Tag: germania

L’Austerity: se non guarisce, uccide

Molto volentieri torniamo ad avere ospite Lamberto Aliberti, che ci propone come sempre una analisi molto accurata dei conti greci e delle reali possibilità per Tsipras, Varufakis ed il governo greco. Buona lettura!

Aggiornamento 6 marzo 2015: Parole e numeri. Una risposta ai commenti.

Il patto.
In realtà sono due e vedremo presto se Tsipras riesce ad ottenerne un altro. Per ora siamo su un accordo molto parziale e provvisorio: mantenimento del programma  di aiuti in vigore per 4 mesi, in cambio di impegni, piuttosto misteriosi. Il primo accordo fu siglato il 3 maggio del 2010 fra il primo ministro greco George Papandreou e tre contraenti: la Commissione Europea, per conto dell’Eurogruppo, la Banca Centrale Europea (ECB) e il Fondo Monetario Internazionale (IMF). Si era in emergenza: la Grecia era sull’orlo del default. La posta: aiuti finanziari, in cambio di drastici interventi sul bilancio e sull’economia, nonché il riavvio  della crescita, per far bene ai greci, ma anche evitare il rischio di contagio per l’intera Unione Europea o almeno i suoi membri deboli.

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Sulla questione dei danni di guerra della Germania alla Grecia.

Alcuni interventori hanno obiettato che non ha senso porre la questione dei danni di guerra subiti dalla Grecia da parte della Germania, sia perché sarebbe impossibile riaprire la questione dei danni di una guerra ormai lontana nel tempo (c’è anche chi ha parlato delle razzie di opere d’arte fatte da Napoleone), sia perché la guerra alla Grecia la dichiarò l’Italia (che, quindi sarebbe stata la maggiore responsabile) e la Germania intervenne solo dopo.

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Fine del progetto Southstream: il conto lo paga Renzi?

Ancora il 15 novembre, la Mogherini (fa un certo effetto pensare che sia la “lady Pesc” della Ue) dichiarava di ritenere strategico il progetto di Southstream per la sicurezza energetica del continente, Ed altrettanto aveva detto Renzi qualche giorno prima. Dopo neppure due settimane, il progetto è saltato: prima è stata l’Eni a chiamarsi fuori, dopo la stessa Gazprom. Requiem per un gasdotto. Cosa ha determinato questo collasso?

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8000 comuni sono troppi?

Guardano al resto d’Europa bisognerebbe rispondere a questa affermazione pronunciando un secco “no”. Sia la Francia, con i suoi 36.000 comuni, che la Germania con 12.000, “superano” ampiamente l’Italia. Senza addentrarsi in un confronto dettagliato, fra il numero degli abitanti in rapporto al territorio, l’impressione che traspare è comunque chiara: gli 8.000 comuni italiani non sono troppi.

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Anche le elezioni europee contribuiscono a cambiare la mappa del potere mondiale.

Volendo riassumere il senso di queste elezioni europee in poche sinteticissime battute, le riassumeremmo così:
a- la linea dell’austerità è battuta senza possibilità di equivoco
b- la Germania è sola
c- il resto dei sistemi politici dell’ex Europa occidentale subisce la più grave crisi di legittimazione dal 1945 in poi. Il che, a sua volta, si traduce in una frase ancora più semplice: qui non è europeo nessuno e l’Europa non esiste. O, se preferite: l’Europa è solo una espressione geografica. Con licenza di riproduzione del principe di Metternich. Ovviamente, cerco di motivare queste affermazioni che a molti lettori sembreranno un po’ forti (e già vedo alcuni amici cui va di traverso il caffè che stanno bevendo mentre scorrono questi righe). Vengo ad argomentare.

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Cambia la mappa del potere mondiale

Nella prima metà del 2014 si sono verificati diversi avvenimenti che determinano conseguenze di grande importanza, tali da far muovere gli equilibri mondiali e delineare nuove tendenze: crisi ucraina, evoluzioni della situazione mediorientale, elezioni europee, elezioni in India. Mentre si profilano altre dinamiche come la crisi dei paesi emergenti, a cominciare dal Brasile, ma che potrebbe registrarsi –anche se in modo meno drammatico- in Cina. Il principale avvenimento è stato certamente la crisi ucraina le cui ripercussioni sono ancora in pieno svolgimento.

