Tag: parlamento

Ma che fine ha fatto il quindicesimo giudice della Corte costituzionale?

Come si sa, in settembre sono scaduti due giudici della Corte Costituzionale di designazione parlamentare ed, a novembre, due di nomina presidenziale. I secondi sono stati prontamente rinnovati da Napolitano, invece per i due di competenza del Parlamento, dopo oltre venti votazioni andate a vuoto, è stata eletta Silvana Sciarra, grazie ai voti determinanti del M5s, mentre è stata bocciata la candidata di Fi, la Bariatti, cui quei voti erano mancati.

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Il “metodo Einaudi”, il “Diktat” del Nazareno e la turbo-democrazia di Renzi

Volentieri torno ad ospitare un pezzo di Umberto Baldocchi, di Economia Democratica.

La storia non si fa con i “se”- affermazione nota e arcinota.  Ma la storia non è neppur un aereo guidato da un pilota automatico, come a tanti piacerebbe. La storia è fatta da scelte umane entro una gamma di possibilità, che è essenziale saper vedere. In realtà la storia non si costruisce  senza i “se”.  Ora che il dibattito ( si fa per dire, ma  un dibattito politico vero e proprio non  c’è mai stato ) sulle riforme costituzionali, dopo esser stato risucchiato dal vortice della demagogia più spicciativa e più rozza ( tipo “ce lo chiede l’Europa”, ci “metto la faccia”, “siamo l’ultima spiaggia per la democrazia” ecc.), sembra farsi sempre più una pura prova di forza e di numeri – evidentemente questo il nuovo “allegro” volto della democrazia che si presenta oggi con filibustering, tagliole, ghigliottine e  canguri -, un problema si pone agli italiani più che ai partiti:  ma è davvero possibile costruire un sincero e duraturo compromesso costituzionale ed è sensato cercarlo? La chiave del problema mi sembra una sola: credo che si debba uscire dall’incubo del “patto del Nazareno” .

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L’ingresso a gamba tesa di Napolitano.

Questo è certamente il peggior Presidente della Repubblica che ci sia mai stato. Segni e Cossiga gli fanno un baffo! Già lo sapevamo, ma adesso sta andando oltre ogni limite. E’ in corso un tentativo di revisione costituzionale senza precedenti, che tocca la stessa forma di governo della Repubblica, non dico che nel merito questo sia un bene o un male, che si debba fare in un modo più che in un altro, dico soltanto che, per la sua importanza è il maggiore mai profilatosi in sessantasei anni dalla proclamazione della Carta costituzionale. Si immagina, pertanto, che la discussione debba essere al livello delle ambizioni di dare agli italiani un nuovo ordinamento costituzionale e che questo richieda il tempo e la profondità di discussione necessari, e questa dovrebbe essere materia riservata al Parlamento. Soprattutto, che la discussione avvenga nel modo più libero, senza condizionamenti di sorta del Parlamento.

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Lettera aperta al Ministro per le riforme Maria on. Elena Boschi.

Onorevole Ministro,

ho seguito lo scontro che Ella ha avuto in Parlamento con i senatori dei gruppi M5s e Sel, a proposito delle riforme istituzionali in corso d’opera. Ella ha comprensibilmente difeso il suo operato, negando che tali riforme costituiscano una svolta autoritaria caratterizzata da uno spirito illiberale. Al di fuori della polemica politica –in questo caso particolarmente accesa- vorrei sottoporLe pacatamente alcune considerazioni, a titolo puramente personale, come semplice cittadino e studioso della materia (come storico mi sono spesso occupato delle evoluzioni istituzionali del nostro paese, dal fascismo in poi). Naturalmente, non intendo attribuirLe alcun disegno autoritario e non metto in questione le intenzioni –sicuramente le migliori-, quanto piuttosto indicare alcune dinamiche oggettive che possano andare al di là delle intenzioni –sicuramente le migliori-.

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La riforma costituzionale di Renzi ed il regime in arrivo.

