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Geopolitica dell’Italiano.

Fra le molte sciocchezze che capita di sentire a proposito dell’Italiano, c’è quella per la quale esso sarebbe quasi una lingua morta, parlata da quattro gatti e, pertanto, destinata a scomparire ineluttabilmente nel mondo globalizzato. Ovviamente, i primi sostenitori di questa fesseria sono gli anglomani, per i quali l’inglese basta e avanza per tutti gli usi e tutte le altre lingue possono sparire.

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Lingua veicolare: dove sta scritto che debba essere per forza l’inglese?

Nel Mondo della globalizzazione è inevitabile che si affermi una lingua “veicolare” che permetta di interagire: tanto per dirne una, cosa sarebbe internet senza l’inglese? Dunque, è pacifico che si debba andare ad una lingua di comunicazione, anche se questo non significa affatto che le altre debbano scomparire o diventare lingue di serie B. Il pluralismo culturale resta una fonte di arricchimento insostituibile ed irrinunciabile.

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Inglese: non attribuitemi sciocchezze che non ho detto.

Se ci si desse la pena di rileggere per bene i due articoli che ho dedicato al problema dell’anglomania e della difesa dell’italiano, il mio pensiero dovrebbe risultare abbastanza chiaro, ma, siccome è sempre possibile che mi sbagli, non sarà inutile qualche precisazione. In primo luogo non ho mai detto che non si debba studiare e conoscere l’inglese. Per me sarebbe opportuno aumentare lo spazio della lingua inglese negli orari scolastici ed universitari.

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L’italiano e la lingua veicolare.

L’umanità ha sempre cercato di darsi linguaggi transnazionali per la comunicazione producendo lingue franche, ibride, veicolari che hanno dato vita, di volta in volta, a fenomeni socio linguistici molto diversi fra loro.

Nell’Europa medievale e rinascimentale il latino era la lingua, oltre che della Chiesa, dei dotti, mentre nei porti del Mediterraneo fra il XV ed il XVIII secolo era diffuso un linguaggio che mescolava italiano, francese, spagnolo, ebraico ed arabo, la colonizzazione impose le “lingue imperiali”, ma produsse anche ibridi come le “lingue creole”, poi i flussi migrativi del XIX secolo crearono lingue “miste” fra quelle dei paesi d’origine e quelle dei paesi di immigrazione, talvolta le lingue miste dei migranti si contaminarono con le lingue furbesche della malavita o degli attori o dei venditori ambulanti zingari, o anche con la “lingua del ghetto”.

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