Tag: liberismo

Elezioni amministrative in Francia: è solo l’antipasto

Il crollo dei socialisti e la parallela affermazione del Fn di Marine Le Pen non hanno sorpreso nessuno, ma l’entità degli spostamento è andata al di là delle previsioni. Il Ps paga l’impopolarità di Hollande, dovuta alle sue scelte di governo, ma, più in generale paga la sua posizione scomodissima di gestore della crisi. La sinistra “riformista” non ha e non può avere spazio nell’ordinamento liberista, perché la sua ragion d’essere sta nella mediazione fra capitale e lavoro, mentre il neo liberismo non cerca alcuna mediazione, perché postula semplicemente il dominio capitalistico e la totale subalternità del lavoro.

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La dimensione Europea del conflitto non è un optional

Molto volentieri pubblico l’articolo di Luciano Muhlbauer che sul suo sito risponde ai miei dei giorni scorsi e di cui però condivido in pieno lo spirito, cioè di tenere vivo ed alimentare un dibattito sull’Europa non solo tra me e lui, ma allargato il più possibile alla sinistra, ai movimenti ed a tutti coloro che in diverse sedi stanno fornendo i loro contributi. Buona lettura! AG

La dimensione Europea del conflitto non è un optional

Il dibattito sull’Europa e sul che fare, anche in vista delle elezioni europee che si terranno il 25 maggio prossimo, è più che mai aperto e nel suo piccolo lo dimostra anche la polemica che si è aperta tra me e il mio amico Aldo Giannuli, il quale ha pubblicato sul suo blog lunedì e martedì due articoli in risposta al mio intervento di settimana scorsa, scritto per MilanoX e intitolato Con Tsipras, senza esitazione, per un’altra Europa.

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Rifondazione Comunista e Sel: mi spiego meglio

Un mio precedente articolo, dedicato a Rivoluzione Civile ha provocato molti dissensi sulla conclusione, che consigliava ai militanti di Rifondazione di confluire in Sel. Cosa che ha fatto indignare molti per l’alleanza con il Pd che porta ad identificare Sel come “sinistra del liberismo”. Allora, mi pare il caso di chiarire meglio. Non mi pare di aver mai risparmiato critiche a Nichi Vendola (che non so quanto le abbia gradite) sia nel passato più lontano che in epoca più recente e credo di essere stato fra i primi, a luglio, a dirgli che la decisione di allearsi al Pd e correre per le primarie, era una idea sciagurata che lo avrebbe portato a fare la “spalla” di Bersani e che avrebbe indebolito elettoralmente Sel. Mi pare che le cose siano andate proprio così. Anzi, Nichi ha rimediato anche le umiliazioni di essere doppiato da Renzi alle primarie e di essere andato sotto quota 4% alle politiche.

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Ancora sul caso Giannino

In attesa dei risultati elettorali, vale la pena di fare ancora qualche considerazione sul caso Giannino, che ha molti più insegnamenti di quello che non sembri. Dato che diversi lettori (sia in questo blog che nei siti che lo riprendono) mostrano di prendere un po’ troppo alla lettera quel che scrivo, non cogliendo l’ironia di alcune affermazioni, cercherò di limitare il ricorso a questa forma stilistica e di restare sul didascalico. Allora, partiamo da un dato: Giannino sino a quattro giorni fa era uno dei più apprezzati –e, direi, celebrati- giornalisti economici: scriveva sulle testate di maggior prestigio, è stato vice direttore di un quotidiano, sedeva in permanenza negli studi televisivi, pontificava dappertutto, trattando da miserabile bestia chiunque osasse contraddirlo. Poi la “scivolata” sul master di Chicago ed è venuto fuori che non è neppure laureato, oltre ad un’ incredibile quantità di frottole (dalla partecipazione allo zecchino d’oro alla vittoria nel concorso per la Magistratura). A questo punto, la domanda che dobbiamo porci non è se Giannino abbia dei titoli di studio (che abbiamo appurato che non ha) o perché abbia inventato tutto questo, ma: “Giannino capisce qualcosa di economia o no?”.

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