Tag: guerra in libia

Libia, di nuovo bombardamenti?

Non appartengo alla cultura pacifista che esclude pregiudizialmente, sempre e comunque, l’uso della forza, anche se considero questa eventualità come la misura estrema cui ricorrere, quando ci sia l’assoluta necessità di preservare beni e valori primari, non ci sia nessuna altra strada e ci sia la ragionevole possibilità di raggiungere lo scopo. Ma è questa la situazione in cui ci troviamo di fronte al caso libico?

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Intervento in Libia: gli scenari davanti a Renzi (con un occhio ad amministrative e referendum)

Anche se la stampa è scatenata a descrivere gli imminenti scenari sul “bel suol d’amore”, a quanto pare il fiorentino ha più di un mal di pancia a pensare al da farsi e i sondaggi dicono che l’81% degli italiani è contro la spedizione. Io non credo ai sondaggi, ma qui basta parlare con il portiere, con il taxista e la signora che ha il banco della frutta per capire che non è aria di avventure militari. Per cui, se Renzi si convince a dare il via libera alla spedizione si mette contro quell’81% e sono in vista elezioni amministrative importanti e non facili per il Pd.

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Libia: per una volta Renzi la stia facendo giusta?

Non sono un pacifista per principio, detesto il Califfato e i suoi fanatici tagliagole, tengo ben distinte le ragioni della politica da quelle dell’etica, come mi ha insegnato zio Nicolò, sono per il realismo politico e mi sforzo sempre di considerare con  occhio non prevenuto le ragioni di chi dice cose opposte alle mie, ma, devo confessare che, per quanto rigiri la questione da tutte le parti, non riesco a trovare un solo motivo serio per un intervento italiano in Libia, in questo momento.

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Sul premio Nobel all’Unione Europea

Tre anni fa venne assegnato ad Obama un premio Nobel per la pace, non per quel che aveva fatto, ma per quel che avrebbe fatto: un Nobel alle intenzioni. Oggi il prestigioso premio è assegnato alla Ue, per il suo ruolo di pace: un Nobel alla Memoria. Non ci vuol molto a capire che si tratta di un pietoso puntello ad una istituzione che traballa assai e che, se pure sopravvivesse, non si capisce che ruolo potrebbe avere e, di conseguenza che futuro. Se oggi facessimo un referendum in tutti i paesi membri sulla prosecuzione della Ue i Si al suo scioglimento sarebbero una valanga (e badate che sarei fortemente tentato di votare No o al massimo di astenermi: dunque, non lo dico con compiacimento). La Reale Accademia Svedese ha sempre fatto operazioni politiche con il suo premio, questo è fuori discussione: in qualche caso condivisibili (ad esempio il Nobel per la pace a Desmond Tutu) altre un po’ meno (vi ricordate il Nobel per la Pace a “mezzadria” fra Kiessinger e Le Duc Tho?).

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Rivoluzione araba: osservazioni sul caso libico

Parlando delle rivolte arabe in corso, è frequente  imbattersi in persone che sostengono una sorta di “eccezione libica”, per la quale, mentre si riconosce un carattere genuino alle rivolte di Tunisia, Egitto o Barhain –viste non di rado con simpatie- si nega questo carattere alla rivolta libica.
Questa sarebbe una cosa inventata da americani, inglesi e francesi  in coincidenza casuale con le altre o, forse, come cavallo di troia degli occidentali per inserirsi nel processo di rivolta in corso ed eterodirigerlo.  Anche in molti interventi in questo blog si è riflessa questa tendenza. Mi sembra utile premettere alla mia risposta (promessa da tempo e poi rinviata) una selezione delle osservazioni fatte.
Risponderò domani.

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Qualche risposta ad una serie di quesiti ed obiezioni rivoltemi.

