Tag: globalizzazione

Dalla parte dei bambini. Intervista a Kailash Satyarthi, Premio Nobel per Pace 2014.

Come tutti sapete, Daniele Pagani, uno dei miei collaboratori, già da alcuni mesi si trova a New Delhi, in cerca di fortuna. Grazie a lui ed a ciò che si sta costruendo in India, ci è possibile oggi ospitare questa prima breve intervista al neo Premio Nobel per Pace Kailash Satyarthi. Devo fare dunque le mie più vive congratulazioni a Daniele per la possibilità che offre al sito di ospitare l’intervista (una delle poche, mi sembra, in Italia, dove sull’India c’è ancora troppa poca attenzione) ed augurargli di continuare sulla strada che ha intrapreso. Buona lettura!

A.G.

Da New Delhi, Daniele Pagani

Kalkaji è un normale quartiere nel sud ovest di Delhi, diviso tra tranquille aree residenziali ed il solito colorato ed inarrestabile caos indiano. Qui ha sede Bachpan Bachao Andolan (BBA), organizzazione che da circa vent’anni combatte lo sfruttamento minorile. La battaglia di BBA non è fatta di molte parole e pubblicità, ma di azioni concrete: irruzioni e blitz in fabbriche che schiavizzano e sfruttano bambini sono all’ordine del giorno.

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L’autodeterminazione dei popoli e la lezione scozzese.

Molti commentatori del recente referendum scozzese hanno osservato che esso è stato la consacrazione definitiva del principio dell’autodeterminazione dei popoli. Lo stesso principio è invocato dai catalani, dai baschi, dai corsi ecc. Ugualmente allo stesso sacrosanto principio si appellano gli ucraini rispetto ai russi, ma che non sono affatto disposti a riconoscerlo ai russofoni delle loro provincie orientali. Ed è tutto un convenire, da una parte e dall’altra degli schieramenti, sulla intangibilità di questo principio (salvo che per i palestinesi che, non si capisce perché, non sarebbero titolari dei diritto di darsi un proprio ordinamento statale, su un qualche territorio dotato di qualche riconoscibilità). E noi non possiamo che convenire, ma ci poniamo un problema: quale è il nesso che passa fra autodeterminazione e nazione?

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Che succede nella Ue, se la Scozia esce dalla Gran Bretagna?

Milano, 14 settembre. Nei prossimi giorni sarò assente. I pezzi che usciranno questa settimana sono stati scritti dunque il 14 settembre e potrebbero risentire di alcuni cambiamenti delle situazioni in corso.

Giovedì dovrebbe aver luogo l’atteso referendum per l’indipendenza scozzese ed i sondaggi propendono per un furioso testa a testa. Vedremo come finirà. Se dovesse affermarsi con nettezza la tesi unionista (con uno scarto di almeno 8-10 punti percentuali) la questione sarebbe chiusa. Ma se la tesi indipendentista dovesse essere sconfitta per pochi voti, il problema sarebbe destinato a riproporsi dopo breve tempo e, pertanto si aprirebbe un periodo molto complesso di grande instabilità. Ma qui facciamo l’ipotesi che, per poco o per molto, vincano i si all’indipendenza: quali conseguenze avrebbe la cosa?

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Fare storia per anniversari: che conseguenze ha?

Alcune settimane fa pubblicai la prima puntata di questo ragionamento sulla “Storia per anniversari”. Ecco la seconda ed ultima parte. Buona lettura!

Da una cinquantina di anni, e cioè da quando i mezzi di comunicazione di massa sono andati prevalendo sulla scuola, nei processi di acculturazione, la storia è andata via via seguendo la strada delle ricorrenze ed anniversari. Ormai si scopre un periodo storico, un personaggio, un movimento, quando cade un qualche anniversario. Il fenomeno è assai semplice da capire: editori, case cinematografiche, televisioni ecc., cercano le condizioni ambientali e temporali migliori per collocare i loro prodotti.

