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Dalla Prima alla Seconda Repubblica in Italia.

1- L’antefatto.

Il crollo della I repubblica avvenne fra il 1992 ed il 1993, ma la frana iniziò almeno cinque anni prima, nel 1987. Lo scioglimento anticipato delle Camere fece sì che, cinque anni dopo, si sarebbe creato l’“ingorgo istituzionale” per la coincidenza delle elezioni del Parlamento e del Presidente della Repubblica. E tutti iniziarono a manovrare in vista di quella scadenza, perché il nuovo Presidente sarebbe stato scelto dal Parlamento eletto nel 1992.

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Riflettendo su tre anniversari storici.

Questo anno sono caduti insieme due anniversari: il 70° della Liberazione e della fine della II Gm e il centenario dell’entrata dell’Italia nella I Gm. Quattro anni fa, cadde il centocinquantesimo anniversario dell’Unità italiana. Questi tre anniversari così vicini nel tempo mi suggeriscono alcune riflessioni più generali sulla funzione della storia nel nostro tempo.

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Allora: torna il Cavaliere?

La sentenza della Cassazione che conferma l’assoluzione in appello per il caso Ruby e la fine della durissima pena ai lavori sociali (pensate: addirittura una mattinata a settimana), hanno dato il via libera al Cavaliere che torna all’attacco. Lui stesso lo ha annunciato, preso molto sul serio da non pochi osservatori.

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Come avvenne la “fine dell’Italia” nel XVI secolo

Volentieri pubblico questo studio di Umberto Baldocchi, insegnante di storia e filosofia e redattore di “Economia democratica”, con cui mi scuso per il ritardo con cui propongo il suo interessante pezzo. Buona lettura!

Secondo lo storico, Simonde de Sismondi, l’autore di un libro straordinario sulla storia delle repubbliche medioevali italiane pubblicato all’inizio del 1800 (una vera “Bibbia civile “ degli Italiani secondo Francesco De Sanctis), l’ Italia che aveva dato vita al Rinascimento e alla modernità dell’ Europa, era deceduta in una data ben precisa, esattamente il 27 aprile 1532. E’ però stupefacente sapere come avvenne il trapasso. Le parole di Sismondi, per quanto qui riportate in un italiano ottocentesco, sono chiarissime. 

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Adesso si capisce perché il sistema proporzionale è l’unico accettabile?

L’eterna questione del sistema elettorale tiene banco:

1. il Pd si infuria perché vuole il premio almeno al 10% e non accetta la soglia del 40 o del 42,5% per far scattare il premio

2. Si infuria anche Grillo per le stesse ragioni, invocando la prescrizione europea che interdice ogni modifica anche parziale delle leggi elettorali in prossimità di elezioni (cosa peraltro giustissima perché è inammissibile cambiare le regole del gioco un minuto prima di iniziare la partita)

3. Pdl, Lega ed Udc, invece vogliono un sistema tendenzialmente proporzionale, con un premio ridotto che possibilmente non scatti, come non scattò quello della legge-truffa (che era molto meno truffa del Porcellum e simili, per la verità).

Non ci vuole molto a capire che sia il Pd che Grillo, incoraggiati da sondaggi e recenti risultati alle amministrative, pensano ciascuno di arrivare primo, ma sanno di essere sicuramente sotto il 40%, per cui, per questa occasione, gli va benissimo il Porcellum che trasformerebbe il loro 25-30% in un ballante e sonante 54% di seggi (alla Camera), che gli consentirebbe di governare in solitudine (lasciamo da parte, per ora, il problema del Senato).

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Fallimento dell’Euro: perché?

