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Russia e Francia: nemici-amici?

Torna a farci visita Giuseppe Gagliano, Presidente del Centro di Studi Strategici Carlo de Cristoforis. Buona lettura! A.G.

La Russia è certamente un paese chiave per gli attori economici francesi. Total e Vinci mantengono strette relazioni con gli oligarchi russi, assumendo così una certa vicinanza al Cremlino, nonostante le controversie su argomenti come la Siria o la posizione del Presidente Putin nei confronti della estrema destra europea. La distanza politica mostrata dai capi francesi è credibile? Gli interessi economici possono essere separati- e lo devono essere- dalle opinioni politiche.

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“Siamo in guerra.” Benissimo comandante: a chi spariamo per primo?

Hollande ha deciso che siamo in guerra e lo ha comunicato al Parlamento francese, con piglio napoleonico. Per la verità, noi pensavamo che ci fosse già uno stato di guerra da prima e che i bombardamenti franco americani si giustificassero in un quadro bellico, ma evidentemente sbagliavamo ed erano un banchetto di nozze. Oppure erano solo annunciati ma non effettuati: chissà.

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Ucraina: la vera sostanza del conflitto.

La crisi ucraina rischia di precipitare da un momento all’altro, ma nessun parlamento nazionale della Ue ha fatto un’ampia discussione assembleare sul tema, i mass media europei non dedicano alla questione alcuno spazio straordinario (come  l’eccezionalità del momento vorrebbe) e l’opinione pubblica europea considera la crisi ucraina come “altro da sé”, una guerra che riguarda altri e che non c’è pericolo che coinvolga anche l’Europa. C’è bisogno di reagire a questo assurdo torpore e di richiamare l’opinione pubblica europea alla consapevolezza della gravità del momento. Anche per questo ho firmato l’appello No Guerra No Nato.

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Ma siamo sicuri che non debba riprendere l’intervento Statale in economia?

Uno dei caspisaldi ideologici del neo liberismo (e forse il principale) è stato l’espulsione dello Stato dall’economia: le grandi holding statali (come le Partecipazioni Statali in Italia), dove c’erano, sono state smantellate e in gran parte privatizzate; alcune grandi aziende pubbliche, come quelle nel settore dell’energia e dei trasporti in alcuni paesi (come Francia e Italia) sono state trasformate in società per azioni  di cui lo Stato è l’unico azionista o comunque quello di riferimento, ma con la tacita intesa che, prima o poi si sarebbe privatizzato tutto.

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La strage di Parigi: che puzza di bruciato!

Come in tutti i “grandi casi” (Kennedy, piazza Fontana, Palme, 11 settembre, morte di Osama bin Laden ecc. ec.), anche in questo di Parigi, i conti non tornano e ci sono un sacco di cose da spiegare:

1. come mai un obiettivo sensibile -come la redazione di Charlie Hebdo- era così debolmente protetto? Vista da questo angolo visuale, la vignetta che presagiva l’attentato appare come una cosa più sinistra di un semplice presentimento.

2. i servizi francesi sono fra i migliori del mondo ed hanno una scuola di pensiero molto avanzata, ma poi si fanno fregare in questo modo da tre ragazzi che vanno in giro armati di kalashnikov a  fare strage di giornalisti? A quanto pare, sembra che non abbiano alcun controllo dell’ambiente jihadista presente sul proprio territorio, al punto di non essere capaci di monitorare neppure i reduci dalle guerre mediorientali.

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La strage di Parigi: cerchiamo di capire di che si tratta.

Parigi: 12 morti fra cui alcuni agenti ed il gruppo dei quattro vignettisti di “Charlie Hebdo” a causa di un attentato di jihadisti islamici. Fra i caduti, ricordo personalmente Wolinski, di cui mi divertivano le vignette quando mi capitavano fra le mani copie di “Action”, di “Hara Kiri Hebdo” o di “Charlie Hebdo” già dagli anni settanta; perché Wolinski era un uomo di sinistra, molto vicino al movimento del sessantotto, non era certo un sostenitore del Fn di Marine Le Pen. E già questo fa capire come, per l’ala armata del fondamentalismo islamico, non fa alcuna differenza trovarsi davanti un lepenista o un comunista, uno della Lega Nord o di Rifondazione Comunista. Per loro siamo tutti nemici allo stesso modo, è bene prenderne atto e regolarsi di conseguenza.

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India: con chi commerciare in Europa?

Summit G20, Australia. Tra una stretta di mano e l’altra, Narendra Modi ha trovato il tempo per una veloce chiacchiera con il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, ormai al tramonto del suo mandato. Il Primo Ministro belga, sfoggiando uno speranzoso sorriso, ha ricordato a Modi dell’esistenza del vecchio continente e di un discorso in sospeso in merito ad un possibile trattato di libero scambio commerciale.

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8000 comuni sono troppi?

Guardano al resto d’Europa bisognerebbe rispondere a questa affermazione pronunciando un secco “no”. Sia la Francia, con i suoi 36.000 comuni, che la Germania con 12.000, “superano” ampiamente l’Italia. Senza addentrarsi in un confronto dettagliato, fra il numero degli abitanti in rapporto al territorio, l’impressione che traspare è comunque chiara: gli 8.000 comuni italiani non sono troppi.

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Anche le elezioni europee contribuiscono a cambiare la mappa del potere mondiale.

Volendo riassumere il senso di queste elezioni europee in poche sinteticissime battute, le riassumeremmo così:
a- la linea dell’austerità è battuta senza possibilità di equivoco
b- la Germania è sola
c- il resto dei sistemi politici dell’ex Europa occidentale subisce la più grave crisi di legittimazione dal 1945 in poi. Il che, a sua volta, si traduce in una frase ancora più semplice: qui non è europeo nessuno e l’Europa non esiste. O, se preferite: l’Europa è solo una espressione geografica. Con licenza di riproduzione del principe di Metternich. Ovviamente, cerco di motivare queste affermazioni che a molti lettori sembreranno un po’ forti (e già vedo alcuni amici cui va di traverso il caffè che stanno bevendo mentre scorrono questi righe). Vengo ad argomentare.

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