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Si sta profilando una frattura strategica nel campo dell’energia

Negli ultimi mesi si sono prodotti una serie di avvenimenti che hanno investito pesantemente il mondo dell’energia:

1- la crisi di Crimea che sta profilando una crisi nella vendita di gas russo alla Ue, con conseguente arresto del progetto South stream e parallela proposta americana di forniture sostitutive

2- forte penetrazione dei cinesi nel mercato mediorientale, dove sono diventati i primi acquirenti del petrolio irakeno

3- destabilizzazione sociale e finanziaria del Venezuela (terzo produttore mondiale

4- inasprimento della crisi libica dove le forniture sono sempre più a rischio

5- crescente tensione fra il Quatar (detentore di fortissime riserve di gas e petrolio) ed Arabia Saudita, che non approva l’appoggio ai Fratelli Musulmani e le pretese egemoniche quatarine sul Golfo

Il tutto mentre prosegue la guerra civile siriana e l’embargo euro-americano contro l’Iran. Una precipitazione di eventi assai insolita, che profila tendenze di medio periodo suscettibili di mutare l’assetto strategico mondiale dell’energia. Ed, ovviamente, non dobbiamo stare a spendere parole sulla centralità dell’energia, sia dal punto di vista economico che politico, nell’ordine mondiale.

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La crisi venezuelana

Vengo a mantenere una promessa: dire quel che penso sulla crisi venezuelana (e subito dopo parlerò dell’Ucraina). Ci ho messo un po’ di tempo a scrivere su questo tema perché, lo confesso, mi pesano le dita a scrivere certe cose su cui, pure, occorre esser chiari. Partiamo da un dato iniziale incontrovertibile: il Venezuela rappresenta una delle massime riserve mondiali di petrolio di cui esporta qualcosa come 3 milioni di barili al giorno. Però il Venezuela è un paese nel quale la popolazione è ridotta alla fame: i negozi sono vuoti, ci sono file lunghissime per trovare latte, riso, carne di pollo (la più usata), zucchero ecc. Ovviamente la prima domanda che dobbiamo farci è come stiano insieme queste due cose e che fine facciano i proventi del petrolio.

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La nuova bolla che scoppierà: l’oro

Diversi frequentatori di questo blog, scambiandomi per un consulente finanziario (quel che proprio non sono), mi chiedono “Mi conviene comperare oro? E’ un investimento sicuro vero?”. Consulente finanziario non sono, ma qualche informazione base posso darla.
In vista dell’imminente recessione, molti risparmiatori si sono precipitati ad investire in oro, contribuendo, in questo modo, a farne salire il prezzo sino alla cifra record di 1.900 dollari l’oncia: solo tre anni fa una quotazione alla metà sarebbe parsa una impennata impressionante. E tutti deducono di aver fatto bene a mettere lì i loro soldi. Per ora cerchiamo di vedere la cosa dal punto di vista del piccolo risparmiatore, dopo parleremo degli speculatori.
Per spiegare cosa sta succedendo, devo fare una premessa: di quale oro stiamo parlando?

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