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Che tempo fa? I sondaggi dicono che…

Pur con diverse accentuazioni, i sondaggi che si accavallano segnalerebbero queste tendenze più o meno costantemente:

a. la polarizzazione dell’elettorato intorno ai tre punti di riferimento principali, con risultati migliori per Tsipras, Lega e Fratelli d’Italia e cattivi sia per il centro (a cominciare dal Ncd) che per Sel (che alcuni riportano al posto della lista Tsipras che, quindi, avrebbe un valore aggiunto rispetto alla somma Sel-Prc)

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Perché la Germania vuole a tutti i costi un euro forte?

Quando si parla di possibile separazione dell’Euro fra debole e forte, spunta regolarmente qualcuno che, con l’aria di chi ha capito tutto, ti spiega che i primi a non avere convenienza sono i tedeschi, che vedrebbero apprezzare fortemente la loro moneta e, con ciò, comprometterebbero le loro esportazioni verso l’area dell’euro debole e gli Usa; morale: tutto resterà come è. Lasciamo stare per un momento il “tutto resterà come è” e chiediamoci se questa convinzione di una moneta non troppo forte per esportare corrisponda alla realtà ed alla percezione che i tedeschi hanno della faccenda.

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Il nodo Draghi

Ad un certo punto è balenata l’ipotesi di una candidatura Draghi per il centro, ne ha dato notizia Dagospia. Molti non hanno preso la cosa sul serio, ma la cosa, forse, ha del vero. Draghi è entrato in carica a fine ottobre 2011 e, in teoria, dovrebbe restare in carica sino all’ottobre 2016. Come si sa, la sua candidatura non fu gradita ai tedeschi che dovettero subirla dopo che anche i francesi si schierarono per il candidato italiano, sostenuto anche da Spagna, Belgio e Portogallo. Per di più, il candidato tedesco, Weber, che litigava a giorni alterni con la Merkel, finì con il ritirarsi nel maggio precedente, spianando definitivamente la strada a Draghi. La cosa, tuttavia non è stata mai accettata realmente dai tedeschi, che hanno fatto buon viso a cattivo gioco, ma riservandosi di tornare all’attacco quando avessero avuto condizioni migliori. D’altra parte, Berlino –che sa di essere l’asse portante dell’Euro- ha dovuto accettare che il primo governatore fosse l’olandese Duisenberg, per un compromesso con la Francia, che non voleva come primo governatore un tedesco; poi, sempre per compiacere Parigi, ha accettato il francese Trichet, perché l’Olanda è tradizionalmente più vicina alla Germania e quindi si doveva riequilibrare. Però che il terzo fosse italiano deve essere sembrato decisamente troppo ai nostri condomini teutonici. Ma è un italiano molto gradito in America? Peggio!!

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Crisi dell’Euro: che fare?

All’indomani dell’accordo europeo, che erogava 100 miliardi di euro alle banche spagnole, capi di governo e di Stato (compreso il nostro) si sono fatti ritrarre con l’aria giuliva di chi ha definitivamente scampato un grave pericolo. Ma avevano ben poco di cui sorridere: la ripresa delle borse è durata esattamente 24 ore, dopo di che abbiamo ripreso come prima e, in particolare per l’Italia, lo spread è schizzato a 473. La “ripresa del giorno prima” era stata il “salto del gatto morto”, colorita espressione di un economista di Singapore che, di fronte ad un episodio simile di 15 anni fa, affermò che “lanciato da sufficiente altezza, anche un gatto morto rimbalza”. Fuori del gergo: l’annuncio dell’iniezione di liquidità nelle banche spagnole ne ha fatto momentaneamente rinvenire i titoli, così come quelli correlati e affini, poi la “speculazione” si è precipitata a realizzare l’effimero guadagno e tutto è tornato come prima. Ennesima conferma, se ce ne fosse bisogno, che la cura della liquidità (l’unica che politici e finanzieri attuali conoscono) non risolve la crisi, se non si traduce in investimenti nell’economia reale, ma serve solo a tappare momentaneamente voragini di cassa ormai incolmabili.

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