Tag: nuova recessione

La crisi: come vanno le cose?

E’ troppo tempo che, assorbito dalle polemiche politiche interne, trascuro di scrivere sull’andamento della crisi e sulle sue prospettive. E’ il caso di tornare a parlarne, anche perché “la grande bonaccia”, durante la quale essa ha sonnecchiato, sta per finire. Una serie di congiunture (la ripresina americana in larga parte dovuta al gas ed al petrolio di shale, i ripetuti quantitative easing della Fed, cui si è unita la Bce (anche per scongiurare una avanzata troppo forte degli “euroscettici” alle elezioni europee), qualche limitato successo della Abenomics in Giappone ecc…) hanno creato una pausa che ormai dura dalla metà del 2012 e che ha favorito anche l’Italia. Ma la ripresa, quella vera, è di là da venire: la crisi del debito è sempre presente e le inondazioni di Dollari ed Euro servono come antinfiammatorio, ma non sradicano l’infezione.

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Uscire dalla crisi si può, ma dobbiamo prima di tutto dirci quali sono i termini reali della situazione

Uscire dalla crisi possiamo, ma solo se non ci raccontiamo favole e ci diciamo come stanno le cose, comprendendo che significa l’esplosione del debito delle economie di Usa, Giappone ed Europa.
Lasciamo per un momento da parte il debito privato (che pure ha la sua parte nel tutto), quello delle aziende, delle banche ed anche quello degli enti locali o delle società sponsorizzate da Stati e parliamo solo del debito statale che oggi è il cuore del problema. Questi sono i dati nudi e crudi: (nella prima colonna è indicato il debito pro capite, nella seconda la percentuale sul rispettivo Pil, secondo la tabella pubblicata dal S24 15 agosto 2011 p. 11)

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I possibili sviluppi della crisi

La tempesta in borsa non si è ancora placata e fa ballare banche, monete, società per azioni, fondi speculativi e Stati.
Il punto è questo: la seconda recessione appare sempre più probabile e vicina e il troppo denaro in cerca di remunerazione moltiplica la tempesta. Come è noto, il liquido scorre lungo i pendii dove incontra minore resistenza ma quando è troppo e scorre fra canali troppo stretti, agitato da venti di tempesta e maree improvvise, il liquido dà luogo a tempeste rovinose. E la “liquidità” del denaro non fa eccezione.
Dunque, è lecito chiedersi “dove stiamo andando a sbattere” con le nostre fragili scialuppe, così come siamo in balia del fortunale.

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Il fallimento americano

Obama ha evitato di misura il default, ma non ha avuto il tempo di brindare: le borse sono entrate lo stesso in fibrillazione e Standard & Poor’s ha declassato il debito americano dalle tre A a due A+.
Naturalmente, ne è seguita una sarabanda di attacchi all’agenzia di rating che si sarebbe sbagliata, come dimostrerebbe il fatto che le altre due hanno confermato le tre A. Ed in effetti, S&P si è sbagliata, ma non perchè avrebbe fatto mal i calcoli per circa 2.000 miliardi di dollari, ma, al contrario, perchè la sua valutazione è troppo generosa. Diciamoci la verità, se non si trattasse degli Usa, ma di un qualsiasi altro paese, con quel tasso di indebitamento governativo e quel tasso di debito aggregato, con quel deficit statale e quella scarsa flessibilità della spesa pubblica, ecc. le agenzie di rating, si e no, concederebbero CC-.

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La crisi è finita. Quasi. Forse. Si, Però.

La crisi è finita. Quasi. Forse. Si, Però.


Sembra ormai che la crisi sia finita. e la ripresa cominciata. Così si affannano a spiegarci sia la Fed che la Bce segnalando i timidi accenni di ripresa produttiva in Usa, Germania e Francia e i primi rialzi di borsa. Poi il coro degli economisti (quelli stessi che non avevano visto la crisi  sino ad una settimana prima che arrivasse) che assicurano che abbiamo scampato il pericolo di una nuova depressione come nel 1929.
E, dunque, di che ci preoccupiamo? “Il peggio sembra essere passato” come cantava qualcuno.
Poi, però, succede che la borsa di Shangai faccia uno starnuto e, in poche ore l’euforia sparisce e le borse occidentali ricomincino a ballare la rumba.
E così gli economisti ci spiegano che la ripresa c’è, ma è slow. Anzi… cioè.. nella misura in cui… Insomma: è lenta e non è rock .

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