Tag: neoliberismo

Elezioni amministrative in Francia: è solo l’antipasto

Il crollo dei socialisti e la parallela affermazione del Fn di Marine Le Pen non hanno sorpreso nessuno, ma l’entità degli spostamento è andata al di là delle previsioni. Il Ps paga l’impopolarità di Hollande, dovuta alle sue scelte di governo, ma, più in generale paga la sua posizione scomodissima di gestore della crisi. La sinistra “riformista” non ha e non può avere spazio nell’ordinamento liberista, perché la sua ragion d’essere sta nella mediazione fra capitale e lavoro, mentre il neo liberismo non cerca alcuna mediazione, perché postula semplicemente il dominio capitalistico e la totale subalternità del lavoro.

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Emma Bonino for President?

Sta prendendo rapidamente consistenza una candidatura Bonino al Quirinale: a parlarne per prima è stata Mara Carfagna, sottolineando quanto sarebbe auspicabile una donna al Quirinale. Da allora si è iniziato a parlarne discretamente e, nei sondaggi on line del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, la Bonino è nettamente in testa alla graduatoria con gradimenti oltre il 30% staccando nettamente il secondo (Prodi, che non raggiunge il 15%). Anche esponenti politici delle due sponde hanno preso a parlarne con una certa deferenza, ricordandone le battaglie per i diritti civili, il garantismo, la competenza dimostrata negli incarichi internazionali (fu commissario europeo e docente all’Università americana del Cairo). Per di più non è mai stata sfiorata da scandali e, essendo stata parlamentare sia con il centro destra (che la indicò come Commissario Europeo) che con il Centro sinistra (per il quale fu ministro per il Commercio estero prima, poi vice presidente del Senato, candidata alla Presidenza della Regione Lazio dopo ancora) può essere fatta passare per abbastanza di destra o abbastanza di sinistra o, anche, abbastanza indipendente, a seconda dei gusti di chi ascolta.

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Spagna: verso un’altra primavera calda (ma non abbastanza)

Con grande piacere ed interesse, ospito questo nuovo contributo di Steven Forti da Barcellona, che ci permette uno sguardo approfondito sulla Spagna, di cui davvero troppo poco si sa in Italia.

Qualche mese fa scrivendo sulla situazione spagnola mi domandavo se era corretto parlare di un nuovo autunno caldo. (1) Scioperi, manifestazioni e proteste erano effettivamente all’ordine del giorno, però sembrava mancare qualcosa che permettesse un “salto di qualità”, dopo quell’iniziale tsunami dell’occupazione delle piazze del maggio del 2011. (2) La situazione è di continuo attivismo – si pensi che nella sola Madrid vi sono state una media di dieci manifestazioni al giorno nel 2012, il 74% in più rispetto all’anno precedente –, ma anche di una certa impasse, per quanto le condizioni – si sarebbe detto un tempo – erano propizie a uno sbocco “rivoluzionario” o a qualcosa di simile, adatto al tempo storico in cui stiamo vivendo. L’autunno (caldo, ma non troppo) è terminato. E l’inverno quasi. A che punto siamo arrivati e cosa ci aspetta per i prossimi mesi?

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Appunti per una discussione su Modernità, Modernizzazione, Globalizzazione

Vi propongo la pubblicazione degli appunti che ho scritto per gli studenti del mio corso su Modernità, Modernizzazione e globalizzazione. L’articolo è lungo e forse un po’ insolito per un blog del genere, ma spero possa essere di vostro interesse comunque.

Aldo Giannuli

Usiamo il termine globalizzazione con riferimento al periodo di trasformazioni sociali, politiche e soprattutto economiche, iniziato fra la fine degli anni ottanta ed i primi anni novanta. Non ci sembra corretto, infatti, antedatare la globalizzazione agli anni settanta (come sembra sostenere SOROS  1999 p.146) o al periodo precedente alla prima guerra mondiale (ROGARI 2007) o alla conquista inglese dell’India (come sostiene ELLWOOD 2003 forse influenzato dall’affermazione di Marx che, troppo ottimisticamente, ritenne che essa segnasse l’”unificazione mondiale del mercato”) o addirittura al cinquecento dopo la scoperta dell’America (OSTERHAMMEL – PETERSON 2005) facendo così coincidere tutta l’epoca moderna con la globalizzazione.

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Risposta ad Andrea Marluzzo

Ringrazio Andrea Marluzzo per la sua attenzione al mio blog e per le critiche che mi muove. Il tono civile e la fondatezza delle osservazioni mi obbligano a replicare, precisando alcuni aspetti del mio pensiero.

Per la verità, non ho mai detto che i massimi responsabili della crisi sono quelli che definivo con ironia i “grandi geni dell’economia”. La frase incriminata (“I maggiori responsabili sono gli economisti…”) non si riferisce tanto alla crisi in sé -che ovviamente è il prodotto dell’azione concreta degli operatori finanziari e delle autorità politiche- quanto all’incapacità di capirla, frutto della loro cecità culturale.
Io rimprovero a questi “economisti” di aver fatto da coro all’ondata neo liberista, sfornando una serie di certezze totalmente infondate, che hanno contribuito ad ingannare tanto gli operatori finanziari quanto i governi. E di riproporre oggi la stessa visione, senza riuscire ad analizzare quel che sta accadendo, perché affetti da pregiudizio ideologico al limite del fanatismo.

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Ma perché questa crisi non è presa sul serio?

