Tag: napolitano

Renzi e i “poteri forti”.

A quanto pare, persino il diretto interessato si è accorto che i poteri forti vorrebbero sloggiarlo da Palazzo Chigi. Certo: ci sono voluti i ceffoni a scena aperta degli americani, le esternazioni confindustriali, il sistematico martellamento domenicale di Scalfari, le copertine dell’Espresso, le sfuriate di Della Valle, le ruvidezze merkeliane, la sparata senza precedenti di De Bortoli e persino gli aut aut della Conferenza episcopale, però, alla fine, l’Uomo ha capito di stare sulle scatole ad un bel po’ di gente che conta. Beninteso: non che stia facendo nulla di eversivo; il guaio è che non sta facendo nulla in assoluto. Si è perso dietro questa grottesca riforma istituzionale che non sa come concludere, non ha saputo condurre decentemente la partita delle nomine, si è trascinato per un mese la questione del Csm e non ha ancora risolto il problema dei due giudici costituzionali, sulle privatizzazioni e sulla spending review non dà segni concreti e fa cose incoerenti.

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Napolitano nel processo sulla trattativa: il tabù infranto.

Come si sa, la Corte d’Assise di Palermo ha deciso di ammettere la testimonianza del Presidente della Repubblica sulla questione della trattativa Stato-Mafia. La cosa sta passando come poco più di una notizia di cronaca un po’ piccante, ma qui la portata è ben altra ed investe proprio gli assetti costituzionali. Per capirci, vale la pena di fare un ragionamento un po’ articolato, che spero avrete la pazienza di seguire.

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Napolitano e il bacio della morte.

Nel 2010, Napolitano iniziò l’assedio del Cavaliere con l’appoggio di Gianfranco Fini (Presidente della Camera e co-fondatore del Pdl) che indusse ad uscire dal Pdl, ma tenendolo nel suo ruolo istituzionale. Cosa che fu esiziale per Fini che trascurò di organizzare il suo partito. Morale: alle politiche Fini non è rientrato in Parlamento ed è sparito dalla scena. Stesso discorso per Pisanu che faceva parte della combriccola quirinalizia e di cui oggi non sappiamo più nulla.

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Ma perché Renzi non piace agli americani?

Matteo Renzi non piace agli americani, che non perdono occasione per farlo notare: Obama, nell’incontro, fu freddissimo, limitandosi ad apprezzamenti sull’ “energia” del nostro Presidente del Consiglio (ben più calorosi erano stati i giudizi su Enrico Letta), poi, nel momento peggiore della crisi di Crimea le note del Dipartimento di Stato evitavano ostentatamente di citare l’Italia a differenza di Francia e Germania, poi è venuto lo schiaffo del D-Day e del G7. Insomma, l’ometto non suscita entusiasmi sul Potomac. Capita, ma perché?

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Grande Circo Istituzioni: “Venghino Siori, che più gente entra e più bestie strane si vedono!”

Questo è un paese impazzito, lo sappiamo da tempo, ma ormai siamo ai fuochi di artificio. Partiamo da questa fotografia:

-un Presidente della Repubblica: unico caso di eletto per un secondo mandato, che però ha sempre detto di ritenersi inquilino temporaneo del Quirinale e, nel frattempo, incassa bordate di rara potenza (Friedman, Geithner) ma non si sa cosa altro sia in arrivo;

-un Parlamento delegittimato dalla Corte Costituzionale che lo dichiara frutto di un sistema elettorale illegittimo, che continua come se nulla fosse, pretende di mettere mano alla Costituzione e fa una legge elettorale identica a quella appena bocciata

-un Presidente del Consiglio non eletto da nessuno, che non controlla neppure i gruppi parlamentari del suo Partito, che sognano di liberarsene alla prima occasione. Segretario di un partito che ha stravinto le elezioni, ma che non sa come usare questo successo e dove andare.

In questo quadro, già di per sé desolante, piovono avvenimenti che allargano a macchia d’olio il caos istituzionale presente.

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Prima Friedman, ora Geithner: perché?

Cappuccino, brioche e intelligence n° 46

E’ possibile che il siluro arrivato a Napolitano a novembre, con il libro di Alain Friedman, sia indipendente da questa uscita di Timothy Geithner, che rilancia la tesi del complotto internazionale ai danni del Berluska, ma qualche sospetto viene e, comunque, anche se è plausibile che Friedman non potesse prevedere questa uscita attuale di Geithner, è molto poco probabile che questi non sapesse del precedente. Ed allora: perché e perché proprio ora? E in pieno finale di campagna elettorale?

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Lo scontro sul Senato: cosa c’è dietro?

Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso (Corriere della Sera 30 marzo 2014) ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima.

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Metodo Renzi e squadrismo Cgil: ma che sta succedendo alla sinistra?

Scriveremo dell’”Operazione Renzi”, fra qualche giorno, quando, con la formazione del governo i giochi saranno un po’ più chiari. Per ora non è inutile qualche riflessione sul come questa strana crisi si sta sviluppando. In primo luogo l’opacità che avvolge ormai regolarmente la politica di questo paese: come mai Napolitano ha ritirato il suo patronage a Letta? C’entra qualcosa il siluro Friedman? E, a proposito, come mai Forza Italia si è astenuta sulla messa in stato d’accusa?

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Ma questo Parlamento può fare una nuova legge elettorale o no?

Recentemente ho rilasciato un’intervista a “La Repubblica” (6 gennaio 2014) che, a causa di qualche taglio, può aver ingenerato qualche equivoco che qui mi sembra il caso di dissipare. Il giornalista mi ha chiesto se ritenevo il Parlamento illegittimo e, pertanto, non in grado di occuparsi della riforma elettorale. Come in altre interviste (ad es. data a “La 7” il giorno 7 gennaio) ho precisato che la questione si pone su due piani diversi, che occorre non confondere: quello giuridico e quello politico.

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