Giornali e Tv parlano, con una certa enfasi, di “approvazione della riforma del Senato e del Titolo V”, in realtà si tratta solo del primissimo passo: l’approvazione in Commissione, dopo di che il ddl deve andare in aula (dove le cose non sono scontatissime), per passare alla Camera, quindi, dopo tre mesi, deve tornare al Senato, per poi tornare alla Camera nuovamente. Sempre che fra un passaggio e l’altro non ci scappi qualche emendamento che fa ricominciare il giro. E non è affatto escluso che non si debba tenere un referendum confermativo, visto che appare poco probabile una maggioranza dei due terzi in entrami i rami del parlamento alla votazione finale. Insomma la strada è ancora lunga. Però è fatto il primo passo, quello più importante, che definisce l’accordo Pd-Fi-Lega con il codino del Ncd (che non si capisce perché voti una cosa del genere da cui ha tutto da perdere e nulla da guadagnare). Lasciando da parte la questione del Titolo V, su cui torneremo con una riflessione specifica, la riforma prevede questi punti.

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Il dialogo Pd-M5s sulle riforme è finito? Tutto dipende da che ha promesso Renzi a Berlusconi.

All’inizio della scorsa settimana il Pd sembrava propenso a continuare il dialogo iniziato con il M5s al punto che il suo segretario indirizzava una lettera (per la verità un po’ confusa e con qualche bestialità costituzionale) nella quale poneva 10 domande, senza accennare alla richiesta di una risposta scritta, al punto che si parlava di un incontro per giovedì. Poi, silenzio sino a tutto mercoledì. Giovedì la proposta di spostare l’incontro a lunedì senza alcuna richiesta di risposta scritta preliminare, al punto che viene fissata  la richiesta della sala per l’incontro. Poi sabato si inizia a parlare di risposta scritta, al punto che Di Maio concede una intervista al Corriere per dire che la risposta del M5s sono “8 si su 10” lasciando in parte impregiudicata la questione dell’entità del premio di maggioranza mentre si dice che è accettato anche il doppio turno. Una risposta chiara, direi, che dovrebbe sostituire ad abbundantiam la letterina richiesta, visto che eventuali chiarimenti sarebbero potuti venire nell’incontro. Invece si registra un improvviso irrigidimento del Pd, attraverso la bocca di uno dei vice segretari, che pone la richiesta della lettera come ultimativa: o richiesta scritta o niente incontro, che in effetti salta con particolari tragicomici di cui si dirà in altra occasione.

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Italicum: quattro passi nel delirio

In attesa del risultato elettorale, ho pensato di riempire la pausa con qualche fantasticheria, cioè ho applicato il sistema elettorale in discussione, il famigerato Italicum, ad alcuni casi limite, per vedere cosa succederebbe con questa trovata geniale. Capiamoci: sono casi limite che hanno poche probabilità di avverarsi, d’accordo, ma improbabile non significa impossibile e, poi, quando gli esiti “improbabili” sono tanti, la probabilità che uno di essi si verifichi  cresce e, prima o poi, diventa facile che uno accada per davvero: per anni abbiamo rischiato maggioranze difformi fra Camera e Senato e due volte ci siamo andati molto vicini (1994, 2006) ed alla fine, quando è emerso un terzo partito, il caso si è verificato.

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I sistemi elettorali e l’equivoco della governabilità

Spesso si sente il ritornello della “governabilità: ”Bisogna che il sistema elettorale assicuri la governabilità”. Ed in nome di questo si caldeggiano premi di maggioranza, collegi uninominali, soglie di sbarramento e trappole varie. Lasciamo da parte se la governabilità sia un bene in sé e concentriamoci sul significato del termine: che significa governabilità?

Grosso modo, possiamo definire il termine in questo modo: la stabilità di governo possibilmente per tutta la durata della legislatura. Dunque, garantire che non ci siano crisi di governo che interrompano l’attuazione dei programmi decisi.

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Qualche risposta a proposito delle scelte del M5s

Immaginavo molte delle obiezioni che mi sono state mosse a proposito delle scelte del M5s a proposito del governo, ma, ovviamente, non potevo rispondere preventivamente. Vengo al merito, sostanzialmente le obiezioni sono:

a- il M5s si  è presentato e si ritiene alternativo all’intero sistema politico, per cui, come potrebbe allearsi con una qualsiasi delle parti di questo sistema senza tradire le assicurazioni date e, quindi, perdere credibilità?

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