Due anni e mezzo fa i grandi geni dell’economia (quelli che la crisi non l’avevano prevista nemmeno il giorno prima del fallimento della Lehman Brothers e che ridicolizzavano i pochi che ne segnalavano l’arrivo) decretarono che la crisi era ormai risolta o in via di soluzione e che alla fine del 2010, al più tardi nel 2011, l’economia avrebbe recuperato il terreno perso e sarebbe tornata a galoppare. Infatti….
La nuova fiammata iniziata esattamente un anno fa avrebbe dovuto rendere tutti un po’ più accorti e far venire qualche sospetto. Invece, la crisi continua ad essere trattata come un incidente di percorso, certo un po’ più noioso del previsto, ma, insomma, destinato a risolversi in breve (al massimo un paio d’anni). Nel frattempo, tutto quello che si richiede è di innaffiare i mercati bancari con ripetuti getti di liquidità e, per il resto, aspettiamo che il temporale passi per i fatti suoi.

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Sulla contestazione a Giannino e la libertà di espressione

Il 1° dicembre scorso gli studenti di Azione Universitaria (l’organizzazione universitaria di Alleanza Nazionale poi confluita nel Pdl) avevano organizzato nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano (nella quale lavoro) un convegno cui avrebbe dovuto partecipare anche Oscar Giannino. Ma un gruppo di studenti di sinistra (“Assemblea di Scienze Politiche”) ha accolto con un lancio di uova e pomodori il giornalista che decideva di andare via. A seguito di questi fatti, il Preside della facoltà ed un gruppo di docenti diffondevano una lettera di condanna dell’avvenuto, invitando anche gli altri componenti la Facoltà ad aderire. Per parte mia non ho aderito, preferendo inviare questa lettera aperta al Preside.

Lettera aperta al preside della facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano.
Milano 18 dicembre 2011

Caro Daniele,

come forse avrai notato non ho sottoscritto l’appello a proposito dei fatti del 1° dicembre 2011. Non vorrei che questa mancata adesione suonasse in modo sbagliato: anche io sono per la più completa libertà di espressione del pensiero e tanto più nel caso di una facoltà di Scienze Politiche, dove dovrebbe essere  pratica costante il più libero confronto delle diverse posizioni politiche e scientifiche. Se si trattasse solo di questo, non avrei nessuna difficoltà a sottoscrivere che “nessuno ha il diritto di stabilire quali sono le idee giuste e quelle sbagliate e chi ha diritto di parlare e chi no”. Il problema è se questa sia l’occasione migliore per ribadire questo elementare principio di democrazia.

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2012 in arrivo: facciamo due conti

Ogni tanto vale la pena di fare due conti facili facili, come la signora Maria di Voghera, quando, a fine giornata, fa i conti della spessa e vede quanto resta in cassa per il resto del mese.
Ed allora: nell’anno prossimo, fra titoli sovrani, obbligazioni di enti pubblici minori, corporate bond (debiti d’impresa), obbligazioni bancarie, scadono titoli per 11.000.000.000.000 (undicimila miliardi) di dollari. Faccio grazia degli spiccioli. Ve l’ho scritto con tutti i 12 zeri per farvi apprezzare la cifra in tutta la sua imponenza: si tratta di poco meno di un sesto del Pil mondiale e di circa l’11% dell’intero debito mondiale. Come dire che, se ogni anno avessimo scadenze di questa entità, in nove anni dovremmo rinnovare l’intero debito mondiale, compresi i titoli ultraventennali.  E, per di più, nei due anni seguenti, le scadenze saranno solo di poco inferiori.

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Il caso Bisignani-P4

Sin dal giorno dell’arresto di Luigi Bisignani si è parlato di “caso P4”, con evidente riferimento alla P2 di Gelli cui, nel 2010, si dette un seguito (giornalistico) con la cd P3, una cricca di affaristi, faccendieri, politici e  magistrati dediti ad “aggiustare” sentenze e appalti. Per la verità, non si capisce perchè questa di oggi sia cosa diversa rispetto a quella precedente, visto che il giro della cd P3 è in larga parte coincidente con quello della attuale P4, ma questo è secondario. Il punto più importante è che questa formula giornalistica rischia di  confondere le idee più di quanto non le chiarisca.

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Che fare? Un punto di partenza: una sinistra senza idee non serve a niente.

Se vogliamo uscire dal disastro in cui siamo, dobbiamo capire cosa c’è che non funziona nel nostro modo di fare politica: dalla scelta dei gruppi dirigenti alla definizione della linea politica, dalle forme di comunicazione a quelle di lotta, dai modelli organizzativi alla cultura politica.
Ed iniziamo proprio dalla questione della cultura politica della sinistra che ormai è il fantasma di sè stessa.
Per circa trenta anni la sinistra ha smesso di studiare, pensare, produrre idee: il panorama delle riviste di sinistra è semplicemente desolante, non si ricorda un solo convegno degno di nota da almeno tre decenni, i congressi sono delle fiere della banalità: la nostra capacità progettuale è a zero.
Il Pd è tutto interno alla cultura neo liberista, ormai prende la linea da Boeri che è l’avvocato difensore delle banche e da Giavazzi che ci spiega che “Il liberismo è di sinistra”: Come dire che è più di sinistra Tremonti che, almeno, qualche sparata contro le banche e sulla globalizzazione ogni tanto la fa, anche se si tratta di innocui sfoghi verbali.

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