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Reazioni alla globalizzazione

La globalizzazione neo liberista ha spiccato il volo nei primi anni novanta fra gioiosi inni alle sue sorti magnifiche e progressive come attestavano i non dimenticati libri di Francis Fukuyama sulla fine della storia e di Toni Negri sull’Impero. Si prometteva la fine della nazioni e dello Stato nazione, rottame del passato, di conseguenza dell’ordine westfalico sostituito da una governance mondiale fortemente integrata che avrebbe abolito il “fuori” e trasformato ogni crisi locale in un caso di “insorgenza” da curare con “interventi di polizia internazionale”.

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Cosa c’entra il Veneto con la Crimea? C’entra, c’entra…

Chiarisco subito: Veneto e Crimea hanno ben poco in comune, a parte il fatto di essere regioni europee, e non ci sono fili diretti fra la crisi di Crimea e lo sgangherato tentativo dei separatisti veneti (che, a giudicare dalla dichiarazione del loro capo, “Sono prigioniero di guerra”, più che altro, esigono un immediato tso). Ma c’è un problema che le accomuna, così come la Catalogna, la Scozia, la Bretagna, paesi Baschi… Sono tutti casi in cui si invoca l’autodeterminazione dei popoli per sancire secessioni. In qualche caso (Scozia, Catalogna, Euzkadi) per proclamare un nuovo Stato indipendente, in altri caso per passare ad un altro Stato sovrano (Crimea), in altri, come il Veneto, non si capisce bene per cosa.  Ma il punto è questo: chi è il titolare del diritto di autodeterminazione? Il Popolo, ovvio. Ma cosa definisce “il popolo”?

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Poteri deboli: chi comanda in Italia?

Propongo oggi l’articolo che ho curato per l’ultimo numero della rivista “Formiche”, che volentieri segnalo e consiglio ai miei lettori.

Qualche settimana fa, l’Epresso titolava il copertina “Qui non comanda più nessuno” e l’articolo correlato partiva dalla constatazione del declino di tutti quei soggetti che per decenni hanno retto il potere in Italia (Vaticano, partiti, Sindacati, Confindustria, la grande finanza, le imprese multinazionali con targa tricolore, la massoneria…). Soggetti che ancora esistono, ma assai rimpiccioliti ed in via di ulteriore ridimensionamento. Donde la diagnosi di alcuni intervistati riflessi nel titolo di copertina: il potere in questo paese si sta polverizzando, siamo all’entropia di sistema. È una analisi giusta?

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Siria: quegli occhiali che non servono più

Al tempo della guerra fredda, la sinistra (e quella legata al Pci ed all’Urss in particolare) leggeva la realtà mondiale attraverso lenti rigidamente bipolari: di qua ci sono l’Urss con i suoi alleati ed i paesi del Terzo mondo in lotta contro l’imperialismo americano, dall’altra parte ci sono gli Stati uniti ed i paesi capitalisti. Ovvio che i primi avessero sempre ragione ed i secondi sempre torto ed era facile “leggere” la realtà internazionale alla luce di questa “analisi di classe” (sic!). Ogni intervento americano era un’aggressione contro cui mobilitarsi, mentre ogni intervento sovietico (compresi quelli in Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan) era necessitato dall’esigenza di contrastare un qualche piano imperialista.

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Egitto: una rivoluzione usa e getta?

Dopo molti (troppi) mesi in cui la quotidianità italiana ci ha costretto a concentrarci sulla politica interna, torno finalmente e per la felicità di molti lettori che mi hanno scritto per rimproverarmi, a scrivere anche di altri temi…

Sin dal 2011 ho pensato che quella che molti salutavano gioiosamente come la “vittoria della democrazia in Medio Oriente”, la “primavera araba” che imboccava una strada coperta di fiori, in realtà, era solo l’inizio di una lunga durissima guerra civile che si sarebbe protratta per molti anni. Allo stesso modo non penso che quello che sta accadendo (prima in Siria, poi in Tunisia, Egitto, Yemen) sia la fine della rivoluzione, come pensa, invece, Lucio Caracciolo (Repubblica 17 agosto 2013 p. 33 e numero speciale di Limes) che pensa all’inizio di un nuovo ciclo autoritario destinato a durare decenni. Non credo che sia così scontato: mi sembra, piuttosto che stiamo assistendo a una delle convulsioni del processo e che altre ancora ne vedremo prima che si assesti.

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