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Populismi: le origini e le caratteristiche dell’ondata

Ogni fenomeno storico ha una fisionomia caratteristica propria ed irripetibile, per cui, anche se rientra in una determinata categoria di fenomeni (ad esempio “Rivoluzioni socialiste”, “Regimi totalitari”, “Movimenti liberali”, “crisi economiche”) non è mai la riproduzione di quanto l’ha preceduto e presenta un grado di maggiore o minore complessità. Parlando dell’attuale ondata di protesta, molti esponenti delle classi dirigenti, accompagnati dai media, la definiscono “populista”, mettendo nel sacco cose molto diverse fra loro: si va alle rivolte arabe, alle nuove formazioni elettorali di centro destra del Nord Europa, da proteste di strada come Occupy Ws o gli Indignados agli scioperi nel sud della Cina, dal successo elettorale del M5s a quello attuale di Trump.

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La crisi della destra e la riorganizzazione dello spazio politico

Con la rottura fra Lega-FdI e Forsa Italia a Roma e Torino, siamo entrati in una fase di entropia della destra che rischia di disintegrarsi. L’asse Salvini-Meloni punta non a vincere le elezioni (non credo che neanche loro si illudano di spuntarla in nessuna delle due città), ma ad un più modesto derby interno alla destra: battere il candidato di Forza Italia per piegare la leadership del vecchio ex Cavaliere in vista delle politiche.

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Il M5s sulla questione dei profughi: questa volta proprio non ci siamo.

Immaginiamo una situazione di questo tipo: su un’autostrada, ai margini, c’è una persona in evidente pericolo di vita, a terra, svenuto ed insanguinato perché ha avuto un incidente. C’è un’auto che sta passando: la scelta è fermarsi a soccorrere il malcapitato, mettere il triangolo di emergenza, chiamare il soccorso stradale ecc. o tirare dritto.

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Verso le regionali: la posta in gioco.

Siamo ormai alla vigilia delle elezioni regionali che si terranno in Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Campania e Puglia. Un test minore, rispetto agli altri anni, sia perché si tratta solo della metà delle regioni a statuto ordinario, sia perché delle regioni “maggiori” in questo caso ce ne sono solo due (Campania e Veneto), pertanto avranno un peso politico inferiore al passato. Ad esempio il totale generale sarà scarsamente significativo, sia per la ristrettezza del campione, sia per la sua disomogeneità (la quota delle regioni rosse, ad esempio è sovrastimata rispetto alla media nazionale e così anche le regioni meridionali), inoltre in questa occasione pesano troppo i fattori locali in diverse regioni (Liguria, Veneto, Campania, Puglia).

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Da dove vengono gli umori secessionisti del Veneto

La storia dei secessionisti arrestati, con il loro ridicolo carro armato da strurmtruppen, se non emergeranno altri elementi da far riconsiderare la storia sotto altra ottica, probabilmente finirà presto nel dimenticatoio; e c’è da sperare che i magistrati non pesino troppo la mano contestando reati sproporzionati rispetto alla reale pericolosità di questa pagliacciata. Non abbiamo bisogno di martiri. Però la questione degli umori separatisti veneti non va presa sottogamba, non tanto per l’effettivo pericolo di una separazione di quella regione (o quelle tre regioni), quanto per le dinamiche che può innescare.

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Secessionisti veneti: sino a che punto prenderli sul serio?

Di cosa si tratta, di un piccolo manipolo di esaltati o di una cosa molto più pericolosa? E’ plausibile l’ipotesi della nascita della lotta armata in Veneto? Veneto come i paesi baschi? Queste domande sono rimbalzate per tutta ieri, alla notizia dell’arresto di 24 indipendentisti veneti, che disponevano di una certa quantità di armi fra cui un rudimentale carro armato: un trattore con delle lamiere, munito di una imprecisata arma da tiro. Le notizie sono poche, parziali e frammentarie e la fonte più ricca di informazioni sono i testi di alcune intercettazioni telefoniche pubblicate oggi dal “Fatto quotidiano” (leggetele, sono molto interessanti).

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Il Tar e la Regione Piemonte: per le truffe della Lega c’è un giudice a Torino! Si, però…

Il Tar Piemonte ha annullato l’elezione del Consiglio Regionale Piemontese, contro il quale pendeva ricorso dal 2010. Ricapitoliamo i fatti: nel 2010, Merceces Bresso venne battura da Roberto Cota per 9.372 voti, ma, nella vittoria della coalizione di destra fu determinante una lista di pensionati” che raccolse 27.797 voti. Subito emerse che la lista in questione era falsa, nel senso che diversi candidati erano stati aggiunti a loro insaputa e con firme false, per raggiungere il numero minimo di candidature prescritto dalla legge. Il caso era lampante e c’era una sola cosa da fare: accertare se quelle firme erano false e disconosciute dagli interessati o no. Non mi pare che fosse una questione tanto complessa, come alcuni giornali scrivono. Ed allora, come mai ci sono voluti ben 45 mesi per arrivare all’annullamento del voto?

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