Tag: governo letta

Per una campagna in difesa del diritto alla casa.

Qualche anno fa, un autorevole esponente della finanza tedesca dichiarò che gli italiani non avevano ragione di lamentarsi del prelievo fiscale indotto dagli interessi sul debito, o dei salari relativamente più bassi, o dei tassi occupazionali meno favorevoli, perché, a differenza dei cittadini tedeschi, gli italiani stanno bene, vivendo in gran parte in case di proprietà.

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Il Cavaliere ed i Poteri Forti

Quando ho scritto che i nemici più temibili del Cavaliere non sono le mitiche “Toghe Rosse”, quanto i suoi colleghi finanzieri, ci sono stati commenti increduli: “perché mai i “poteri forti” dovrebbero avercela con il Cavaliere, che è uno dei loro e che gli ha garantito ottimi affari quando è stato Capo del Governo?” Intendiamoci: nessuno dice che Berlusconi abbia fatto scelte politiche ostili al capitale finanziario (figurarsi!) ed è, al pari degli altri, un “pescecane” (come i socialisti chiamavano lorsignori un secolo fa: il tempo passa ma i pescecani restano). Tutto vero. Però si dà il caso che per gli uomini d’affari (di buon affare e di malaffare) un collega, prima ancora che essere un “fratello di classe”, è un concorrente.

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La situazione è grave, ma non è seria

E’ quel genio letterario di Ennio Flaiano a fornirci la chiave di interpretazione più adatta a capire la situazione in cui siamo: grave ma non seria. Perché molto al di sotto della soglia di serietà sono i suoi protagonisti. Giudicate voi:

a- il Pdl invoca una declaratoria di incostituzionalità di una legge (la “Severino”) che lui stesso ha votato -senza sollevare obiezione alcuna- solo pochi mesi fa. E nessuno ride.

b- Letta spande fiumi di camomilla, ripetendo ad ogni piè sospinto: “Vado avanti”, ma poi, “vado avanti” significa solo “facciamo un rinvio”. Sembra il pianista del saloon che continua imperterrito a suonare mentre intorno infuria la rissa. E nessuno ride.

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Lettera aperta a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio: non dovete allearvi con il Pd, ma fare solo un accordo limitato e a termine

Ho inviato questa lettera aperta a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, apparsa a pagina 18 de “Il fatto quotidiano” di oggi, 6 agosto 2013, che ringrazio per l’ospitalità.

Caro Grillo, caro Casaleggio,

mi sembra che la situazione stia avendo evoluzioni molto interessanti ed il M5s abbia a portata di mano la possibilità di ottenere tre risultati mica da poco: porre fine all’osceno governo delle larghe intese (in particolare, rimuovendo Alfano dal Ministero dell’Interno),  bloccare la riforma del 138 e togliere di mezzo il Porcellum. E’ il caso di dirlo: un terno secco! Come fare? Allearsi con il Pd? No, non è quello che penso.

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Berlusconi condannato: ed ora che fa? Le possibilità del Cavaliere

Berlusconi ormai ricorda Massimo Ranieri in Guapparia: “Scetateve guagliun’e mala vita…”. Tutto fa pensare che punti ad elezioni a breve, presentandosi come la  “vittima” delle toghe rosse, nella speranza di una clamorosa rivincita. Dopo di che, forte di una maggioranza (in entrambi i rami del Parlamento? Mha…!) potrebbe pensare ad una amnistia o in una qualche legge ad personam che distrugga i verdetti processuali. Ma è un piano credibile?

L’uomo è quasi spacciato ma, bisogna dirlo, non lo è ancora del tutto. In primo luogo è facile prevedere un ricorso alla corte europea: probabilità di successo minime –direi- (anche se non si può mai dire), però potrebbe essere utile a guadagnare qualche mese, se ottenesse una qualche sospensiva della pena. Anche in caso di pronuncia favorevole (che sarebbe uno smacco durissimo per la magistratura italiana), resterebbero però gli altri processi in arrivo e la questione dell’ineleggibilità. Insomma non è una mossa risolutiva, ma può dare un po’ di fiato.

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Il governo Letta deve durare sino al 2015. Perché?

In vista del dies irae del 30 luglio pv, il Presidente della Repubblica si è affrettato a “chiudere la finestra di ottobre”, per eventuali elezioni, e, stando ai resoconti giornalistici, ha aggiunto che le intese di aprile –quando accettò di essere rieletto- erano per un esecutivo che durasse sino al 2015. Implicitamente, il Presidente ci ha fatto sapere di un patto i cui termini sono ben diversi da quelli fatti trapelare nell’immediatezza dell’accordo: allora si parlò di un esecutivo di durata breve, con il compito di cambiare la legge elettorale, fronteggiare l’immediatezza della crisi e poi andare a votare. Poi, man mano, la riforma elettorale è andata scivolando in avanti e si è iniziato a dire che il governo “non ha scadenza” e che si sarebbero dovute fare anche altre riforme istituzionali mettendo mano alla Costituzione; donde la nomina del comitato dei “saggi” di cui abbiamo già detto. E qui spunta che una scadenza c’era, il 2015, dunque non tanto a breve.

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Perché Berlusconi non fa cadere subito il governo Letta? Il gioco del cerino

Torneremo a breve sul tema dello Ius soli, per ora poniamoci un problema più urgente: Berlusconi ha interesse a far durare il governo Letta e questa legislatura? E’ evidente che no. In primo luogo perché ha bisogno di un intervento legislativo che lo salvi dall’interdizione dai pubblici uffici, prima che la Cassazione possa decidere di confermare la sentenza d’appello. E mi sembra piuttosto difficile che il Pd possa aderire a questa richiesta, a meno che non  abbia proprio deciso di sciogliersi. Con nuove elezioni potrebbe avere quella maggioranza che gli permetterebbe di ottenere  quel che gli serve. E, calcolando i tempi tecnici, fra tempi per elezioni, insediamento del nuovo Parlamento, formazione del nuovo governo, preparazione ed iter della nuova legge (magari una amnistia o una anticipazione dei tempi di prescrizione…) ci vuole un annetto pieno e questo significa votare ad ottobre-novembre 2013, perché a partire dalla tarda primavera 2014 si entra in “area di rischio” dove ogni giorno è utile per mettere il Cavaliere fuori combattimento.

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Qualche nota sul governo Napolitano-Berlusconi-Monti-Letta

E’ consuetudine chiamare il governo con il nome del Presidente del Consiglio, ma, nella prima Repubblica spesso si faceva seguire a quello il nome del principale alleato, per esprimere la formula di maggioranza. Ad esempio, il secondo governo Andreotti fu definito Andreotti-Malagodi-Tanassi (ma più spesso “Andreotti-Malagodi”) per dire che la formula era Dc-Pli-Psdi, oppure i primi governi di centro sinistra furono chiamati Moro-Nenni e poi Rumor-De Martino per dire che la formula base era l’alleanza Dc-Psi, cui concorrevano in posizione minore Psdi e Pri.

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