La fine dell’Euro non è più fantascienza, ma una ipotesi considerata nel campo del possibile (anche se deprecata) da tutti i politici europei e dai banchieri di tutto il Mondo. Non è detto che finisca necessariamente così, ma tutti pensano che possa accadere. O perché ne esca la Grecia, avviando un processo a catena, o perché ne esca la Germania, facendo perdere senso a tutta l’operazione e spingendo tutti a tornare all’ovile della moneta nazionale. Nessuno più esclude che questo possa accadere. I presupposti ci sono tutti e anche il più sprovveduto capisce che:

a-la Grecia non sarà mai in grado né di restituire il suo debito né di pagare gli interessi che man mano si accumulano, in una dinamica  di ammortamento negativo

b-che il Portogallo non è in condizioni migliori

c-che il sistema bancario spagnolo non è in grado di reggere la pressione dei mercati internazionali

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Puntuale arriva il downgrade dell’Europa

Qualche tempo fa, si sviluppò (anche su questo sito) un dibattito sulle ragioni della crisi che aveva investito l’Europa e sulla possibilità che essa fosse frutto di una qualche manovra coperta. Ora dobbiamo fare i conti con questa mossa di S&P che declassa nove paesi dell’Eurozona  (Austria, Italia, Spagna, Francia, Spagna, Slovenia, Slovacchia, Cipro, Malta, Portogallo) su diciassette -mentre la Grecia è già al penultimo gradino della scala- e proprio mentre il mercato finanziario europeo accennava a riprendersi. Facciamo innanzitutto una premessa: togliamo di mezzo la solita polemica cretina sui “complotti”, fra chi dice che c’è un complotto e chi dice di non credere ai complotti. E’ un piano avvilente di discorso che rifiutiamo: complotto è una categoria interpretativa da bar dello sport, tanto se chi la usa vuol spiegare qualcosa, quanto se vuol negare che la spiegazione sia quella. Il problema, impostato correttamente, si pone in questi termini: tanto nella vita individuale,  quanto in quella politica o finanziaria, ci sono azioni evidenti (cioè, delle quali si conosce subito l’autore, la natura, gli scopi ecc.) quanto azioni in tutto o in parte coperte, ciascuna delle quali assume un nome in riferimento alla sua natura. Se il signor Rossi incontra clandestinamente la signorina Bianchi e non lo dice alla moglie, non sta “facendo un complotto”, ma un “adulterio” che, di solito, non si racconta alla moglie. Se un determinato soggetto finanziario sta rastrellando sottobanco le azioni di una determinata società, non si tratta di un complotto ma di una “scalata ostile”. Nel nostro caso, dobbiamo capire di cosa stiamo parlando ed, in particolare, se siamo in presenza di una “guerra finanziaria” e, nel caso positivo, che caratteristiche ed attori  abbia.

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Rivoluzione araba: qualche ipotesi sul caso libico (terza parte)

A più di tre mesi di distanza dall’inizio dell’intervento aereo occidentale, la situazione è tutt’altro che chiusa; sembra (ma la cosa è tutt’alttro che certa) che Gheddafi sia alle corde, ma è così? La stessa proposta del comitato di Bengasi di negoziare il suo ritiro offrendogli la possibilità di restare in Libia, fa pensare che le cose siano tutt’altro che scontate.
Che ci sia molta “nebbia di guerra” nella comunicazione lo conferma  anche un esame rapido dei titoli dei giornali che un giorno danno per imminente la sconfitta del Rais e due giorni dopo riportano le valutazioni dello stato maggiore inglese che ritiene insostenibile economicamente l’intervento oltre settembre (e dunque, il tracollo di Gheddafi è tutt’altro che scontato).

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Cappuccino, brioche e intelligence n°16. Wikileaks: Aveva ragione il Cavaliere a preoccuparsi…

L’annuncio della pubblicazione dei documenti americani su Wikileaks aveva reso molto nervoso il Cavaliere, che se ne era uscito con un “l’Italia è sotto attacco”, anche se non si capiva di chi (dei cinesi? dei boscimani? degli extraterrestri?). Ed avevamo ipotizzato che buttasse le mani avanti, temendo qualcosa da quella pubblicazione.
Poi quando i documenti sono usciti, la maggior parte dei mass media (per non dir tutti) sono stati delusi: “tutto qui”? Si, sapevamo che Berlusconi era amico di Putin e poi sai che novità che fa i festini!
E invece no, se si leggono i documenti con la dovuta attenzione.

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