escluderla senza troppi problemi dalla coalizione. E questo consentirebbe di mettere mano alla riforma della Costituzione senza dover fare i conti con le bizze leghiste in tema di riforma del potere giudiziario.
Dunque, oltre che spianare la strada verso il Quirinale, questa strategia consentirebbe a Berlusconi di trasformare durevolmente il paese ed i suoi assetti istituzionali.

Ma tutto questo è possibile solo a condizione di ottenere un successo senza precedenti. Il leader della destra ha bisogno di portare a casa un risultato che renda la Lega ininfluente in caso di elezioni politiche: fra il 43 ed il 45%. Il ragionamento è molto semplice: se il Pdl da solo raggiungesse il 44%, questo significherebbe che non ci sarebbe coalizione in grado di sfidarlo: ipotizzando la lista comunista fra il 3 ed il 4% e Storace intorno al 2%, più un 2% alle liste di dispersione, una eventuale coalizione Pd-Lega-Udc-Di Pietro-Vendola-Radicali partirebbe da un ipotetico 47-48%, ma che credibilità avrebbe un simile minestrone? Il semplice confronto fra un caravanserraglio del genere e un singolo partito dotato –bene o male- di una sua linea politica e di una sua coesione costituirebbe per il Pdl un vantaggio non rimontabile.
Immaginiamo, invece, che il Pdl si attesti sul 40 e la Lega sul 10: complessivamente, la coalizione avrebbe un incremento del 5%, ma, essendo vincenti i due partiti, le rivalità interne si acuirebbero. Per di più, la Lega mostra una notevole aggressività e non sembra volersi accontentare del 10. E segnali di nervosismo vengono già ora: la mossa di Berlusconi sulla riduzione dei parlamentari (tema caro da sempre alla Lega) appare con ogni evidenza come una mossa per arginare l’offensiva leghista e passare al contrattacco. La stessa decisione di sostenere il referendum elettorale depone sul tentativo di stringere la Lega nell’angolo e distruggerne il potere di interdizione.

Dunque, un “misero” 40 o 41% non metterebbe affatto al sicuro il Cavaliere, che potrebbe tentare la carta delle elezioni anticipate nel 2010 ma a prezzo di dover concedere moltissimo alla Lega o esporsi al rischio di una sconfitta contro un cartello Pd-Udc-Di Pietro, con la Lega da sola.
E, dunque, la manovra sarebbe fallita.

Dunque: stravincere o perdere. Tertium non datur.

Aldo GIANNULI, 28 maggio 2009

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