Tag: mafia

La guerra sporca di Palermo.

Con piacere ed interesse vi propongo questo articolo di Nicola Biondo, amico e studioso puntuale e tenace su un argomento di cui è ampio conoscitore. Buona lettura! A.G.

Per raccontare quella che va sotto il nome di “trattativa stato-mafia” basterebbe leggere American Tabloid di James Ellroy, il mito vivente del noir, e un vecchio articolo di Stefano Rodotà del 2004.

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Dalla Prima alla Seconda Repubblica in Italia.

1- L’antefatto.

Il crollo della I repubblica avvenne fra il 1992 ed il 1993, ma la frana iniziò almeno cinque anni prima, nel 1987. Lo scioglimento anticipato delle Camere fece sì che, cinque anni dopo, si sarebbe creato l’“ingorgo istituzionale” per la coincidenza delle elezioni del Parlamento e del Presidente della Repubblica. E tutti iniziarono a manovrare in vista di quella scadenza, perché il nuovo Presidente sarebbe stato scelto dal Parlamento eletto nel 1992.

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Storia delle mafie in Italia: un’ipotesi interpretativa

Molto volentieri segnalo un articolo di Ciro Dovizio, mio collaboratore presso l’Università degli Studi di Milano ed esperto conoscitore e studioso dei fenomeni criminali. L’articolo è stato pubblicato tradotto anche dalla rivista accademica spagnola “Tiempo devorado”, che vi senalo. Buona lettura! A.G.

Riflessioni sulla storia delle mafie in Italia: un’ipotesi interpretativa

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Genesi del giustizialismo di sinistra.

Per tutti gli anni cinquanta e sessanta (per non dire prima) a sinistra era coltivata una fiera diffidenza nei confronti della magistratura: Togliatti, una volta, si lasciò andare a dire che un giudice era più pericoloso di un generale e, quando la stampa di destra attaccava un dirigente comunista, accusandolo di una qualche nefandezza, il Pci suggeriva sempre di ignorare sprezzantemente la cosa, senza dare querela, nella convinzione che il magistrato di turno avrebbe usato il caso solo per screditare ancor più il suo dirigente.

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Pietro Scaglione: quando la sinistra non amava i magistrati

Scrivendo una serie di cose in merito alla nascita del giustizialismo, mi è tornata alla mente la storia del giudice Pietro Scaglione. Così ho chiesto all’amico e stimatissimo giornalista Francesco La Licata, se avesse avuto il tempo di ricostruirne in un pezzo per il sito la storia. Ecco l’articolo, di cui consiglio la lettura, non prima di aver ringraziato con grande affetto e stima l’autore. Buona lettura! A.G.

Di Francesco La Licata. (Nella foto, a sinistra Pietro Scaglio, a destra il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa) Il procuratore della Repubblica di Palermo, Pietro Scaglione, fu ucciso dalla mafia la mattina del 5 maggio 1971.

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Napolitano nel processo sulla trattativa: il tabù infranto.

Come si sa, la Corte d’Assise di Palermo ha deciso di ammettere la testimonianza del Presidente della Repubblica sulla questione della trattativa Stato-Mafia. La cosa sta passando come poco più di una notizia di cronaca un po’ piccante, ma qui la portata è ben altra ed investe proprio gli assetti costituzionali. Per capirci, vale la pena di fare un ragionamento un po’ articolato, che spero avrete la pazienza di seguire.

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L’attentato contro Alba dorata

Cappuccino, brioche e intelligence n°40

E’ un po’ di tempo che non coltivo la rubrica “cappuccino, brioche ed intelligence” e mi sembra il caso di riprenderla ora che la cronaca fornisce ogni giorni motivo per riparlarne. Iniziamo da questo strano caso dell’uccisione di due giovani attivisti di Alba Dorata, a Neo Iraklio, sobborgo di Atene, l’1 novembre scorso. Alba Dorata pratica da tempo uno squadrismo che è arrivato all’omicidio di alcuni immigrati e, da ultimo, di un greco, un rapper di sinistra.

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La Procura di Palermo e Napolitano

La Procura della Repubblica di Palermo ha presentato alla Corte che dovrà giudicare il caso della “trattativa” Stato Mafia, un elenco lunghissimo di testi e, fra essi, anche il Presidente della Repubblica Napolitano. Sorge un problema: si può adire come teste il Capo dello Stato? In che casi? Ci sono criteri di opportunità che lo sconsigliano?

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Il sismografo siciliano

In diverse occasioni i segnali di un terremoto politico in arrivo si sono manifestati in Sicilia, come direbbe Pirandello “teatro del Mondo”. La strage di Portella delle Ginestre fu il segnale che fece precipitare la situazione, ponendo fine dell’intesa del Cln e determinando l’espulsione delle sinistre dal governo. Nel 1959 l’esperimento milazziano (che associava una parte della DC al Pci ed al Msi contro il candidato ufficiale della Dc) fu uno dei segnali dell’esaurimento della stagione centrista e dell’avvento del centro sinistra. Poi, la stagione delle guerre di mafia accompagnarono, come lugubre contrappunto, quella del terrorismo. Ma fu in particolare nel passaggio fra la prima e la seconda repubblica che il “sismografo siciliano” funzionò al meglio: nel 1987 la mafia, insoddisfatta per lo scarso impegno della Dc a proprio favore, tributò un clamoroso successo elettorale sia dei radicali che dei socialisti che raccolsero percentuali altissime nel seggio dell’Ucciardone. Poi, nel 1992, venne il delitto Lima, un segnale molto chiaro: abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini di un atterrito Giulio Andreotti al funerale del suo proconsole siciliano. Poi vennero le stragi del 1993 e la successiva trattativa… la Mafia stava ricollocandosi nel nuovo sistema e stava ridefinendo le sue interlocuzioni politiche. Erano gli anni del 61 a 0 a favore del centrodestra nei collegi siciliani.

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Dell’Utri può essere arrestato?

Il Palazzo e la Costituzione: su Dell’Utri e su Ainis

DELL’UTRI. L’ “Espresso” riferisce che il senatore Marcello Dell’Utri è in procinto di trasferirsi a vivere nella Repubblica di Santo Domingo –di cui avrebbe preso la cittadinanza- prima dell’arrivo della sentenza d’appello sulla sua vicenda (sin troppo nota perché se ne debba dire in questa sede).  Se si trattasse di un comune cittadino, andrebbe incontro ad un mandato di cattura, essendo concreto (e direi certo) il rischio di fuga all’estero. Essendo parlamentare in carica, gode dell’immunità, per cui non gli si può impedire di andare a Santo Domingo o dove gli pare. Va bene: l’immunità parlamentare è un istituto a presidio della separazione dei poteri e pensato, inizialmente, come tutela delle opposizioni; non staremo qui a sollevare problemi su questo punto. La questione è un’altra: siamo sicuri che si possa prendere la cittadinanza di un altro stato e che questo non comporti automaticamente la decadenza della cittadinanza italiana?

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