Più che rispondere direttamente ad ogni singolo post (che mi sembra  una cosa un po’ dispersiva) credo sia più utile rispondere ad alcuni quesiti ed obiezioni in questa forma, a volte un po’ telegrafica, ma che può servire a ravvivare la nostra discussione (posto che ve ne sia bisogno…). C’ è un gruppo di obiezioni e domande sulla natura del caso libico (se rivolta vera o inventata: Forzutino, Paola Pioldi, Davide Rigano, Pippo Fecondo e Massimo) cui risponderò nel prossimo pezzo.

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Ma che sta succedendo nel mondo arabo?

Smettiamola di girare intorno alla questione e veniamo al nocciolo del problema: quale è la natura degli avvenimenti in corso nel mondo arabo? L’intervento di Annamaria Rivera (contestato da alcuni, ma, conoscendo bene Annamaria ho l’impressione che questo possa essere dipeso da qualche fraintendimento) andava esattamente in questo senso.
Non c’è dubbio che la sinistra italiana sia nettamente spaccata sul tema e non solo per quel che riguarda i raid anglo-franco-americani, ma anche sul giudizio sulle rivolte in corso in quanto tali. C’è chi vi sospetta (in tutto o in parte) un ruolo dei servizi occidentali che manipolerebbero tutto, chi ne accetta la genuina natura popolare, ma ne riduce la portata a semplici “rivolte per il pane” come ve ne furono già in Algeria negli anni ottanta o in contesti simili, chi, invece, pensa si tratti dell’inizio di un processo rivoluzionario.

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Perchè la protesta pacifista, questa volta, non sta funzionando?

Non sembra che la manifestazione pacifista di sabato scorso sia stata un travolgente successo: poca gente ed eco mediatica quasi nulla. Perchè?
Alcuni giorni fa, Alberto Burgio, in un articolo sul “Manifesto si chiedeva perchè, questa volta, il movimento pacifista vada incontro a tante difficoltà a far passare la protesta antiguerra delle altre volte.
Risposta molto semplice: perchè questa volta non è come le precedenti.
In primo luogo perchè –a differenza di Irak ed Afghanistan- questa volta la guerra non è nata con i bombardamenti occidentali, ma già c’era. A proposito: se un movimento pacifista non si accorge che una guerra c’è e non batte ciglio davanti alla repressione armata di Gheddafi e poi si accorge della guerra solo quando  intervengono gli Occidentali, non è molto credibile come movimento pacifista. Più semplicemente è un movimento in appoggio a Gheddafi. Beninteso: è una scelta che non condivido ed anzi combatto, ma riconosco a tutti il diritto di fare valutazioni politiche diverse dalle mie, magari anche se pensiamo entrambi di seguire la stessa causa. Ma l’importante è essere chiari ed intellettualmente onesti e chiamare le cose con il proprio nome.

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Il futuro della Libia.

Vedo che il mio precedente articolo ha scatenato un dibattito molto vivace, come, peraltro, era auspicabile che fosse e come è necessario continuare, dato l’evolvere della situazione.
Preliminarmente, vorrei chiarire una cosa: non mi è stato facile scrivere certe cose, perchè sono perfettamente cosciente dei costi umani e politici dell’intervento militare e del fatto che ci sia poco da fidarsi del genuino spirito democratico di inglesi, francesi ed americani. Non nutro alcun dubbio sul fatto che la principale molla di inglesi e francesi –soprattutto- non sia lo spirito umanitario, quanto il desiderio di accaparrarsi i pozzi di petrolio oggi in mano all’Eni. Come dimostra la scarsissima sensibilità nei confronti dei massacri in Palestina o nel Ruanda che qualcuno mi ha ricordato (ma vorrei rassicurarlo: li avevo già ben presenti). Così come sono convinto che una parte del conflitto si stia giocando con la disinformazione, per cui chissà quante baggianate ci stanno raccontando. A proposito: ricordate la foto delle “fosse comuni” scavate per seppellire i cadaveri degli insorti dopo la prima repressione? Era la foto di un normalissimo cimitero, con fosse individuali scavate e recintate a regola d’arte. Siamo abituati a questi trucchi. Pertanto, molte osservazioni fattemi sono giuste e le avevo già in mente.

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