Tag: giuliano amato

Quirinale: no ad un Napolitano ter.

Nonostante non ci sia mai da essere sicuri di certe cose, non penso che, magari dopo una ventitreesima votazione caos, si giunga a rieleggere l’eterno re Giorgio. A tutto c’è un limite. Quando parlo di “Napolitano ter” parlo di un Capo dello Stato in continuità con l’uscente. Ma che caratteristiche dovrebbe avere il Presidente ideale? Diamoci dei criteri.

Il Foglio commentava il recente discorso di Napolitano lodandone lo spirito “rottamatore” della Costituzione vigente. E, lodi a parte, aveva ragione: Napolitano ha svolto una critica acuminata della struttura dello Stato disegnata dalla Carta costituzionale, prospettandone con chiarezza la necessità di sostituirla. Non che non si possa criticare l’attuale Carta, o proporre di cambiarla, ma spetta proprio al Capo dello Stato farlo?

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Ma questo Parlamento può fare una nuova legge elettorale o no?

Recentemente ho rilasciato un’intervista a “La Repubblica” (6 gennaio 2014) che, a causa di qualche taglio, può aver ingenerato qualche equivoco che qui mi sembra il caso di dissipare. Il giornalista mi ha chiesto se ritenevo il Parlamento illegittimo e, pertanto, non in grado di occuparsi della riforma elettorale. Come in altre interviste (ad es. data a “La 7” il giorno 7 gennaio) ho precisato che la questione si pone su due piani diversi, che occorre non confondere: quello giuridico e quello politico.

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Unità politica dell’Europa: ancora con questa storia?!

Ormai è un tormentone noioso quanto inutile: “dobbiamo farlo per l’Europa”, “ora andiamo avanti sulla via dell’Unità europea”, “E’ il momento di rilanciare l’unità d’Europa”…Ricorrentemente un gruppo di “europeisti di professione” (Giuliano Amato, Mario Monti, Romano Prodi, ecce cc.) si esercitano nel solito esercizio retorico sul tema dell’unità politica europea che giustifica tutti i sacrifici di una austerità priva di senso e di prospettive. E’ un mantra buono per tutte le stagioni ed ora ci si esercita Massimo D’Alema (Il Sole 24 ore 4 settembre p. 11). Ma questi piccoli azzeccagarbugli abusivamente assurti al ruolo di “statisti” (udite udite!) non fa i conti con una piccola verità: quello che vegliano amorevolmente non è un ammalato grave e neppure un corpo in coma irreversibile, ma un cadavere ormai in stato di decomposizione. Il disegno europeo è morto e non c’è più niente da fare.

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La difficile partita del Quirinale

L’elezione del Presidente della Repubblica sarà il primo banco di prova su cui la (probabile, ma non sicura) maggioranza di sinistra si dovrà misurare. Come si sa, il collegio elettorale è composto da 630 deputati, 315 Senatori, più i 4 senatori a vita attuali, Napolitano (ma di solito il Presidente uscente non vota) e 58 delegati regionali, per un totale di 1008 elettori, la maggioranza richiesta nei primi tre turni è di 672 voti, dalla quarta in poi 505. Se la sinistra vincerà alla Camera (come ancora sembra…poi chissà), si aggiudicherà 340 seggi, cui dovrebbero sommarsi i 140-160 del Senato ed i circa 30 delle regioni (compresi Uv e Svp), ed un paio di  senatori a vita: per un totale di 513-533 “grandi elettori”: troppo pochi per i primi tre turni ma abbastanza per il quarto. Ma con un margine non gradissimo: al massimo di 25 voti, al minimo di 5. Probabilmente, intorno alla dozzina. E qui si aprono i problemi.

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